CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2018, n. 14573
Tributo – Accertamento – Notificazione – PVC – Contenzioso tributario – Stabile organizzazione – Obblighi fiscali
Fatti di causa
A seguito di processo verbale della Direzione generale del Friuli Venezia Giulia, l’Agenzia delle entrate territoriale -ritenuto che la Gruppo Mondiale E. S.A. (con sede in Liechtstein) avesse avuto dal 1999 al 2004 stabile organizzazione in Italia e rilevato che, per quegli anni, non aveva osservato alcun obbligo fiscale – accertava induttivamente, ai fini delle imposte dirette, dell’Irap e dell’Iva, il reddito conseguito in Italia con avvisi notificati alla predetta Società, presso il sig. S., individuato come rappresentante, allo stesso sig.S. ed alla E. s.r.l. con sede in Italia.
I predetti soggetti impugnavano l’atto impositivo con distinti ricorsi i quali, previa riunione, venivano rigettati dalla Commissione tributaria di prima istanza.
La Commissione tributaria regionale, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalle parti private avverso la decisione di primo grado, la riformava rettificando, per ciascun degli anni oggetto di accertamento, gli imponibili con conseguente rideterminazione sia delle imposte dirette che delle sanzioni ed interessi dovuti.
In particolare, il Giudice di appello riteneva, sulla base degli elementi probatori forniti dall’Ufficio, la sussistenza sul territorio italiano di una stabile organizzazione, attuata attraverso la commistione tra i soggetti a cui l’avviso di accertamento era stato notificato. Affermava la sostanziale insistenza di attività all’estero da parte della Gruppo Mondiale E. s.a., oltre alla posizione non di mandataria ma di copertura fattuale dell’attività in Italia da parte della E.G. s.r.l..
Inoltre, la C.T.R., ribadito che la Stabile organizzazione non costituisse autonomo soggetto giuridico, formalmente distinto rispetto alla Società straniera, ma un’entità economica ovvero un mezzo per svolgere attività di impresa, riteneva infondata l’eccezione svolta in appello in ordine al giusto soggetto da perseguire ed al difetto di legittimazione passiva del sig.S. e della E.G. s.r.l. e, di conseguenza, anche tutte le eccezioni riguardanti i dedotti vizi delle notificazioni degli avvisi di accertamento.
Ancora, il Giudice di appello – rigettati i motivi attinenti alla motivazione dell’atto impositivo, alla notificazione, alla necessità di autorizzazione del P.M. per procedere all’accesso presso società terza e l’abitazione del sig.S., premessa la legittimità del tipo di accertamento, eseguito ai sensi dell’art. 39, co 2 d.p.r. n. 600/73, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente ed esclusa la possibilità di avvalersi di documenti probatori relativi a un processo penale – riteneva di accogliere le eccezioni degli appellanti relative alla discordanza tra i ricavi come accertati per gli anni 1999 e 2000, ai fini dell’Iperg e dell’Irap, nel processo verbale di constatazione e quelli presenti negli avvisi di accertamento e, con riguardo a tutte le annualità, l’eccezione relativa ai costi di produzione dei bronzi come accertati dagli stessi verificatori.
Infine, con riguardo alle sanzioni, la C.T.R. riteneva che non ricorressero i presupposti per procedere alla loro disapplicazione ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 472/1997 né che, nella specie, non fosse riscontrabile assenza di dolo o colpa.
Avverso la sentenza Gruppo Mondiale E. S.A., E.G. s.r.l. e J.G. S. ricorrono affidandosi a sette motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di plurime violazioni di legge laddove la C.T.R. aveva esteso la legittimazione passiva, affermando anche una solidarietà nel debito d’imposta, in capo alla E.G. s.r.l. ed al sig.S., malgrado la pretesa tributaria fosse stata rivolta esclusivamente solo nei confronti della Gruppo Mondiale E. S.A. alla quale era stato contestato di avere stabile organizzazione nel territorio italiano.
2. Con il secondo motivo si deduce, avverso il medesimo capo di sentenza un’omessa e/o contraddittoria motivazione laddove la C.T.R., pur riconoscendo che la Stabile organizzazione fosse autonomo centro di interessi e di gestione, aveva poi egualmente ritenuto soggetti passivi di imposta i predetti E.G. s.r.l. e J. S..
3. Le censure, esaminate congiuntamente siccome vertenti sulla stessa questione, sono inammissibili per difetto di interesse laddove, pur nella difficoltà interpretativa delle argomentazioni svolte dal Giudice di appello, è fuori da ogni dubbio e pacifico tra le parti, che gli avvisi di accertamento, parzialmente annullati dalla C.T.R. avevano ed hanno quale unico soggetto destinatario, come debitore nei cui confronti è rivolta la pretesa impositiva, la Gruppo Mondiale E. S.A. e che gli stessi avvisi sono stati solo notificati presso il sig.S. (in quanto ritenuto il rappresentante della Stabile organizzazione in Italia) e la E.G. s.r.l. (quale struttura servente la Gruppo Mondiale E. in Italia).
4. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel ritenere, con motivazione contraddittoria, validamente notificati gli avvisi di accertamento alla Gruppo Mondiale E. S.A., malgrado tale notificazione fosse stata effettuata in vari luoghi, privi di collegamento con la società destinataria e non presso la sede legale della stessa. Secondo la prospettazione difensiva, inoltre, nella specie, anche a volere ritenere le notificazioni non inesistenti ma nulle e sanate dalla proposizione del ricorso, la sanatoria non poteva riguardare le annualità 1999 e 2000 rispetto alle quali al momento della proposizione del ricorso era già intervenuta la decadenza dell’Ufficio dalla potestà accertativa.
4.1. Le censure sono inammissibili. Il mezzo, invero, muove da un presupposto di fatto (mancanza di qualunque collegamento dei luoghi di notificazione con la Gruppo Mondiale E. s.a.) opposto a quello accertato dal Giudice di merito, il quale ha, invece, ritenuto che i luoghi in cui venne effettuata la notificazione corrispondevano all’ubicazione della stabile organizzazione, materiale (ovvero la E.G. s.r.l.) e personale (sig.S.). In ogni caso, nella specie, la dedotta inesistenza della notificazione non è configurabile alla luce dei principi, di recente, affermati, in materia di notificazione degli atti processuali (ma applicabili anche agli atti impositivi), dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 14916 del 20/07/2016), le quali hanno statuito che l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione ed hanno escluso che il luogo in cui la notificazione viene eseguita attenga agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, per raggiungimento dello scopo.
Fermo restando quanto già esposto in punto di inammissibilità del mezzo, non potrebbe, comunque, accedersi neppure alla subordinata, prospettata dai ricorrenti, secondo cui anche a volere ritenere la notificazione nulla si sarebbe verificata la decadenza dal potere accertativo con riferimento agli anni 1999 e 2000. Ed invero, tale eccezione, che nel ricorso si dice essere stata proposta nell’atto di appello, è inammissibile, per tardività, alla luce del costante condiviso orientamento di questa Corte secondo cui il termine di decadenza stabilito, a carico dell’ufficio tributario ed in favore del contribuente, per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne diritti indisponibili dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il proprio patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del fisco, sicché è riservata alla valutazione del contribuente stesso la scelta di avvalersi o no della relativa eccezione, che ha natura di eccezione in senso proprio e non è, quindi, rilevabile d’ufficio, né proponibile per la prima volta in grado d’appello (v.tra le altre Cass. n.ri 1154 del 2012; 171 del 09/01/2015).
5. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 162 del d.p.r. n. 917 del 1986 laddove la C.T.R. aveva fondato il suo convincimento della sussistenza di una stabile organizzazione in Italia della Gruppo Mondiale E. S.A. presupponendo l’inesistenza di detta Società e valorizzando il ruolo del sig.S. quale dominus dell’intera attività, mentre l’art. 162 del d.P.R. n. 917/1996 presuppone l’esistenza del soggetto estero di cui si accertano i redditi prodotti in Italia mediante la stabile organizzazione.
6. Con il quinto motivo si censura la sentenza impugnata di motivazione contraddittoria con riferimento alla statuizione in merito all’esistenza di una stabile organizzazione in Italia di Gruppo Mondiale E. S.A.
7. Le censure, attinenti lo stesso passo motivazionale, sono inammissibili in quanto fondate, in parte, sul travisamento del fatto come accertato dal Giudice di merito. Si deduce, infatti in entrambi, che il giudice di appello abbia accertato l’inesistenza all’estero del soggetto non residente laddove, invece, nella sentenza impugnata si conclude per la sostanziale insistenza di attività all’estero di GM oltre alla posizione non di mandataria ma di copertura fattuale dell’attività in Italia da parte di EG. Né, ai fini che ci occupano, può attribuirsi rilevanza all’ulteriore passo della motivazione (pag.12 della sentenza impugnata) in cui la C.T.R. scrive che è stata rilevata la sostanziale inconsistenza operativa della Gruppo Mondiale laddove l’affermazione, letta nel contesto complessivo della motivazione, non sta a significare che la Gruppo Mondiale non fosse esistente ma, unicamente, che la maggior parte dell’attività materiale di impresa fosse svolta in Italia attraverso l’opera del sig. S. e la E.G. s.r.l. della quale la C.T.R., in più passi, evidenzia la mancanza di indipendenza rispetto alla Società estera.
7.1. Per il resto, gli elementi di fatto rassegnati dai ricorrenti, oltre ad essere privi della necessaria specificità, non essendosi evidenziato nel mezzo quando e come fossero stati rassegnati in giudizio, non appaiono neanche decisivi, nell’accezione di cui al n. 5 dell’art. 360 cod.proc.civ. con la conseguenza che le censure, nei termini in cui sono state formulate, appaiono tese in realtà ad una inammissibile censura alla valutazione degli elementi probatori da parte del Giudice di appello e, in definitiva, ad una diversa ricostruzione dei fatti cosi come effettuata nella sentenza impugnata con la quale la C.T.R., con apprezzamento di merito rimasto indenne, ha ritenuto la sussistenza della stabile organizzazione nella duplice accezione di stabile organizzazione materiale (attraverso la E.G. s.r.l.) e personale (nella persona del sig.S.).
7.2. La sentenza impugnata, invero, applica la normativa di riferimento conformemente all’interpretazione fornita da questa Corte.
Si è, infatti, ritenuto che <<in tema di imposte sui redditi, ai fini dell’individuazione di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto non residente, e quindi dell’applicazione dell’IRPEF e dell’ILOR, l’accertamento deve essere condotto sul piano formale, ma anche – e soprattutto – su quello sostanziale, non essendo incompatibili con il concetto di stabile organizzazione né la personalità giuridica di cui sia eventualmente fornita la struttura operante in Italia, siccome l’autonoma soggettività giuridica non assume rilievo quanto alla imputazione dei rapporti fiscali, né l’assenza, in capo a quest’ultima, della capacità di produrre reddito di per sé ovvero dell’autonomia gestionale o contabile. Da ciò consegue l’irrilevanza del dato formale della molteplicità di imprese nelle quali l’organizzazione si articoli, allorché risultino sufficienti elementi oggettivi, desumibili dalle modalità operative dei soggetti attivi sul territorio nazionale, il cui significato sia, per di più, corroborato dall’esistenza di legami di natura soggettiva>> (Sentenza n. 20597 del 07/10/2011). In sintesi, secondo i principi statuiti da questa Corte, e che il Collegio condivide integralmente, per l’imponibilità del reddito d’impresa del soggetto non residente, è necessaria: una presenza che sia incardinata nel territorio dell’altro Stato contraente e dotata di una certa stabilità; una sede di affari capace, anche solo in via potenziale, di produrre reddito; un’attività autonoma rispetto a quella svolta dalla casa madre, dovendo aggiungersi che, ai fini dell’applicazione delle imposte dirette, la relativa indagine deve essere condotta non solo sul piano formale, ma anche – e soprattutto – su quello sostanziale (cfr. Cass. n. 28815/2010; Cass. n. 20597/2011, 1103/2013).
8. Con il sesto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 e 39 comma 2 d.P.R. n. 917/1986 nonché degli artt. 2697 e 2727 cod. civ. con riferimento alla determinazione del reddito della presunta stabile organizzazione in Italia di Gruppo Mondiale E. S.A.
8.1. La ricorrente, premesso che il reddito della stabile organizzazione era stato accertato mediante l’applicazione di due metodi presuntivi (il primo fondato sul confronto tra i costi specifici inerenti alla fabbricazione di tali prodotti e il presunto prezzo di vendita dei medesimi prodotti ed il secondo sull’applicazione ai due conti correnti bancari italiani intestati alla Gruppo Mondiale delle presunzioni di cui all’art. 32 d.p.r. 600/1973), rileva l’errore commesso dal Giudice di appello: a)nel ritenere che la tipologia dell’accertamento in concreto adottato dall’Agenzia legittimasse la formazione dell’onere della prova in favore della parte pubblica; b)nell’avere omesso qualsiasi valutazione in concreto sulla specifica attitudine degli elementi forniti dalla stessa Amministrazione, e la cui veridicità non era mai stata contestata, quali elementi idonei non solo a ridurre nel merito il reddito presuntivamente accertato ma, ancora prima, atti a dimostrare l’inattendibilità dell’accertamento induttivo; c) nell’avere ritenuto assolto l’onere della prova, ancorché presuntiva gravante sulla parte pubblica, ex art. 39 del d.P.R. n. 600/1973, e ritenuto, pertanto, gravare sulla parte privata l’onere probatorio a fornire elementi contrari.
Inoltre, con lo stesso mezzo di impugnazione, i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 134 cod.proc.civ. laddove la C.T.R. aveva rigettato con ordinanza priva di motivazione l’istanza di differimento dell’udienza di trattazione al fine di consentire l’ingresso in giudizio delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, disposta dal Giudice penale nel relativo processo pendente nei confronti del sig.S., così come si deduce la violazione delle norme già citate nell’avere la C.T.R. ritenuto non adeguatamente e compiutamente specificate … e documentate nei termini di legge gli affidavit che la parte privata aveva prodotto relativi alle risultanze dell’indagine sui conto corrente bancari.
9. Con il settimo motivo si denuncia la sentenza impugnata di nullità per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 4 cod.proc.civ. con riferimento alla determinazione del reddito della presunta stabile organizzazione.
10. Entrambe le censure sono infondate.
10.1. Riguardo alle dedotte violazioni di legge il mezzo appare improntato ad un travisamento delle argomentazione del Giudice di appello e, nei termini in cui è formulato introduce, in realtà sotto l’egida della violazione di legge, una diversa ricostruzione in fatto rispetto a quella accertata dal Giudice di merito.
Non si apprezza, peraltro, l’ammissibilità della censura, siccome del tutto inifluente, rivolta al mancato differimento dell’udienza al fine di versare in atti la perizia svolta nel processo penale ovvero al fine di produrre degli affidavit resi dai presunti beneficiari dei prelievi effettuati sui conti correnti bancari. Va, peraltro, evidenziato da un canto, che ai sensi dell’art. 20 del d.l.vo 10 marzo 2000 n. 74 vi è divieto di sospensione del processo tributario in pendenza di processo penale e, dall’altro che la mera indicazione dei nominativi dei beneficiari delle operazioni non è sufficiente qualora non si traduca nella prova della estraneità della movimentazione bancaria all’attività produttiva di reddito imponibile (cfr. in termini Cass. 13075 del 24 maggio 2017).
10.2.Il settimo motivo è infondato alla luce del principio generale per cui il principio di contestazione riguarda i fatti controversi e non la mancata presa di posizione rispetto a ciascuna produzione documentale e dell’orientamento consolidato di questa Corte, nella specifica materia, secondo cui nel processo tributario, il principio di non contestazione, che si fonda sul carattere dispositivo del processo, trova applicazione sul piano probatorio, ma non anche su quello delle allegazioni poiché la specificità del giudizio tributario comporta che la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione, né determina il restringimento del “thema decidendum” ai soli motivi contestati.
(Sentenza n. 13834 del 18/06/2014, in termini Ordinanza n. 9732 del 12/05/2016).
11. Alla luce delle considerazioni complessivamente svolte, il ricorso va, pertanto, rigettato e i ricorrenti, soccombenti, condannati in solido al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese che liquida in complessivi euro 7.000 oltre spese prenotate a debito.
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