CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2020, n. 6568
Tributi – TARES – Impresa agricola – Mancata fruizione del servizio pubblico di smaltimento rifiuti – Prova di smaltimento in proprio – Irrilevanza – Assoggettamento al tributo
Esposizione dei fatti di causa
1. C.G., titolare dell’impresa agricola G.P.V. di G.C., impugna con due motivi la sentenza n. 1539/2018 pronunciata dalla CTR della Lombardia con cui è stato rigettato il ricorso per revocazione proposto avverso la sentenza n. 60/2018 pronunciata dalla medesima CTR. Il contribuente aveva impugnato la intimazione di pagamento della TARES per l’anno 2013 notificatagli dal Comune di Vignate. La CTP di Milano aveva accolto il ricorso e la CTR della Lombardia, investita dell’appello da parte del Comune, lo aveva accolto sul rilievo che appariva fuori di dubbio che parte ricorrente si avvalesse del servizio di smaltimento rifiuti, così come non era per nulla provato che avesse usufruito di un servizio autonomo di smaltimento.
Il contribuente aveva chiesto la revocazione della sentenza in quanto la CTR aveva fondato la decisione sull’errore di fatto basato sulla circostanza il contribuente stesso usufruisse del servizio pubblico di raccolta laddove, invece, era emerso dagli atti di causa che nel 2013 nessun rifiuto era stato conferito poiché era stata prodotta l’attestazione dell’operatore ecologico “C.P. s.r.l.” da cui emergeva lo smaltimento in proprio.
La CTR rigettava il ricorso per revocazione sul rilievo che il ricorrente si era doluto del travisamento della prova versata in atti e non del travisamento dei fatti, per il che avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione e non già il ricorso per revocazione; inoltre la circostanza dedotta non era decisiva, dovendosi considerare che la TARES è dovuta da tutti coloro che occupano locali ed aree scoperte, indipendentemente dalla fruizione effettiva del servizio di raccolta.
2. Il Comune di Vignate si è costituito in giudizio con controricorso.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 395 n.4 e 402 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR è pervenuta ad escludere la decisività
della circostanza dedotta (lo smaltimento in proprio dei rifiuti a mezzo di ditta specializzata) sulla base di valutazioni esterne alla pronuncia, ovvero affermando l’obbligatorietà della TARES a prescindere dal fatto che il contribuente si avvalga o meno del servizio comunale. La CTR avrebbe dovuto, per contro, attenersi a quanto emergeva dalla sentenza revocanda e decidere in sede rescindente per poi procedere al giudizio rescissorio prescindendo dalle rationes deciderteli della sentenza revocata.
2. Con il secondo motivo deduce motivazione omessa, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5, cod. proc. civ., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla dedotta esclusione dell’azienda gestita dal contribuente dalla TARES ai sensi dell’art. 10 del regolamento comunale nonché, in subordine, sul diritto alla riduzione del tributo ai sensi dell’art. 25 del regolamento stesso.
3. Osserva la Corte che è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso basata sul fatto che avverso la sentenza revocanda non era stato proposto ricorso per cassazione nei termini decorrenti dalla pubblicazione di essa, per il che essa era passata in giudicato. Invero questa Corte ha affermato il principio secondo cui il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che rigetta la domanda di revocazione per errore di fatto è ammissibile, pur dopo il passaggio in giudicato della pronunzia del giudice di legittimità sul merito, stante la completa autonomia dei due giudizi, sempre che la questione non sia già stata esaminata e decisa, ancorché sotto il diverso angolo prospettico dell’errore di diritto, risolvendosi altrimenti in un’inammissibile duplicazione di giudizi in violazione del principio del ne bis in idem e dell’intangibilità del giudicato (Cass. n. 6266 del 04/03/2019). Ne deriva, a fortiori, che nel caso di specie, ove il ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza oggetto della revocazione neppure sarebbe stato proposto, non sussiste la dedotta inammissibilità, dovendosi considerare che il ricorso per cassazione ed il ricorso per revocazione hanno presupposti diversi sicché l’ammissibilità del secondo giudizio non può dipendere dalla proposizione e dall’esito del primo.
4. Venendo all’esame del ricorso, si osserva che esso è inammissibile per non aver il ricorrente censurato tutte le rationes decidendi su cui è basata la sentenza. Invero la CTR ha affermato non solo che la circostanza della mancata fruizione del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti non era decisiva ma anche che il ricorrente si era doluto del travisamento della prova versata in atti e non del travisamento dei fatti, per il che avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione e non già il ricorso per revocazione. Tale seconda ratio decidendi non è stata in alcun modo contestata dal ricorrente con i motivi proposti. Essendo la pronuncia basata su due distinte rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, sarebbe stato onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso (cfr., ex multis, Cass. n. 10815 del 18/04/2019 ).
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente a rifondere al Comune di Vignate le spese processuali che liquida in euro 3.000,00 oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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