CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 11 ottobre 2018, n. 25216
Tributi – Dazi doganali ed IVA – Valore delle merci – Royalties e diritti di licenza
Fatto
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (in seguito, CTR), veniva respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (in seguito, CTP) n. 10006/16/2014 depositata il 18.11.2014, a sua volta avente ad oggetto tre avvisi di accertamento in rettifica,nn. 8286/RU, 8301/RU e 8273/RU, relativi a dazi doganali e IVA per l’anno di imposta 2011, oltre irrogazione di sanzioni, nei confronti delle società P.I. S.R.L., S. S.P.A. e Y.L. (ITALY) S.P.A. (in seguito, le contribuenti).
2. Veniva quindi confermata la sentenza di primo grado, la quale aveva previamente riunito i tre ricorsi proposti dalle contribuenti contro gli altrettanti avvisi, testualmente con la seguente motivazione: “L’appello dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deve essere rigettato siccome infondato e la sentenza impugnata merita di essere confermata, apparendo immune da vizi logici e ben argomentata. La controversia riguarda l’inclusione o meno delle royalties o diritti di licenza contrattualmente dovute da P.I. S.r.l. nel valore dichiarato in dogana ai fini del dazio doganale e IVA. Ma l’orientamento prevalente della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – e in particolare di questa Sezione – è per l’esclusione delle royalties o diritti di licenza in assenza della contemporanea sussistenza dei seguenti presupposti:
1) pagamento delle royalties riferito alle merci oggetto della valutazione (art. 154. d.a.c.)
2) il pagamento dei diritti deve essere una condizione del contratto di vendita delle merci (art. 157 d.a.c.)
3) il pagamento delle royalties deve essere richiesto all’importatore dal venditore (art. 160 d.a.c.).
Questo Collegio non riscontrava la contemporanea presenza dei 3 presupposti anzi citati e pertanto non dovuti il dazio e l’IVA. Ne consegue che neppure sono dovute le sanzioni amministrative irrogate per l’assenza dell’evento che ne legittimava la contestazione.
Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese di giudizio”.
3. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso l’Agenzia affidato a quattro motivi, cui le contribuenti replicano con controricorso. Entrambe le parti depositano memoria.
Diritto
4. Con il primo motivo di ricorso, lamenta l’Agenzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 comma 2°, n. 4c.p.c.e dell’art. 36 d.lgs. n. 546/92, ritenendo la sentenza nulla per motivazione inesistente ai sensi dell’art. 360 comma 1°, n. 4 c.p.c., in quanto sia nell’esposizione del fatto che nella parte motivazionale, sarebbe del tutto generica, astratta ed apodittica. Il motivo, disattesa l’eccezione di inammissibilità formulata dalle controricorrenti è fondato, nei termini che seguono.
5. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che sussiste il vizio di motivazione apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inadeguata a rivelare la “ratiodecidendi” e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. SS.UU. 7 aprile 2014 n. 8053).
6. Nel caso di specie, i fatti di causa sono totalmente omessi in sentenza ai fini e per gli effetti dell’art. 132 n. 4c.p.c., al punto che non è comprensibile perché le tre società siano state attinte dai provvedimenti dell’Agenzia, né sono evincibili le loro diverse posizioni dal lato passivo dell’obbligazione tributaria, pure ricostruite negli atti di parte e rilevanti ai fini del decidere.
7. Inoltre, la risposta in diritto alla domanda di giustizia in appello è quella sopra testualmente riportata al par. 2. Nella motivazione non sono neppure enunciati i motivi di appello, e sono totalmente omessi riferimenti agli elementi di prova da cui la CTR ha tratto il proprio convincimento, al punto che il richiamo degliartt. 157 e 160 del Reg. CEE n. 2454/93è del tutto astratto, stereotipo e apodittico, potendo riferirsi ad una qualunque delle numerose controversie che vedono parte non solo la società P.I. S.r.l. e pendenti avanti a questa Corte, ma anche altre società coinvolte in controversie doganali, senza che possano evincersi elementi che la riconducano con certezza alla fattispecie concreta.
8. Dagli atti di parte si ricostruisce che i tre avvisi di accertamento impugnati sono relativi a dazi doganali, IVA ed irrogazione di sanzioni, per importazioni definitive avvenute nel 2011 di prodotti di abbigliamento, accessori e calzature con marchio P. da Stati dell’est asiatico. In sintesi, l’Agenzia contesta alla P.I. S.r.l. l’omissione, nel valore dichiarato in dogana, dei corrispettivi da lei dovuti alla società di diritto tedesco controllante P. AG e, alle restanti due società, quali spedizioniere, la S. S.p.a. e la Y.L. (Italy) S.p.a., la titolarità dal lato passivo di un rapporto obbligatorio solidale per rappresentanza indiretta della prima società.
9. Gli elementi che precedono inducono a qualificare il mezzo di impugnazione non come difetto assoluto di motivazione, censurato dall’Agenzia con conseguente nullità della sentenza ai sensi del n.4, ma, piuttosto, come motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360 comma 1° n. 5, cui il motivo va appropriatamente riferito tenuto conto delle modifiche apportate dald.l. 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 134.
Il motivo non è per ciò inammissibile come pure eccepito in controricorso, non essendo la corretta menzione dell’ipotesi appropriata una condizione necessaria purché sia fatto valere un vizio della decisione astrattamente idoneo (Cass. 6 ottobre 2017 n. 23381), ed è fondato per le ragioni svolte.
11. Alla luce di quanto precede, sono assorbiti i restanti tre motivi, di: 2) violazione e falsa applicazione degliartt. 115e 116 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/92 determinanti la nullità della sentenza per non aver la CTR preso in considerazione le prove documentali in atti; 3) violazione e falsa applicazione degli artt. 29 e 32 del Reg. CEE n. 2913/92, degli artt. 157, 160 e 143 del Reg. CEE n. 2454/93 nonché degli artt. 1362 e ss. c.c. e dei principi di ermeneutica contrattuale e del loro combinato disposto, in quanto le merci importate incorporerebbero il marchio P. come da bolle di importazione merci documentate in atti, ed il pagamento delle royalties contrattualmente previsto con P. AG sarebbe stato condizione di vendita delle merci, in presenza di un controllo indiretto da parte di quest’ultima società nei confronti dei produttori asiatici attraverso la controllante società W.C.L. di Hong Kong; 4) violazione e falsa applicazione degli artt. 303 D.P.R. n. 43/73 e 70 D.P.R. n.633/72 per aver la CTR annullato implicitamente, quale conseguenza dell’annullamento degli avvisi, anche gli atti di contestazione delle sanzioni, correttamente applicate.
10. In conclusione, la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio anche per le spese alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, e dei numerosi altri profili di merito non scrutinati.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo accolto, a quelli di merito non scrutinati, e alle spese di lite.
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