CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2019, n. 4034
Tributi – Imposta erariale sul consumo di energia elettrica – Officina elettrica in regime di autoproduzione con erogazione anche ad altre imprese terze e utenti – Dichiarazione annuale di consumo singola per ogni utilizzatrice
Fatti di causa
S. Spa (già E. Spa) impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per il mancato pagamento, per l’anno 2003, della maggiore Iva dovuta derivante dall’omessa e non corretta liquidazione dell’imposta erariale sul consumo di energia elettrica, nonché della relativa addizionale.
Assumeva l’Ufficio che la contribuente, quale esercente l’officina elettrica sita nello stabilimento petrolchimico di Ferrara, in regime di autoproduzione con erogazione anche ad altre imprese terze e utenti, avrebbe dovuto presentare la dichiarazione annuale di consumo non cumulativamente ma per ognuna delle utilizzatrici; in tal modo aveva invece fruito indebitamente del cumulo dei consumi per la determinazione dei relativi scaglioni ai fini del calcolo delle imposte, influendo, quindi, sulla determinazione della base imponibile ai fini Iva.
L’impugnazione, accolta dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, era rigettata dal giudice d’appello.
S. Spa ricorre per cassazione con due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso. Il Ministero è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è stato parte nel giudizio d’appello, ed è comunque estraneo al contenzioso tributario a seguito dell’istituzione delle agenzie fiscali.
2. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 3, d.lgs. n. 504 del 1995 (Testo Unico sulle Accise, TUA) per aver la CTR fatto decorrere il termine di prescrizione dalla data di presentazione della dichiarazione annuale anziché da quella di avvenuto consumo dell’energia elettrica.
3. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 52, comma 1 e 2, lettera o- bis, d.lgs. n. 504 del 1995, ratione temporis vigente, e 2, comma 2, d.lgs. n. 79 del 1999 attesa la “ratio oggettiva del beneficio accordato dalla norma che esenta dall’accisa l’energia impiegata all’interno di un opificio industriale in regime di autoproduzione, in presenza di consumi mensili superiori a 1.200.000 kWh, a prescindere dal numero d’imprese collegate e dal rapporto giuridico tra esse intercorrente”.
La contribuente rileva, inoltre, che l’esclusione dalla tassazione riguarda tutta l’elettricità destinata all’uso favorito che superi la soglia di 1,2 milioni di chilowattora poiché la legge identifica nel produttore di energia il soggetto chiamato a scontare la tassazione sul consumo ed accorda all’autoproduttore la specifica esenzione; è invece irrilevante il rapporto tra autoproduttore dell’energia e fruitori ulteriori di essa, essendo sufficiente che i loro cicli produttivi interagiscano o siano tecnicamente connessi.
4. Va esaminato, per priorità logica, il secondo motivo, che è infondato.
4.1. La questione è stata già – e ripetutamente – oggetto di disamina, pure con riguardo alla medesima contribuente per controversia relativa a diversa annualità, da parte della Corte (v. Cass. n. 3537 del 07/03/2012; Cass. n. 21816 del 20/09/2017), che ha affermato il principio, da cui non v’è ragione per discostarsi, secondo il quale «l’esenzione dall’imposta erariale sull’energia elettrica, concessa dall’art. 52, comma 2, lett. o-bis), del d.lgs. n. 504 del 1995 nella fattispecie di consumo mensile superiore a 1,2 milioni di chilowattora in regime di autoproduzione, non può riferirsi al consumo complessivo di una pluralità di aziende solo perché incluse nello stesso comprensorio industriale» occorrendo «viceversa disaggregare, ai fini del riconoscimento del beneficio, i consumi mensili di ogni singola azienda».
4.2. Per meglio illustrare la problematica, va, in primo luogo, delineato il quadro normativo rilevante. In particolare:
– l’energia elettrica è sottoposta a imposta erariale: ai sensi dell’art. 52, comma 1, TUA, obbligato al pagamento dell’imposta è «l’esercente l’officina di produzione» di energia elettrica od il soggetto ad esso assimilato, denominato «fabbricante»;
– l’art. 53, comma 1, TUA, stabilisce che «chiunque intenda esercitare una officina di produzione di energia elettrica deve farne denuncia all’ufficio tecnico di finanza, competente per territorio, che, eseguita la verifica degli impianti, rilascia la licenza d’esercizio, soggetta al pagamento di un diritto annuale»;
– l’art. 53, comma 2, TUA precisa (lett. a) che «sono considerati fabbricanti, ai fini della imposizione, gli acquirenti di energia elettrica: a) che l’acquistano per farne rivendita;» o (lett. b) che la utilizzano per uso proprio con impiego promiscuo;
– l’art. 54 TUA introduce la nozione di officina di produzione, e specificamente:
a) ai sensi del comma 1 l’officina di produzione è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi;
b) al comma 2 viene precisato che costituiscono distinte officine, cd. «di produzione”, le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione, mentre le officine cd. «di acquisto» – cioè delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio – sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice;
– quanto alla tariffazione, infine, l’art. 6 d.l. n. 511 del 1988, conv. nella I. n. 20 del 1989, prevede per ogni chilowattora di energia impiegata differenti tariffe per applicazioni nelle abitazioni o per uso in locali e luoghi diversi.
In sintesi, dunque, l’intero l’assetto normativo ruota tutto sulle nozioni di officina, di produzione o di acquisto, quali luoghi fisici, sulla nozione di consumatore quale destinatario ed utilizzatore finale dell’energia elettrica, nonché sulla tariffazione per punto di presa.
Tale conclusione, poi, trova ulteriore riscontro nel sistema di versamento dell’imposta disciplinato dall’art. 56 TUA, nel testo vigente ratione temporis, secondo cui: a) l’imposta è versata dal fabbricante direttamente in tesoreria, con diritto di rivalsa sui consumatori; b) ogni bolletta di pagamento rilasciata dal fabbricante ai consumatori deve riportare i quantitativi di energia elettrica forniti e la liquidazione dell’imposta e relative addizionali, con le singole aliquote applicate, e si coordina con l’obbligo di denuncia a carico dell’esercente officina di produzione di energia elettrica previsto dall’art. 53, comma 1, e con la possibilità per questo di verificare il superamento, o meno, della soglia di 1,2 milioni di chilowattora previsto dall’art. 52, comma 2, lett. o-bis.
4.3. In questa prospettiva appare non conferente il richiamo all’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 74 del 1999 (secondo il quale «autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, degli appartenenti ai consorzi o società consortili costituiti per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto») e al superato art. 4, numero 6, lett. a, I n. 1643 del 1962 («non sono soggette a trasferimento le imprese che producono energia elettrica destinata a soddisfare i fabbisogni inerenti ad altri processi produttivi esplicati dalle imprese stesse o da imprese che risultino consorziate o consociate alla data del 31 dicembre 1961, purché il fabbisogno superi il 70 per cento dell’energia prodotta mediamente nel triennio 1959-61») non fosse altro perché si riferiscono a imprese controllate, consorziate, consociate, etsimilia.
Si tratta, infatti, di ipotesi che non ricorrono nella vicenda in esame avendo il giudice di merito affermato, con accertamento insindacabile, che, nel caso della S. e delle società utenti (Crion Srl, Hydro Agri Italia Spa, Polimeri Europa Spa, P Group Srl, Nyclo Srl, ITI Polymers Srl, Ambiente Spa, IFM Ferrara Scarl, ABB Estense Service Spa, Sodexho Italia Spa), «ciò che accomuna tutti i consumatori non è un’unità produttiva unica ma solo il fatto logistico di operare nella medesima area produttiva per scopi e finalità del tutto diversificate».
È altrettanto pacifico, del resto, che il consumo in proprio dell’energia era ben al di sotto del 70% dell’energia prodotta, venendo la gran parte ceduta ad altri soggetti distinti ed autonomi.
4.4. Da tutto ciò, dunque, la necessità di disaggregare, ai fini dell’esenzione in questione, i dati sul consumo di energia mensile registrato da ciascuna azienda interessata.
4.5. Va infine rilevato – sotto altro profilo – che l’art. 6 del d.l. n. 511 del 1988, conv. dalla I. n. 20 del 1989, nel testo vigente per ¡1 periodo dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2003, prevede l’esenzione dalle addizionali locali soltanto in relazione all’energia elettrica autoprodotta ed impiegata per uso proprio, statuendo espressamente che essa si applica nel caso di esercizio delle attività di produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, e non può, pertanto, intendersi riferita anche all’energia proveniente da un consorzio autoproduttore ed utilizzata da imprese aderenti al consorzio, in quanto persone giuridiche diverse dal produttore (v. Cass. n. 8293 del 09/04/2014; Cass. n. 23529 del 12/09/2008).
4.6. In conclusione, la sentenza non merita le censure sollevate poiché l’errata contabilizzazione (per la considerazione in termini cumulativi e non con riguardo ad ogni società operante nell’opificio destinataria dell’energia elettrica) dell’imposta di consumo, la quale integra la base imponibile ai fini Iva, ha comportato una errata applicazione dell’imposta dovuta.
5. Il primo motivo è parimenti infondato, ancorché la motivazione debba essere integrata ex art. 384 c.p.c.
5.1. Ritiene il contribuente che, in relazione al disposto di cui all’art. 57, comma 3, TUA il termine di prescrizione decorra dal momento di effettivo consumo e non, come ritenuto dalla CTR, da quello di presentazione della dichiarazione.
5.2. La tesi del contribuente non è condivisibile.
5.3. L’art. 57, comma 3, TUA testualmente dispone «Il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito».
5.4. La disposizione, peraltro, va considerata nell’alveo del sistema della tassazione delle accise, sistema che, come del resto avviene anche per l’iva e per le imposte sui redditi, è caratterizzato dalla riconduzione dell’accertamento in base a fatti fiscalmente rilevanti all’interno di un periodo di tempo definito.
Il tributo, in altri termini, si attua attraverso adempimenti del contribuente, obbligatori per legge, rispetto ai quali l’intervento dell’Amministrazione risulta solo eventuale: le attività di accertamento necessarie, anche sul piano cronologico, sono, in realtà, quelle demandate al contribuente – ossia il fabbricante quale soggetto tipico nella materia delle accise – che assume la responsabilità dell’attuazione del tributo.
Ne deriva che l’azione successiva dell’Amministrazione si caratterizza come controllo di quanto il contribuente ha realizzato: l’atto di accertamento ha ad oggetto i fatti imponibili non direttamente ma attraverso una attività secondaria, propria del contribuente-fabbricante, che ha, in concreto, quale obbiettivo gli atti posti in essere (od omessi) dal contribuente medesimo.
5.5. La «data in cui è avvenuto il consumo», allora, si identifica, in termini univoci, in quella in cui è possibile verificare che il contribuente-fabbricante abbia adempiuto agli obblighi di legge e, dunque e in particolare, con quella di presentazione della dichiarazione annuale di cui all’art. 55, comma 1, TUA che dispone «L’accertamento e la liquidazione d’imposta per le officine che producono energia elettrica a scopo di vendita e per le officine che producono energia elettrica per uso proprio, munite di misuratore, è fatto dall’ufficio tecnico di finanza, competente per territorio, sulla base della dichiarazione di consumo annuale presentata dal fabbricante. La dichiarazione deve contenere i dati relativi ad ogni mese solare ed è presentata entro il giorno 20 del mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce».
5.6. Ne deriva che, per le ragioni esposte, pur essendo inesatta l’argomentazione, applicata ai tributi e alle accise in particolare, che «la prescrizione non può che decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere», è ugualmente corretta in diritto l’affermazione secondo la quale «è solo dal momento della presentazione della dichiarazione che l’Ufficio poteva accertare che il consumo era stato attribuito ad un solo operatore anziché a tutti gli utenti finali», sicché da tale momento decorre anche la prescrizione.
6. Il ricorso va pertanto rigettato.
Quanto alle spese, nulla va disposto con riferimento al Ministero delle Finanze, non costituito. Con riguardo all’Agenzia delle entrate, invece, le spese vanno compensate nella misura del 50% attesa la peculiarità della vicenda, con profili di novità, mentre per il resto sono liquidate per soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso avverso il Ministero delle Finanze e dell’Economia; rigetta il ricorso avverso l’Agenzia delle entrate.
Condanna il ricorrente al pagamento del 50% delle spese a favore della sola Agenzia delle entrate, che liquida in € 3.600,00, oltre spese prenotate a debito, e compensa la restante metà.
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