CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 aprile 2020, n. 7792
Tributi – INVIM – Avvisi di rettifica e liquidazione maggiore imposta – Contenzioso – Giudicato sfavorevole – Effetto estensivo del difforme favorevole giudicato formatosi sul ricorso di un condebitore – Esclusione
Fatti di causa
1. – Con sentenza n. 1083/1/14, depositata il 3 febbraio 2014, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da M.M. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione di una cartella esattoriale emessa a seguito dell’iscrizione a ruolo dell’INVIM dovuta in relazione a contratto di compravendita concluso il 23 giugno 1997.
Ha rilevato il giudice del gravame che:
– l’obbligazione tributaria rinveniva da avvisi di rettifica e liquidazione che, impugnati dai contribuenti (debitori solidali), erano stati (diversamente) definiti in sede giudiziale e, così, con rideterminazione del valore accertato in € 803.917,00, quanto ai venditori M.E. e M.M. (sentenze della Commissione tributaria regionale della Campania, nn. 521 e 520 del 2004), ed in € 597.636,00, quanto al venditore M.A. (sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 122/8/05, del 22 luglio 2005);
– in esito ai giudicati (così) formatisi, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato distinti avvisi di liquidazione a fronte dei quali l’appellante, – senza impugnare l’atto nei suoi confronti emesso, – aveva provveduto al versamento dell’imposta dovuta utilizzando però, quale base imponibile, il valore accertato (di € 597.636,00) nel giudizio promosso dal condebitore M.A. (e definito con la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 122/8/05, cit.);
– l’Agenzia delle Entrate, quindi, aveva provveduto ad iscrivere a ruolo il maggior importo dell’imposta dovuta in relazione all’accertamento di valore (per € 803.917,00) oggetto del giudicato (sentenza n. 520 del 2004, cit.) formatosi nei confronti del contribuente che, allora, impugnava la cartella esattoriale oggetto di contestazione;
– non sussisteva la dedotta nullità della pronuncia di prime cure (per violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14) in quanto, – in presenza di tre pronunce (tutte passate in giudicato) involgenti la posizione di ciascun condebitore solidale (le tre parti venditrici dell’atto di compravendita del 23 giugno 1997), – non poteva prospettarsi alcuna situazione di litisconsorzio necessario;
– non poteva, del pari, configurarsi l’invocato effetto estensivo del giudicato favorevole (riguardante il condebitore M.A.) in quanto precluso, ai sensi dell’art. 1306 cod. civ., dall’esistenza di un (difforme) giudicato (sfavorevole) nei diretti riguardi dell’appellante;
– a fronte della rilevata inammissibilità dell’impugnazione proposta (solo) avverso la successiva cartella esattoriale, rimanevano inconferenti le ragioni addotte a fondamento della scelta di non impugnare l’avviso di liquidazione che, una volta notificato, avrebbe dovuto essere impugnato (peraltro per vizi propri).
2. – Per la cassazione della sentenza ricorre M.M. che articola tre motivi di ricorso.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 14, c. 1, e dell’art. 1306, c. 2, cod. civ., deducendo, in sintesi, che in ragione del decisum rimarrebbero violati gli artt. 3, 53 e 97 Cost. con riferimento alla distinta posizione di condebitori solidali, avuto riguardo, nello specifico, alla rilevata inestensibilità del giudicato (più) favorevole (quello conseguito dal condebitore M.A.).
Il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., sul rilievo che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciarsi sulla questione (ritualmente dedotta e) relativa all’efficacia (dirimente) dell’ultimo giudicato (quello correlato alla ridetta pronuncia n. 122/8/05, del 22 luglio 2005), in presenza, così come nella fattispecie, di conflitto tra giudicati (da risolvere secondo il criterio temporale).
Col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio con riferimento alla rilevata inconferenza delle ragioni addotte a fondamento della scelta di non impugnare l’avviso di liquidazione, posto che si era provveduto al pagamento dell’imposta dovuta (in relazione al giudicato formatosi sul ricorso proposto dal condebitore M.A.) proprio in ragione del principio di «prevalenza del secondo giudicato sul primo e di ricorrenza dell’ipotesi di litisconsorzio».
2. – Per ragioni di pregiudizialità logico giuridica va anteposto l’esame del secondo motivo che, stima la Corte, è destituito di fondamento.
2.1 – Il giudice del gravame, come si è anticipato, – dopo aver partitamente ripercorso le vicende processuali che avevano costituito il presupposto delle (successive) azioni di recupero dell’Agenzia delle Entrate, – ha escluso che l’appellante potesse giovarsi (ai sensi dell’art. 1306 cod. civ.) dell’effetto estensivo del giudicato formatosi sul ricorso di un condebitore in ragione dell’esistenza di un (difforme) giudicato (sfavorevole) nei suoi diretti riguardi.
Come, poi, reiteratamente rilevato da questa Corte, il vizio di omessa pronuncia è configurabile allorché manchi completamente l’esame di una censura mossa dall’appellante e non sussiste laddove il giudice d’appello abbia fondato la decisione su una costruzione logicogiuridica incompatibile con la domanda, ovvero se la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto (cfr., ex plurimis, Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756).
2.2 – Nella fattispecie, la gravata pronuncia, – se letta nella sua complessiva articolazione, – dà, giustappunto, conto di un (inequivoco) rigetto del motivo di appello che involgeva la dedotta «prevalenza del secondo giudicato» (v. la sentenza appellata, fol. 2°), avendo il giudice del gravame chiaramente esposto il criterio dirimente del conflitto in questione identificandolo nell’esistenza di un giudicato diretto (sfavorevole per la parte processuale).
E detto criterio è del tutto corretto, come in immediato seguito meglio si dirà, – così che nemmeno si pone l’esigenza di una correzione della motivazione della gravata sentenza (cui non è di ostacolo il denunciato error in procedendo; v., ex plurimis, Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962), correzione possibile quando il dispositivo risulti conforme a diritto (art. 384, c. 4, cod. proc. civ.), e non implichi valutazioni di fatto (v., ex plurimis, Cass., 6 settembre 2017, n. 20806; Cass., 25 ottobre 2013, n. 24165; Cass., 18 marzo 2005, n. 5954; Cass., 16 maggio 1998, n. 4939), – laddove si consideri che il (diverso) principio di diritto evocato dal ricorrente presuppone il conflitto di giudicati formatisi (sulla medesima questione e) tra le stesse parti (ove, dunque, detto conflitto va risolto, secondo il criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo; cfr., ex plurimis, Cass., 19 ottobre 2018, n. 26437; Cass., 31 maggio 2018, n. 13804; Cass., 19 novembre 2010, n. 23515; Cass., 8 maggio 2009, n. 10623; Cass., 26 febbraio 1998, n. 2082; Cass., 27 gennaio 1993, n. 997; Cass., 2 giugno 1990, n. 5166).
3. – Anche il primo motivo, – il cui esame assorbe il terzo motivo che, peraltro, espone un contenuto non riconducibile all’ambito di estensione del novellato n. 5 dell’art. 360, c. 1, cod. proc. civ., – è destituito di fondamento.
3.1 – In disparte che, come correttamente rilevato dal giudice del gravame, nella fattispecie veniva in considerazione l’impugnazione di una cartella esattoriale che riguardava (esclusivamente) la posizione della parte, odierna ricorrente, – così che l’esistenza di pregressi giudicati, autonomamente formatisi sulle posizioni dei condebitori solidali (parti alienanti dell’atto di vendita sottoposto a tassazione Invim; v. il d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 26), non poteva che ex se rilevare già ai fini dell’esclusione di ogni litisconsorzio necessario sostanziale, – deve rimarcarsi, ad ogni modo, che, come reiteratamente ribadito dalla Corte, alla solidarietà passiva di imposta si correla un litisconsorzio meramente facoltativo (v., in motivazione, Cass., Sez. U., 18 gennaio 2007, n. 1052 cui adde Cass., 27 marzo 2017, n. 7840; v. altresì, ex plurimis, Cass., 24 gennaio 2018, n. 1698: Cass., 12 novembre 2014, n. 24098).
Non è, poi, dubbia, nella giurisprudenza della Corte, l’applicabilità dell’art. 1306, c. 2, c.c., all’obbligazione solidale tributaria (v., altresì, Corte Cost., 21 luglio 1988, n. 870; Corte Cost., 17 dicembre 1987, n. 544), essendosi rilevato che la regolamentazione delle obbligazioni solidali tributarie va tratta, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053).
Detta disposizione, – della quale si è rilevato che «non ha valore di norma sulla struttura dell’obbligazione solidale (ossia un valore sostanziale), ma detta una regola speciale direttamente riguardante il funzionamento processuale del meccanismo della solidarietà, operando un distacco delle vicende processuali da quelle sostanziali» (Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053), – come ben ritenuto dal giudice del gravame, trova, però, un limite nel giudicato (sfavorevole) che eventualmente si sia formato (così come nella fattispecie) nei confronti del debitore solidale che ne invochi l’applicazione, l’effetto estensivo del giudicato (favorevole) rimanendo, così, impedito (proprio) dall’avvenuta definizione (con forza di giudicato) dell’obbligazione gravante su uno dei coobbligati solidali (cfr., ex plurimis, Cass. 27 dicembre 2018, n. 33436; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3204; Cass., 5 luglio 2017, n. 16560; e, in tema di Invim, Cass., 9 dicembre 2008, n. 28881; Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053).
4. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti ricorrono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito, rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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