CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 febbraio 2021, n. 3817
Contratto a termine – Operatori socio sanitari – Impugnazione del licenziamento precedente la scadenza del nuovo termine – Domanda di accertamento del diritto di precedenza nelle assunzioni ex art. 24 del d.lgs. n. 81/2015
Fatti di causa
1. Con sentenza del 3.10.17, la Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza 7.11.16 del tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda con la quale alcuni operatori socio sanitari assunti a termine (e prorogati) avevano impugnato il licenziamento precedente la scadenza del nuovo termine ed aveva rigettato altresì la domanda di accertamento del loro diritto di precedenza nelle assunzioni ex art. 24 del d.lgs. n. 81/2015.
2. In particolare, la corte territoriale ha escluso che vi fosse un licenziamento, rilevando che nella proroga del contratto era stata inserita condizione risolutiva pienamente legittima, costituita dalla copertura del posto all’esito di mobilità o di concorso pubblico; ha poi escluso che le appellanti potessero invocare il diritto di precedenza perché l’art. 29 del d.lgs. n. 81/2015 esclude espressamente i contratti a tempo determinato stipulati con il personale sanitario.
3. Avverso tale sentenza ricorrono i lavoratori per due motivi, cui resiste la ASL, con controricorso illustrato da memoria.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo si deduce – ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’articolo 2119 c.c. per avere la sentenza impugnata trascurato che le lavoratrici erano licenziabili solo per giusta causa e non anche per giustificato motivo oggettivo e per aver trascurato che la pattuizione relativa alla risoluzione era nulla per contrasto con la disciplina legale dei licenziamenti, atteso che la previsione di un recesso ante tempus si sarebbe risolta nella violazione di norma imperativa.
5. Con il secondo motivo si deduce – ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’articolo 24 del d.lgs. n. 81/15, che prevede il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato del personale, previa questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di cui all’articolo 3 della Costituzione dell’art. 29 del richiamato decreto in relazione all’esclusione di specifiche categorie di dipendenti pubblici dal diritto di precedenza.
6. Il primo motivo è infondato.
7. Occorre premettere che il contratto a tempo determinato si caratterizza per la previsione di un termine finale che, come si desume dalla clausola 3 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE «è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico» sicché, a differenza di ciò che accade nel rapporto a tempo indeterminato, le parti del contratto «conoscono dal momento della sua conclusione la data o l’evento che ne determina il termine e tale termine limita la durata del rapporto di lavoro, senza che le parti debbano manifestare la loro volontà al riguardo dopo la conclusione di detto contratto» (Corte UE 21.11.2018, Ministero de Defensa, in causa C- 619/17, punto 71).
8. Ciò posto, deve rilevarsi che la possibilità di prevedere un termine non rigidamente prefissato ma ancorato al venir meno dell’esigenza temporanea di lavoro, sia in caso di carenza di organico che si esigenza sostitutiva, è connaturata al rapporto di lavoro a termine.
9. Del pari, nella proroga del lavoro a termine è ben possibile apporre un limite di durata del rapporto determinato per relationem con riferimento a dati obietivamente verificabili.
10. In proposito, è sufficiente richiamare Cass. Sez. L, Sentenza n. 11921 del 07/08/2003 (Rv. 565742 – 01), che ha affermato che l’assunzione di un lavoratore allo scopo di sostituire temporaneamente un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro può avvenire con la fissazione di un termine finale al rapporto, o anche con l’indicazione di un termine per relationem, con riferimento al ritorno in servizio del lavoratore sostituito. L’indicazione di un termine fisso finale in aggiunta al termine mobile collegato al rientro del lavoratore sostituito non costituisce di per sè una causa di illegittimità della apposizione del termine, né è manifestazione, di per sè, di un intento elusivo, da parte del datore di lavoro, dei vincoli posti dalla legge, dovendo il suddetto intento elusivo essere provato, caso per caso, dal lavoratore.
11. Nella specie, infatti, la proroga degli incarichi a termine era disposta con la esplicita precisazione che gli stessi avrebbero potuto cessare prima della scadenza stabilita nel momento in cui fosse stato immesso in servizio personale a tempo indeterminato all’esito di procedure di mobilità o concorsuali.
12. La proroga, in altri termini, era stata effettuata per far fronte ad una carenza di organico nelle strutture ospedaliere e territoriali che si sarebbe risolta una volta coperti i posti con personale a tempo stabile.
13. Si tratta di clausola che, da un lato, persegue interessi meritevoli di tutela, essendo volta all’utilizzo del lavoro in correlazione con le esigenze tempoanee occupazionali, e all’altro lato è valida in quanto non meramente potestativa, essendo ancorata a presupposti oggettivi che esulano dalla volontà arbitraria dell’amministrazione (v. Cass., Sez. L, n. 10929 del 19/05/2014, Rv. 630919 – 01 e Sez. L, n. 19045 del 25/09/2015, Rv. 637211 – 01).
14. Del resto, il principio relativo al rapporto di lavoro a tempo indeterminato (ribadito da Sez. L, Sentenza n. 27058 del 03/12/2013, Rv. 628789 – 01) che limita al negozio unilaterale di recesso la possibilità per la volontà delle parti di realizzare l’interesse alla cessazione degli effetti del rapporto, escludendo l’applicazione degli istituti civilistici ordinari, non opera nei limiti di quegli istituti (quali l’apposizione di clausole di durata o di condizioni risolutive) che siano compatibili con la determinazione temporale della durata del rapporto, essendo questo (al pari della sua proroga) per sua natura destinato a cessare con il decorso del tempo o di fatti futuri oggettivi previsti dalle parti.
15. La seconda censura denuncia l’illegittimità costituzionale dell’art. 29 del d.lgs. n. 81/2015 perché la disposizione determinerebbe una disparità di trattamento non giustificata con l’impiego privato.
16. Il motivo è infondato.
17. Quanto al diverso trattamento rispetto ad altri settori pubblici, la questione sollevata è irrilevante, posto che l’esclusione della precedenza non si ricollega solo al richiamato art. 29 co. 2 lett. C) del d.lgs. 81/15, ma anche all’art. 36 co. 4 del testo unico sul pubblico impiego, trattandosi di posti che dovevano essere ricoperti con forma di reclutamento diversa da quelle di cui all’articolo 35, comma 1, lettera b), laddove solo in relazione a posizioni che possano essere ricoperte mediante tali procedure opera il diritto di precedenza invocato ai sensi dell’art. 36, co. 5 bis, del t.u.p.i..
18. Quanto al diverso trattamento rispetto al settore privato, lo stesso è stato già ritenuto conforme a Costituzione (fra le più recenti, Corte cost. n. 248/2018), in considerazione della necessità che l’accesso ai pubblichi impieghi avvenga per concorso pubblico, sicché l’esclusione dei diritti di preferenza nelle assunzioni – come ritenuto correttamente dalla corte territoriale – va ricollegata nel suo fondamento anche al principio di accesso ai posti lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni a mezzo di concorso secondo le previsioni della legge.
19. Le spese seguono la soccombenza.
20. Premesso che parte ricorrente è stata ammessa al gratuito patrocinio, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000 per competenze professionali ed Euro 200 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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