CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 dicembre 2020, n. 29008
Rapporto di lavoro – Giusta causa di dimissioni – Ritardo nel pagamento della retribuzione – Concordato preventivo con continuità aziendale
Fatti di causa
Con sentenza del 27 ottobre 2017, la Corte d’Appello di Trieste, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Pordenone, rigettava la domanda proposta da M.V. nei confronti della R.W.P. S.p.A in concordato preventivo con continuità aziendale, alle cui dipendenze prestava lavoro come impiegato, domanda volta ad ottenere, previo riconoscimento della giusta causa di dimissioni invocata per il ritardo nel pagamento della retribuzione differito al mese di paga successivo a quello di riferimento, la condanna della Società alla restituzione degli importi trattenuti a titolo di indennità di preavviso.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dalla Società per risultare dall’atto i termini dell’impugnazione ma infondato nel merito il gravame, stante l’inconfigurabilità nella specie dell’invocata giusta causa in quanto rispondente il ritardo nella corresponsione della retribuzione ad una prassi consolidata ben nota al V., che non aveva fatto constare il proprio dissenso fino all’improvvisa lettera di dimissioni, neppure a margine della vertenza ad altro titolo insorta tra le parti e definita con accordo conciliativo.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il V., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.
Il ricorrente ha poi presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in una con la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., lamenta l’incongruità dell’iter logico-argomentativo su cui la Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento circa l’inconfigurabilità nella specie della giusta causa di dimissioni, incongruità che ricollega all’omessa considerazione di quanto comprovato in ordine al mancato pagamento alla data delle dimissioni della retribuzione del mese di dicembre 2014 e della 13^ relativa allo stesso anno.
Con il secondo motivo, la medesima censura in ordine all’error in iudicando in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale è prospettata in termini reciproci adducendo la violazione dell’art. 2119 c.c. per la mancata valutazione della giusta causa di dimissioni derivata dall’omesso accertamento degli inadempimenti addotti a sostegno della dedotta ricorrenza della stessa.
Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. è nuovamente prospettata sotto l’ulteriore profilo dello scostamento della pronunzia resa dalla Corte territoriale dagli orientamenti in punto di valutazione della giusta causa accolti da questa Corte che imporrebbero l’accertamento della ricorrenza e della gravità dell’inadempimento imputato al datore, che si assume essere stato omesso dalla Corte territoriale.
I tre motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati, limitandosi il ricorrente ad opporre una propria valutazione circa il carente apprezzamento dell’inadempimento addotto a giustificazione dell’invocata giusta causa e della gravità dello stesso rispetto all’omessa tempestiva contestazione dell’inadempimento medesimo da parte del ricorrente rispetto all’apprezzamento che di tali circostanze risulta effettivamente operato dalla Corte territoriale ed in adeguata ponderazione con il comportamento della Società datrice, per aver la Corte stessa ritenuto il ritardo nei pagamenti delle retribuzioni, ivi comprese quelle relative al mese di dicembre 2014 ed alla 13^ del 2014 addotto a sostegno dell’invocata giusta causa legittimo per inquadrarsi in una prassi consolidata e dunque frutto di una volontà adesiva del ricorrente, confermata dalla mancata inclusione della relativa contestazione nell’ambito della vertenza insorta tra il ricorrente stesso e la Società, tale da non giustificare la ricorrenza della giusta causa.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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