CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 gennaio 2019, n. 1212

Trattamento pensionistico – Revoca della pensione di vecchiaia – Riconoscimento dell’illegittimità – Totalizzazione della contribuzione

Fatti di causa

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 987 del 2011, respingeva l’appello della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali (CNPR) avverso la sentenza del tribunale di Parma che aveva accolto la domanda di G. D. intesa ad ottenere il riconoscimento dell’illegittimità della revoca della pensione di vecchiaia attribuita all’esito della totalizzazione della contribuzione, posto che sulla relativa debenza sussisteva un giudicato esterno implicito (costituito dalla sentenza medesimo tribunale di Parma n. 80 depositata il 12 maggio 2005 relativa ad un precedente giudizio tra le stesse parti).

La Corte rilevava che in effetti l’assicurato si era già rivolto al giudice del lavoro di Parma chiedendo l’attribuzione della stessa pensione con decorrenza dall’1 maggio 2002; che nelle more di quel giudizio la CNPR dava atto che la prestazione richiesta era stata attribuita ma con decorrenza 1/1/2003; e che quindi il tribunale aveva respinto la domanda in ordine ad una più remota decorrenza, ma sul presupposto, implicito, della debenza della prestazione sia pure dalla data successiva; che pertanto doveva ritenersi che sulla questione del diritto del D. ad ottenere la pensione di vecchiaia totalizzata , per quanto riguarda l’individuazione in concreto delle questioni inerenti la cosiddetta pregiudizialità logica e alla conseguente estensione del giudicato ai presupposti necessari della decisione, la precedente sentenza contenesse una valutazione necessaria ed indispensabile per giungere alla pronuncia di rigetto adottata.

Pertanto, la Corte d’Appello di Bologna, alla stregua del principio in base al quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile, riaffermava che sussistesse l’eccepito giudicato esterno implicito con illegittimità della revoca e consequenziale infondatezza della domanda riconvenzionale di ripetizione avanzata dalla CNPR essendo il godimento della pensione a carico dell’Inpdap, allegato come ostativo, anteriore alla pronuncia predetta.

La Corte dichiarava inoltre assorbito l’appello incidentale dell’assicurato.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la CNPR con un unico motivo di ricorso. D. G. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale al quale si è opposto la CNPR con autonomo controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Ragioni della decisione

1. – Con l’unico motivo di ricorso la Cassa lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2909 c.c. e 324 c.p.c. (articolo 360 numero 3 c.p.c.) atteso che la decisione della Corte – secondo cui la questione oggetto del presente giudizio sarebbe stata coperta dal giudicato esterno implicito per non avere la CNPR impugnato nel termine di legge la sentenza del tribunale di Parma n. 80 del 2005 – doveva ritenersi illegittima, essendo incorsa nel grave errore di ritenere che l’oggetto dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato riguardasse anche, quale fatto deducibile, la questione della titolarità, o meno, del diritto alla pensione di vecchiaia totalizzata rivendicato dal signor D. nel presente giudizio. Ed invece, secondo la CNPR, tale questione non poteva farsi rientrare nella categoria dei cosiddetti fatti deducibili coperti dal giudicato in quanto in tale categoria non rientrano: a) i fatti che non risultino esplicitamente investiti dalla decisione; b) i fatti e le situazioni nuove che non fossero deducibili nel giudizio in cui il giudicato si è formato.

La Corte di merito aveva pertanto ritenuto di poter far rientrare nella nozione di questioni deducibili anche un fatto che per definizione soddisfaceva entrambi i requisiti di cui ai precedenti punti a) e b). Tale fatto consisteva nella titolarità in capo al ragioniere D., già dal 1972, di un ulteriore trattamento pensionistico a carico dell’Inpdap; fatto questo di cui la CNPR era venuta a conoscenza soltanto nel settembre 2005 a distanza di tre mesi dal deposito della sentenza del tribunale di Parma 12 maggio 2005, n. 80 in quanto il D., nel momento della presentazione della domanda tesa ad ottenere la pensione di vecchiaia totalizzata, aveva dolosamente omesso di affermare di essere già titolare di un ulteriore trattamento pensionistico. Sosteneva quindi la CNPR che il giudizio precedentemente instaurato dal signor D. non avesse mai riguardato, e comunque non avrebbe potuto in alcun modo riguardare, l’accertamento in merito all’an del diritto di controparte alla pensione totalizzata. Ciò in quanto quel giudizio prendeva le mosse dalla domanda presentata dal signor D. volta ad ottenere la pensione totalizzata con la decorrenza da lui pretesa, domanda che comportava soltanto la liquidazione virtuale della quota a carico dell’Ente previdenziale nei cui confronti era proposta.

All’esito del giudizio la CNPR, in coerenza con quanto previsto dal primo comma dell’articolo 80 del decreto ministeriale n. 57 del 2003 allora vigente, attuativo dell’art. 77 della legge n. 388 del 2000, aveva provveduto all’erogazione in favore del D. della pensione totalizzata in misura integrale e quindi, indipendentemente dalla erogazione di uno o più quote da parte degli ulteriori enti previdenziali interessati (l’Inps) ovvero della verifica in concreto dell’esistenza, o meno del relativo diritto. Con la conseguenza che la verifica dell’an del diritto veniva effettuata soltanto a posteriori (ovvero quando si poneva in concreto il problema di dover liquidare la pensione totalizzata al richiedente) attraverso un sistema di controlli incrociati effettuati dagli Enti previdenziali sui quali gravava l’onere di corrispondere eventualmente la pensione totalizzata (ovvero nel caso in esame l’Inps e la CNPR). In questa situazione era, dunque, evidente – per la CNPR – che il fatto in questione (cioè la verifica in merito all’an del diritto alla pensione totalizzata) non potesse essere considerato deducibile rispetto all’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato e come tale coperto dal giudicato esterno implicito, per due ordini di ragioni.

La prima è che quel fatto non risultava esplicitamente investito della decisione di cui alla sentenza del tribunale di Parma n. 80 del 2005. Il tribunale di Parma si era pronunciato infatti esclusivamente sulla data di decorrenza della pensione di vecchiaia totalizzata e sulla legittimità dei criteri di calcolo applicati dalla CNPR. Nulla aveva detto il tribunale di Parma con riguardo all’art della prestazione posto che detta questione era estranea al thema decidendum del giudizio definito con la sentenza numero 80 del 2005.

La seconda ragione è che lo stesso fatto, essendo emerso soltanto il 1 settembre 2005, non era ragionevolmente deducibile nel giudizio in cui il giudicato si era formato. In conclusione, secondo la CNPR, l’esistenza o meno del diritto a pensione totalizzata non poteva dirsi fatto deducibile coperto dal giudicato, in quanto tale questione era emersa soltanto nel settembre 2005 e non aveva formato oggetto del primo giudizio; e neppure avrebbe potuto essere dedotta in tale giudizio. Del resto la CNPR non aveva alcun interesse a impugnare la sentenza del tribunale di Parma n. 80 del 2005 in quanto la sentenza del tribunale aveva rigettato integralmente le pretese del sig. D. senza alcuna soccombenza per la Cassa; ed anche perché quella sentenza nulla aveva statuito in merito all’esistenza o meno del preteso diritto del D. alla pensione di vecchiaia totalizzata. La sentenza n. 80 del 2005 indicava invece in linea teorica la data di decorrenza della pensione totalizzata che la CNPR aveva indicato sulla base del presupposto virtuale della titolarità del diritto alla pensione totalizzata da parte del signor D.

Sulla scorta di tale censure, la CNPR riproponeva anche le domande rimaste assorbite nel giudizio in appello ai sensi dell’articolo 384 del c.p.c. con le quali la Cassa, sulla base dell’inesistenza del diritto del sig. D. all’erogazione della pensione di vecchiaia totalizzata a far data dal 1 gennaio 2003, per essere quest’ultimo già titolare di un trattamento pensionistico a carico dell’Inpdap, chiedeva accertarsi in via riconvenzionale l’esistenza del diritto della CNPR ad ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato al sig. D. nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2003 ed il settembre 2005, a titolo di pensione di vecchiaia totalizzata; eccependo in ogni caso l’infondatezza della domanda formulata in via subordinata dal sig. D. intesa ad ottenere l’erogazione della pensione di vecchiaia autonoma stante l’esistenza di una grave e persistente situazione debitoria di quest’ultimo nei confronti della CNPR.

2. D. G. ha svolto ricorso incidentale condizionato nel quale ha riproposto le domande svolte nel giudizio di appello e non esaminate dalla Corte di appello in quanto assorbite. Ha lamentato il controricorrente che la CNPR aveva proceduto ad un inesatta ricostruzione dei fatti di causa nelle proprie considerazioni preliminari relative al primo giudizio svolto presso il tribunale di Parma concluso con la sentenza n. 80 depositata il 12 maggio 2005. Ha pure sostenuto che in tale giudizio egli aveva chiesto la condanna della CNPR al pagamento della pensione totalizzata a partire dall’1.5.2002 e la CNPR aveva chiesto il rigetto della domanda. Ha affermato che il tribunale di Parma aveva rigettato il proprio ricorso affermando nella motivazione “appare opportuno precisare che la predetta Cassa ha riconosciuto il diritto azionato dal ricorrente a far tempo dal 1° gennaio 2003”. Ha negato di aver mai reso alcuna inveritiera dichiarazione per ottenere la pensione di vecchiaia totalizzata. Ha concluso che il presupposto della decisione assunta dal tribunale di Parma sulla decorrenza della pensione era costituito dal riconoscimento del suo diritto alla pensione totalizzata, su cui quindi si era formata la cosa giudicata non avendo la Cassa mai impugnato tale sentenza pur avendo avuto titolo e modo nei termini.

3. Il ricorso della CNPR va considerato inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione nei termini declinati da questa Corte fin dalla sentenza n. 5656/1986 (ed in seguito puntualizzati dalle S.U. 8077/2012; e prima da Cass. S.U. 20 giugno 2007, n. 14297; e Cass., S.U. 23 dicembre 2009, n. 27210;cfr. pure Cass. 18/10/2011 n. 21560, Cass.13/3/2009 n. 6184, Cass.30/4/2010 n.10537) ed ora accolto nell’art. 366 n.6 e nell’art. 369 n. 4 c.p.c.; ed in base al quale il ricorrente per Cassazione che deduca un vizio di motivazione, ma anche una violazione o falsa applicazione di legge, ha l’onere di riprodurre in ricorso e di indicare – a pena di inammissibilità – in modo adeguato e specifico, gli atti e i documenti cui ha fatto riferimento nell’esporre la propria censura. Senza che sia possibile al giudice procedere ad integrazioni che vadano aldilà della semplice verifica delle deduzioni contenute nell’atto.

3.1. Va infatti rilevato che il ricorso della CNPR non trascrive al proprio interno né la sentenza del tribunale di Parma n. 80 del 2005 (di cui richiama solo la statuizione di rigetto ed il dispositivo); nè il ricorso proposto in data 13 settembre 2003 dal signor D. che non indica specificamente neppure tra i documenti depositati unitamente col ricorso per cassazione (ai sensi dell’art.369 n. 4 c.p.c.). Onde non consente a questa Corte di esaminare ex actis la veridicità, prima ancora che la fondatezza, delle censure sollevate in ricorso, e di verificare pertanto quale sia stata la domanda svolta dal D. davanti al tribunale di Parma e quali siano state le effettive statuizioni del predetto giudice che – secondo l’impugnata sentenza, pronunciata dalla Corte d’Appello di Bologna – avrebbero avuto il valore di un giudicato implicito quanto al diritto del D. ad ottenere la pensione di vecchiaia totalizzata (dall’1.1.2003); inerendo questo accertamento (sull’an) ad una questione logicamente pregiudiziale ed ai presupposti necessari della stessa decisione di rigetto, coperti appunto dal giudicato; ed, in quanto tale, insuscettibile di essere inciso dal successivo provvedimento di revoca della pensione di vecchiaia totalizzata, ritenuto per questo illegittimo dai giudici di merito.

Non è dato riscontrare, pertanto, nella fattispecie scrutinata, il requisito della specificità e della completezza che consentono di assicurare al ricorso l’autonomia necessaria ad individuare, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta risoluzione delle questioni da risolvere, non essendo la Corte di Cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo.

3.2. Tali indicazioni erano tanto più indispensabili nel giudizio in esame che investe i limiti oggettivi di un giudicato esterno. Ebbene, seguendo la costante giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi che allorché si discuta dell’interpretazione di un giudicato esterno è indispensabile che il ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo d’impugnazione, trascrivi il testo del provvedimento che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il giudicato si forma non solo sulle statuizione finali della sentenza ma anche sugli accertamenti di fatto e di diritto che di esse costituiscono antecedente logico, talché il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (cfr. sentenza n. 5508 del 08/03/2018). Né a tal fine può ritenersi sufficiente il riassunto sintetico della sentenza (Cass. n.2617/2015), né il richiamo a stralci della motivazione, dovendo essere invece riportato il testo integrale della sentenza (Cass. sentenza n. 15737 del 23/06/2017).

Va inoltre rilevato che il principio (su cui, di recente Cass. 25798 del 30/10/2017) desumibile dall’art. 2909 c.c., secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della “causa petendi”, intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto (“petitum” mediato) – a prescindere dal tipo di sentenza adottata (“petitum” immediato) – parimenti postula che in sede di ricorso per cassazione venga riprodotto il testo integrale dell’atto che pone la domanda. E la medesima conclusione si ricava dal principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, riguarda non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Ordinanza n. 25745 del 30/10/2017; Sentenza n. 3488 del 23/02/2016). Ebbene, anche in relazione alla puntuale applicazione di tale consolidato arresto risulta evidente la necessità che questa Corte ha di vagliare direttamente – al fine di ricostruire il quid dispatutum ed il quid disputandum – il contenuto della domanda originaria e quello della sentenza (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 5245 del 06/03/2014).

4. – In forza delle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere quindi dichiarato inammissibile. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.

5. – Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.

Dato l’esito del giudizio deve darsi atto che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive € 5200 di cui € 5000 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed oneri accessori. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma Ibis dello stesso articolo 13.