CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 giugno 2020, n. 11902
Rapporto di lavoro domestico – Pagamento delle differenze retributive – Esclusione della rilevanza probatoria – Libero apprezzamento del giudice di merito – Incensurabilità in sede di Cassazione
Rilevato
– che, con sentenza del 20 aprile 2016, la Corte d’Appello di Bologna confermava la decisione resa dal Tribunale di Bologna e rigettava la domanda proposta da A.J. nei confronti di V.G. in proprio e quale erede di M.P., avente ad oggetto l’accertamento dell’essere tra le parti intercorso per il periodo compreso tra il 28.8.2005 ed il 4.1.2010 un rapporto di lavoro domestico e la condanna al pagamento delle differenze retributive;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di dover accreditare, in ragione della tipologia delle testimonianze escusse ed in particolare del caratterizzarsi della principale teste indotta dalla J., W.E.K., quale teste “de relato ex parte actoris” priva dunque di conoscenza diretta nonché del mancato riscontro in sede istruttoria delle allegazioni della J. circa lo svolgimento di compiti tipici di un rapporto di lavoro domestico e, di contro,
dell’accertamento della limitata presenza della stessa presso l’abitazione della P., la versione della G. per cui il rapporto tra le parti si basava sull’offerta da parte della J. di compagnia alla Sig.ra P., anziana madre della G., in cambio di ospitalità, vitto e alloggio e di dover, pertanto, escludere la rilevanza della presunzione di onerosità;
– che per la cassazione di tale decisione ricorre la J., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la G.;
Considerato
– che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, I. n. 339/195810 e 11 del CCNL sul rapporto di lavoro domestico dell’8.3.2001 e 10 e 12 del successivo rinnovo del 16.2.2007, lamenta la non conformità a diritto del pronunciamento reso dalla Corte territoriale, dovendosi qualificare, alla stregua delle disposizioni invocate, quale prestazione tipica del rapporto di lavoro domestico le sole mansioni di mera compagnia anche limitata alla garanzia della presenza notturna;
che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., la ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova, assumendo che, a fronte dell’accertato svolgimento di mansioni di compagnia e dunque di attività di lavoro domestico, il corretto riparto dell’onere della prova imponeva alla parte convenuta di attestare la ricorrenza di ragioni idonee ad escludere la presunzione di onerosità;
che, nel terzo motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato con riguardo all’omessa considerazione da parte della Corte territoriale delle circostanze riferite dai testi ed in particolare da W.E.K. in quanto a loro note non de relato ma per conoscenza diretta;
che tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, i primi due non misurandosi con la ratio decidendi dalla Corte territoriale posta a base della pronunzia data dalla valutazione dell’esito dell’istruttoria tesa ad escludere la stessa prestazione di mansioni di mera compagnia laddove, richiamandosi alle stesse allegazioni del ricorso introduttivo, attribuisce rilievo ai limitati periodi di effettiva permanenza presso l’abitazione della P. ed il terzo in ragione dell’inconferenza del vizio denunciato, atteso che la Corte territoriale, lungi dall’aver omesso l’esame delle ricamate risultanze istruttorie, la ha puntualmente esaminate escludendone la rilevanza probatoria sulla base del suo libero apprezzamento incensurabile in questa sede; che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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