CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 febbraio 2019, n. 4923
Tribiti indiretti – IVA – Accertamento – Riscossione – Infedele dichiarazione – Mancata registrazione di operazioni imponibili
Fatto
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, sez. staccata di Sassari (in seguito, CTR), veniva riformata la sentenza n.213/02/2007 della Commissione Tributaria Provinciale di Sassari (in seguito, la CTP) avente ad oggetto un avviso di accertamento con il quale l’AGENZIA DELLE ENTRATE recuperava ad imposta nei confronti della S.-I. SOCIETA’ CONSORTILE A R.L., oggi IN LIQUIDAZIONE (in seguito, la contribuente), maggiore IVA per l’anno di imposta 1998, applicando le relative sanzioni.
2. In particolare, l’Amministrazione finanziaria accertava che l’intera prestazione che la contribuente svolgeva nell’interesse delle due società consorziate, la S. S.p.a. e la I. S.r.l., consisteva nell’erogazione di un servizio in esecuzione di contratto di appalto, contratto con il Comune di Sassari, per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; l’Amministrazione applicava quindi l’aliquota IVA ordinaria, al tempo del 20%, contestando la dichiarazione IVA infedele e la mancata registrazione di operazioni imponibili.
3. Il ricorso veniva rigettato dalla CTP, e i costi complessivamente ribaltati dalla contribuente al 50% in favore delle due società consorziate, per uomini, automezzi, macchinari, attrezzature e altre voci, ritenute – in conseguenza dell’unitarietà della prestazione – il corrispettivo dell’operazione di servizi assoggettata ad IVA.
4. Proponeva la contribuente appello, e questo veniva parzialmente accolto, nella misura dell’aliquota, applicata alla complessiva operazione imponibile, come accertata dall’Amministrazione e confermata dai giudici di primo grado, però ridotta ex art.127 sexiesdecies della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72, con esclusione delle sanzioni, in assenza di discrezionalità nell’applicazione dell’aliquota, fissa.
5. Contro la sentenza l’Agenzia propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, cui replica la contribuente con controricorso e ricorso incidentale affidato a sua volta a due motivi.
Diritto
6. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità formulata in controricorso ex art. 366 c.p.c., non essendo il ricorso principale una mera riproposizione e trascrizione degli atti delle precedenti fasi di giudizio, in quanto contiene anche momenti di sintesi dei rilevanti aspetti processuali, inclusi i fatti di causa, oltre che delle ragioni delle parti.
7. Invertendo l’ordine naturale di trattazione, è preferibile scrutinare prima i motivi a sostegno dell’impugnazione incidentale, e poi quelli del ricorso principale; non trova infatti applicazione Cass. SS.UU. 25 marzo 2013 n. 7381, dal momento che il ricorso incidentale contesta i capi della sentenza della CTR che hanno confermato gli avvisi di accertamento per cui è causa, e dunque il merito, e non già una questione pregiudiziale o preliminare. Inoltre, se trovasse accoglimento il ricorso incidentale, che contesta l’imponibilità stessa delle operazioni contestate, diverrebbe superfluo scrutinare i motivi di ricorso principale, che colpiscono i capi della sentenza d’appello circa la misura dell’aliquota ridotta ritenuta applicabile e la non applicabilità delle sanzioni.
8. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la contribuente deduce l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 primo comma n.5 c.p.c., nella parte in cui ha avvallato la ricostruzione dell’operazione economica come servizio unitario svolto dalla società consortile, da assoggettare ad imposta, anziché individuare la contribuente quale mandataria senza rappresentanza delle due consorziate, ed ha applicato l’aliquota IVA ridotta del 10%.
9. Il motivo è destituito di fondamento. Questa Corte ha affermato, con riferimento ad un caso analogo, il principio secondo cui “una società consortile costituita nelle forme di società di capitale per l’esecuzione di un appalto di opere pubbliche, ai sensi dell’art. 23 bis I. 8 agosto 1977, n. 584 e succ. mod. non assume la posizione di appaltatore, che resta puntualizzata sulle imprese socie riunite, ma il più modesto rilievo di una struttura operativa al servizio di tali imprese, con la conseguenza che, dal punto di vista tributario, le operazioni e i costi della società consortile sono direttamente riferibili alle società consociate. Ne deriva che per le imprese socie costituiscono costi propri le spese affrontate per mezzo del consorzio, le quali, quindi, possono essere ad esse riaddebitate attraverso il principio del cosiddetto ribaltamento dei costi” (Cass. 18 giugno 2008 n. 16410).
Il caso di specie riguarda una società consortile avente natura meramente mutualistica, costituita successivamente alla stipula dell’appalto con il Comune di Sassari di gestione dei rifiuti solidi urbani e di spazzamento delle strade, per ridurre i costi in capo alle consorziate nell’esecuzione delle prestazioni in dipendenza dell’appalto.
La contribuente ha così eseguito le prestazioni previste dal predetto contratto di appalto, provvedendo quindi a ribaltare i costi, al 50% per ciascuna, sulle due consorziate, fatturando loro, mentre le consorziate hanno fatturato alla stazione appaltante. La società consortile non ha perseguito un autonomo scopo di lucro, e non vi sono ragioni particolari per discostarsi, ai fini della qualificazione dell’operazione economica come unitaria, dal Cass. 14 febbraio 2017 n.18437, reso proprio tra le medesime parti e divenuto definitivo.
10. La CTR, confermando la decisione della CTP sull’imponibilità dell’operazione contestata in quanto unitaria, ha inoltre operato un accertamento in fatto, sorretto da una motivazione idonea, congruamente articolata e logica. Né la contribuente fa valere, a sostegno del mezzo di impugnazione, un elemento di prova decisivo e contrario, non valutato dai giudici d’appello e ritualmente introdotto nel processo, limitandosi a ribadire la propria prospettazione difensiva, secondo cui sarebbe stata una mera mandataria senza rappresentanza delle consorziate.
11. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art.3 comma terzo del DPR 26 ottobre 1972 n.633, per aver la CTR implicitamente ritenuto che la contribuente svolgesse un servizio nei confronti delle società consorziate, il cui corrispettivo sarebbe stato pari ai costi sostenuti nell’esecuzione dell’appalto, da ribaltare in favore delle consorziate, con assoggettamento ad IVA nel loro intero ammontare ed applicazione dell’aliquota ordinaria d’imposta.
12. Il motivo è infondato, in diretta dipendenza dal rigetto del primo, dal momento che il fatto che la contribuente svolgesse un servizio nei confronti delle società consorziate, il cui corrispettivo sarebbe stato pari ai costi sostenuti nell’esecuzione dell’appalto, è diretta conseguenza dell’accertamento in sentenza dell’unitarietà dell’operazione economica, “in quanto non ricorrono le condizioni previste dagli articoli 8 della l.67/88 (prestiti o distacchi di personale dipendente) e 15 comma 1, elementi atti a qualificare in tal modo le operazioni concernenti l’impiego delle risorse umane da parte della società consortile e fatturate alle due società consorziate, quali ad esempio (…)”. Quale ulteriore conseguenza del fatto che il rapporto tra la società consortile e le consorziate non è stato ricostruito, attraverso un accertamento in fatto adeguatamente e logicamente motivato, come mandato senza rappresentanza, non trova applicazione nemmeno l’invocato art.3 comma terzo del DPR 26 ottobre 1972 n. 633, relativo all’applicazione dell’IVA a prestazioni effettivamente rese, per conto del mandante, dal mandatario al terzo.
13. Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia deduce la violazione degli articoli 3 e 16 del DPR n.633/1972, falsa applicazione dell’art.127 sexiesdecies della Tabella A allegata al DPR n. 633/1972, nonché violazione degli artt. 1 e 3 commi 1 e 2 del DPR 10 settembre 1982 n.15, in relazione all’art.360 primo comma n.3 c.p.c., per aver la CTR ritenuto applicabile l’aliquota IVA prevista per le prestazioni per la cui effettuazione i costi sono stati sostenuti, e non quella dei costi sopportati dalla contribuente per porre in essere le prestazioni di servizi previste dal contratto di appalto.
14. Il motivo è infondato. Appare logica la motivazione della CTR secondo cui alla fatturazione della società consortile nei confronti delle consorziate dev’essere applicata l’aliquota agevolata prevista per le prestazioni inerenti la gestione dei rifiuti solidi urbani dal n. 127 sexiesdecies della Tabella A, Parte III del d.P.R. n. 633 del 1972, per le prestazioni rese alle imprese consorziate. Si tratta del medesimo regime di agevolazione pacificamente applicabile alla fatturazione per le prestazioni rese dalle consorziate verso la stazione appaltante, che fa leva anche su precedenti di prassi, in particolare la circolare ministeriale n.142/E/059 menzionata in sentenza.
A ciò si aggiunge la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 355/E del 14/11/2002 riportata nel precedente reso inter partes Cass. 14 febbraio 2017 n.18437, sia pure con riferimento ad un’operazione non imponibile ai fini IVA prevista dall’art. 9, primo comma, punto 6, del D.P.R. n. 633/1972. Siffatta ratio decidendi è stata già condivisa da questa Corte, e da tale arresto non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie, relativo solo a diverso anno di imposta.
15. Con il secondo motivo, quanto alla ritenuta inapplicabilità delle sanzioni, l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.8 del d.lgs. n. 546/1992 delle norme in tema di sanzioni IVA, dell’art.3 del DPR n. 633/1972, dell’art.127 sexiesdecies della Tabella A ivi allegata, nonché degli artt. 1 e 3 commi 1 e 2 del DPR 10 settembre 1982 n. 15, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 c.p.c., oltre che l’insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.
16. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili, in diretta conseguenza del rigetto del primo, dal momento che la CTR ha operato la riduzione dell’aliquota, valorizzando l’elemento di incertezza che esisteva evidentemente per lo stesso giudice di primo grado, il quale aveva diversamente statuito, anche ai fini delle sanzioni, ex art.8 del d.lgs. n.546/1992.
17. In conclusione, tanto il ricorso principale quanto quello incidentale vanno disattesi e, in presenza di soccombenza reciproca, sussistono i presupposti per la compensazione integrale delle spese di lite.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi;
spese compensate.
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