CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 novembre 2019, n. 30231
Mansioni superiori – Differenze retributive – Prescrizione estintiva – Eccezione di prescrizione
Ritenuto che
la Corte d’Appello di Lecce, nel rigettare l’appello principale dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva riconosciuto il diritto alla retribuzione delle mansioni superiori svolte da G.R., ha accolto l’appello incidentale del lavoratore con cui il medesimo aveva contestato l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione entro i cui limiti l’accoglimento della sua pretesa era stato contenuto in primo grado;
la Corte riteneva che l’eccezione predetta fosse stata formulata in modo generico, senza rispetto dell’onere, ritenuto gravare sul convenuto, di tipizzarla secondo le varie ipotesi previste dalla legge;
per la cassazione della sentenza di appello l’INPS ha proposto ricorso prospettando due motivi di ricorso, resistiti con controricorso dal lavoratore;
Considerato che
con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2934, 2946 c.c., nonché degli artt. 416 e 437 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’eccezione di prescrizione necessitasse di tipizzazione rispetto alla specifica fattispecie estintiva evocata, mentre era sufficiente la deduzione della volontà di profittare dell’inerzia del titolare del diritto in contestazione rispetto all’esercizio dello stesso, insita nella formulazione appunto dell’eccezione di prescrizione;
il motivo, debitamente formulato manifestando il concreto interesse alla pronuncia, desumibile dal fatto che il giudice di prime cure aveva accolto l’eccezione accertando lo svolgimento di mansioni superiori dal 1.11.2001, ma riconoscendo il diritto alle differenze retributive solo dal 13.2.2004, è fondato;
costituisce infatti orientamento assolutamente consolidato, a partire da Cass., S.U., 25 luglio 2002, n. 10955, quello per cui «in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una “quaestio iuris” concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge, sicché la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al potere – dovere del giudice» (analogamente, poi, tra le molte, v. Cass. 20 gennaio 2014, n. 1064; Cass. 22 ottobre 2010, n. 21752);
poiché d’altra parte la proposizione della questione di prescrizione manifesta in sé la deduzione dell’inerzia del titolare del diritto rispetto alla data del suo sorgere, ne deriva che la pur sintetica formulazione dell’eccezione dispiegata dall’I.N.P.S. in primo grado, con riferimento ad «ogni decadenza e prescrizione» risulta idonea ad imporre la verifica giudiziale della fondatezza di essa;
il ricorso va dunque accolto con rinvio alla medesima Corte d’Appello, in diversa composizione, affinché valuti l’oggetto del contendere sulla base dei principi di cui sopra;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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