CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 ottobre 2020, n. 22787
Licenziamento disciplinare – Giusta causa – Genericità e tardività della contestazione – Giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione – Prove presuntive gravi, precise e concordanti
Fatti di causa
Con sentenza del 7 giugno 2018, la Corte d’Appello di L’Aquila confermava la decisione resa dal Tribunale di Sulmona e rigettava la domanda proposta da A.G. nei confronti della BPER Banca Popolare dell’Emilia Romagna S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato dalla Banca alla G. in relazione ad ammanchi di cassa di cui era stata ritenuta responsabile.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistere indizi gravi precisi e concordanti idonei a fondare la responsabilità della G. per due dei tre ammanchi contestati e smentite dall’istruttoria espletata le giustificazioni addotte a fronte del terzo ammanco contestato e di conseguenza ravvisabile l’invocata giusta causa di licenziamento mentre infondate le eccezioni formali relative alla genericità e tardività della contestazione ed inammissibile per difetto di impugnazione della statuizione sul punto resa in prime cure l’eccezione relativa alla mancata affissione del codice disciplinare.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la G., affidando l’impugnazione a sette motivi, cui resiste, con controricorso, la Banca.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 343 c.p.c., imputa alla Corte territoriale di aver pronunziato sulla base di un percorso logicogiuridico diverso da quello seguito dal giudice di prime cure sorretto dal riferimento a documentazione anch’essa differente da quella in primo grado considerata rilevante e ciò in difetto di proposizione in via incidentale di apposito gravame avverso la predetta sentenza.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 112 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 24 Cost., la ricorrente ribadisce sotto tale peculiare profilo la censura in ordine all’illegittimità del processo valutativo delle emergenze istruttorie in quanto desunti da mezzi di prova non considerati dal primo giudice.
Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. è prospettata con riguardo all’asserito travisamento da parte della Corte territoriale del documento in atti denominato “giornale di fondo”.
Con il quarto motivo, rubricato con riguardo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 5 I. n. 604/1966 in relazione all’art. 2697 c.c., la ricorrente imputa alla Corte territoriale il malgoverno delle regole sull’onere della prova per aver ritenuto tale onere assolto dalla Banca in difetto di una prova completa e certa.
Nel quinto motivo intitolato alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2106 c.c., si censura il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione.
Con il sesto motivo la ricorrente deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio imputando alla Corte territoriale l’omessa considerazione della disponibilità manifestata dalla ricorrente alla copertura degli ammanchi.
Nel settimo motivo il medesimo vizio è predicato con riferimento all’omessa considerazione da parte della Corte territoriale della prassi di regolarizzazione a posteriori in essere presso la Filiale.
A riguardo rilevata l’infondatezza del primo e del secondo motivo, atteso che, costituendo il giudizio di appello una “revisio prioris istantiae” è del tutto plausibile che l’analogo esito trovi fondamento su un iter logico-giuridico differente, fermo restando l’esonero della parte risultata totalmente vincitrice in primo grado dal proporre ricorso incidentale in vista del conseguimento di un pronunciamento diversamente motivato, si deve ritenere l’inammissibilità del terzo motivo che non si misura con le argomentazioni in base alle quali la Corte territoriale, al di là delle risultanze del “giornale di fondo” ha ritenuto inconsistenti le giustificazioni addotte dalla ricorrente a fronte del contestato ammanco della divisa USA, infondato il quarto motivo ben potendo l’assolvimento dell’onere della prova essere valutato in relazione alla ricorrenza di prove presuntive gravi, precise e concordanti, qui neppure fatte oggetto di specifica confutazione, inammissibile il quinto motivo, risultando il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione congruamente operato dalla Corte territoriale nella corretta prospettiva dell’affidamento del datore sull’esatto adempimento delle prestazioni future, inammissibile il sesto motivo, riguardando i fatti di cui si imputa alla Corte territoriale l’omessa considerazione elementi riconducibili al giudizio di gravità dell’addebito da ritenersi peraltro, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte del tutto irrilevanti a quei fini, quali la copertura della perdita subita dalla Banca e l’inconfigurabilità del danno, infondato il settimo motivo avendo la Corte territoriale espressamente valutato ed escluso l’incidenza nella specie dell’invocata prassi di “regolarizzazione a posteriori”.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 giugno 2020, n. 11540 - In tema di licenziamento disciplinare, il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare, ma l'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 24621 depositata il 14 agosto 2023 - L'obbligo di comunicazione dell'ammontare del reddito professionale alla Cassa di previdenza è correlato all'iscrizione alla Cassa medesima, a prescindere dalla nazionalità, e «non…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 novembre 2020, n. 24605 - In tema di licenziamento per giusta causa, mentre spetta al giudice di merito verificare in concreto quando un potenziale illecito disciplinare sia stato scoperto nei suoi connotati…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37322 depositata il 20 dicembre 2022 - La riapertura del procedimento disciplinare ex art. 55 ter, comma 3, seconda parte, del d.lgs. n. 165 del 2001, deve avvenire se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta…
- Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza n. 741 depositata il 9 gennaio 2024 - Il licenziamento per ritorsione costituisce la reazione a un comportamento legittimo del lavoratore, ove il potere di recesso sia esercitato a fronte di una condotta…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 settembre 2021, n. 25901 - Il procedimento disciplinare mantiene come tale la sua autonomia e potrà risentire degli effetti del giudicato penale se l'azione disciplinare sia ancora non definita oppure solo se ed in…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…