CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 24621 depositata il 14 agosto 2023

Lavoro – Obbligo contributivo professionista – Cassa forense – Albo degli avvocati – Accoglimento

Rilevato che

1. il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso dell’avv. D.F., cittadina tedesca, ritenendo sussistente l’obbligo contributivo della professionista nei confronti della Cassa Forense per gli anni 2008, 2009, 2010 e 2011, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. a) del Reg. (CE) 29 aprile 2004, nr. 883/2004/CE – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – avendo accertato che la parte sostanziale dell’attività professionale della ricorrente, negli anni in oggetto, era stata svolta in Italia, dove la medesima aveva fissato la sua residenza;

2. la Corte di appello di Brescia ha confermato la decisione di primo grado;

3. a tale riguardo, ha anche osservato come non sussistesse, in base al regolamento Contributivo della Cassa, un diritto di opzione per un’unica iscrizione ad una delle due casse che, nella specie, sarebbe stata quella tedesca;

4. ricorre la professionista con due motivi;

5. resiste, con controricorso, la Cassa;

6. entrambe le parti depositano memoria;

7. il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.

Considerato che

8. con un primo motivo è dedotta la violazione ed errata applicazione dell’art. 10 del Regolamento Contributivo della Cassa Forense, antecedente alla riforma del 2012, nel quale è stato trasfuso l’art. 1 del D.M. 22 maggio 1997 («Regolamento per l’applicazione della L. 20 settembre 1980, nr. 576, artt. 17 e 18 come modificati dalla L. 11 febbraio 1992, nr. 141, artt. 9 e 10»);

9. con il secondo motivo, è dedotta la violazione dalla normativa comunitaria per contrarietà ai principi di eguaglianza e non discriminazione sanciti dall’art. 18 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex art. 12 del Trattato CE) e della libera prestazione dei servizi all’interno della comunità sancito dall’art. 49 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex art. 43 del Trattato CE);

10. nel complesso, le censure investono l’accertamento dell’obbligo di contribuzione nei confronti della Cassa forense, nonostante l’avvenuta dichiarazione, all’atto dell’iscrizione, di avvalersi del diritto di opzione in favore dell’ente previdenziale tedesco;

11. i motivi possono esaminarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare;

12. occorre partire dal presupposto che si tratta di redditi professionali relativi agli anni 2008, 2009, 2010 e 2011;

13. in fatto, la professionista ha dedotto di essere un avvocato tedesco, iscritta senza soluzione di continuità, dal maggio 2003, all’Albo degli avvocati di Colonia e, obbligatoriamente, al sistema previdenziale forense dello Stato di provenienza; di essere stata, altresì, iscritta, negli anni in contestazione, nella sezione speciale per gli avvocati europei, presso l’Ordine degli avvocati di Brescia;

14. deve, peraltro, ritenersi pacifico che l’Avv.to D.F. ha esercitato il diritto di opzione in favore della Cassa tedesca, al momento della iscrizione in Italia;

15. la Corte di appello, come sinteticamente riportato nello storico di lite, ha rigettato la domanda della professionista in base all’art. 13, paragrafo 2, del regolamento comunitario nr. 883 del 2004 di disciplina dell’«Esercizio di attività in due o più Stati membri» (per il quale è esclusa la facoltà di scelta del regime statale previdenziale e si applica la legislazione dello Stato membro di residenza se nello stesso sia svolta la parte sostanziale dell’attività professionale). I relativi presupposti risultano accertati nella sentenza impugnata;

16. osserva il Collegio che la conclusione della Corte di merito è corretta, limitatamente all’obbligo contributivo successivo al 1° maggio 2010;

17. la normativa Europea, infatti, si applica, ai sensi dell’art. 91 co. 2 del regolamento medesimo, dall’entrata in vigore delle relative disposizioni di attuazione (nella specie, si tratta del regolamento attuativo nr. 987 del 2009, efficace a decorrere dal 1.5.2010, ai sensi dell’art. 97 dello stesso);

18. ai fini della decisione, occorre, dunque, distinguere due periodi di contribuzione: quello antecedente al 1° maggio 2010 e quello successivo;

19. in relazione al primo, deve confermarsi il principio affermato dalla giurisprudenza più risalente di questa Corte (Cass. nr. 233 del 2006), secondo il quale l’obbligo di comunicazione dell’ammontare del reddito professionale alla Cassa di previdenza è correlato all’iscrizione alla Cassa medesima, a prescindere dalla nazionalità, e «non sussiste per gli avvocati iscritti in altri albi professionali e alle relative Casse di previdenza, alla stregua dell’art. 17 della legge n.576 del 1980 e delle istruzioni della Cassa di Previdenza Forense con le quali, in sede di autoregolamentazione, la Cassa ha escluso, per tali avvocati, l’obbligo di comunicazione; pertanto, l’avvocato cittadino di un paese dell’Unione Europea, iscritto all’Albo degli avvocati nel paese di provenienza e alla relativa Cassa di previdenza, non ha alcun obbligo di comunicazione alla Cassa di Previdenza italiana dell’ammontare del reddito professionale, conseguendone l’illegittimità della penalità comminata, dalla Cassa Nazionale Forense, per l’asserita violazione» (Conf. anche Cass. nr. 24784 del 2009);

20. viceversa, per il periodo successivo al 1° maggio 2010, trova applicazione la normativa comunitaria e il diverso principio che, conformemente alla stessa, risulta espresso in più recenti arresti della Corte: «Ai fini della individuazione della legislazione previdenziale applicabile per i cittadini comunitari che svolgono la professione forense in più Stati membri dell’Unione va data prevalenza al criterio del luogo di residenza, indicato dall’art. 14 bis, par. 2, del Regolamento CEE n. 1408 del 1971, richiamato dall’art. 13 del Regolamento CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 883 del 2004, nel caso in cui una parte sostanziale dell’attività sia esercitata in tale Stato membro, mentre, qualora il professionista non risieda in uno degli Stati membri nel quale esercita una parte sostanziale della sua attività, deve trovare applicazione quello del luogo in cui si trova il centro di interessi, al fine di garantire l’effettività dell’obbligo di comunicazione reddituale alla Cassa di previdenza di tale luogo, funzionale alla determinazione dei contributi dovuti da chi sia già iscritto e all’accertamento dei requisiti reddituali o del volume di affari in presenza dei quali sorge l’obbligo di iscrizione» (Cass. nr. 6826 del 2023; Cass. nr. 6776 del 2018);

21. in conclusione, l’intervento della Cassa deve ritenersi escluso dall’opzione, in favore della Cassa estera, esercitabile (ed in concreto esercitata dalla professionista) per i redditi maturati fino al 1° maggio 2010. La richiesta della Cassa è, invece, legittima in relazione alla contribuzione richiesta in relazione ai redditi successivi al 1° maggio 2010. In questi termini, il ricorso va dunque accolto;

22. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi agli enunciati principi, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.