CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2020, n. 1000
Libero professionista – Albo degli avvocati – Iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS
Fatto
Rilevato che
con sentenza nr. 1014 del 21.12.2017, la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame dell’INPS ed in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di C.M., libero professionista iscritto all’Albo degli avvocati, volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS, con decorrenza 1.1.2009, e della domanda di pagamento dei relativi contributi;
avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione C.M. deducendo due motivi di censura;
ha resistito l’INPS con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;
Diritto
Considerato che
con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 26, della legge nr. 335 del 1995 perché insussistente e; non provato l’elemento costitutivo di abitualità della professione svolta;
secondo la deduzione di parte ricorrente, la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto integrato il requisito dell’abitualità sulla base di un reddito IRPEF di € 1723,00; a fondamento della censura, ha anche richiamato l’art. 44 comma 2 del D.L. 269 del 2003;
il motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;
la questione prospettata non risulta affrontata dalla sentenza impugnata, né parte ricorrente precisa «dove, come e quando» la stessa abbia avuto accesso al thema decidendum del giudizio di merito (cfr. ex plurimis, Cass. n. 2443 del 2016); il generico riferimento al contenuto dell’ atto di appello (riportato al 2° cpv. di pag. 2 del ricorso in cassazione) non soddisfa gli oneri di specificazione imposti dal combinato disposto degli artt. 366 nr. 6 e 369 nr. 4 cod.proc.civ.;
con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione della legge 576 del 1980, dell’art. 1 della legge nr. 6 del 1952, dell’art. 2 della legge nr. 335 del 1995 come interpretata dall’art. 18, comma 12, D.L. nr. 98 del 2011;
secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente l’obbligo di iscrizione presso la Gestione separata INPS per il reddito prodotto nell’esercizio della professione, seppure inferiore alla soglia reddituale prevista dai regolamenti della Cassa Forense, ratione temporis vigenti, e per i quali aveva versato unicamente il contributo integrativo e non anche quello soggettivo;
il motivo è infondato;
questa Corte, in coerenza con quanto già espresso da Cass. nr. 30344 del 2017 (e numerose altre) in relazione alla categoria professionale degli ingegneri ed architetti, ha affermato che «sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l’Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio» (v. Cass. nr. 32608 del 2018, seguita da Cass, nr. 32167 del 2018, Cass. nr. 519 del 2019 e Cass. nr. 3799 del 2019);
l’obbligo di cui all’ art. 2, comma 26, legge n. 335/1995 di iscrizione alla Gestione Separata è, infatti, rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’ esercizio abituale (anche se non esclusivo) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge altre diverse attività, per cui risulta già iscritto ad altra gestione; tale obbligo viene meno «solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento» (Cass. nr. 3799 cit.);
la Corte di appello ha deciso la controversia in modo conforme all’indicato principio di diritto per cui la sentenza impugnata va esente dalle mosse censure;
il ricorso deve, pertanto, rigettarsi;
la novità della questione principale sulla sussistenza dell’obbligo contributivo determina la compensazione delle spese del giudizio di legittimità (v. Cass. nr. 3799 del 2019);
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. nr. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.