CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 aprile 2019, n. 11239
Contratto a progetto – Natura subordinata del rapporto – Prestazione di opera intellettuale – Recesso – Penale
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato (…) – C.M.C. al pagamento in favore di S.H., a titolo di penale contrattuale, della somma complessiva di € 112.500,00 oltre interessi legali dalla messa in mora della società.
1.1. Il giudice di appello, per quanto ancora di interesse, ha rilevato: a) che non era più in contestazione che il contratto in controversia fosse stato effettivamente voluto dalle parti (e non avesse carattere apparente o fittizio), che queste avessero inteso configurarlo quale contratto a progetto ex art. 61 d. lgs. 10/9/2003 n. 276 e che lo stesso fosse privo di un valido progetto; b) che a fronte del rigetto della domanda intesa ad ottenere la dichiarazione di nullità del contratto a causa della mancata iscrizione dell’H. all’Albo degli Ingegnieri la società non poteva limitarsi, come avvenuto, a riproporre la questione nelle proprie difese ma avrebbe dovuto specificamente investire con atto di gravame la statuizione di primo grado sul punto; c) che la mancanza del progetto non comportava la inefficacia o nullità del contratto ma, ai sensi dell’art. 69 d. Igs n. 276/2003 cit., una presunzione – relativa – in ordine alla natura subordinata del rapporto; in conseguenza, in assenza di specifica censura alla sentenza di prime cure laddove aveva accertato che l’H. aveva operato per conto di C.M.C. s.p.a. in posizione di autonomia, il contratto tra le parti doveva essere ricondotto all’ambito del contratto avente ad oggetto una prestazione di opera intellettuale ai sensi degli artt. 2230 e sgg. cod. civ.; d) che avendo le parti convenuto, in deroga alla previsione di cui all’art. 2337 cod. civ., una penale pari ai compensi che sarebbero maturati fino alla scadenza naturale del contratto per l’ipotesi di recesso della società in assenza di giustificato motivo – giustificato motivo nel caso specifico insussistente – all’H. andava riconosciuto il diritto alla penale; tuttavia, poiché il relativo importo risultava manifestamente sproporzionato sulla base di elementi ricavabili dagli atti di causa, lo stesso, ai sensi dell’art. 1384 cod. civ., andava rideterminato in misura pari a quanto l’H. avrebbe ricevuto dal momento del recesso anticipato della società fino alla prima scadenza possibile del contratto e cioè per un totale di 280 giorni; e) che tenuto conto che il compenso annuo pattuito in contratto era pari a € 150.000,00, la somma dovuta a titolo di penale, r¡proporzionata su tale base, ammontava a € 115.080,00, oltre interessi legali dalla costituzione in mora.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.M.C. s.p.a. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso e ricorso incidentale affidato a quattro motivi.
2.1. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
Sintesi dei motivi di ricorso principale
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62 e 69 d. lgs. n. 276/2003 cit. e, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., difetto e contraddittorietà di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che l’assenza del progetto non implicasse la conversione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato, come previsto dall’art. 69 d. Igs n. 276/2003 cit., ma consentisse al giudice di merito la possibilità di una diversa qualificazione del contratto. In questa prospettiva assume che la mancata conformità del contratto al tipo legale al quale avrebbe dovuto conformarsi ne determinava la assoluta improduttività di effetti <<ricorrendo altresì l’assenza di norme speciali che tale diversa efficacia potrebbero attribuirgli>>.
2. Con il secondo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2126 cod. civ. quale principio della rilevanza giuridica della prestazione di fatto, censura la sentenza impugnata per non avere considerato che l’art. 2126 cod. civ. quando sancisce il principio che la nullità di un contratto di lavoro non produce effetti per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione non implica che il contratto nullo si sia convertito in un diverso tipo contrattuale ma solo la possibilità di produzione di alcuni effetti, pur in assenza di una fonte funzionale alla costituzione del rapporto venendo in rilievo, per l’appunto, una prestazione di fatto inidonea ad assumere la veste di fonte negoziale.
3. Con il terzo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2230 e 2231 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere ricondotto il contratto inter partes alla categoria regolata dagli artt. 2230 e sgg. cod. civ. pur in assenza di iscrizione del professionista all’albo di competenza come prescritto dall’art. 2231 cod. civ. in ipotesi in cui in contratto venga dedotto lo svolgimento di attività professionale condizionata da tale iscrizione. Assume che secondo quanto evincibile dalla prova orale le dimensioni e la complessità dell’intervento edilizio (nell’ambito del quale l’ing. H. sulla base del contratto stipulato prestava la propria opera) escludevano che la collaborazione dedotta potesse esplicarsi al di fuori dell’ambito della professionalità di un ingegnere; l’iscrizione nel relativo albo professionale si configurava, quindi, quale imprescindibile requisito soggettivo.
4. Con il primo motivo di ricorso incidentale S.H., denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che non potesse più essere messa in discussione la natura autonoma del rapporto instaurato tra le parti.
Deduce di avere, infatti, con il ricorso in appello censurato la sentenza di prime cure per avere ritenuto che l’assenza del progetto rendesse il contratto tamquam non esset laddove, una volta ritenuto che le parti avevano inteso instaurare un contratto ai sensi dell’artt. 61 d. lgs. n. 276/2003 cit., occorreva accertare se vi era stata trasformazione in rapporto di lavoro subordinato o in contratto di collaborazione ex art. 2222 cod. civ.
5. Con il secondo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 69, comma 1, d. lgs n. 276/2003 cit., censura la sentenza impugnata per non avere fatto derivare dall’assenza del progetto la conversione dell’originario contratto in contratto in rapporto di lavoro subordinato.
6. Con il terzo motivo, denunziando, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 cod. civ., critica la decisione di appello per avere ridotto l’ammontare della penale la cui misura – sostiene – era funzionale a garantire il corretto equilibrio fra le parti; premesso che il parametro concordato per la relativa determinazione prevedeva una meramente ipotetica conclusione del progetto entro 40 mesi evidenzia che, una volta che i lavori si erano protratti oltre tale periodo per cause non imputabili all’H., quest’ultimo aveva diritto alla somma pattuita a titolo di penale nella misura concordata; il complessivo tenore delle intervenute pattuizioni rendeva non rispondente alla volontà delle parti la operata riduzione.
7. Con il quarto motivo, denunziando ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 cod. civ. in relazione agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., lamenta la assenza dei presupposti per farsi luogo alla riduzione della penale ai sensi dell’art. 1384 cod. civ. tenuto conto della complessiva condotta della società – che con la delibera in data 23.11.2012 aveva deciso di non dare più corso all’esecuzione del contratto e di recedere, ove necessario, dallo stesso – contraria ai principi di correttezza e buona fede.
Esame dei motivi di ricorso principale.
8. Il primo motivo di ricorso principale è infondato laddove assume che l’assenza del progetto comportava la assoluta improduttività di effetti al contratto stipulato ai sensi dell’art. 61 d.lgs n. 276/2003 cit.. Come osservato dalla sentenza impugnata, nella disciplina dettata dal d. lgs. n. 276/2003 cit. non vi è alcuna norma che sanzioni la mancanza del progetto con la nullità o inefficacia del contratto; anzi, tale conseguenza deve ritenersi positivamente esclusa dalla previsione di cui al comma 1 dell’art. 69 d. lgs. n. 276/2003 cit. (“ratione temporis” applicabile nella versione antecedente le modifiche di cui all’art. 1, comma 23, della l. 28/6/2012 n. 92), destinata a prevalere, per il suo carattere di specialità, sulla generale previsione codicistica di cui all’art. 1424 cod. civ. alla stregua della quale l’assenza di progetto comporta che il rapporto è considerato rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla sua costituzione. In relazione al profilo esaminato, l’unico investito da censura in quanto funzionale all’esclusione di operatività della penale, ed in disparte la questione relativa all’affermazione secondo la quale il comma 1 dell’art. 69 d. lgs. n. 276/2003 cit. stabilisce una presunzione relativa di subordinazione, affermazione quest’ultima non conforme alla giurisprudenza di questa Corte (v. ex plurimis Cass. 17/08/2016 n. 17127), la sentenza deve essere confermata.
8.1. La censura intesa a denunziare difetto e contraddittorietà di motivazione risulta inammissibile alla luce del testo novellato dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , che consente la denunzia del vizio motivazionale solo sotto il profilo di omesso esame di un fatto storico di rilevanza decisiva oggetto di discussione tra le parti (v. Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053), omesso esame neppure formalmente prospettato dalla parte ricorrente.
9. Le ragioni alla base del rigetto del primo motivo di ricorso comportano l’assorbimento dell’esame del secondo motivo posto che la previsione di un effetto legale tipico connesso all’assenza del progetto esclude in radice la possibilità di ricondurre la fattispecie in esame all’area delle prestazioni di fatto regolata dall’art. 2126 cod. civ., come prospettato dalla società ricorrente.
10. Il terzo motivo di ricorso che contesta, in sintesi, la configurabiltà di un contratto ai sensi dell’art. 2230 e 2231 cod. civ. per difetto di iscrizione dell’H. al competente albo professionale è inammissibile per l’assorbente rilievo che l’esame della relativa questione è stato ritenuto precluso dalla mancata impugnazione sul punto della sentenza di prime cure (v. pagg. 8 e 9 sentenza, parag. 5.2.) e tale statuizione non è stata, a sua volta, investita da specifica censura con il presente ricorso.
11. Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile per difetto di interesse ad impugnare, come implicitamente riconosciuto dal ricorrente incidentale il quale ha evidenziato di avere proposto la impugnazione sul punto per scrupolo difensivo, solo in via cautelativa e per completezza (v. ricorso pag.18 e memoria pag. 4).
11.1. Con tale motivo si censura la sentenza di appello per avere rilevato il difetto di specifica censura all’accertamento del giudice di prime cure secondo il quale l’istruttoria espletata aveva dimostrato che l’H. aveva operato per conto di (…) in posizione di autonomia. Tale rilievo aveva consentito al giudice di appello di ritenere superata la presunzione (relativa) di subordinazione connessa, secondo la errata ricostruzione giuridica della Corte di appello, all’assenza di progetto.
11.2. Tanto premesso la carenza di interesse ad impugnare la statuizione sul punto nasce dalla considerazione che, secondo quanto emerge dallo storico di lite della sentenza impugnata (v. sentenza, pagg. 1 e 2), e dallo stesso ricorso incidentale (v. ricorso incidentale, pag. 2), la domanda azionata dall’H. risultava essenzialmente intesa al conseguimento della penale pattuita; a tal fine, infatti, l’accertamento del concreto atteggiarsi del rapporto secondo le modalità tipiche del rapporto di lavoro autonomo o del rapporto di lavoro subordinato risulta del tutto ininfluente in quanto inidoneo ad incidere direttamente sulla validità ed efficacia della pattuizione negoziale in oggetto.
11.3. Quanto ora osservato assorbe la valutazione di infondatezza, comunque, del motivo. Dal tenore delle censure formulate con l’atto di appello, quali riprodotte nel ricorso per cassazione si evince, infatti, che le stesse non investivano il profilo della ricostruzione fattuale del rapporto bensì quello delle conseguenze giuridiche connesse alla mancanza del progetto, questione concettualmente distinta dalla prima ed in relazione alla quale l’effetto legale di conversione del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato prescinde da ogni riferimento alle concrete modalità di espletamento della prestazione dedotta ma si configura quale meccanismo sanzionatorio automatico ispirato ad intento antielusivo e antifrodatorio come chiarito dal Giudice delle Leggi con la sentenza n. 399 del 2008 nel pervenire alla declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 86 d.lgs. n. 276/2003 cit..
12. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile anch’esso per difetto di interesse ad impugnare pur rivelandosi fondata, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte alla quale si rinvia (v., oltre a Cass. 17127/2016 cit., tra le altre, Cass. 31/8/2016, n. 17448; Cass. 21/6/2016 n. 12828; Cass. 10/5/2016 n. 9471) la critica alla sentenza impugnata per avere fatto conseguire alla carenza di valido progetto al contratto di collaborazione autonoma instaurato ai sensi degli artt. 61 e sgg. d. lgs. n. 276/2003 cit., una presunzione relativa di subordinazione non coerente con il meccanismo automatico sanzionatorio delineato dall’art. 69, comma 1, d. Igs n. 276/2003 che nel testo applicabile ratione temporis così recita <<I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell’articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto>>.
12.1. Invero alcuna incidenza al fine della validità ed efficacia della pattuizione relativa alla penale, può derivare dall’effetto di <<conversione automatica>> in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato connesso all’assenza del progetto, dovendo ulteriormente osservarsi che alcuna questione nelle fasi di merito è stata prospettata in punto di possibile incompatibilità della clausola penale pattuita con la configurazione come di natura subordinata del rapporto inter partes quale conseguenza automatica ai sensi dell’art. 69, comma 1, d. lgs. n. 276/2003 cit., della mancanza del progetto.
13. Il terzo motivo di ricorso incidentale è infondato. Come è noto l’art. 1384 cod. civ. prevede che la penale possa essere diminuita <<equamente>> dal giudice se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se il relativo ammontare è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento.
Quest’ultima è l’ipotesi presa in considerazione dalla Corte di merito la quale ha ritenuto manifestamente sproporzionata la entità della penale pattuita con riferimento all’inadempimento della società costituito dal recesso anticipato dal contratto, sulla base di una serie di circostanze di fatto quali la presumibile durata, fissata in 40 mesi – dell’incarico, il fatto che l’allungamento dei tempi di realizzazione del progetto e di alienazione delle porzioni di immobile messe in vendita non erano necessariamente riconducibili ad inadempimento colpevole della società, la circostanza che l’incarico di direzione tecnica all’H. era evidentemente collegato, seppur non giuridicamente condizionato, alla sua posizione di socio di maggioranza e amministratore della società, la circostanza che l’H. non aveva mai indicato quali prestazioni avrebbe potuto e dovuto svolgere come direttore tecnico dopo la scadenza originariamente prevista dalle parti ecc. (v sentenza, parag. 8 pagg. 15 e 16).
13.1. Tanto premesso le deduzioni del ricorrente incidentale in punto di corretta ricostruzione della volontà delle parti e dell’equilibrio contrattuale che esse avevano inteso garantire mediante la previsione della penale nella misura concordata risultano generiche in quanto la censura di violazione delle regole legali di interpretazione non è conforme all’insegnamento di questa Corte che richiede a tal fine la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato (Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass. 12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta dal ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata rilevi ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 6/6/2013 n. 14318, Cass. 22/11/2010 n. 23635). La critica alla sentenza impugnata non tiene, inoltre, conto che il potere di riduzione ad equità della penale previsto dall’articolo 1384 cod.civ., non è condizionato dal concreto regolamento di interessi adottato dalle parti e dall’equilibrio contrattuale dalle stesse prefigurato con le relative pattuizioni, ma, anzi, è stato previsto proprio in funzione correttiva dell’assetto di interessi frutto della regolazione pattizia essendo concepito come potere dovere attribuito al giudice per la realizzazione di un interesse oggettivo dell’ordinamento collegato alla valutazione di meritevolezza della tutela dell’autonomia privata (cfr. Cass. 10/4/2006 n. 8293; Cass. Sez. Un. 13/09/2005 n. 18128; Cass. 23/5/2003 n. 8188; Cass. 24/09/1999 n. 10511) anche sotto il profilo della conformità ai valori costituzionali (Cass. 8188/2003 cit.).
14. Il quarto motivo di ricorso incidentale, che denunzia errore di diritto della sentenza impugnata lamentando la assenza dei presupposti per farsi luogo alla riduzione della penale, deve essere anch’esso respinto alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’apprezzamento della eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione (Cass. 1/10/2018 n. 23750; Cass. 16/2/2012 n. 2231; Cass. 18/03/2003 n. 3998).
15. Al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale consegue la compensazione delle spese di lite.
16. Sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, nei confronti della ricorrente principale e del ricorrente incidentale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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