CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2018, n. 19637
Tardività del recesso datoriale – Licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo – Plurimi contratti di somministrazione – Scomputo dal periodo dell’apprendistato di quello relativo al lavoro somministrato, avente ad oggetto le stesse mansioni – Rapporto da considerarsi trasformato in un ordinario rapporto a tempo indeterminato
Fatti di causa
1.1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trieste, decidendo sul reclamo proposto dalla D.V.T. S.p.A. nei confronti di D.P., in parziale riforma della decisione del Tribunale di Udine, resa sull’opposizione ex art. 1, co. 51 e ss., della legge n. 92/2012 proposta dalla società avverso l’ordinanza ex art. 1, co. 48 della medesima legge, confermata la tardività del recesso datoriale e la qualificazione di quest’ultimo come licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, condannava la società, ex art. 18, co. 4 e 7, della I. n. 300/1970 nel testo introdotto dalla I. n. 92/20120, alla reintegra del lavoratore ed al pagamento in favore del P. delle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del licenziamento a quello della reintegra, detratti i redditi di lavoro percepiti aliunde dal lavoratore e comunque entro il limite massimo di 12 mensilità.
1.2. D.P. aveva lavorato dapprima come operatore ecologico presso la sede operativa della D.V.T. S.p.A. di Magnano in Riviera in forza di plurimi contratti di somministrazione relativi ai giorni 5 e 6 maggio, 13 maggio, 19 e 20 maggio, 26 e 27 maggio 2011 e infine dall’1/6/2011, con scadenza fissata al 30/6/2011 e poi era stato assunto direttamente dalla D.V. in data 1/7/2011 con un contratto di apprendistato professionalizzante della durata di tre anni, venendo inquadrato nel livello 2B del c.c.n.l. FISE con la qualifica di operaio e le mansioni di operatore ecologico.
1.3. Il Tribunale, tra le varie questioni poste dal lavoratore, aveva ritenuto preliminare ed assorbente quella della tardività del recesso datoriale posto che la società non aveva tenuto conto del fatto che, per effetto della previsione di cui all’art. 14, co. 7, del c.c.n.l., andava scomputato dal periodo di tre anni dell’apprendistato quello relativo al contratto di lavoro somministrato intercorso tra le parti nei due mesi precedenti l’inizio dell’apprendistato ed avente ad oggetto le stesse mansioni di operatore ecologico.
1.4. La Corte d’appello ribadiva le ragioni poste dal Tribunale a fondamento della decisione ed in particolare riteneva che, a termini della disposizione pattizia, ai fini della riduzione del termine per l’apprendistato, occorresse considerare anche il contratto di lavoro somministrato atteso che la ratio della disposizione è quella di evitare l’indebita ed inutile protrazione del periodo di apprendistato nella misura in cui esso duplichi la formazione “sul lavoro” già ricevuta dall’apprendista nei 12 mesi precedenti.
Riteneva, inoltre, che il P. avesse svolto sia durante il rapporto di lavoro somministrato sia durante l’apprendistato le stesse mansioni e funzioni.
In conseguenza considerava che l’iniziativa risolutoria della datrice di lavoro altro non fosse se non un licenziamento priva di giusta causa e di giustificato motivo intervenuto quando il rapporto era già da considerarsi trasformato in un ordinario rapporto a tempo indeterminato.
Riteneva, infine, applicabile la tutela reintegratoria attenuata con il limite delle 12 mensilità e detratto l’aliunde perceptum.
2. Avverso tale sentenza la D.V.T. S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
3. D.P. resiste con controricorso.
4. Successivamente la ricorrente ha depositato atto di rinuncia al ricorso, accettata dal controricorrente.
Ragioni della decisione
1. L’intervenuta rinuncia al ricorso comporta, ex art. 391 cod. proc. civ., l’estinzione del processo, senza pronuncia sulle spese vista l’accettazione manifestata da parte controricorrente.
2. Il tenore della pronuncia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, co. 17, I. 24 dicembre 2012, n. 228, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del processo.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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