CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 maggio 2018, n. 13165
Lavoro – Autotrasportatore – Mancata prova dello svolgimento di lavoro straordinario – Licenziamento – Per giustificato motivo oggettivo – Ridimensionamento della forza lavoro
Svolgimento del processo
Con sentenza del 24.9.2005 la Corte d’Appello di Bologna ha respinto l’appello principale di R.A., confermando la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva respinto la sua domanda diretta a far accertare il diritto al pagamento del lavoro straordinario svolto in qualità di autotrasportatore presso la ditta di L.B. ed ha accolto l’appello incidentale del datore di lavoro, accertando la legittimità del licenziamento comunicatogli in data 14.11.2014 per giustificato motivo oggettivo.
La Corte di merito, premesso che la prestazione di lavoro del ricorrente era da annoverarsi tra quelle caratterizzate da attività discontinua, che il datore di lavoro aveva disconosciuto i dischi cronotachigrafi prodotti in fotocopia dal ricorrente, che le deposizioni testimoniali non avevano confermato le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa così come dedotta dal ricorrente, non potendosi assegnare rilevanza al solo orario di partenza e di arrivo vista la discontinuità della prestazione, ha confermato la decisione di primo grado circa la mancata prova dello svolgimento di lavoro straordinario come invece dedotto dal ricorrente.
La Corte ha accolto l’appello incidentale del B., ritenendo sussistere un giustificato motivo di licenziamento, atteso che il ridimensionamento della forza lavoro era comprovato dall’assenza di nuove assunzioni in una qualifica corrispondente a quella del ricorrente, di autotrasportatore, dovendosi ritenere legittimo il riassetto organizzativo alla luce di un calo dell’utile di esercizio (non essendo di per sé rilevante l’aumento del fatturato) e tenuto conto che il lavoratore non aveva comunque allegato vacanze di posizioni di lavoro fungibili. Ha poi ritenuto comunque tardive la Corte le allegazioni del ricorrente relativamente all’ applicabilità analogica dei criteri di scelta cui alla legge n. 223/1991.
La sentenza è stata oggetto di ricorso per cassazione da parte del R. affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c.; ha resistito il B. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2712, 2967, 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c.; secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere l’inidoneità dei dischi cronotachigrafi ad avere pieno valore probatorio, atteso che gli stessi non sono stati disconosciuti. Si sarebbe invero trattato di una contestazione, ai sensi dell’art. 2712 c.c. vaga e generica, non concretizzatasi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà prodotta e nel caso in esame la contestazione avrebbe riguardato soltanto tre discetti, tra gli oltre 400 prodotti.
Il motivo è infondato. Questa Corte ha più volte ribadito che l’accertamento del lavoro straordinario svolto da un autotrasportatore, e della sua effettiva entità, non può fondarsi unicamente sui dischi cronotachigrafi, ove ne sia stata disconosciuta la conformità ai fatti in essi registrati e rappresentati, non potendo da soli tali dischi fornire una prova piena, in ragione della preclusione stabilita dall’art. 2712 cod. civ., occorrendo a tal fine che la presunzione semplice, costituita dalla contestata registrazione o rappresentazione anzidetta, sia supportata da ulteriori elementi, pur se anch’essi di carattere indiziario o presuntivo, offerti dall’ interessato o acquisiti dal giudice nell’esercizio dei propri poteri istruttori (Cass. n. 6437/1994, cass. 9006/2002, Cass. n. 10366/2014).
Nel caso in esame tuttavia l’esclusione alla conformità all’originale non è stata considerata dalla corte solo alla luce del disconoscimento dei dischi da parte della società, ma anche in ragione delle testimonianze rese da colleghi di lavoro del ricorrente in primo grado, riportate in sentenza, che hanno escluso che la prestazione fosse svolta in via continuativa senza interruzione per l’intero orario giornaliero risultante dal disco, non occupandosi gli autotrasportatori anche del carico e scarico.
Con il secondo motivo di gravame il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604/66 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione art. 360 n. 3 c.p.c., per non avere la corte territoriale verificato gli elementi costitutivi del recesso con riferimento alla sostenuta crisi aziendale, limitandosi ad una motivazione laconica e riduttiva, neanche ben comprensibile. La lettera di licenziamento del 14.11.2008 non farebbe, a dire del ricorrente, riferimento alcuno alle ragioni del recesso (perdita di redditività dell’azienda e conseguente necessità di diminuire i costi), esplicitate solo in giudizio, avendo peraltro la società solo in appello riprodotto uno schema relativo ai ricavi ed agli utili, precisando una diminuzione di utili, nonostante un leggero aumento dei ricavi. Il ricorrente ha quindi escluso che vi fosse stata una crisi strutturale che giustificava il licenziamento.
Con il terzo motivo di appello si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. in relazione agli artt. 3 e 5 della legge 604/66 e artt. 115 e 116 c.p.c., sempre con riferimento art. 360 n. 3 c.p.c.: la corte non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi di riparto dell’onere della prova in riferimento al repechage, perché la lettera di licenziamento nulla dice sull’impossibilità di reimpiego in altra mansione, mentre nelle note conclusive il ricorrente aveva precisato che il datore di lavoro non aveva offerto di provare l’impossibilità di reimpiego in altre mansioni, ad esempio di magazziniere o addetto alle pulizie.
Non possono trovare accoglimento neanche il secondo ed in terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente perché connessi, in quanto diretti entrambi a contestare la legittimità del licenziamento, l’uno sotto il profilo della mancata esistenza di ragioni obiettive, l’altro sotto il profilo del mancato ripescaggio del lavoratore in altra mansione equiparabile. La corte territoriale, sia pure con una motivazione non particolarmente articolata, ha tuttavia dato conto della ragione produttiva – calo dell’utile di esercizio, non contrastato da un aumento di fatturato in sé irrilevante – che ha supportato la decisione di eliminare un posto di lavoro di autotrasportatore, lavoratore non rimpiazzato da nuova assunzione e scelto in ragione della anzianità di servizio inferiore a quella degli altri autotrasportatori, dando atto la corte altresì della impossibilità di repechage, anche alla luce della inesistenza di potenziamento della forza lavoro in altri settori fungibili, stante la ridotta realtà aziendale.
Non può dunque ritenersi fondata la censura in relazione alla lamentata violazione dell’art. 2967 cc e dell’art. 5 legge 604/66, avendo la corte di merito correttamente applicato i principi contenuti nelle citate norme in punto di onere di prova sia della perdita economica che ha ritenuto consistere nella perdita di utile di esercizio per essere stato irrilevante l’aumento dei ricavi, ragione comprovata dalla assenza di assunzioni successivamente al licenziamento, circostanza quest’ultima che ha portato la corte bolognese a ritenere, anche con un ragionamento presuntivo, l’inesistenza di “esigenze di potenziamento della forza lavoro in altri settori fungibili”, stanti le ridotte dimensioni aziendali. E tale ratio decidendi, investendo anche una valutazione di merito espressa in termini corretti sul piano logico giuridico, non è sindacabile in questa sede.
Il ricorso deve quindi essere respinto, conseguendone la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
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