CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 giugno 2020, n. 12880
Restituzione dei contributi versati ad Inarcassa – Professionista iscritto – Decesso prima di aver maturato i requisiti per il conseguimento del diritto a pensione – Diritto riconosciuto solo al professionista iscritto e non ai suoi eredi – Prestazione previdenziale contributiva reversibile
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava la domanda proposta da G.V. e M.G. volta ad ottenere la restituzione da parte dell’Inarcassa dei contributi versati dal loro dante causa S.G., professionista iscritto all’Inarcassa e deceduto in data 14/4/2005 prima di avere maturato i requisiti per il conseguimento del diritto a pensione, per un importo di € 8.222,88.
2. La Corte territoriale argomentava che la possibilità dei superstiti di ottenere la restituzione dei contributi versati dal loro dante causa era stata esclusa dal decreto interministeriale del 22/7/2005, che riconosceva il diritto in questione solo al professionista iscritto alla cassa e non ai suoi eredi. Non riteneva rilevante il fatto che il G. fosse deceduto in epoca anteriore al 22/7/2005, considerato che la domanda era stata presentata dagli eredi il 27/9/2005, nella vigenza della nuova normativa.
3. Per la cassazione della sentenza G.V. e M.G. hanno proposto ricorso, affidato a sei motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui l’Inarcassa non ha opposto attività difensiva.
Ragioni della decisione
4. Come primo e secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale e la conseguente violazione dell’articolo 40 dello Statuto Inarcassa ante riforma e la falsa applicazione dell’art. 2 dello Statuto Inarcassa post riforma, con violazione dell’art. 3 della Costituzione. Sostengono che Corte d’appello avrebbe applicato la modifica dello Statuto di Inarcassa con effetto retroattivo, occorrendo avere riguardo alla data in cui si è verificato il fatto generatore del diritto azionato e dunque alla data del decesso del dante causa. Nel caso, il dante causa era deceduto il 14/4/2005, prima di avere compiuto i 65 anni di età, sicché neppure avrebbe potuto esercitare il diritto di opzione.
5. Come terzo motivo deducono la violazione dell’art. 10 delle disposizioni sulla legge in generale e la conseguente falsa applicazione delle modifiche allo Statuto Inarcassa introdotte con decreto interministeriale del 22/7/2005 e l’omessa valutazione della data di spedizione della domanda di restituzione dei contributi. Argomentano che la normativa che la Corte d’appello di Palermo ha ritenuto di dover applicare nel caso di specie non era ancora entrata in vigore alla data in cui l’istanza di restituzione era stata inoltrata all’Inarcassa, essendo stata spedita il 21/9/2005, contestualmente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale che aveva approvato con condizione le modifiche dello Statuto Inarcassa.
6. Come quarto motivo deducono la violazione degli articoli 3 e 4 delle disposizioni sulla legge in generale ed evidenziano che la possibilità degli eredi di ottenere la restituzione dei contributi è prevista dall’articolo 20 della legge n. 6 del 1981, al quale lo Statuto Inarcassa non poteva derogare.
7. Come quinto motivo deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 42.9 e 30.3. dello Statuto Inarcassa e lamentano che la Corte territoriale non abbia valorizzato la normativa transitoria in base alla quale coloro che avessero compiuto il sessantacinquesimo anno di età senza aver maturato il diritto a pensione di vecchiaia avrebbero potuto optare entro tre anni dalla data di approvazione dello Statuto, e cioè entro il 22/7/2008, per la restituzione dei contributi versati, con conseguenze utili anche in favore dei superstiti. Nel caso in esame ring. G., nato a Palermo il 26/5/1942, non aveva compiuto i sessantacinque anni di età alla data del decesso intervenuta il 14/4/2005 e dunque non avrebbe potuto esercitare il diritto di opzione, ma li avrebbe compiuti entro il termine dilatorio di tre anni dalla data di approvazione della modifica statutaria, sicché in tal caso avrebbe potuto esercitare il diritto di opzione, e l’interpretazione che la Corte d’appello dà della norma transitoria dello Statuto Inarcassa determinerebbe un ulteriore effetto penalizzante per gli eredi.
8. Come sesto motivo, i ricorrenti lamentano la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
9. Questa Corte ha esaminato una fattispecie analoga a quella oggi in esame nell’arresto n. 9290 del 09/05/2016, con soluzione, cui occorre dare continuità ed alla cui motivazione ci si riporta, che determina il rigetto dei motivi primo, secondo e quinto.
10. Anche nel caso che ne occupa, la domanda volta alla restituzione dei contributi secondo la ricostruzione fattuali effettuata dalla Corte d’appello è stata presentata in epoca successiva alla modifica dello Statuto INARCASSA (approvata il 22 luglio 2005 con d.i. con condizione e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 settembre 2005) che, eliminando l’istituto della restituzione, ha introdotto la nuova «prestazione previdenziale contributiva reversibile». Tale domanda, di conseguenza, è da ritenersi priva di effetto, in quanto proposta per ottenere un beneficio (quello della restituzione dei contributi versati) ormai non più esistente, alla data della presentazione, nel regime previdenziale della Cassa.
11. Non può assegnarsi alla detta domanda, come richiesto dai ricorrenti, il puro valore di momento e mezzo attinente alla fase di liquidazione, sul contestuale rilievo che la fattispecie attributiva resterebbe integrata al tempo e con il decesso del professionisti iscritto. La domanda dell’interessato (assicurato o avente causa) costituisce, infatti, requisito necessario per il conseguimento di qualunque prestazione in materia previdenziale, sia che essa integri un trattamento pensionistico, sia che essa tenda, come nella specie, ad un rimborso, attesa la portata generale e sistematica del cd. principio della domanda, secondo il quale «il diritto alla prestazione è espressamente subordinato, ai fini della validità e della efficacia, all’assolvimento di oneri di comportamento da parte dell’interessato ed in particolare ad un atto di iniziativa dell’assicurato, in mancanza del quale l’ente non può provvedere» (conf. Cass. 24 maggio 2004, n. 9941).
12. E’, inoltre, da rilevare che questa Corte di legittimità, in un caso riguardante la Cassa dei Geometri, con soluzione che può adattarsi anche alla fattispecie in esame ha già statuito che «l’impossibilità, di fatto, per gli eredi di ottenere il rimborso, per essere il professionista deceduto prima di aver raggiunto il 65° anno di età senza aver avanzato domanda di restituzione prima della data di entrata in vigore della legge n. 236 del 1990, non vale a costituire in loro favore alcun diritto verso la Cassa» (Cass. 8 febbraio 2006, n. 2762); con la precisazione, in motivazione, che «non ha fondamento la tesi che il diritto ai rimborso dei contributi versati si sia consolidato alla data della cancellazione dall’Albo dei geometri (20 giugno 1990), con conseguente applicabilità ratione temporis del disposto dell’abrogato» art. 21 della I. n. 773/1982, atteso che, anche sotto il vigore di tale norma, «il rimborso non conseguiva automaticamente alla cancellazione dell’iscrizione alla Cassa, ma richiedeva la domanda dell’interessato, che nella specie è intervenuta (da parte degli eredi) quando erano già cambiate le condizioni di legge per il rimborso» (conf. Cass. 21/2/2011, n. 4163).
13. Il terzo motivo è inammissibile. Esso valorizza una circostanza fattuale (la data di spedizione della domanda di rimborso) che non è stata presa in esame dalla Corte territoriale e che pertanto costituisce fatto nuovo la cui deduzione risulta come tale inammissibile nel presente giudizio di legittimità. Ulteriore motivo d’inammissibilità è costituito dal rilievo che neppure tale circostanza è corredata dalla produzione o localizzazione in atti del documento che la dimostrerebbe, in violazione dei canoni di specificità imposti dagli artt.366 c. 1 n. 6 e 369 c. 2 n. 4 c.p.c.. (sui quali v. Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, Cass. n. 17168 del, 2012, Cass. n. 1391 del 2014, Cass. n. 3224 del 2014).
14. Il quarto motivo non è fondato, considerato che il d.lgs 30/06/1994, n. 509 – che ha attuato la delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza – all’art. 3 comma 2 lettera a) ha demandato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministeri di cui al comma 1, l’approvazione dello statuto e dei regolamenti dei suddetti di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, nonché le relative integrazioni o modificazioni, che hanno così sostituito la normativa preesistente richiamata dai ricorrenti.
15. Resta assorbito il quinto motivo, essendo la regolamentazione delle spese che è stata adottata dal giudice di merito coerente coni la decisione di rigetto del gravame.
16. In definitiva, il ricorso dev’essere rigettato.
17. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.
18. L’esito del giudizio determina la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
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