CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 luglio 2018, n. 19862
Licenziamento disciplinare – Domanda di impugnativa – Proposizione del reclamo – Termine
Fatti di causa
1. Con sentenza del 24 marzo 2016 la Corte d’Appello di Napoli ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo proposto da A.F. nei confronti di T.I. Spa avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato l’opposizione ex lege n. 92 del 2012 all’ordinanza con cui il giudice della fase sommaria aveva respinto l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato dall’azienda il 22 gennaio 2013.
La Corte, preliminarmente dando atto che le parti avevano provveduto alla ricostruzione delle relative produzioni ma non anche alla ricostruzione dei verbali di causa andati smarriti, ha considerato che, all’udienza del 10 febbraio 2014, la sentenza di primo grado era stata resa pubblica mediante “lettura da parte del giudice di prime cure del testo integrale della decisione composta da parte dispositiva e motiva”; ha ritenuto quindi che tale attività aveva “determinato la conseguenza di portare a legale conoscenza delle parti (presenti o che avrebbero dovuto essere presenti alla lettura del dispositivo e della contestuale motivazione) il contenuto del provvedimento rendendo ultronea e non necessaria ulteriore forma di comunicazione” a cura della cancelleria; pertanto ha giudicato inammissibile il reclamo proposto in data 1° agosto 2014, oramai decorso il termine di trenta giorni dalla data in cui le parti avevano avuto legale conoscenza della sentenza in una forma “equipollente a quella della comunicazione da parte del cancelliere”.
2. Il Sig. F. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi al quale ha resistito la società con controricorso, illustrato poi da memoria ex art. 378 c.pc.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 281 sexies, co. 2, c.p.c., lamentando che la Corte napoletana, ritenendo erroneamente sussistenti i presupposti previsti dalla norma, avrebbe omesso l’indagine sul contenuto del verbale e sulla presenza della sottoscrizione del giudice, considerando che, nella specie, operasse l’esonero del cancelliere dalle attività comunicatorie nonostante “la oggettiva ed incontestata mancanza di – comunicazione della sentenza a cura della cancelleria e di notifica a cura della società datrice di lavoro”.
Con il secondo motivo si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal mancato rinvenimento dei verbali di causa, compreso il verbale di udienza del 10 febbraio 2014.
2. I motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono fondati nei sensi di cui al principio espresso da Cass. n. 14098 del 2016.
Secondo tale pronuncia, “avverso la sentenza del tribunale sulla domanda di impugnativa del licenziamento nelle ipotesi di cui all’art. 18 st. lav. il termine breve di trenta giorni per la proposizione del reclamo alla corte di appello decorre, come previsto dall’art. 1, comma 58, I. n. 92 del 2012, dalla comunicazione alle parti della sentenza del tribunale, anche nelle ipotesi nelle quali il giudice abbia dato lettura in udienza del dispositivo e della motivazione, come previsto dall’art. 429 c.p.c., poiché la I. n. 92 del 2012 ha introdotto un nuovo rito speciale, la cui disciplina deve essere osservata senza possibilità di deroga dai principi generali dell’ordinamento, salvo necessità di integrazione del rito nel caso di lacuna del dettato normativo”.
Anche Cass. n. 18403 del 2016 ha escluso “la possibilità di una decorrenza da un momento diverso da quello previsto dalla legge, in quanto la norma, che lo fissa a pena di decadenza, deve essere interpretata restrittivamente”.
A tale principio è stata data continuità anche da Cass. n. 16216 e n. 17211 del 2016 nonché, da ultimo, da Cass. n. 8832 del 2017 e non viene prospettata *» ragione per discostarsene.
Vale solo evidenziare e ribadire che la disciplina dettata dalla legge n. 92 del 2012 è speciale rispetto a quella ordinaria, affrontata, tra le altre, da Cass. n. 13617 del 2017, secondo cui, in materia di controversie soggette al rito del lavoro, l’art. 429, comma 1, c.p.c., novellato, in analogia con lo schema dell’art. 281-sexies c.p.c., prevede che il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza.
3. Conclusivamente la sentenza impugnata, che si fonda sull’assunto che la lettura in udienza del dispositivo e della contestuale motivazione della sentenza di primo grado renderebbe “ultronea” la comunicazione integrale da parte della cancelleria nell’ambito del procedimento di impugnativa del licenziamento regolato dalla legge n. 92 del 2012, deve essere cassata, con rinvio alla Corte indicata in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, regolando anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.
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