CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 febbraio 2019, n. 5996
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Crisi aziendale – Riduzione di personale – Distacco del lavoratore
Fatti di causa
1. Con sentenza depositata il 31.3.2017 la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della pronuncia del Tribunale di Isernia, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato, per giustificato motivo oggettivo, l’1.6.2010 a M.O., dipendente della P. SSA s.r.l. con mansioni di responsabile di produzione/fabbricazione.
2. La Corte territoriale, per quel che interessa, ha ritenuto dimostrati la crisi aziendale concernente sia lo stabilimento di P., della società P. SSA s.r.l. – datrice di lavoro, sia di quello di M.M. della P. s.p.a. (società appartenente al medesimo gruppo) presso cui l’O. era stato distaccato, nonché la riduzione di personale, la riorganizzazione della società datrice di lavoro con l’introduzione della nuova figura di responsabile operativo del gruppo societario nella persona di D.M., dipendente della società P. s.r.l..
3. M.O. ha proposto, avverso tale sentenza, ricorso per cassazione affidato a due motivi. La società P. SSA s.r.l. ha depositato controricorso nonché ricorso incidentale condizionato affidato a quattro motivi. Con ordinanza interlocutoria del 12.9.2018 la Sezione VI di questa Corte ha disposto la trasmissione degli atti alla Sezione Lavoro. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia omessa pronuncia sulla domanda di violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003 (ex art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, soprasseduto di deliberare sulla richiesta di accertamento della illegittimità del distacco di D.M., dipendente della società P. s.p.a. facente parte del medesimo gruppo societario, presso lo stabilimento di P. di proprietà della P. SSA s.r.l.
2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 604 del 1966, 5 della legge n 223 del 1991, 1175, 1375, 2697 cod.civ. nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) avendo, la Corte distrettuale, trascurato che l’O. vantava un’anzianità di servizio e carichi di famiglia maggiori del dipendente M. e che, pertanto, erano stato dedotti i criteri di scelta e, comunque, i criteri di buona fede e correttezza, considerato altresì che il ricorso introduttivo del giudizio deduceva che l’O. poteva anche essere utilizzato in mansioni inferiori.
3. Con ¡ quattro motivi di ricorso incidentale (espressamente indicati come condizionati all’accoglimento del ricorso principale), si denuncia violazione degli artt. 345, 437, 414, 416, 420, 434 cod.proc.civ., 6 della legge n. 604 del 1966, 1324, 1325, 1350, 2724, 2725, 2704 cod.civ. nonché omessa pronuncia e vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod.proc.civ.) con riguardo ai profili di inammissibilità, per decadenza, dell’impugnativa di licenziamento proposta dall’O., avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto che la lettera della società dell’1.6.2010 irrogasse il licenziamento (e non meramente un periodo di CIGS) e che il lavoratore avesse dedotto tempestivamente nonché provato di aver impugnato la suddetta lettera con missiva del 9.6.2010. La Corte, inoltre, non si è avveduta del passaggio in giudicato del punto della sentenza del Tribunale di Isernia ove si affermava che il lavoratore non risultava aver impugnato la lettera del 12.8.2010 con la quale la società aveva comunicato il licenziamento al lavoratore in considerazione dello spirare del termine della CIGS.
4. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile.
La doglianza relativa alla illegittimità del distacco del dipendente (della diversa società P. s.p.a.) M. appare nuova, non essendo stata la questione specificamente trattata nella decisione impugnata che si occupa, invece, delle diverse questioni inerenti la crisi aziendale della società (P. SSA s.r.l.) datrice di lavoro dell’O., della riorganizzazione delle due società del gruppo, del distacco dell’O. presso la P. s.p.a. Lo stralcio del ricorso introduttivo del giudizio proposto dal ricorrente conferma tale assunto, emergendo, invero, la (mera) contestazione della violazione dei criteri di scelta da parte del datore di lavoro (P. SSA s.r.l.) dell’O., né, d’altra parte, risultando essere stata richiesta la chiamata in giudizio dei soggetti interessati (il dipendente M. e la società P. s.p.a.).
5. Il secondo motivo è infondato.
Preliminarmente, questa Corte ha affermato la non automatica applicabilità dei criteri di scelta previsti dalla legge n. 223 del 1991 per i licenziamenti collettivi a licenziamenti individuali plurimi (vedi in motivazione, Cass. n. 18780 del 2015; Cass. n. 22672 del 2018), che possono invece soccorrere nelle ipotesi in cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si identifichi nella generica esigenza di riduzione di personale assolutamente omogeneo e fungibile (requisito che non risulta oggetto di censura).
Né risultano applicabili i criteri di buona fede e correttezza a dipendenti appartenenti a datori di lavoro diversi, società giuridicamente distinte seppur appartenenti al medesimo gruppo societario, quali la P. SSA s.r.l. e la P. s.p.a.
Questa Corte ha affermato che in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore distaccato presso un terzo, gli elementi costitutivi del giustificato motivo oggettivo devono essere verificati con riferimento all’ambito aziendale del datore di lavoro distaccante, sul quale ricade anche l’onere di provare, con riguardo all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore a mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, con la conseguenza che non è sufficiente ad integrare il giustificato motivo oggettivo di licenziamento la mera cessazione dell’interesse al distacco o la soppressione del posto presso il terzo distaccato (Cass. n. 5403 del 2010).
Più recentemente, questa Corte – seppur esaminando l’apparato sanzionatorio dettato dall’art. 18, comma 7, st.lav., come novellato dalla l. n. 92 del 2012 – ha precisato che i presupposti di legittimità del recesso per giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 della legge n. 604 del 1966 sono sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore, cd. “repêchage” (Cass. n. 10435 del 2018), e che, sebbene non sussista un onere del lavoratore di indicare quali siano i posti disponibili in azienda ai fini del “repêchage” (gravando la prova della impossibilità di ricollocamento sul datore di lavoro), una volta accertata, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, tale impossibilità, la mancanza di allegazioni del lavoratore circa l’esistenza di una posizione lavorativa disponibile vale a corroborare il descritto quadro probatorio (Cass. n. 12794 del 2018).
Inoltre, va sottolineato che “il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro” (Cass. n. 17368 del 2016, in motivazione; Cass n. 11166 del 2018).
La sentenza impugnata ha correttamente proceduto all’accertamento relativo alle ragioni organizzative-produttive che hanno determinato il licenziamento dell’O., rilevando di aver conseguito la prova della crisi aziendale della società (distaccante) datrice di lavoro dell’O., della conseguente riduzione del personale, della soppressione del ruolo di Responsabile di fabbricazione/produzione e dell’introduzione della nuova figura di Responsabile operativo del gruppo societario la cui nomina era appannaggio di altra società del gruppo (P. s.p.a.), gruppo societario che non è stato configurato come centro unico di imputazione di interessi.
La doglianza relativa alla mancata prova di offerta, all’O., di altre mansioni “anche inferiori” compatibili con la professionalità acquisita appare nuova e, perciò, inammissibile, non essendo stata la questione trattata nella decisione impugnata (che si occupa, invece, della diversa questione inerente la sussistenza della ragione produttiva del licenziamento ossia la crisi aziendale della società P. SSA e la conseguente riduzione del personale), né avendo indicato parte ricorrente i tempi e i modi della tempestiva introduzione nel giudizio di primo grado e, quindi, della sua devoluzione al Giudice del gravame. La censura presenta, inoltre, ulteriori profili di inammissibilità quanto alla genericità della deduzione ed alla modalità di articolazione (non essendo stata proposta quale omessa pronuncia – ex art. 112 cod.proc.civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ. – riguardo ad una delle domande avanzate nel ricorso introduttivo del giudizio).
Infine, in ordine al distacco dell’O. presso la società del gruppo P. s.p.a. (che, va evidenziato, non risulta oggetto di censura), va richiamato l’orientamento di questa Corte in base al quale è da ritenere che, pur nel contesto di una distinta soggettività giuridica, ciascuna componente del gruppo di imprese sia titolare dell’interesse a concorrere, anche mediante il distacco di propri dipendenti, alla realizzazione di comuni strutture produttive e organizzative, che si pongano in un rapporto di coerenza con gli obiettivi di efficienza e di funzionalità del gruppo stesso e con il dato unificante di una convergenza di interessi economici, anche intesa come progetto di riduzione attuale o potenziale dei costi di gestione (Cass. n. 8068 del 2016).
6. Il ricorso incidentale è assorbito, essendo stato espressamente formulato come condizionato all’accoglimento del ricorso principale.
7. In conclusione, il ricorso principale va rigettato ed il ricorso incidentale è assorbito.
8. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.