CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1432 depositata il 18 gennaio 2023
Tributi – Avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA – Sottoscrizione degli avvisi di accertamento in rettifica e degli accertamenti d’ufficio – Mancanza della qualifica dirigenziale del soggetto delegato alla firma – Procedimento di accertamento per adesione – Accoglimento
Fatti di causa
1. Il Ristorante L.F. – F.A. s.r.l. ha proposto ricorso, con cinque motivi, contro l’ Agenzia delle entrate, che è rimasta intimata, avverso la sentenza n.3148/2017 della Commissione tributaria regionale del Lazio, pronunciata in data 16 dicembre 2016, depositata in data 31 maggio 2017 e non notificata, che ha accolto parzialmente l’appello dell’ufficio, rigettando l’appello incidentale della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento per Ires, Irap e Iva relative all’anno di imposta 2009.
2. Parte ricorrente depositava istanza di sollecita trattazione per motivi di urgenza e richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.
3. Il P.G. G.L. ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto e rigettati il primo ed il secondo.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente denunzia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art.112 cod. proc. civ., per avere la C.t.r. omesso di pronunciarsi sulla dedotta necessità di verificare se il firmatario dell’avviso di accertamento fosse munito di regolare delega e se appartenesse alla “terza area” che ha assorbito la nona qualifica funzionale, in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art.42, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, e dell’art.2697 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la C.t.r. aveva rigettato l’appello incidentale, omettendo di verificare se il firmatario dell’avviso di accertamento fosse munito di regolare delega e se appartenesse alla “terza area”, che ha assorbito la nona qualifica funzionale.
1.2. I motivi sono da esaminare congiuntamente perché connessi;
il primo è inammissibile ed il secondo è infondato.
In primo luogo, con riferimento alla denuncia di mancata pronuncia su eccezione di merito sollevata in sede di appello, va rammentato che non ricorre il vizio di omesso esame di un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto di cui sarebbe stato pretermesso l’esame (Cass. 29 luglio 2004, n. 14486; conf. Cass. 6 novembre 2020 n.24953).
Passando all’esame del secondo motivo, con cui la ricorrente denunzia la violazione dell’art.42, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, e dell’art.2697 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., questa Corte ha più volte sottolineato che, in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012. (cfr. Cass. 9 novembre 2015 n. 22810).
Nel caso di specie, la contribuente aveva eccepito originariamente la mancanza della qualifica dirigenziale del soggetto delegato alla firma e la C.t.p., con decisione conforme ai principi citati, aveva rigettato la relativa eccezione, ritenendo che l’avviso risultasse sottoscritto da soggetto legittimato, cioè un impiegato della carriera direttiva delegato dal capo dell’ufficio.
La statuizione dei giudici di prime cure risulta implicitamente confermata dai giudici di appello, che hanno semplicemente ridotto l’ammontare della pretesa tributaria.
Sul punto, deve rilevarsi che risulta inammissibile il profilo di doglianza del ricorso per cassazione con cui si denunci un vizio dell’atto impugnato diverso da quelli originariamente allegati (nel caso di specie originariamente era stata contestata la mera mancanza di qualifica dirigenziale del delegato).
Inoltre, costituisce circostanza pacifica il fatto che l’Agenzia delle entrate nel corso del giudizio di merito abbia provveduto al deposito della delega rilasciata dal Direttore dell’ufficio al funzionario che ha sottoscritto gli avvisi di accertamento impugnati, dott. Paolo Battaglia, responsabile di un’articolazione interna, assolvendo pienamente all’onere probatorio sulla stessa incombente e, pertanto, la sentenza non viola le disposizioni normative richiamate.
2.1. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata perché affetta dal vizio di motivazione inesistente o meramente apparente, ovvero per relationem alla proposta di adesione formulata dall’ufficio in fase di procedimento di accertamento con adesione, in violazione degli artt.111 Cost., 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
La C.t.r., nell’accogliere parzialmente l’appello principale dell’ufficio, avrebbe rideterminato la pretesa impositiva nei limiti della proposta formulata nel corso del procedimento di accertamento con adesione, sia in relazione ai costi indeducibili, sia in relazione ai maggiori ricavi, senza in alcun modo motivare sul punto.
Con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione dell’art.39, comma 1, lett. d), d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, e dell’art. 54, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n.602, nonché dell’art.2729 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto la C.t.r., nell’accogliere parzialmente l’appello principale dell’amministrazione, avrebbe implicitamente ritenuto sussistenti gli elementi per dimostrare l’esistenza di attività non dichiarate.
Con il quinto motivo, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza impugnata perché affetta dal vizio di motivazione inesistente o meramente apparente, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., in quanto la C.t.r. sarebbe incorsa nell’omessa pronuncia in ordine alla dedotta illegittimità della ritenuta indeducibilità di taluni costi, questione sollevata dalla società nel proprio appello incidentale.
2.2. Il terzo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dei rimanenti.
Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, <<ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento>> (Cass. 4 aprile 2017 n. 9105).
Nel caso di specie, la scarna motivazione della sentenza impugnata non è idonea a palesare l’iter logico seguito, risultando del tutto priva delle argomentazioni necessarie a comprendere le ragioni della decisione adottata.
I giudici di appello, nella determinazione del quantum dovuto dalla contribuente, fanno riferimento alla minore pretesa tributaria affermata dall’amministrazione nell’ambito del procedimento con adesione, evidentemente chiuso con esito negativo, ma non chiariscono perché tale pretesa tributaria sia giustificata e legittima.
Invero, <<il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutare la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate>> (Cass. 28 febbraio 2022 n.6391).
L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento del quarto e del quinto, in quanto riguarda nel suo complesso l’intero importo oggetto di lite.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti il quarto ed il quinto e rigettati il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.