Corte di Cassazione sentenza n. 18709 depositata il 10 giugno 2022
potere di accertamento dell’Agenzia per i rimborsi
FATTI DI CAUSA
1. La Fondazione Cassa di Risparmio di S.M. s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 19 febbraio 2015, che, in accoglimento dell’appello erariale, ha dichiarato non dovuto il rimborso del credito fiscale chiesto nella dichiarazione annuale.
Dalla sentenza impugnata si evince che il diniego dell’Amministrazione finanziaria era motivato con l’insussistenza del credito di imposta, riportato a nuovo, vantato sul fondamento dell’applicazione dell’aliquota i.r.pe.g. nella misura ridotta del 50%, prevista dall’art. 6, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, per gli enti e istituti di assistenza sociale e beneficienza senza finalità di lucro, per insussistenza dei relativi presupposti.
2. Il giudice di appello, dopo aver respinto alcune eccezioni preliminari sollevate dalle parti, ha ritenuto che la Fondazione non aveva titolo per beneficiare dell’agevolazione fiscale in quanto, pur avendo anche finalità di utilità sociale, aveva tra i suoi scopi l’amministrazione della partecipazione nella società bancaria conferitaria, evidenziando che il mancato esercizio del potere di rettifica della dichiarazione nel termine previsto dall’art. 43, d.P.R. 29 settembre 1973, 600, non precludeva all’Amministrazione finanziaria il potere di contestare il credito ivi esposto dalla contribuente.
3. Il ricorso è affidato a quattro motivi.
4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
5. La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis. l c.p.c.
6. La causa è stata rimessa all’odierna pubblica udienza a seguito di ordinanza resa all’esito dell’adunanza del 31 gennaio 2020.
MOTIVI DELLA DECISONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli 36-bis e 43, d.P.R. n. 600 del 1973, e 94, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, per aver la sentenza impugnata ritenuto che lo spirare dei termini previsti per il controllo formale delle dichiarazioni presentate dal contribuente non comportasse il consolidamento del credito per eccedenza di imposta ivi chiesto a rimborso.
1.1 Il motivo è infondato.
La controversa questione – oggetto della doglianza formulata – avente ad oggetto, in tema di rimborso d’imposta, la sussistenza del potere dell’amministrazione finanziaria di contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del proprio potere di accertamento senza che abbia adottato alcun provvedimento è stata di recente interessata dalla autorevole pronuncia di questa Corte, resa a Sezioni unite, n. 21766 del 29 luglio 2021.
Tale pronuncia – ponendosi nel solco del precedente rappresentato da Cass., Sez. Un., 15 marzo 2016, n. 5069 – ha riconosciuto la sussistenza di un siffatto potere in capo all’Amministrazione finanziaria, sia pure relativamente al coacervo delle poste detraibili, sicché non è sufficiente che sia esposto in dichiarazione, né è necessario che sia accertato dall’amministrazione.
Ha, invece, escluso tale potere con riferimento al debito del contribuente, nel senso che l’amministrazione, che sia decaduta dai propri poteri di accertamento e rettifica, non può pretendere un’imposta maggiore di quella liquidata in dichiarazione.
Orbene, poiché nel caso in esame viene in rilievo una contestazione dell’Ufficio avente ad oggetto la sussistenza della posta detraibile esposta in dichiarazione, rappresentata dal riporto a nuovo del credito vantato in relazione all’applicazione dell’art. 6, d.P.R. n. 601 del 1973, la decisione della Commissione regionale che ha riconosciuto il potere dell’Amministrazione di procedere ad una siffatta contestazione, pur essendo decorsi i termini per l’esercizio del controllo formale della dichiarazione senza l’emanazione di alcun provvedimento, si sottrae alla censura prospettata, risultando coerente con i richiamati principi di diritto.
1.2 Può, in proposito, osservarsi che l’inerzia dell’Amministrazione non può equivalere al riconoscimento implicito del credito, per l’assenza di fatti impeditivi o preclusivi del rimborso, in ragione di un obbligo dell’amministrazione di attivarsi, derivante anche dalla combinazione dell’art. 6, secondo e quinto commi, l. 27 luglio 2000, n. 212.
Al contrario, il legislatore prende in considerazione l’inerzia, ma assegna ad essa il significato di rifiuto tacito, in quanto tale impugnabile: l’art. 21, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ammette il ricorso contro il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione a qualsiasi richiesta di rimborso, comprese quelle rappresentate dall’indicazione in dichiarazione del credito d’imposta idonea a manifestare la volontà di richiedere il rimborso.
L’omesso esercizio del potere di controllo non determina, quindi, alcun effetto accertativo del credito vantato, che può derivare soltanto dalla positiva verifica di rispondenza alla realtà di quanto dichiarato.
1.3 Non risulta, infine, minato il principio di certezza del diritto, in quanto è il contribuente, che decide di chiedere il rimborso di un credito a distanza di anni dalla maturazione del diritto relativo, a scegliere, riportandolo a nuovo, di assegnare ad esso rilevanza, appunto ex novo, in ciascuna delle dichiarazioni successive in cui lo espone.
2. Con il secondo motivo la Fondazione società deduce la violazione e falsa applicazione degli 10, l. 27 luglio 2000, n. 212, e 3, 53 e 97 Cast., per aver il giudice di appello escluso che costituisse violazione dei doveri di collaborazione, buona fede e tutela del legittimo affidamento del contribuente la condotta dell’Ufficio, il quale, dopo aver informato la Fondazione medesima della rilasciata autorizzazione al rimborso del credito e dell’emissione del relativo ordinativo di pagamento, aveva improvvisamente e senza offrire giustificazione notificato l’atto di diniego del rimborso.
2.1 Il motivo è infondato.
Questa Sezione ha negato tutela all’affidamento del contribuente in presenza di un mutamento di indirizzo interpretativo dell’Amministrazione finanziaria, avuto riguardo all’inderogabilità delle norme tributarie ed all’indisponibilità della relativa obbligazione, alla vincolatività della funzione impositiva ed all’irrinunciabilità del diritto da parte del Fisco; tali principi, infatti, ostano a che l’Amministrazione emani un provvedimento contra legem per il solo fatto che, nella fase istruttoria, abbia erroneamente valutato la disciplina applicabile (così, Cass. 27 marzo 2019, n. 8514; vedi, anche, con riferimento alla mancata osservanza di pareri espressi in circolari, Cass., Sez. Un., 2 novembre 2011, n. 23031).
La traslazione di tali principi al caso in esame conduce ad escludere che l’Amministrazione, per il solo fatto di aver inviato, per il tramite di un dipendente dell’Ufficio di S.M., una mail dalla quale non emergevano criticità in ordine alla spettanza del credito chiesto a rimborso, possa aver violato i doveri sulla stessa gravanti e leso legittime aspettative della contribuente, tanto più che il provvedimento di diniego è motivato in ragione del sopravvenuto consolidamento della giurisprudenza di legittimità in ordine all’applicazione, in senso sfavorevole per la Fondazione, del controverso art. 6, d.P.R. n. 601 del 1973.
3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, n. 212 del 2000, e 3, I. 7 agosto 1990, n. 241, per aver la Commissione regionale escluso che il diniego di rimborso fosse insufficientemente motivato.
3.1 Il motivo è infondato.
Indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla necessità che l’atto di diniego di rimborso di imposta per insussistenza dei relativi fatti costitutivi abbia natura di avviso di accertamento e, in quanto tale, debba avere una motivazione simile a quella prevista da specifiche disposizioni di legge per gli atti costituenti esercizio della potestà impositiva, si rileva che l’atto di diniego in esame menziona le ragioni della insussistenza della pretesa della contribuente, individuate nella non applicabilità dell’agevolazione fiscale invocata, così come sancita da una sentenza della Corte di cassazione, ivi espressamente richiamata e, unitamente ad una circolare, allegate all’atto notificato.
In tal modo, l’Ufficio ha assolto all’onere di motivare il proprio atto, consentendo alla contribuente di avere piena contezza delle ragioni di fatto e di diritto poste dall’Amministrazione a sostegno del diniego di rimborso e di poter apprestare un’adeguata tutela giudiziaria delle proprie ragioni.
4. Con l’ultimo motivo la Fondazione lamenta la violazione e falsa applicazione degli 2934, 2935, 2937, 2943, 2944, 2945 e 2946 c.c., 36-bis, d.P.R. n. 600 del 1973, e 94, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, per aver il giudice di appello ritenuto che il credito vantato dalla contribuente fosse estinto per prescrizione.
Evidenzia che, in ogni caso, l’Ufficio avrebbe rinunziato ad avvalersi della prescrizione maturata.
4.1 Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso che la Commissione regionale ha ritenuto tardiva l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Agenzia delle Entrate e, dunque, non si è espressa sul merito della questione, ritenendo insussistente la pretesa della contribuente in ragione della non spettanza dell’agevolazione invocata.
5. Per le suesposte considerazioni, dunque, il ricorso non può essere accolto.
6. In considerazione del consolidamento della giurisprudenza di legittimità su una delle questioni controverse solo in epoca successiva alla proposizione del ricorso appare opportuno disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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