CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1883 depositata il 20 gennaio 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – Società esterovestite – Frode carosello – Residenza fiscale delle società – Luoghi di detenzione della documentazione contabile – Rigetto
Fatti di causa
1. Con distinti ricorsi G.M., in proprio e qual legale rappresentante di AGC srl, sedente in San Marino, e A.T. s.a., sedente in Lugano, e D.B.T., impugnavano gli avvisi di accertamento redatti sulla base di processi verbali del 2012, con cui si intimava di versare maggior imposta relativamente all’anno 2009. L’Agenzia con l’accertamento riteneva che la AGC srl e la A.T. s.a. fossero società esterovestite, con sede effettiva a Bolzano, e che la personalità giuridica delle stesse costituisse in realtà un abuso, trattandosi invece di società in nome collettivo.
2. La Commissione Tributaria di primo grado, riuniti i ricorsi, li accoglieva ritenendo non provata l’estero-vestizione, la riqualificazione delle stesse come società personali con il M. e D.B.T. come soci illimitatamente responsabili, avendo l’ufficio fallito la relativa prova ai sensi dell’art. 73, comma 3, TUIR, circa la presenza in Bolzano della sede legale, amministrativa o l’oggetto sociale per la maggior parte del periodo d’imposta 2009.
Inoltre, a parere del giudice di primo grado la norma sulla estero-vestizione avrebbe riguardato l’IRES, ma non l’IVA, ed ancora la notifica degli avvisi era da ritenersi illegittima. L’Agenzia interponeva gravame, e la Commissione di secondo grado, disattesa la pronuncia di inidoneità della notifica, confermava la sentenza di primo grado, osservando che gli elementi portati dall’Ufficio per ritenere che le società abbaino avuto per la maggior parte del 2009 sede in Italia ai sensi dell’art. 73, comma 3, TUIR, erano inconsistenti, posto che la circostanza che il principale cliente di AGC srl si fosse avvalso per il passaggio della merce oggetto di frode della logistica Rhenus di Bolzano, con deposito temporaneo della merce stessa presso un magazzino ivi locato non poteva avere rilevanza, a tacer d’altro in quanto le riferite circostanze si riferivano al periodo a partire dal “secondo semestre del 2010”, laddove nella specie si fa riferimento a tutt’altro arco temporale (2009), e inconsistente era la circostanza, ricavabile anch’essa dall’avviso di accertamento, secondo cui per il periodo precedente “non si esclude” l’esistenza di altra sede in Bolzano, con conseguente venir meno dei presupposti degli avvisi di accertamento ai fini della maggior IVA e IRAP nei confronti del M., qual socio illimitatamente responsabile.
3. L’Agenzia propone così ricorso in cassazione affidato a un solo motivo. I contribuenti si sono costituiti con controricorso per resistere all’impugnativa. Gli stessi hanno depositato memoria illustrativa datata primo dicembre 2022.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo l’Agenzia denuncia violazione degli artt. 58, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 73, TUIR, 2697, 2727 e 2729, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.
A parere della stessa, infatti, i giudici d’appello avrebbero violato le suddette norme non avendo ritenuto corretta l’individuazione della sede effettiva delle società in Bolzano, pur ritenendo provata l’esistenza di una frode carosello gestita anche dal M. tramite le società.
Infatti, l’art. 73, TUIR, detta tre criteri alternativi affinché una società sia considerata fiscalmente residente in Italia, mentre l’art. 58, d.P.R. n. 600/1973, stabilisce le modalità di determinazione del domicilio fiscale.
La Commissione di secondo grado avrebbe errato nel ritenere insussistenti gli elementi per identificare la residenza fiscale ai sensi dell’art. 73, TUIR, impropriamente richiamando in proposito quelli relativi al citato art. 58 d.P.R. n. 600/1973 per la determinazione invece del domicilio fiscale.
Quest’ultimo andava individuato in Bolzano per quanto si ricavava dal p.v.c., essendo l’atto fondamentale della gestione costituito dalla consegna dei beni al cliente principale, avvenuta sempre in Bolzano.
Sotto il profilo della residenza fiscale non poteva assumere rilevanza la sede legale trattandosi di “società sponda” che operavano in frode commettendo delitti fiscali, ed andavano valorizzati gli elementi che dimostravano come la sede effettiva era in Italia.
In ogni caso la lettura degli atti offerta dai giudici d’appello era posta in violazione degli elementi presenti in atti, posto che il p.v.c. e la sentenza di patteggiamento n. 448/13 del Tribunale di Bolzano, ufficio g.i.p., dimostravano che le attività contestate erano tutte state svolte in Italia.
La sede effettiva certo non risultava univocamente determinabile, poiché tenuta occulta o dematerializzata, mentre quella legale era posta all’estero solo per finalità frodatoria.
Si sottolinea come il substrato fattuale emergerebbe dagli atti e non presuppone un accertamento di fatto alternativo rispetto a quello offerto dai giudici d’appello, ma ci si limiterebbe a una lettura degli atti conforme alle disposizioni di legge.
2. Il motivo del ricorso è infondato.
Il fenomeno dell’estero-vestizione delle società è diversamente considerato dall’ordinamento in base alla circostanza secondo cui la società abbia sede in un paese dell’Unione Europea – ove lo stabilimento in un paese appartenente alla stessa per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa in tal caso solo se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato (ex plurimis Cass. 21/06/2019, n. 6697); da quello in cui invece la sede sia fissata in uno stato terzo – ove ricevono in materia fiscale piena applicazione le disposizioni di cui agli artt. 58, d.P.R. n. 600/1973 e 73, TUIR.
In base alla giurisprudenza formatasi con riferimento a tali ultime ipotesi, tra cui rientra quella di specie, relativa appunto ad una società con sede legale a San Marino), ai fini della individuazione della residenza fiscale delle società ai sensi dell’art. 73, comma 3, TUIR, assume precipua rilevanza la nozione di “sede dell’amministrazione “, in quanto contrapposta alla “sede legale “.
Essa è assimilabile alla ” sede effettiva ” di matrice civilistica (Cass. 07/02/2013, n. 2869, Cass. 04/06/2019, n.15184).
Sono stati così ritenuti rilevanti i luoghi di detenzione della documentazione contabile, dei libri sociali, dello svolgimento delle riunioni del collegio sindacale e dell’assemblea, dell’assolvimento degli obblighi civilistici e fiscali.
A tali criteri si aggiunge quello del luogo in cui si svolge l’oggetto principale, che il successivo comma 4 del ridetto art. 73, TUIR, individua nell’oggetto individuato dalla legge o dall’atto costitutivo o, in difetto, in quello oggetto dell’attività effettivamente esercitata dall’impresa. Criterio poi che, come precisa l’art. 73, comma 4, ultimo periodo, va applicato in ogni caso in ipotesi di ente non residente (rispetto al quale dunque, in base ai precedenti criteri, non si determini la soggezione al potere impositivo dello stato).
Stando ai suesposti principi, non può certo affermarsi, come vuole l’Agenzia ricorrente, che emergano elementi per ricondurre la sede effettiva, cioè quella in cui si svolge la concreta amministrazione della AGC s.r.l. e della A.T. s.a., a Bolzano.
In particolare, la pronuncia d’appello esclude, sulla base di accertamenti di fatto non sindacabili in questa sede di legittimità, che si possa far applicazione del criterio della sede legale o di quella dello svolgimento dell’attività amministrativa, e del resto su tali aspetti il motivo proposto dall’Agenzia nulla obbietta in concreto.
Quest’ultimo s’incentra piuttosto sul terzo criterio, quello dato dall’oggetto principale dell’attività svolta per la maggior parte del periodo d’imposta rilevante, alternativamente preso in considerazione dall’art. 73, comma 3, TUIR, con gli altri di cui s’è appena detto, per determinare la residenza di un’impresa collettiva, salvo la sua applicazione anche in caso di impresa non residente come sopra osservato.
Orbene, è infondata la critica mossa alla decisione da parte dell’Agenzia a mezzo del motivo in esame, secondo cui la stessa avrebbe male applicato, a fronte del materiale rinveniente dagli accertamenti contenuti nel p.v.c., la disposizione relativa all’individuazione della sede effettiva, poiché lo stesso osserva che il criterio utilizzato dall’Amministrazione, l’utilizzo della logistica Rhenus di Bolzano da parte del maggior cliente delle due società, la RG TRADE GMBH, gestita anche dal M., a tacer d’altro è riferito ad un arco temporale differente (a partire dal secondo semestre del 2010) rispetto a quello dell’anno di imposta cui va riferito (2009), e l’altro elemento, cioè il fatto che “non si possa escludere” che anteriormente al secondo semestre del 2010 si sia utilizzata un’altra sede in Bolzano, e del tutto inconsistente.
Lo stesso p.v.c. conferma tali conclusioni laddove ivi si legge che “si ritiene di dover fissare il domicilio fiscale di AGC srl nello stesso comune in cui è fissato il domicilio fiscale di RG Trade GmbH, società che ha utilizzato in modo largamente prevalente, per concludere la propria attività criminosa, la logistica Rhenus di Bolzano, sita in via (…). Per il periodo antecedente al 01/05/2010 si può solamente rilevare la mancanza, nella documentazione acquisita e trasmessa dall’autorità giudiziaria sammarinese ed in particolare dai documenti di trasporto emessi da AGC srl, di qualunque indicazione circa il luogo effettivo di consegna o destinazione della merce in Italia, se non in casi del tutto sporadici”.
Dunque, la Commissione ha preso in considerazione tutti i criteri indicati dalla norma, traendo la conseguenza dell’assenza di un collegamento che assicuri la residenza in Italia della società in parola per il periodo d’imposta in rilievo (anno 2009), e d’altronde sugli aspetti che sorreggono in maniera essenziale la motivazione lo stesso ricorso neppure si confronta.
Quanto precede rende irrilevante ogni ulteriore considerazione sulle ulteriori motivazioni della sentenza in ordine all’individuazione dei presupposti per l’applicazione del criterio del luogo di svolgimento dell’oggetto principale.
3. Al postutto il ricorso merita integrale reiezione, con aggravio di spese in capo alla parte ricorrente. Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 29/01/2016, n. 1778)
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 15.262,00, oltre rimborso forfettario 15 % ed esborsi per € 200,00.