CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 20626 depositata il 17 luglio 2023
Lavoro – Avviso di addebito – Redditi di partecipazione societaria a Gestione commercianti – Parità di trattamento tra soci di Srl – Presupposto di prestazione – Attività lavorativa abituale e prevalente nell’ambito dell’impresa – L. n. 438 del 1992, art. 3-bis – Rigetto
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’opposizione ad avviso di addebito proposta dall’attuale parte intimata, riferita alla pretesa dell’INPS di assoggettare a contribuzione, da versare alla Gestione commercianti, i redditi di partecipazione societaria alla s.r.l. I.N.A.G.E.C. presso la quale M.P.G. non ricopriva incarichi amministrativi o di gestione.
2. Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura, ulteriormente illustrato con memoria.
3. M.P.G. resiste con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria.
4. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
5. Con l’unico motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3-bis, L. n. 438 del 1992, recante conversione in legge del D.L. n. 384 del 1992, in connessione con la L. n. 233 del 1990, per avere la Corte di merito ritenuto che i redditi di capitale percepiti dall’odierno controricorrente quale socio non lavoratore di altre società non potessero essere assoggettati all’imponibile contributivo dovuto alla Gestione commercianti, trattandosi di redditi provenienti da società a beneficio della quale non era stato provato lo svolgimento di alcuna attività lavorativa.
6. Il motivo è infondato.
7. Questa Corte, chiamata a chiarire se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa, ha già affermato che l’inclusione nella base imponibile concerne bensì la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale, vale a dire la totalità dei redditi che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale, ma non anche i redditi di capitale, quali quelli derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali che non si accompagni a prestazione di attività lavorativa (Cass. nn. 10426 del 2018; 21540 del 2019, alla quale hanno dato continuità Cass. nn. 3829, 3637, 18594 e 19001 del 2020; 4180 del 2021, 14634 del 2021).
8. Tale conclusione reputa il Collegio di dover ribadire, non ostandovi il rilievo secondo cui, così interpretata la normativa di riferimento, si determinerebbe, a seguito della scelta legislativa di assoggettare all’iscrizione nella Gestione commercianti i soci di società a responsabilità limitata (L. n. 160 del 1975, art. 29, comma 1, lett. b), così come sostituito dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203), una violazione del principio di parità di trattamento tra soci di società a responsabilità limitata, a seconda che rientrino nell’ambito della previsione della disposizione ult. cit. oppure in quello della L. n. 438 del 1992, art. 3-bis, dal momento che la cit. L. n. 160 del 1975, art. 29, comma 1, nel dettare i requisiti per l’iscrizione nella Gestione commercianti dei soci di società a responsabilità limitata, postula pur sempre che costoro “partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza” (così la lett. c) della disposizione ult. cit.) e dunque conferma che il presupposto per l’iscrizione (e per l’assoggettamento a contribuzione della quota di utili spettante al socio) consiste indefettibilmente nella prestazione di un’attività lavorativa abituale all’interno dell’impresa, sia essa gestita in forma individuale che societaria.
9. Come a suo tempo rimarcato da Cass. Sez.Un. n. 3240 del 2010, l’assicurazione obbligatoria non intende, infatti, proteggere l’elemento imprenditoriale del lavoro autonomo ma piuttosto accomunare commercianti, coltivatori diretti e artigiani ai lavoratori dipendenti in ragione dell’espletamento di attività lavorativa abituale e prevalente nell’ambito dell’impresa (nel senso chiarito da Cass. n. 4440 del 2017 e succ. conf.), di talchè eventuali disposizioni recanti ampliamenti dell’imponibile contributivo (quale quella indubbiamente costituita dalla L. n. 438 del 1992, art. 3-bis, con riguardo alla totalità dei redditi d’impresa) debbono essere interpretate in coerenza con la ratio di fondo dell’istituto.
10. Il ricorso va pertanto rigettato.
11. Il definitivo assetto sistematico delle questioni implicate dal ricorso in epoca successiva al deposito, consiglia la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; spese compensate. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13,co. 1, se dovuto.