CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 27073 depositata il 21 settembre 2023
Lavoro – Esonero dal lavoro notturno per ragioni di genitorialità – Figlio di età inferiore a 3 anni – Assistente di volo – Art. 53 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 – Regolamentazione organica orario di lavoro – Disciplina speciale per personale di volo nell’aviazione civile – Rigetto
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva dichiarato il diritto di R.T., assistente di volo, all’esonero dal lavoro notturno fino al compimento del terzo anno di età del figlio, di età inferiore ai tre anni, figli ai sensi dell’art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2002 (ndr art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001), non essendo stata allegata l’astensione per la medesima causa del padre del minore, ed aveva condannato la società N. s.p.a. ad astenersi dall’adibire la lavoratrice ai detti turni.
1.1. La Corte territoriale, nel riportarsi ad una sua decisione resa su analoga controversia, discostandosi consapevolmente dalla sentenza della Cassazione n. 18285 del 2017, ha ritenuto che il diritto reclamato trovasse fondamento nell’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001. Ha evidenziato che il d.lgs. n. 185 del 2005, attuativo della direttiva 2000/79/CE, non aveva disciplinato ogni profilo del rapporto di lavoro connesso all’organizzazione dell’orario di lavoro dei dipendenti dell’aviazione civile ed aveva regolato solo quelli connessi alla sicurezza ed alla salute del personale di volo, indipendentemente dalla presenza di prole in tenera età.
1.2. Ha quindi evidenziato che la tutela della maternità e paternità trova la propria regolamentazione, in attuazione della direttiva n. 92/85/CE, nel d.lgs. n. 151 del 2001 che all’art. 1 comma 1 disciplina congedi e permessi e tutela le lavoratrici e i lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento stabilendo limitazioni al lavoro notturno in relazione alla qualità genitoriale del lavoratore.
1.3. Il giudice di appello ha sostenuto che si tratta di disciplina da applicare alla generalità delle lavoratrici madri indipendentemente dal settore di operatività.
1.4. Tanto premesso ha osservato che le due discipline – quella dell’orario di lavoro e quella a tutela della maternità e paternità – poggiano su ratio e finalità diverse e sono volte a tutelare beni diversi.
1.5. Ha escluso che le disposizioni previste dagli artt. 11 e 19 del d.lgs. n. 66 del 2003, di attuazione della direttiva n. 93/104/CE e della direttiva 200/34/CE, concernenti taluni aspetti dell’organizzazione del lavoro, abbiano implicitamente abrogato l’art. 53 citato che è stato solo parzialmente modificato dall’art. 11 del d.lgs n. 85 del 2015, con la conferma che nessuna abrogazione implicita sia intervenuta.
1.6. Il giudice di appello ha poi escluso che il Tribunale fosse incorso nella violazione dell’art. 112 c.p.c. accordando l’esonero per la fascia oraria non richiesta. A tal proposito ha sottolineato che si era tenuto conto della domanda principale della lavoratrice e di quella riconvenzionale della società e si era conseguentemente individuata la fascia oraria di esclusione del lavoro come precisata dall’art. 53 comma 1 citato anche per non vanificare la corretta applicazione della norma.
1.7. Ha escluso, infine, che ai fini dell’applicazione del ricordato art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001 fosse necessario che entrambi i genitori fossero addetti al servizio notturno ed ha ritenuto che la fruizione fuori sede del periodo di riposo notturno sarebbe incompatibile con la corretta applicazione delle norme a tutela della maternità, sicché fino al compimento del terzo anno di età del bambino, sarebbero precluse anche le trasferte con pernottamento fuori casa.
1.8. Quanto alle spese, oggetto dell’ultimo motivo di appello, la Corte di merito ha parzialmente accolto la censura mossa alla sentenza di primo grado che aveva posto le spese interamente a carico della società e le ha invece compensate nella misura del 50% sia per il primo grado che per l’appello, ferma per il resto la condanna della società soccombente per entrambi i gradi.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso N. s.p.a. affidato a otto motivi. A.B. ha resistito con tempestivo controricorso. La Consigliera di Parità della Regione Lombardia e la Fit-Cisl Lombardia – Federazione Regionale Trasporti della Lombardia sono rimasti intimati.
2.1. Fissata per la decisione in adunanza camerale il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa insistendo nelle conclusioni già prese. Quindi il Collegio ha rinviato la decisione alla pubblica udienza e l’avvocato della società ricorrente ha chiesto di poter discutere oralmente la causa.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001, dell’art. 7 comma 2 del d.lgs. n.185 del 2005, degli artt. 2, 11 e 19 del d.lgs. n. 66 del 2003 e dell’art. 15 delle preleggi.
1.1. Ad avviso della ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che il diritto delle lavoratrici all’esonero dal lavoro notturno trovasse fondamento nella disciplina dettata dall’art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001.
1.2. Osserva che agli assistenti di volo non troverebbe applicazione la citata disposizione poiché per il personale dell’aviazione civile verrebbe in rilievo l’art. 7 comma 2 del d.lgs. n. 185 del 2005 che non contempla l’astensione del lavoro notturno per genitorialità.
1.3. Sostiene che con il d.lgs. n. 185 del 2005 è disciplinato l’orario del personale del settore aereo. Rammenta che si tratta di disposizioni speciali che non tollerano integrazioni da altre norme e che il suo art. 7 non richiama né l’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001 né l’art. 11 del d.lgs. n. 66 del 2003.
1.4. Sostiene che la direttiva 92/85/CE, recepita con il d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645 (oggi abrogato dal D.lgs n. 151/2001) è imposto agli stati membri di vietare il lavoro notturno nel periodo successivo alla gravidanza per i sette mesi dopo il parto dietro presentazione di un certificato medico che ne attesti la necessità per la sicurezza e la salute della lavoratrice interessata e dunque non per il solo fatto di essere genitore. Conseguentemente ritiene che l’arco temporale che va dal compimento dell’anno a quello dei tre anni del bambino, non è soggetto ad alcuna limitazione nell’adibizione al lavoro notturno.
1.5. Rammenta inoltre che a norma dell’art. 11 del d.lgs. n. 66 del 2003, che riproduce l’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001 seppur con una diversa partizione dei commi, sono esentati dal lavoro notturno le madri di figli minori di tre anni o, in alternativa, i padri conviventi; il lavoratore o la lavoratrice unico affidatario del minore di dodici anni; la madre adottiva o affidataria nei primi tre anni e comunque non oltre i dodici anni o in alternativa il padre convivente; la lavoratrice o il lavoratore che abbia a carico un disabile ai sensi della legge n. 104 del 1992.
1.6. Ritiene che pertanto sarebbe stata erroneamente applicata la norma abrogata (il ricordato art. 53 comma 2) e sostiene che, d’altra parte, al personale di volo non si poteva neppure applicare l’art. 11 del d.lgs. n. 66 del 2003.
1.7. Osserva che quale conseguenza della inapplicabilità della disposizione al personale di volo, che beneficia di una specifica normativa sull’orario di lavoro, l’art. 11 non potrebbe dispiegare la sua efficacia abrogatrice sulle norme pregresse e che non troverebbe applicazione la clausola di non regresso atteso che l’esonero dal lavoro notturno per genitorialità non era tra i beni protetti dalla direttiva.
2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001 e dell’art. 2697 c.c. e si sostiene che il diritto all’esonero sussisterebbe solo nell’ipotesi in cui entrambi i genitori siano impiegati in lavoro notturno.
3.1. Sostiene allora la ricorrente che era onere della lavoratrice, la quale non vi aveva provveduto, allegare e dimostrare l’esistenza delle condizioni per beneficiare dell’esonero.
4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nonché degli artt. 11 e 2 D. lgs. 66/2003 e 53 D.Lgs. n. 151 del 2021 assumendosi che, in violazione e falsa applicazione dell’art.2 del d.lgs. n. 185 del 2005, norma ORO FTL. 235 lett.b) del Regolamento UE n. 83 del 2014, la Corte di Appello avrebbe affermato che anche le trasferte che prevedono il pernottamento fuori sede sono precluse e sarebbe così incorsa in un vizio di ultrapetizione. Inoltre, avrebbe errato nell’individuare la fascia oraria di esclusione dal lavoro notturno dalle ore 24:00 alle ore 6:00 e nell’aver ricompreso nell’esclusione anche i pernottamenti fuori sede.
4. I tre motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono infondati e devono essere rigettati dovendosi ripensare l’orientamento espresso con la sentenza n. 18285 del 25/07/2017 per le considerazioni che di seguito si espongono.
4.1. Ciò di cui si discute è se il divieto di lavoro notturno per ragioni di genitorialità (entro i tre anni di vita del figlio) si applichi al personale di volo di compagnie aeree, restando così eventualmente preclusa la possibilità di assegnazione a turni di lavoro che includano l’orario notturno e le trasferte che comportino l’assenza durante la notte.
4.2. Occorre premettere che l’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità nel disciplinare in tale ambito il lavoro notturno prevede, al primo comma, il divieto di adibire “le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.” Al secondo comma della citata norma, poi, alla lettera a) si dispone che la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa non sono obbligati a prestare lavoro notturno.
4.3. Si tratta di disposizione che appresta una tutela aggiuntiva per assicurare una presenza genitoriale durante la notte al minore per il periodo di tempo che intercorre tra il compimento dell’anno di età, limite del divieto di adibizione a lavoro notturno, e fino al compimento dei tre anni di vita del bambino (salve le ulteriori garanzie assicurate per il caso di unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni di cui alla lett. b della citata norma). Analoga tutela è assicurata anche alla lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall’ingresso del minore in famiglia (comunque non oltre il dodicesimo anno di età) ed è estesa alternativamente ed alle stesse condizioni al lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa (lett. b bis della stessa disposizione). Il comma 3 dell’art. 53 citato, poi, prevede una speciale tutela per il lavoratore o la lavoratrice che abbiano a carico un soggetto disabile ex legge n. 104 del 1992. La norma in sostanza individua una serie di situazioni meritevoli di attenzione rispetto alle quali è apprestata una particolare tutela che si realizza con l’attribuzione della facoltà di sottrarsi al lavoro durante l’orario dalle 24,00 alle 6,00 del mattino.
4.4. Va poi ricordato che con il d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 è stata introdotta una regolamentazione organica dell’orario di lavoro e si è data attuazione alla direttiva 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE. Si tratta, come detto, di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale che, nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, disciplina l’orario di lavoro.
4.5. Deve tuttavia rilevarsi che tale disciplina, con la quale all’art. 11 è regolamentato il lavoro notturno durante la gravidanza e la maternità e sono individuati specificatamente i divieti e le limitazioni al lavoro notturno, non si applica al lavoro del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE oltre che alla gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE ed ai lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE (cfr. art. 2 del d.lgs. n. 66 del 2003).
4.6. Inoltre, per altro verso, va evidenziato che all’art. 7 del d.lgs. 19 agosto 2005 n. 185, nel darsi attuazione alla direttiva 2000/79/CE relativa all’Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile, sono state sì dettate specifiche misure a tutela del personale di volo ma in una prospettiva attenta, specificatamente, alla salute del lavoratore. Infatti, si è previsto che in caso di “problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che (questi) presta anche lavoro notturno” il lavoratore deve essere assegnato ad un lavoro diurno in volo o a terra per il quale sia idoneo così come previsto dalla norma generale per il personale pubblico e privato dell’art. 15 del d. lgs. 8 aprile 2003, n. 66. In sostanza si tratta di disposizione che, come detto, si preoccupa di tutelare la salute del lavoratore addetto a servizi di volo le cui condizioni non siano compatibili con il lavoro notturno. La norma infatti dispone che tale situazione debba essere accertata dal medico competente o da una struttura sanitaria pubblica e demanda alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità di applicazione delle disposizioni che regolano l’esonero e l’individuazione delle soluzioni per i casi in cui l’assegnazione al lavoro diurno non risulti applicabile.
4.7. In sostanza la disciplina speciale dettata per il personale di volo con riguardo al lavoro notturno mira a proteggere un bene diverso da quello oggetto delle norme poste a tutela delle lavoratrici madri e non integra una deroga a quella disciplina dettata dall’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001. Il d.lgs. 19 agosto 2005 n. 185 non esaurisce le fattispecie che il legislatore ha inteso proteggere e che possono presentare profili di incompatibilità con lo svolgimento del lavoro in orario notturno.
5. All’esito di tale complessiva ricostruzione del quadro normativo ritiene il Collegio che l’inapplicabilità al personale di volo dell’aviazione civile delle disposizioni sull’orario di lavoro che disciplinano il lavoro notturno (artt. 11 – 15 del d.lgs. n. 66 del 2003) non esclude che a tale personale debba applicarsi la speciale disciplina dettata dal decreto legislativo n. 151 del 2001 a tutela e sostegno della maternità e paternità. Con tale disposizione, come si è visto, il legislatore ha inteso offrire alla lavoratrice madre/lavoratore padre un particolare livello di protezione in ragione dell’intenso rapporto che lega il genitore al minore in tenera età consentendogli di sottrarsi al lavoro notturno nei primi tre anni di vita dei figli ed apprestando, con l’art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001, una tutela che si esplica non solo assicurando sostegno economico ma anche favorendo la presenza del genitore nel periodo della prima crescita del minore.
5.1. Si tratta, in definitiva, di un nucleo minimo di tutela che può essere derogato in melius “da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione” e che tuttavia assicura indistintamente la facoltà di sottrarsi al lavoro notturno che (vietato fino al compimento del primo anno di età del minore) non può essere imposto per tutto il tempo in cui il figlio, sia esso naturale o adottivo, non abbia ancora compiuto il terzo anno di età.
5.2. Per le ragioni esposte dunque la sentenza della Corte di appello va condivisa e deve essere confermata.
5.3 Quanto alla dedotta necessità che, per poter beneficiare dell’esonero, entrambi i genitori debbano essere contestualmente addetti ad un lavoro in orario notturno va rilevato che il tenore testuale dell’art. 53 comma 2 del d.lgs. n. 151 del 2001 non avvalora tale interpretazione.
5.4. Dalla lettura della norma citata si evince che ciò che in primo luogo si è inteso privilegiare è il rapporto madre figlio, assicurando comunque un’alternativa, e lasciando alle parti la scelta di chi debba avvantaggiarsi della facoltà di esonero.
5.5. Il legislatore non disegnato un sistema rigido in cui la scelta di beneficiare della facoltà di sottrarsi al lavoro notturno sia condizionata dalla necessità di sopperire all’assenza per la medesima ragione dell’altro genitore. Si è predeterminata piuttosto una scelta da parte del legislatore, che ha indicato la madre quale destinataria dell’esercizio della facoltà, ma si è consentita comunque la possibilità di derogarvi in favore dell’altro genitore.
6. Quanto, infine, alla accertata inclusione dei pernottamenti fuori sede nel contesto del “lavoro” notturno ritiene il Collegio che anche per tale aspetto la sentenza debba essere confermata.
6.1. L’accertamento del giudice di appello, che ha ricompreso i pernottamenti fuori sede nella finalità perseguita dalla norma, non integra il vizio di ultrapetizione denunciato. La Corte territoriale a fronte di una domanda con la quale si chiedeva che si accertasse il diritto ad essere esonerati dal lavoro notturno ha correttamente ritenuto che il bene della vita che si intendeva conseguire con la domanda formulata (volta ad assicurare alla madre il godimento del riposo giornaliero in orario notturno al fianco del minore) non poteva non interessare anche la circostanza di dover godere del riposo notturno fuori dalla propria sede.
8. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve respinto.
8.1. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 – bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 (ndr comma 1 – bis dell’ articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002), se dovuto.
P.Q.M.
Respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 6000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 –bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 –bis dello stesso articolo 13), se dovuto.
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