CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 30007 depositata il 30 ottobre 2023

Lavoro – Contributi IVS fissi/percentuali – Imprese agrituristiche – Controversie attinenti alla classificazione di un’attività quale agrituristica o terziaria – Prevalenza dell’attività agricola su quella agrituristica – Trattamento previdenziale e assicurativo di favore – Accoglimento

Svolgimento del processo

Con sentenza del giorno 8.8.2016 n. 825, la Corte d’appello di Catania respingeva l’appello proposto da R.M.R., avverso la sentenza del Tribunale di Catania che aveva respinto l’opposizione alla cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato il pagamento della complessiva somma di € 5.397,84, per contributi IVS fissi/percentuali e somme aggiuntive, dal medesimo non versate negli anni 2003-2008.

La Corte d’appello, a supporto degli assunti di rigetto del gravame di R.M.R., ha ritenuti insussistenti i requisiti per ritenere che l’azienda oggetto di controversia potesse beneficiare del trattamento previdenziale e assicurativo di favore, riconosciuto alle imprese agrituristiche.

Avverso tale sentenza, il R. ricorre per cassazione, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps resiste con controricorso.

Il PG ha rassegnato conclusioni scritte, nel senso del rigetto del ricorso.

Il Collegio riserva sentenza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 2135 c.c., dell’art. 1 del d.lgs. n. 99 del 2004 e dell’art. 56 della L.R. siciliana n. 4/03, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva richiamato la normativa in materia di imprenditore agricolo professionale e di imprenditore agricolo a titolo principale e ai relativi limiti di natura reddituale, per godere dei benefici previdenziali richiesti, quando invece la fattispecie doveva inquadrarsi nel novero delle controversie attinenti alla classificazione di un’attività quale agrituristica o terziaria.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 2135 c.c., dell’art. 2 della L.R. siciliana n. 25 del 1994, della circolare dell’Assessorato regionale per l’agricoltura e le foreste della regione siciliana del 23 luglio 1997 n. 239, dell’art. 3 del d.lgs. n. 228/01, del decreto assessorile della Regione siciliana n. 568 del 28 maggio 2004, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello non avrebbe applicato il principio di prevalenza delineato dalla normativa in materia, di cui alla normativa secondaria emessa dall’Assessorato richiamato in rubrica, per l’attività agrituristica, perché, ad avviso del ricorrente, non sarebbe corretto procedere al calcolo “diretto” della prevalenza dell’attività agricola attraverso il raffronto del numero di giornate lavorative in ciascuna delle due attività (agricola e agrituristica), bensì si dovrebbe procedere a un calcolo “calibrato”, sulla base degli indici tabellari, di cui al decreto assessorile n. 568 del 28 maggio 2004 (infatti, ad avviso del ricorrente, l’attività propriamente agricola e l’attività agrituristica presentano grandezze economiche differenti, pertanto, il legislatore avrebbe scelto dei parametri tecnici per consentire di determinare la prevalenza e la principalità dell’una attività rispetto all’altra, al fine di godere dei benefici previdenziali, in quanto l’attività agrituristica potrebbe essere, invece, inquadrata nel settore terziario).

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 117 Cost., degli artt. 2 e 5 L.R. siciliana n. 25/94 e della normativa di attuazione, dell’art. 7 della legge n. 96 del 2006 e dell’art. 49 della legge n. 88 del 1989, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello non aveva ritenuto incompetente l’Inps, in materia di qualificazione delle aziende agrituristiche, ritenendo, invece, la legittimità della competenza dell’operato dell’Inps, per come manifestato in sede ispettiva, quando invece tale competenza ricadeva in capo all’organo regionale competente a rilasciare il nulla osta all’attività (cioè, l’IPA), come da tutta la documentazione allegata (cfr. p. 22 del ricorso).

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, in riferimento alla violazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., per la omessa valutazione degli atti amministrativi riferiti al nulla osta e alla autorizzazione comunale allo svolgimento dell’attività agrituristica.

Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un ulteriore fatto decisivo della controversia, con riferimento alla violazione degli artt. 112, 115 e 116, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., relativamente a due CTU in atti rese in distinti giudizi, davanti alla sezione lavoro del tribunale di Catania (in quanto riferite a cartelle e annualità diverse), ed aventi ad oggetto la qualificazione dell’attività agrituristica svolta dal ricorrente, quindi, il medesimo oggetto dell’accesso ispettivo, il cui verbale non ha fede privilegiata in merito alla fondatezza degli apprezzamenti degli ispettori.

Con il sesto motivo di ricorso, in via subordinata, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., lamentando la mancata compensazione delle spese di lite riferite al secondo grado di giudizio, perché l’autorizzazione amministrativa e il nulla osta avevano determinato la convinzione di agire nel pieno rispetto delle norme di legge.

Il ricorso è fondato, in accoglimento dell’eccezione di giudicato sollevata alle pp. 5-7 della memoria prodotta, ex art. 378 c.p.c., con assorbimento dei restanti motivi.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nel giudizio di cassazione, il giudicato esterno è, al pari del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla sentenza impugnata; in tal caso, infatti, la produzione del documento che lo attesta non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che è limitato ai documenti formatisi nel corso del giudizio di merito, ed è, invece, operante ove la parte invochi l’efficacia di giudicato di una pronuncia anteriore a quella impugnata, che non sia stata prodotta nei precedenti gradi del processo” (Cass. n. 1534/18, cfr. Cass. nn. 18464/18, 16847/18, 15846/23).

Nella specie, deve rilevarsi, che nelle more del giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, il ricorrente ha documentato la pronuncia di due sentenze, passate in giudicato (cfr. attestazioni della cancelleria), tra le medesime parti, aventi ad oggetto la contribuzione per i medesimi anni ed identiche questioni giuridiche, che hanno riconosciuto la sussistenza della prevalenza dell’attività agricola su quella agrituristica e che questa si poneva in rapporto di complementarietà con la prima: tali sentenze, emesse dal tribunale di Catania, nn. 4321/17 e 4305/17, concludono entrambe, nel senso dell’illegittima qualificazione come commerciale dell’attività svolta dal ricorrente.

Tali pronunce, pertanto, in quanto divenute definitive, rientrano nei comandi normativi di cui non può non tenersi conto nel presente giudizio, così da giustificare l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio della causa per un nuovo esame della controversia da parte della Corte del merito, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.