CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 31360 depositata il 10 novembre 2023

Lavoro – Cartella esattoriale – Contributi omessi – Gestione Agricola-Datori di lavoro – Sgravi contributivi – Onere della prova – Difetti di specificità – Verbale ispettivo dell’Inps – Accordo provinciale – Provvedimento di sgravio – Rigetto 

Svolgimento del processo

Con sentenza del giorno 16.11.2016 n. 1048, la Corte d’appello di Catania respingeva l’appello proposto da M.T., avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa che aveva parzialmente accolto l’opposizione (in riferimento alla prescrizione di una parte del credito) da quest’ultimo proposta avverso la cartella esattoriale emessa dall’Inps, con la quale gli era stato intimato il pagamento della complessiva somma di € 41.853,14, a titolo di contributi omessi, in relazione a differenti specifiche ed anni, dovuti alla Gestione Agricola-Datori di lavoro, per le posizioni “Contribuente” in atti specificate, per il mancato rispetto dell’Accordo di Riallineamento, ai sensi dell’art. 5 comma 6 bis della legge n. 608/96 (avendo gli ispettori rilevato delle differenze tra gli importi previsti nell’accordo e quelli indicati nelle buste paga, con riferimento al mancato versamento periodico del TFR).

La Corte d’appello, a sostegno dei propri assunti di rigetto del gravame del contribuente e di accoglimento dell’appello incidentale dell’Inps, ha ritenuto inammissibile l’atto di appello, in quanto, trattandosi di opposizione agli atti esecutivi (vizi formali della cartella) doveva essere proposto ricorso per cassazione. Inoltre, la Corte territoriale aveva accertato che il T. non aveva provato di aver versato il TFR nella misura prevista dal CCNL né periodicamente (come previsto dall’accordo di riallineamento) né a fine rapporto in un’unica soluzione. Secondo la Corte d’appello, inoltre, il verbale ispettivo era sufficientemente specifico per valere come atto interruttivo della prescrizione ed, infine, non era maturata la prescrizione dei contributi relativi al terzo trimestre 2001.

Avverso tale sentenza, T. M. ricorre per cassazione, sulla base di dieci motivi, illustrati da memoria, mentre l’Inps e Riscossione Sicilia spa resistono con distinti controricorsi, quest’ultimo illustrato da memoria.

Il PG ha rassegnato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.

Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 24 del d.lgs. n. 46/99 e dell’art. 617 c.p.c., in combinato disposto con l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché, la Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva ritenuto che la impugnazione della cartella fosse avvenuta solo per vizi formali e, quindi, la stessa Corte aveva erroneamente qualificato l’azione proposta come opposizione agli atti esecutivi (ricorribile esclusivamente in cassazione), con conseguente applicazione dell’art. 29 comma 2 del d.lgs. n. 46/99 e dell’art. 617 c.p.c., quando, invece, l’azione proposta era una opposizione contro il ruolo per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva, per cui i termini dovevano essere quelli previsti per contestare la stessa esistenza del credito, con conseguente impugnabilità in appello della decisione di primo grado.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 2697 c.c., in combinato disposto con gli artt. 115 e 116 c.p.c. e con l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente non avesse provato di aver versato il TFR nella misura prevista dal CCNL, anche a fine rapporto in un’unica soluzione, con la conseguenza di ritenere che le somme portate dalla cartella opposta fossero tutte dovute, arrivando, quindi, a ritenere che il T. non avesse rispettato i contratti di riallineamento, quando invece – ad avviso del ricorrente -da una parte il TFR era stato corrisposto e dall’altra, incombeva sull’Inps, pur convenuto ma attore in senso sostanziale, la prova dei fatti costitutivi del credito contributivo preteso.

Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 3 commi 9 e 10 della legge n. 335/95, in combinato disposto con l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto quale atto interruttivo – ai fini della prescrizione quinquennale – della cartella di pagamento, la notifica del verbale ispettivo.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’articolo 23 della legge n. 196/97, da cui discende l’Accordo di riallineamento della provincia di Siracusa del 17.10.01 (che imponeva al datore di lavoro la corresponsione periodica del TFR), in combinato disposto con l’art. 111 Cost, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.,

Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 111 Cost. in combinato disposto con l’art. 132 secondo comma n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché contraddittoriamente la Corte d’appello avrebbe in un primo momento accertato il mancato pagamento del TFR ai lavoratori e poi avrebbe concluso che le somme portate dalla cartella opposta era tutte dovute, laddove, secondo il ricorrente, l’Inps, con la predetta cartella, avrebbe proceduto al solo recupero degli sgravi contributivi di cui aveva beneficiato il medesimo ricorrente e non al recupero del TFR, che secondo la Corte d’appello non era stato presuntivamente versato (ma di ciò, nulla risulterebbe in cartella), né la Corte del merito avrebbe tenuto conto dello sgravio operato dall’Inps, per € 8.311,55, dopo l’emissione della cartella.

Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 111 Cost. in combinato disposto con l’art. 132 secondo comma n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito non si era pronunciata sul difetto di legittimazione della SERIT, questione di rilievo alla luce delle eccezioni formulate dalla stessa, in seno al giudizio di secondo grado.

Con il settimo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., per la mancata valutazione della documentazione in merito all’intervenuto sgravio sulla cartella, circostanza che aveva determinato una non piena comprensione dei fatti di causa, così causando un chiaro difetto di motivazione.

Con l’ottavo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché il verbale ispettivo quantificava un importo dovuto pari a € 18.000,00, mentre la cartella di pagamento portava un importo aggiuntivo di circa 23.000,00 euro, senza che la Corte del merito avesse esaminato la suddetta documentazione.

Con il nono motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza o del procedimento, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la Corte d’appello non avendo esaminato la cartella non si era accorta che la pretesa riguardava la richiesta di sanzioni e non del TFR.

Con il decimo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di omesso esame, circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., relativamente al fatto che in cartella la pretesa riguardava esclusivamente le sanzioni e non il TFR, che quindi, andava considerato corrisposto, anche alla luce della sua mancata indicazione e quantificazione.

Il primo motivo è inammissibile.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la qualificazione dell’opposizione spiegata, deve essere compiuta in base al principio dell’apparenza, vale a dire con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione effettuata dal giudice nello stesso provvedimento, indipendentemente dall’esattezza della stessa, nonché da quella operata dalla parte (cfr. Cass. n. 2007/11012, in tema di qualificazione di un’opposizione come opposizione all’esecuzione, v. anche, Cass. n. 3338/12).

Nella specie, il giudice di secondo grado, preso atto che il giudice dell’esecuzione aveva qualificato l’opposizione alla cartella oggetto di controversia come opposizione agli atti esecutivi, ha ritenuto conseguenzialmente che l’appello del ricorrente dovesse considerarsi come inammissibile in quanto l’unico mezzo di impugnazione della sentenza per cui era causa era il ricorso per cassazione: Pertanto, il ricorrente non si confronta con tale statuizione della sentenza impugnata, contestando, invece, anche la statuizione della sentenza di primo grado. Va, infine, evidenziato, come il ricorrente non riporta in ricorso la parte della propria opposizione a cartella che atterrebbe a vizi di merito della pretesa contributiva e che, in parte qua, non avrebbe dovuto essere qualificata – a suo avviso – come opposizione agli atti esecutivi, da parte del giudice di primo grado, ma bensì come opposizione all’esecuzione.

Il secondo motivo è infondato; infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di sgravi contributivi, l’onere della prova in ordine alla legittimità della fruizione degli stessi, è in capo all’azienda che intende avvalersene, di talché, laddove sorga contrasto in ordine a detta circostanza, sarà cura di chi pretende il diritto a fruirne, fornire la prova della sussistenza di tutte le condizioni a ciò volte (tra le molte, v. Cass. n. 15312/16, punto 5 della motivazione).

Il terzo motivo è, in via preliminare, inammissibile, per difetto di specificità, in quanto non viene riportato in ricorso e localizzato (art. 366 primo comma n. 6 c.p.c.), il verbale ispettivo dell’Inps, che nell’assunto del ricorrente, non qualificava il credito e non indicava tutti gli elementi dello stesso che avrebbero consentito al debitore di percepire l’efficacia giuridica dell’atto, così da non mettere questa Corte in condizione di verificare la fondatezza della censura sulla mancata interruzione della prescrizione, da parte del predetto verbale ispettivo. In ogni caso, nel merito, la censura è infondata; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In materia di omissioni contributive, il verbale ispettivo dell’INPS (a differenza del verbale dell’Ispettorato del lavoro) ha valore interruttivo della prescrizione del credito contributivo” (Cass. n. 19649/12).

Il quarto motivo è inammissibile, per difetto di specificità, in quanto il ricorrente non riporta in ricorso e non localizza, l’Accordo provinciale della provincia di Siracusa del 17.10.2001, il cui art. 23 consentiva, in tesi, al ricorrente di erogare il TFR ai propri dipendenti o nella busta paga giornaliera o di versarlo a fine rapporto, in un’unica soluzione.

Il quinto motivo è, in via preliminare, inammissibile, perché contesta l’accertamento della Corte del merito che il TFR non risultava corrisposto o quantomeno non risultava corrisposto alle scadenze periodiche previste dall’accordo di riallineamento; il medesimo motivo è, altresì, inammissibile, con assorbimento del settimo, perché non riporta in ricorso e non localizza il provvedimento di sgravio, che sarebbe stato emesso dall’Inps e di cui il ricorrente avrebbe beneficiato, ma di cui, in tesi, la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto nella sua decisione.

Il sesto motivo è inammissibile, perché il ricorrente non riporta in ricorso e non dimostra dove e quando tale censura abbia trovato spazio in sede di giudizio di appello, tant’è vero che riferisce di aver proposto tale censura solo nel corso del giudizio di primo grado, così da poterla considerare rinunciata, ex art. 329 c.p.c.

L’ottavo, il nono e il decimo motivo di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono inammissibili, per quanto già espresso nella prima parte del terzo motivo di ricorso, in particolare, il ricorrente non solo non riporta e non localizza il verbale ispettivo, per verificare le somme quantificate dagli ispettori dell’Istituto previdenziale, ma neppure riporta la cartella di pagamento per verificare a che titolo sia stata richiesta una maggior somma rispetto a quanto accertato dai medesimi ispettori.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono i presupposti, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a pagare in favore sia dell’Inps che di Riscossione Sicilia spa, le spese di lite che liquida in € 6.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.