Corte di Cassazione sentenza n. 5273 depositata il 6 marzo 2018
FALLIMENTO – CONCORDATO PREVENTIVO – ORGANI – COMMISSARIO GIUDIZIALE – PROCEDIMENTO PER LA REVOCA DELL’AMMISSIONE EX ART. 173 LEGGE FALL. – QUALITÀ DI PARTE DEL COMMISSARIO GIUDIZIALE – ESCLUSIONE – PARTECIPAZIONE ATTIVA AL PROCEDIMENTO – AMMISSIBILITÀ – MODALITÀ
FATTI DI CAUSA
Il 2 aprile 2012, in pendenza di talune istanze di fallimento, M. s.p.a. deposito’ una domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale e il Tribunale di Parma ammise l’istante alla procedura fissando l’adunanza dei creditori; successivamente, depositata dai commissari giudiziali una relazione L.Fall., ex art. 173, il tribunale convoco’ la società proponente e, con l’intervento del pubblico Ministero e di taluni creditori, revoco’ l’ammissione alla procedura della M. s.p.a. dichiarandone contestualmente il fallimento.
La Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata il 18 dicembre 2012, ritenendolo comunque tempestivo, respinse il reclamo avanzato dalla M. s.p.a. avverso il decreto di revoca dell’ammissione alla procedura minore e la sentenza di fallimento. Affermo’ che nel procedimento teso alla detta revoca trovavano applicazione le norme generali sui procedimenti camerali non essendo prescritti termini a difesa in misura fissa; rilevo’ inoltre che il tribunale, dopo la comparizione delle parti, aveva concesso loro termine per depositare memorie nel rispetto della L.Fall., art. 15.
Soggiunse il giudice del reclamo che i commissari giudiziali potevano costituirsi nel procedimento con una memoria difensiva, mentre una volta depositata la relazione L.Fall., ex art. 173, ed aperto il procedimento di revoca dell’ammissione al concordato, il tribunale non era tenuto a disporre alcun rinvio dell’adunanza dei creditori per consentire il deposito di una modifica dell’originaria proposta concordataria.
Quanto agli addebiti che avevano giustificato l’interruzione della procedura di concordato, la corte d’appello affermo’ che la società non aveva provato che i prelievi di somme da parte del suo amministratore in epoca prossima al deposito della proposta di concordato, potessero ritenersi compensati con presunti crediti non dimostrati, ne’ che fosse consentita una compensazione tra i debiti verso la M. s.p.a. e i crediti, di natura postergata, vantati dal suo socio unico.
Ancora, la corte di merito giudico’ che i pagamenti disposti nel corso della procedura in favore dell’amministratore e di taluni professionisti, costituivano atti di straordinaria amministrazione non autorizzati dal tribunale e che, infine, alla luce dei rilievi di formulati dai commissari giudiziali, l’attestazione L.Fall., ex art. 161, resa da un professionista in ordine alla fattibilità del piano concordatario, risultava del tutto inidonea alla sua funzione.
Avverso la detta sentenza della corte d’appello, M. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove mezzi, cui resiste con controricorso e ricorso incidentale fondato su un solo motivo il fallimento della M. s.p.a..
Non hanno spiegato difese i creditori istanti per la dichiarazione di fallimento.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Merita esame preliminare l’unico motivo del ricorso incidentale del fallimento della M. s.p.a., con il quale si eccepisce la tardività del reclamo proposto dalla fallita, poiche’ ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 5, il differimento dei termini in scadenza nel giorno del sabato, troverebbe applicazione esclusivamente nell’ambito di quelli che maturano in pendenza di un processo e non in relazione ai termini che, come nel caso appunto del reclamo fallimentare, scadono prima del suo avvio.
Il motivo non ha fondamento.
Questa Corte ha già affermato che la disciplina del computo dei termini di cui all’art. 155 c.p.c., commi 4 e 5, che proroga di diritto, al primo giorno seguente non festivo, il termine che scade in un giorno festivo o di sabato, si applica, per il suo carattere generale, a tutti i termini, anche perentori, contemplati dal codice di rito, compreso il termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione (Cass. 16/11/2016, n. 23375).
Del resto, dell’art. 155 c.p.c., u.c., come introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. f), si riferisce espressamente agli atti processuali “svolti fuori dall’udienza che scadono nella giornata del sabato”, ma, alla luce della chiara ratio della novella del 2005, non vi e’ ragione alcuna per differenziare la rilevanza giuridica della giornata del sabato a seconda che si tratti di processo pendente ovvero di giudizio ancora da instaurare, essendo invece il discrimine ancorato, esclusivamente, alla circostanza che si tratti o meno di atti processuali svolti al di fuori di una udienza (che puo’ ben celebrarsi anche di sabato).
2. Con il primo motivo del ricorso principale la ricorrente denuncia la violazione della L.Fall., artt. 15 e 173, per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che nel procedimento di revoca dell’ammissione al concordato, non trovino applicazione i termini a difesa previsti dalla legge fallimentare.
Con il secondo motivo lamenta la violazione della L.Fall., art. 173, avendo il giudice del gravame ritenuto che i commissari giudiziali fossero legittimati a costituirsi nel procedimento di revoca dell’ammissione al concordato, depositando memoria integrativa.
Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 2 e 111 Cost., e dell’art. 88 c.p.c., considerato che il comportamento dei commissari giudiziali e’ stato improntato alla violazione del canone di buona fede e del giusto processo.
Con il quarto motivo eccepisce ulteriore violazione della L.Fall., art. 173, poiche’ la corte d’appello non ha rilevato l’improcedibilità del giudizio di revoca dell’ammissione al concordato in pendenza di una istanza tesa al rinvio dell’adunanza dei creditori, finalizzata a consentire una modifica della proposta concordataria.
2.1. I primi quattro motivi, avvinti da palese connessione, possono essere esaminati congiuntamente e sono tutti parimenti inammissibili.
Va infatti osservato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo; sicche’ quando il ricorrente non chiarisce quale pregiudizio sia derivato alla sua difesa dal provvedimento viziato, l’impugnazione e’ radicalmente inammissibile (Cass. 09/07/2014, n. 15676; Cass. 22/04/2013, n. 9722; Cass. 12/09/2011, n. 18635).
E nella vicenda all’esame la ricorrente in nessuno dei motivi sopra illustrati ha individuato quale sia stato il pregiudizio in concreto subito, per effetto degli errori processuali in thesi commessi dal tribunale nel corso del procedimento concordatario.
2.2. I motivi sono comunque tutti infondati, avendo questa Corte già affermato che nel procedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo non e’ necessario che il decreto di convocazione delle parti rechi l’indicazione che il procedimento e’ volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento, ai sensi della L.Fall., art. 15, comma 4, atteso che, da un lato, il rinvio contenuto nella L.Fall., art. 173, comma 2, alla menzionata norma deve intendersi nei limiti della compatibilità e, dall’altro, in siffatta ipotesi, il contraddittorio tra creditore istante e debitore si e’ già instaurato e quest’ultimo e’ già a conoscenza che, in caso di convocazione L.Fall., ex art. 173, l’accertamento del tribunale e, correlativamente, l’ambito della sua difesa attengono ad una fattispecie piu’ complessa di quella della sola revocabilità dell’ammissione al concordato, rappresentando la revoca uno dei presupposti per la dichiarazione di fallimento (Cass. 07/12/2016, n. 25165; Cass. 31/01/2014, n. 2130).
Dunque, va escluso che il tribunale con il decreto di convocazione della società proponente dovesse accordare il termine a difesa non inferiore a quindici giorni previsto dalla L.Fall., art. 15, essendo peraltro incontroverso che al momento del deposito della proposta di concordato preventivo della M. s.p.a., pendevano già talune istanze di fallimento nei confronti della medesima; inammissibili poi si mostrano le doglianze incentrate sull’avvenuta celebrazione di una udienza durante il periodo di sospensione feriale ex lege, essendo state formulate per la prima volta, addirittura con la memoria ex art. 378 c.p.c..
Nessuno ancora dubita della circostanza che il commissario giudiziale del concordato preventivo non sia “parte” in senso formale o sostanziale del procedimento di revoca, aperto d’ufficio dal tribunale ai sensi della L.Fall., art. 173, (Cass. 21/02/2014, n. 4183); e tuttavia nulla preclude al medesimo commissario di partecipare attivamente al detto procedimento – che prende le mosse dalla sua segnalazione al collegio – nelle forme ritenute piu’ efficaci, eventualmente anche depositando una memoria difensiva avvalendosi dell’assistenza tecnica di un difensore, come accaduto nella vicenda che ci occupa.
Va decisamente negato, infine, in difetto di qualsivoglia norma che possa indurre a una tale conclusione, che il procedimento avviato ai sensi della L.Fall., art. 173, debba sottostare a qualsivoglia forma di arresto o di improcedibilità, solo perche’ la proponente abbia richiesto un rinvio dell’adunanza dei creditori al fine di predisporre una modifica della proposta da sottoporre al voto.
Del resto, e’ utile evidenziare, come già affermato dalla corte d’appello, che M. s.p.a. poteva comunque approntare tutte le modifiche alla proposta originaria, anche in pendenza della procedura tesa alla revoca dell’ammissione al concordato; ne’ e’ dato riscontrare nella condotta dei commissari giudiziali che depositarono in tribunale la relazione L.Fall., ex art. 173, – soltanto pochi giorni prima dell’adunanza dei creditori già fissata -, alcuna violazione dei canoni della buona fede processuale, trattandosi soltanto dell’adempimento di un loro preciso obbligo d’ufficio.
3. Con il quinto motivo deduce ulteriore violazione della L.Fall., art. 173, nonche’ vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma1, n. 5, avendo la corte d’appello omesso di indagare sull’effettiva esistenza di omissioni informative idonee ad ingannare il ceto creditorio.
Con il sesto motivo evidenzia violazione della L.Fall., artt. 56 e 169, atteso che il giudice di merito ha escluso la compensazione tra i crediti e debiti vantati dalla società proponente nei confronti dell’ex amministratore, per difetto della loro liquidità.
Con il settimo motivo assume ulteriore violazione della L.Fall., art. 56, degli artt. 1263, 2467 e 2497 c.c., nonche’ vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo il giudice di merito escluso la compensazione tra i crediti e debiti vantati dalla società proponente verso la società che esercitava il controllo sulla medesima, assumendo la natura postergata del credito vantato da quest’ultima.
3.1. I tre motivi sostanzialmente tesi a confutare l’esistenza di atti di frode accertati dagli organi della procedura, meritano esame congiunto; essi sono inammissibili e, comunque, complessivamente infondati.
Va anzitutto rilevato che e’ inammissibile ogni censura riferita ai vizi di motivazione in cui sarebbe incorsa la corte d’appello, nel valutare come “atti di frode”, rilevanti ai sensi della L.Fall., art. 173, le plurime condotte poste in essere dall’amministratore della società poi fallita in epoca prossima all’ammissione alla procedura di concordato.
Invero, poiche’ e’ qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la cui riformulazione, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. s.u. 7/04/2014, n. 8053).
Ne’ e’ consentito sottoporre all’esame della Corte la denunciata inesistenza dei presupposti per configurare una compensazione, tra i crediti vantati dall’ex amministratore della M. s.p.a. nei confronti di quest’ultima e le somme prelevate dal medesimo dalle casse sociali in epoca prossima al deposito della proposta di concordato preventivo, avendo il giudice di merito, con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, valutato come non sufficientemente dimostrati i crediti in thesi vantati dal detto amministratore, oggetto della ridetta compensazione.
Quanto all’accollo, da parte della B. s.r.l., socio unico della M. s.p.a., dei residui debiti dell’amministratore nei confronti di quest’ultima, correttamente la corte di merito ha escluso la possibilità di invocare il meccanismo della compensazione con i crediti vantati dalla controllante nei confronti della controllata, una volta accertato che il credito in parola, quale finanziamento da parte del socio unico, essendo soggetto alla disciplina dell’art. 2467 c.c., restava quindi postergato; e siffatto accertamento in fatto, di nuovo, non e’ suscettibile di sindacato in questa sede, mentre radicalmente inammissibile si mostra la documentazione allegata dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., tesa a dimostrare il diverso rango del ridetto credito.
Va soggiunto che secondo l’orientamento di questa Corte, cui si intende dare continuità, gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purche’ siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non e’ necessaria la dolosa preordinazione (Cass. 29/07/2014, n. 17191).
Nella vicenda sottoposta all’esame della Corte, allora, costituisce atto di frode ai creditori, rilevante ai sensi della L.Fall., art. 173, la scelta operata dalla società, in prossimità del deposito di una richiesta di ingresso in una procedura concorsuale, di considerare come reciprocamente compensati i crediti e i debiti esistenti tra la socia finanziatrice e la società finanziata, nonostante la natura postergata ex art. 2467 c.c., – con conseguente facoltà di soddisfacimento solo dopo i restanti creditori chirografari – di quelli vantati dalla prima.
4. Con l’ottavo motivo denuncia la ricorrente violazione della L.Fall., art. 111, comma 3, e L.Fall., art. 167, nonche’ vizio di motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, visto che il giudice di merito ha omesso di motivare sulle contestazioni sollevate in ordine alla natura di straordinaria amministrazione di taluni atti posti in essere dalla società proponente.
Con il nono motivo assume violazione della L.Fall., artt. 161, 162 e 173, poiche’ la corte d’appello ha giudicato che il tribunale potesse ritenere non piu’ idonea la relazione del professionista attestatore, alla luce delle osservazioni formulate dai commissari giudiziali, nonostante avesse in precedenza ammesso la società alla procedura di concordato e, quindi, valutato positivamente siffatta idoneità.
4.1. Entrambi i motivi risultano inammissibili per difetto di interesse, poiche’ il provvedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo della M. s.p.a. si e’ fondato su una pluralità di addebiti, alcuni dei quali, in forza del rigetto dei motivi che precedono, non piu’ suscettibili di sindacato innanzi al giudice.
5. Le spese seguono la soccombenza, essendo di gran lunga prevalente quella della ricorrente principale, tra le parti che hanno spiegato difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e il controricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
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