Corte di Cassazione sentenza n. 7606 depositata il 28 marzo 2018
ASSEGNAZIONE DI IMMOBILE A UNO DEI COMPROPRIETARI – VERSAMENTO DI UNA SOMMA DI DENARO PARI ALLA QUOTA SPETTANTE – IMPOSTA DI REGISTRO – ALIQUOTA DELLA DIVISIONE – APPLICABILITA’ – MOTIVI
FATTI DI CAUSA
La società Bristol Minori S.r.l., D.L.N. ed L.A.T. impugnavano innanzi alla CTP di Salerno l’avviso di liquidazione ed irrogazione delle sanzioni avente ad oggetto il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad una sentenza emessa dal Tribunale di Salerno, n. 418 del 2008, con la quale veniva sciolta la comunione tra D.L.G. e per questo i suoi eredi, D.L.N. e L.A.T., sul fondo acquistato nel 1961 e sull’Hotel (omissis) ivi edificato. Il Tribunale, ritenuta la indivisibilità della consistenza immobiliare, assegnava la stessa, con addebito dell’eccedenza, alla porzione già del condividente D.L.G., ed ora dei suoi eredi, e dichiarava l’obbligo a carico di questi ultimi di pagare in favore di D.L.N. e L.A.T. la somma di Euro 1.997,571,00, somma corrispondente ad un mezzo del valore del complesso, quantificato in Euro 3.995.143,00. Le parti ricorrenti eccepivano l’illegittimità dell’avviso di liquidazione, in quanto la sentenza aveva statuito lo scioglimento della comunione con attribuzione delle relative quote e, quindi, in assenza di conguagli, non si rendeva applicabile il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34. Contestavano, inoltre, il difetto di motivazione dell’atto impugnato, la mancata indicazione della base imponibile e della tariffa applicata. La CTP accoglieva il ricorso dei contribuenti. L’Ufficio impugnava la sentenza innanzi alla CTR della Campania, rilevando come l’avviso di liquidazione fosse un mero atto di riscossione che non richiedeva una particolare motivazione, che l’imposta richiesta era una imposta principale e non suppletiva, e che l’assegnazione dell’immobile ad una sola delle parti comuniste era da ritenersi quale trasferimento della quota dello stesso. La CTR accoglieva l’appello, ritenendo che con la sentenza emessa dal Tribunale di Salerno si era verificato un vero e proprio trasferimento di proprietà per mezzo dei beni in comunione, sicché si trattava di una sentenza di accertamento della quota di diritto di ciascun comunista sulla massa comune e di un contestuale atto traslativo del diritto di proprietà. I contribuenti propongono ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo quattro motivi. Si sono costituiti con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con motivazione semplificata.
2. Con il primo motivo, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nonché del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 5, comma 2 bis e art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto i giudici di appello avrebbero erroneamente ritenuto adeguatamente motivato l’atto impositivo, mentre risulterebbe di palese evidenza la carenza di motivazione dell’avviso, il quale conterrebbe soltanto gli estremi della sentenza, non essendo consentito al contribuente conoscere le ragioni giuridiche poste a fondamento della tassazione, esplicitate solo con le controdeduzioni depositate nel giudizio di primo grado, attraverso il richiamo al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34.
3. Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 42, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, atteso che la CTR non avrebbe affatto colto il reale significato della norma riportata in rubrica, ritenendo che l’avviso di liquidazione avesse natura di imposta principale e non suppletiva, giustificando tale convincimento con la considerazione secondo cui l’Agenzia “non ha integrato un precedentemente avviso di liquidazione ma prima di notificare l’atto qui impugnato ha provveduto ad annullare quello precedente emesso”.
4. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 e art. 34, commi 1 e 2 ed art. 3 della Tariffa, anche in relazione all’art. 720 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”. Le parti ricorrenti, a sostegno della censura, deducono che il presupposto impositivo dell’atto sarebbe costituito dalla sentenza n. 418 del 2008 emessa dal Tribunale di Salerno e pronunciata a definizione del giudizio di scioglimento della comunione esistente tra i germani D.L.G. e D.L.N. in relazione ad un fondo di cui i medesimi erano comproprietari, in ragione di 1/2 per ciascuno, e sul quale era stato edificato, su iniziativa degli stessi due germini D.L., una struttura alberghiera denominata “Hotel (omissis)”. Con tale pronuncia, il Tribunale aveva dichiarato lo scioglimento della comunione tra D.L.N. e gli eredi di D.L.G., nel frattempo scomparso e, dopo aver accertato che il fabbricato non era di comoda divisibilità, ai sensi dell’art. 720 c.c., aveva attribuito agli eredi dell’attore, che ne avevano fatta espressa richiesta, l’intero complesso immobiliare e mobiliare, con l’obbligo di corrispondere alla parte condividente non assegnataria, e cioè a D.L.N., una somma pari ad 1/2 del valore del complesso, quantificato in Euro 3.995.143,00, in ragione della quota dei diritti proprietari sul compendio immobiliare di cui il medesimo era titolare. In sede di registrazione della sentenza, l’Ufficio tassava il provvedimento applicando, per la somma riconosciuta al condividente non assegnatario, l’aliquota propria degli atti traslativi in luogo di quella dell’1% prevista per i negozi di accertamento. L’errore veniva contestato dai ricorrenti ed emendato dalla CTP di Salerno, la quale, accogliendo la ricostruzione normativa prospettata dai contribuenti, affermava che la somma riconosciuta a D.L.N. ed al coniuge era esattamente pari al valore della quota del compendio immobiliare da essi posseduta. Conseguentemente, non essendovi stata alcuna eccedenza, siffatto pagamento non poteva essere considerato alla stregua di una compravendita, restando la fattispecie, quindi, al di fuori del campo di applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 34. I ricorrenti deducono che la CTR avrebbe erroneamente ribaltato la sentenza impugnata in quanto il Tribunale di Salerno, nel dichiarare lo scioglimento della comunione, non aveva fatto altro che attribuire ai fratelli D.L. il valore delle rispettive quote di diritto, pari ad Euro 1.997,571,50, senza operare alcun conguaglio ed attribuzione di beni in eccedenza la quota di diritto a ciascuno di essi spettante. Ne consegue che non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame il riferimento, avallato dalla sentenza impugnata, al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34.
5. Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20, 21 e 57 e art. 8 Tariffa parte prima ad esso allegata, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che la Bristol Minori S.r.l. sarebbe del tutto estranea al rapporto definito con la sentenza sottoposta a tassazione, nonché alla vicenda divisionale, non essendo ravvisabile un vincolo di solidarietà.
6. Per ragioni di priorità logica, va esaminato il terzo motivo di ricorso.
6.1. La censura è fondata. In tema di imposta di registro, la divisione è un atto avente natura dichiarativa, sottoposto all’aliquota dell’1% (art. 3 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR).
Nel campo del diritto tributario è stata, infatti, pacificamente accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, purché le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondano alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano. Pertanto, assume importanza essenziale, per l’individuazione dell’imposta da applicare, il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto; nel caso in cui quest’ultima superi la pars iuris, la divisione, per l’eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento.
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 1, secondo periodo, stabilisce i criteri per determinare la massa comune, distinguendo tra comunione derivante da successione mortis causa e comunione derivante da titolo diverso dalla successione per causa di morte.
L’art. 34, comma 1, del D.P.R. cit., stabilisce che “la divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente”. Questa Corte ha chiarito che: “In tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (nella specie, per divisione giudiziale), mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione e non l’aliquota degli atti traslativi, atteso che quest’ultima è applicabile, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, soltanto nel caso in cui ad un condividente siano stati attribuiti beni per un valore eccedente quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccedenza, mentre non rileva che la somma corrisposta a titolo di conguaglio provveda o meno dalla massa ereditaria, in quanto la norma citata non si riferisce alla provenienza dei beni, ma unicamente al loro valore (Cass. n. 20119 del 2012; Conf. Cass. n. 17866 del 2010; Cass. n. 17512 del 2017). “Le assegnazioni che hanno luogo nella divisione di beni mobili o immobili non sono considerate traslative di proprietà dei beni assegnati se il condividente riceve una quota corrispondente ai suoi diritti; se, invece, vi è conguaglio, o la quota assegnata è superiore a quella spettante, la divisione, in relazione al conguaglio o al maggiore assegno, è considerata a carattere traslativo e come tale soggetta al tributo proporzionale. Ne deriva che l’Ufficio del Registro, al fine di procedere all’accertamento del tributo, debba sottoporre a giudizio di valore l’intero compendio oggetto della divisione per effettuare il raffronto proporzionale della quota assegnata rispetto al tutto, in relazione alla quota di comproprietà spettante” (Cass. n. 17866 del 2010).
Nella specie, la sentenza del Tribunale di Salerno, provvedendo in ordine allo scioglimento della comunione, ha attribuito ai fratelli D.L. il valore delle rispettive quote di diritto, senza effettuare conguagli, né determinando attribuzioni di beni in eccedenza la quota di diritto a ciascuno di essi spettante. La CTR, pertanto, non ha fatto buon governo dei principi espressi, avendo ritenuto nella specie la sussistenza di una sentenza di accertamento della quota di diritto di ciascun comunista sulla massa comunale ed un contestuale atto traslativo del diritto di proprietà.
7. All’accoglimento del terzo motivo di ricorso, segue l’assorbimento degli altri, la sentenza impugnata va cassata e, ricorrendone le condizioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto il ricorso introduttivo proposto dai contribuenti. Tenuto conto dell’andamento del giudizio nei precedenti gradi di merito, le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti, mentre la parte soccombente è tenuta al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dai contribuenti. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.
Motivazione semplificata.
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