CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 10197 depositata il 16 aprile 2024

Lavoro – Licenziamento collettivo – Omessa indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo, dei profili professionali del personale in esubero e abitualmente impiegato – Rigetto

Rilevato che

1. la Corte d’Appello dell’Aquila ha respinto il reclamo proposto dalla società H. avverso la sentenza del Tribunale di Teramo che, confermando l’ordinanza resa in esito alla fase sommaria, aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato ai lavoratori in epigrafe il 19.10.2017, in esito a procedura di licenziamento collettivo di 55 dipendenti complessivamente, sotto il profilo della violazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 223/1991, e condannato la società a corrispondere loro un’indennità risarcitoria ragguagliata all’anzianità di servizio (tra 13 e 18 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori);

2. la Corte distrettuale, in sintesi, dato atto che in primo grado era stata esclusa la denunziata violazione dei criteri di scelta, ha confermato la rilevata violazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 223/1991 in ragione dell’omessa indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo, dei profili professionali del personale in esubero e abitualmente impiegato; ha escluso che, come opinato dall’azienda, i profili professionali potessero ritenersi coincidenti con il livello di inquadramento contrattuale, per ragioni letterali e sostanziali (queste ultime collegate al fatto che a ciascun livello di inquadramento corrispondono, nel CCNL applicato ai rapporti, più profili professionali); ha confermato l’approdo raggiunto dalla sentenza di primo grado, secondo cui il difetto informativo della comunicazione iniziale, carente dell’indicazione dei profili professionali dei lavoratori interessati dalla riduzione di personale, non aveva consentito alle organizzazioni sindacali di individuare le posizioni effettivamente in esubero e di distinguerle in considerazione dei diversi profili professionali, così impedendo di verificare il nesso tra le ragioni determinanti l’esubero di personale e le unità che in concreto l’azienda intendeva espellere, in modo da evidenziarsi la connessione tra le enunciate esigenze aziendali e l’individuazione del personale da licenziare, permettendo all’interlocutore sindacale l’esercizio consapevole di un effettivo controllo sulla procedura instaurata;

3. per la cassazione della predetta sentenza la società propone ricorso per cassazione con tre motivi; resistono i lavoratori con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memorie; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;

Considerato che

1. con il primo motivo di ricorso per cassazione, la società deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. e 2095 c.c. in relazione all’art. 62 del CCNL 18 marzo 2014 per gli addetti all’industria delle piastrelle di ceramica, dei materiali refrattari, della ceramica sanitaria: sostiene errata interpretazione dell’art. 62 del CCNL da parte della Corte distrettuale, escludendo che i livelli di inquadramento ivi previsti non contenessero le stesse indicazioni contenute nei profili professionali di cui al terzo comma dell’art. 4 della legge n. 223 del 1991, e mancata applicazione del criterio ermeneutico di ricerca della comune intenzione delle parti;

2. con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 223/1991: sostiene che erroneamente è stato ritenuto, nella sentenza gravata, che la comunicazione del 4 agosto 2017, con la quale la società aveva dato avvio alla procedura di mobilità, non comprendesse l’indicazione dei profili professionali, avendo i livelli di inquadramento la stessa funzione;

3. con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 223/1991 in relazione agli artt. 2697, 2728, 2729 c.c.: sostiene che erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che la comunicazione, essendosi limitata a far riferimento ai livelli di inquadramento, non fosse idonea a consentire l’effettivo controllo dei sindacati sulla programmata riduzione di personale;

4.i motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, non sono meritevoli di accoglimento;

5. essi, da un lato, non risultano compiutamente calibrati rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, fondata non tanto sull’interpretazione ed evoluzione dei sistemi di classificazione del personale dello specifico CCNL, ma sulla completezza della comunicazione di avvio della procedura collettiva ai fini della trasparenza e verificabilità in concreto dei criteri di scelta; d’altro lato, finiscono con il richiedere una rivalutazione del giudizio di idoneità della comunicazione a tali fini, chiaramente esterna al perimetro del giudizio di legittimità, tanto più in una situazione di cd. doppia conforme;

6.la Corte di merito ha richiamato lo specifico precedente di questa Corte, che il Collegio intende confermare, secondo cui, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comunicazione di avvio della procedura di mobilità, ai sensi dell’art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, deve specificare i “profili professionali del personale eccedente” e non può limitarsi all’indicazione generica delle categorie di personale in esubero (operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti), non essendo tale generica indicazione sufficiente a concretizzare il piano di ristrutturazione aziendale, mentre la successiva conclusione di un accordo sindacale, nell’ambito della procedura di consultazione non sana il menzionato difetto della comunicazione iniziale se anche l’accordo non contiene la specificazione dei profili professionali dei lavoratori destinatari del licenziamento (Cass. n. 10424/2012);

7. detto principio è stato ribadito (seppure con differente ambito di efficacia) da Cass. n. 880/2013, nel senso che la comunicazione preventiva con cui il datore di lavoro dà inizio alla procedura di licenziamento deve compiutamente adempiere l’obbligo di fornire le informazioni specificate dall’art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, in maniera tale da consentire all’interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero;

8. pertanto, chiarito che la norma violata presidia l’interesse delle OO.SS. e dei lavoratori alla completezza e adeguatezza delle informazioni, al fine di consentire il controllo tempestivo e in tutte le sue fasi sulla correttezza procedimentale dell’operazione posta in essere dal datore di lavoro, la sentenza gravata ha spiegato con congrua motivazione l’insufficienza a tali fini, nel caso concreto, dell’indicazione del solo livello di inquadramento dei lavoratori individuati come in esubero nel medesimo reparto ai fini di un compiuto controllo sull’operazione, integrante un deficit di trasparenza e verificabilità;

9. per le suesposte ragioni, il ricorso deve essere respinto;

10.in ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in favore di parte controricorrente; al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 15.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge; Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.