CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, sentenza n. 4358 depositata il 19 febbraio 2024
Lavoro – Trasformazione del rapporto da part-time a tempo pieno – Orario di lavoro effettivo del personale viaggiante – Incentivo alla produttività per la vendita a bordo dei titoli di viaggio – Rigetto
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Napoli con la sentenza in atti ha rigettato l’appello proposto da P.F. avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la domanda con cui il ricorrente, lavoratore con mansioni di conducente di linea, aveva chiesto di ottenere la trasformazione del rapporto da part-time a tempo pieno ed il pagamento di differenze retributive pari ad € 196.586,87, per avere osservato un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente stabilito.
2.- La Corte d’appello ha affermato che, sulla base delle prove testimoniali assunte in giudizio, risultava che gli autisti una volta parcheggiato l’autobus potessero allontanarsi e che andasse affermata l’insussistenza di un obbligo di custodia nel mezzo nei tempi di sosta tra l’arrivo a Salerno e la ripartenza per Benevento; rilevava inoltre la mancanza di un obbligo di reperibilità prescritto dall’azienda e che l’attività accessoria svolta raggiungesse i 40 minuti e che, conseguentemente, l’orario complessivo settimanale svolto, inclusi i tempi accessori non superasse le 24 ore settimanali contrattualmente pattuiti e non comportava pertanto né l’invocata trasformazione in rapporto a tempo pieno per fatti concludenti né le rivendicate differenze salariali. La Corte sosteneva altresì che il lavoratore avesse rifiutato il cambio del turno per essere adibito ad un turno diverso.
3.- Per quanto riguardava il diniego della domanda di indennizzo per violazione dell’art. 20 dell’Accordo nazionale del 28/11/2015 la Corte ribadiva la non vigenza di tale norma all’atto della stipula del contratto part-time, laddove invece la disciplina della fattispecie si doveva rinvenire nell’articolo 2 lett. B dell’Accordo nazionale del 04/12/2004 la cui violazione tuttavia non era sanzionata con la conversione del rapporto a tempo pieno.
4.- In relazione alla richiesta di incentivo alla produttività per la vendita a bordo dei titoli di viaggio per gli operatori di esercizio, sulla base del trattamento economico aziendale, previsto dall’art. 36 del CCNL, la Corte sosteneva che non fosse stato indicato tuttavia dallo stesso ricorrente alcun accordo aziendale su cui si fondava la richiesta, né quanti fossero i titoli emessi e se fosse prevista una maggiorazione sul prezzo di vendita dei titoli a bordo, di tal che la pretesa risultava generica in ordine ai presupposti su cui era fondata.
5.- Avverso la domanda ha proposto ricorso per cassazione P.F. con cinque motivi ai quali ha resistito E. Srl con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’articolo 6 comma 1 lett. f) legge 138/1958 e disapplicazione dell’articolo 6 comma 1 lett. c) legge n.138/1958 e dell’articolo 3 d.lgs. n. 234/2007, nonché violazione articolo 20 CCNL autoferrotranvieri in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. per avere la Corte d’appello erroneamente confermato quanto sostenuto dal primo giudice includendo nel calcolo della prestazione lavorativa svolta i soli tempi effettivi di guida e i tempi accessori, non potendo considerarsi ore lavorate quelle trascorse in sosta presso il parcheggio di Salerno perché in quel frangente il lavoratore restava inoperoso, con ciò violando la normativa di riferimento. Al contrario, secondo il ricorrente, andava applicato l’articolo 6 lett. c) della legge 138/1958 che stabilisce: si computa come lavoro effettivo per il personale viaggiante il tempo impiegato per la guida e il periodo durante il quale il lavoratore è comandato a disposizione dell’azienda. La sentenza gravata in modo apodittico invece aveva erroneamente applicato al caso di specie la disciplina prevista dalla lett. f) della medesima legge n. 138/1958.
2.- Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’articolo 132 c.p.c. ex articolo 360 n. 4 c.p.c. per avere la Corte d’appello disconosciuto l’indennizzo per la violazione dell’articolo 20 del CCNL autoferrotranvieri da valutarsi ai sensi dell’art. 8 decreto legislativo n. 61/2000 che consente al giudice di liquidare il danno in via equitativa, anche per sopperire alle difficoltà del lavoratore di precostituirsi una prova negativa a dimostrazione delle difficoltà di reperire altre attività garantendo le quattro ore da contratto.
2.1. I primi due motivi da esaminarsi unitariamente per la connessione che li avvince, non sono fondati.
Il ricorrente sostiene l’applicazione alla fattispecie che lo riguarda della lett. c) dell’art. 6 della legge 138/1958 il quale prevede che si computi nell’orario di lavoro effettivo del personale viaggiante il tempo impiegato per la guida ed il periodo durante il quale il lavoratore è comandato a disposizione dell’azienda.
Non spiega però come si concili questa tesi con le risultanze dell’istruttoria svolta secondo cui il ricorrente dopo il parcheggio del mezzo di trasporto era del tutto privo di vincoli, essendo libero di autodeterminarsi senza essere assoggettato ad alcun comando, né ad obbligo di reperibilità mai neppure dedotto, né ad altro potere organizzativo datoriale.
Proprio sulla scorta di tale accertamento di fatto la conclusione presa dai giudici di merito appare invece del tutto in linea con il diritto, dovendosi fare riferimento nel caso di specie alla previsione della lett. f) citata, la quale prevede per il personale viaggiante un’aliquota non inferiore al 12 per cento nel periodo di tempo che il lavoratore trascorre inoperoso fuori residenza, e senza altro obbligo per esso che quello della reperibilità, ed escluso il periodo di riposo giornaliero di cui all’art. 7.
2.3. Non si può invece riferire alla fattispecie la soluzione di cui all’invocata sentenza di questa Corte n. 19537/2005 che riguardava un lavoratore che rimaneva a bordo dell’autobus dovendo alternarsi alla guida con un altro autista e dedicarsi di seguito ai servizi accessori.
2.4. Inoltre neppure può essere applicata nel caso in esame l’invocata disciplina dell’art.3 del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 234 (di attuazione della direttiva 2002/15/CE concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporti,) la quale prevede appunto che “ Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per a) orario di lavoro:
ogni periodo compreso fra l’inizio e la fine del lavoro durante il quale il lavoratore mobile è sul posto di lavoro, a disposizione del datore di lavoro ed esercita le sue funzioni o attività.”
2.5.- Nemmeno può venire in applicazione la disciplina invocata dell’art.20 del CCNL dell’articolo 20 dell’Accordo azionale del 28/11/2015 in quanto non risulta impugnata l’autonoma ratio decidendi con cui la Corte ha ribadito la non vigenza di tale norma all’atto della stipula del contratto part-time, la cui disciplina si doveva rinvenire invece nell’articolo 2 lett. B dell’Accordo nazionale del 04/12/2004 la violazione del quale tuttavia non era sanzionata con la conversione del rapporto a tempo pieno.
2.6.- Inoltre il ricorso invoca infondatamente l’art. 8 d.lgs. n. 61/2000, pur se la sentenza impugnata ha affermato che nulla ha dedotto e nulla ha eccepito, in sede di impugnazione, il ricorrente appellante quanto alle condizioni di applicabilità di tale disposizione, con passaggio motivazionale anch’esso non impugnato e non suscettibile, pertanto, di un autonomo riesame in questa sede di legittimità.
3.- Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’articolo 36 del CCNL autoferrotranvieri del 4/12/2004 e del CCNL autoferrotranvieri del 28/11/2015 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. avendo la Corte d’appello errato ad affermare che per quanto attiene all’incentivo alla produttività di cui all’art.36 del CCNL, il ricorrente non avesse indicato l’accordo aziendale su cui si fondava la richiesta, né quanti fossero i titoli emessi, né se fosse prevista una maggiorazione sul prezzo di vendita dei titoli a bordo di talché la pretesa risultava essere generica in ordine ai presupposti su cui si fonda; posto che l’art. 36 del CCNL prevede che in assenza dell’accordo aziendale per le utilizzazioni è fissato nel 50% della maggiorazione.
4.- Col quarto motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., error in procedendo ed error in iudicando per aver affermato che il P. non avrebbe fornito la prova di quanti biglietti fossero stati emessi e se fosse prevista una maggiorazione sul prezzo di vendita dei titoli; avendo invece il ricorrente prodotto i conteggi che venivano notificati alla datrice di lavoro insieme al ricorso introduttivo senza essere contestati.
4.1. Il terzo ed il quarto motivo da esaminare unitariamente per connessione sono infondati.
La Corte ha affermato che l’incentivo alla produttività per la vendita a bordo dei titoli di viaggio per gli operatori di esercizio sulla base del trattamento economico aziendale, non fosse dovuto perché non era stato indicato dallo stesso ricorrente alcun accordo aziendale su cui si fondava la richiesta, né quanti fossero i titoli emessi e se fosse prevista una maggiorazione sul prezzo di vendita dei titoli a bordo, di talché la pretesa risultava essere generica in ordine ai presupposti su cui era fondata.
4.2. La materia è regolata dalla fonte collettiva per cui risulta assorbente la mancata produzione della contrattazione aziendale su cui si fonda la domanda ed a nulla servirebbe neppure sapere se fosse stata acquisita o meno la prova dei biglietti venduti. Mentre nulla è dato sapere sull’art.36 del CCNL posto a base della domanda.
4.3. Inoltre la pretesa applicazione dell’art.115 c.p.c. non risulta nemmeno autosufficiente non essendo stato prodotto né il conteggio, né gli atti da cui si desume la pretesa non contestazione e pacificità del fatto; dovendo pure rammentarsi in applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5 – , Ordinanza n. 31619 del 06/12/2018) che la parte che deduca una non contestazione in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto, al fine di consentire al giudice di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare.
5.- Con il quinto motivo si prospetta la nullità della sentenza per omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 e dell’art. 132 c.p.c. ex art. 360 n. 4 c.p.c. per avere omesso di pronunciarsi sulla domanda con cui veniva chiesto che, fino a quando non era intervenuto l’innalzamento delle ore lavorate da 20 a 24, la violazione del contratto di lavoro era stata sistematica da parte della datrice secondo il conteggio effettuato dall’impugnata sentenza che determinava, si ripete erroneamente, in 23 ore settimanali l’orario di lavoro effettuato in concreto dal ricorrente; il mancato riconoscimento del diritto alle differenze retributive scaturenti dalle ore in più a partire dal 29/4/2011 fino al 31/5/2012 allorquando è stato innalzato l’orario a 24 ore, rendeva nulla l’impugnata sentenza nulla.
5.1. Il motivo è anzitutto inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo stata documentata la domanda svolta sul punto in primo grado con la trascrizione del ricorso. In ogni caso risulta pure che, secondo la Corte d’appello, l’orario complessivamente svolto, inclusi i tempi accessori, non superasse le ventiquattro ore settimanali contrattualmente pattuiti e non comportasse pertanto né l’invocata trasformazione in rapporto a tempo pieno per fatti concludenti, né le rivendicate differenze salariali; avendo quindi la Corte accertato che il ricorrente fosse stato interamente saldato delle proprie spettanze a concorrenza dell’orario contrattuale di 24 ore lavorate, secondo un valutazione dei fatti che non è suscettibile di essere di per sé rivista in questa sede di legittimità.
6.- Pertanto, alla stregua delle premesse il ricorso de quo va respinto.
Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della controricorrente; segue il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi 4500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13 (ndr comma 1 -bis dello stesso articolo 13), se dovuto.
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