CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 5821 depositata il 5 marzo 2024

Lavoro – Differenze retributive – Trattamento di fine rapporto – Lavoro straordinario – Istanza di rimessione in termini – Tardivo deposito del ricorso per cassazione – Improcedibilità

Rilevato che

1. Con la sentenza n. 111/2022, pubblicata il 2.5.2022, non notificata, la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Verona, ha dichiarato dovuta in favore di G.B., dipendente della C.S. srl, la minore somma di euro 4.735,69, oltre accessori, a titolo di differenze retributive calcolate sul normale orario di lavoro con i riflessi che la retribuzione dovuta aveva determinato in ordine al trattamento di fine rapporto, rigettando, invece, il riconoscimento degli importi per lavoro straordinario per mancata prova sullo stesso.

2. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, con atto notificato il 2.11.2022, G.B., affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso la C.S. srl I.S..

3. Con istanza del 12.12.2022, data in cui il ricorso per cassazione veniva depositato ed iscritto a ruolo presso questa Corte, il ricorrente ha avanzato richiesta di rimessione in termini, ex art. 153 co. 2 cpc, per la tardiva iscrizione a ruolo del ricorso stesso, riconoscendo valido ed efficace il deposito già effettuato (il 17.11.2022, con esito, però, risultato telematicamente negativo) ovvero autorizzando il nuovo deposito con efficacia retroattiva alla data del precedente (17.11.2022). La suddetta istanza, con decreto del 4.7.2023, veniva rimessa dal Presidente titolare della Sezione Lavoro al Collegio convocato per la decisione.

4. Il ricorrente ha depositato memoria.

5. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza e/o del procedimento, per violazione degli artt. 115 e 416 cpc e dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per non avere la Corte territoriale correttamente applicato il principio di non contestazione circa la consistenza del normale orario di lavoro.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte di appello errato nell’attribuire al lavoratore l’onere di provare lo svolgimento del lavoro straordinario atteso che, illegittimamente, aveva ritenuto l’avvenuta contestazione, da parte della società, del normale orario di lavoro.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, costituito dagli atti e documenti dai quali emergeva lo svolgimento, in via continuativa ed occasionale, del lavoro straordinario.

5. Con il quarto motivo si obietta la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 e 132 n. 4 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc (censura svolta in via condizionata al mancato accoglimento del terzo motivo), per l’errata valutazione delle prove orali e documentali da parte della Corte territoriale.

6. Con il quinto motivo il ricorrente si duole della nullità della sentenza per violazione dell’art. 2909 cc e degli artt. 324 e 329 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per non avere la Corte di appello tenuto adeguatamente conto del giudicato formatosi sulle statuizioni contenute nella sentenza non definitiva n. 436/2015 sulla circostanza della contestazione dei conteggi allegati da esso B. al ricorso ex art. 414 cpc limitatamente “al CCNL utilizzato quale parametro per la determinazione della retribuzione dovuta”.

7. Con il sesto motivo si sostiene la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc (censura condizionata al mancato accoglimento del quinto motivo), per non avere la Corte territoriale adeguato la propria decisione al giudicato interno formatosi sulla contestazione riguardante il conteggio delle differenze retributive.

8. Preliminarmente devono essere esaminate le richieste di parte ricorrente (riconoscimento di validità ed efficacia del deposito del ricorso per cassazione già effettuato il 17.11.2022 ovvero autorizzazione del nuovo deposito del 12.12.2022 con efficacia retroattiva alla data del precedente -17.11.2022) relative alla istanza, ex art. 153 co. 2 e 294 co. 2 cpc, del 12.12.2022.

9. Il ricorrente, in sintesi, deduce che: a) ha proceduto alla notifica del ricorso per cassazione il 2.11.2022; b) in data 17.11.2022 ha provveduto alla iscrizione a ruolo telematico, con tre buste create dal sistema, inviate rispettivamente alle ore 15:27, 15:30 e 15:33; c) dopo avere ricevuto tre pec di avvenuta consegna egli, in esito ai tre invii, si vedeva recapitare n. 3 pec di esito di controlli automatici recanti CODICE 2 (documento non valido); d) non avendo ricevuto le pec di accettazione il 18.11.2022 il ricorrente tentava di contattare la Cancelleria telefonicamente, con esito negativo, e inviava una mail all’indirizzo “cancelleria.civile.cassazione giustizia.it” segnalando l’anomalia riscontrata dopo il deposito e chiedendo di essere contattato con urgenza per l’eventuale rideposito dell’atto; e) non perveniva alcuna risposta e, in data 12.12.2022, riceveva una pec dalla Cancelleria recante la dizione CODICE 1, con la specificazione che gli atti erano stati rifiutati, di talché egli provvedeva a nuovo deposito; f) l’errore in cui sarebbe incorso, a quanto era dato comprendere secondo il ricorrente, era rappresentato dalla errata indicazione dell’ufficio di destinazione, individuato “Lavoro” invece che “Cancelleria civile”.

10. Il ricorrente sostiene che il primo invio delle tre buste era regolarmente pervenuto all’indirizzo; che il messaggio di errore derivava da un problema del gestore dei servizi telematici; che la prima ricevuta, generata prima della scadenza, era idonea a provare l’avvenuta consegna dell’atto nei termini; che la ripartizione delle materie tra diverse sezioni del medesimo ufficio era questione di mera organizzazione interna dell’Ufficio stesso per cui la decadenza, in cui era incorso, non era a lui imputabile.

11. Tanto premesso, ritiene questo Collegio che l’istanza di rimessione in termini non sia fondata ed il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

12. Questa Corte (Cass. 11092/2019) ha chiarito che «il tardivo deposito dell’originale del ricorso per cassazione (dopo la scadenza del ventesimo giorno dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto) comporta l’improcedibilità dello stesso, che è rilevabile d’ufficio e non è esclusa dalla circostanza che il controricorrente non abbia formulato apposita eccezione; il ricorrente, tuttavia, ove il mancato tempestivo deposito del ricorso sia dovuto a causa ad esso non imputabile, può evitare la declaratoria di improcedibilità chiedendo, non appena l’impedimento sia cessato, la rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153, comma 2, c.p.c., e provvedendo a depositare contestualmente l’atto non potuto depositare nei termini».

13. Invero, l’omesso o tardivo deposito del ricorso per cassazione dopo la scadenza del ventesimo giorno dalla notifica del gravame comporta l’improcedibilità dello stesso, rilevabile anche d’ufficio e non esclusa dalla costituzione del resistente, posto che il principio – sancito dall’art. 156 c.p.c. – di non rilevabilità della nullità di un atto per mancato raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigano apposite e separate norme (Cass. 25453/2017).

14. Il procuratore del B. ha formulato, quindi, correttamente sotto il profilo processuale istanza di rimessione in termini ma non si evince dalla stessa che vi sia stato un errore scusabile, effettivamente non imputabile, avendo l’istante ammesso di avere indicato un indirizzo errato (“Lavoro” e non “Cassazione civile”) ma soprattutto perché, dopo la prima comunicazione del 18.11.2022, ove all’esito dei controlli automatici recante CODICE 2 e riportante la descrizione dell’esito “Documento XML non valido: Dichiarazione dell' elemento 'ns2: Ricorso' non trovata, sono necessarie verifiche tecniche da parte dell' ufficio ricevente” egli si è limitato a chiedere chiarimenti via e-mail alla cancelleria civile quando, invece, avrebbe ben potuto procedere al rideposito degli atti essendo ancora in termini (20 giorni dalla notifica) e, comunque, non facendo decorrere un ulteriore tempo superiore a quello di venti giorni previsto per legge per il deposito.

15. Giova ribadire che, in tema di deposito telematico del ricorso in cassazione, il definitivo consolidarsi dell’effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all’esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC) (Cass. Sez. Un. n. 28403/2023), per cui già in data 18.11.2022 il Difensore si sarebbe dovuto attivare per un nuovo deposito degli atti.

16. Non sussistendo, pertanto, i presupposti per una rimessione in termini (nella rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., la causa non imputabile presuppone l’esistenza di un evento che presenti il carattere dell’assolutezza e non della mera difficoltà e non è, pertanto, integrata ove l’impedimento, portato a conoscenza, possa essere risolto attraverso la reiterazione, nei termini, dell’attività) deve rilevarsi che, nella fattispecie in esame, non è stato rispettato il termine di legge, di venti giorni dalla notifica del ricorso, per il deposito del ricorso per cassazione: a fronte di una sua notifica effettuata il 2/11/22, infatti, il ricorso è stato ritualmente depositato con iscrizione a ruolo solo il 12.12.2022.

17. Ogni altra questione resta superata.

18. Alla declaratoria di improcedibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

19. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.