CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6268 depositata l’ 8 marzo 2024
Lavoro – Contratti per prestazioni di lavoro in somministrazione a termine – Liquidazione delle spese di giudizio – Accoglimento
Rilevato che
1. La Corte d’Appello di Milano in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda con la quale A.L. aveva chiesto l’accertamento della nullità dei contratti per prestazioni di lavoro in somministrazione a termine stipulati con la O.L. s.p.a. (1.3.2005-31.3.2005, 1.4.2005-30.6.2005, e 2.7.2005-30.9.2005), in forza dei quali aveva prestato la sua attività lavorativa con mansioni di portalettere in favore di P.I. s.p.a. presso l’ufficio di Besozzo, per le seguenti causali: “Ragioni di carattere organizzativo e produttivo derivanti dagli Accordi del 29/7/04 e del 22/3/05 stipulati fra le P.I. e le OO.SS. a livello nazionale, il primo in materia di Recapito e il secondo in materia di Riequilibrio e sviluppo occupazionale che individuano modalità e criteri finalizzati all’adeguamento del mix occupazionale e professionale, supportando le esigenze di business e di cambiamento in atto. In ragione di quanto sopra e con specifico riferimento alle esigenze di copertura del servizio di recapito, la fornitura di cui al presente contratto, è finalizzata sia alla copertura delle assenze non programmabili che in relazione ad assenze di carattere strutturale per l’ottimale copertura del servizio”.
Rilevato che gli Accordi richiamati non contemplavano l’esigenza di copertura di assenze strutturali, mediante l’assunzione di personale flessibile, e che la scopertura di un posto in quanto privo di titolare costituiva un’ipotesi di assenza strutturale, in applicazione dell’art. 27 d.lgs. n. 273/2006, la Corte territoriale ha accertato la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 1/3/2005 e ha condannato la società a riammettere in servizio il lavoratore, nonché a corrispondergli la retribuzione globale di fatto dal dì della messa in mora sino al ripristino del rapporto, oltre alla rifusione delle spese di lite del doppio grado, quantificate in euro 3.000,00 oltre spese generali ed accessori di legge.
2. La Suprema Corte di cassazione, adita su ricorso della società, con l’ordinanza n. 1632/2019 ha cassato la suddetta pronuncia unicamente per la parte riguardante il risarcimento del danno disponendo che si dovesse tenere conto dello ius superveniens rappresentato dall’art. 32 legge n. 183 del 2010 e rinviando la causa per un nuovo esame alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, delegata a provvedere anche in ordine alle spese di giudizio.
3. La Corte di appello di Milano, quale giudice di rinvio, con la sentenza oggi gravata, ha condannato P.I. spa a corrispondere a L.A. l’indennità risarcitoria ex art. 32 legge n. 183/2010 pari a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (euro 1.242,13), oltre accessori e ha condannato la società al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio liquidate in euro 4.000,00 oltre spese generali ed accessori di legge, con distrazione ai Difensori antistatari.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.L. affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso P.I. spa.
5. Le parti hanno depositato memorie.
6. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Considerato che
7. I motivi dedotti dal ricorrente possono essere così sintetizzati.
8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 112, 115, 118 disp att., 132, 336, 384, 385 cpc, nonché il vizio di omessa pronuncia in relazione alla domanda di liquidazione delle spese di lite relative ai giudizi di primo e secondo grado, nonché il vizio di motivazione assente sulle ragioni di tale mancata liquidazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3, n. 4 e n. 5 cpc; egli sostiene che, nonostante la sua espressa richiesta contenuta negli atti processuali, la Corte territoriale, senza spiegare le ragioni, non aveva liquidato le spese del primo e del secondo grado di giudizio.
9. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 91, 132 e 118 disp. att. cpc e degli artt. 2, 4, 5 e 11 delle tabelle del DM. N. 55/2014 come modificato dal DM n. 37/18, nonché il vizio di motivazione assente in relazione ai criteri ed ai parametri utilizzati per la liquidazione delle spese di lite con conseguente nullità della statuizione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5; si deduce che erroneamente il Giudice di rinvio aveva proceduto alla liquidazione globale dei giudizi di legittimità e di rinvio, nella misura globale di euro 4.000,00, senza tuttavia suddividere tale importo tra i due giudizi e tra le varie fasi processuali e senza alcuna specificazione dei parametri e dei criteri utilizzati per la liquidazione.
10. I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro interferenza, sono fondati.
11. Il dato da cui partire è rappresentato dalla ordinanza rescindente di questa Corte n. 1632/2019 che, nell’accogliere il secondo motivo del ricorso principale (riguardante la applicazione dello ius superveniens costituito dall’art. 32 della legge n. 183/2010) e cassando la gravata sentenza su detto punto, ha ritenuto, altresì, assorbito il ricorso incidentale attinente alla liquidazione delle spese inerenti il giudizio di merito e ha demandato al giudice di rinvio la determinazione delle spese di giudizio.
12. Atteso che la declaratoria di assorbimento di una questione non dà luogo ad una decisione sul merito e, pertanto, non può formarsi alcun giudicato sulla questione assorbita, la Corte territoriale avrebbe dovuto, con la nuova pronuncia, statuire sulle spese di tutti i gradi e non solo su quelle del giudizio di legittimità e di rinvio, a differenza, invece, di quanto ha ritenuto senza peraltro fornire alcuna specifica motivazione.
13. Inoltre, se è vero che il giudice di rinvio, cui la causa è stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, deve attenersi al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio e al loro risultato (Cass. n. 32906/22; Cass. n. 7243/2006), ciò può incidere sulla possibilità di compensare totalmente o parzialmente le spese di giudizio (Cass. n. 9783/2003; Cass. n. 9690/2003), ma non di accorpare, come nel caso in esame, la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio (e di non liquidare quelle di primo e secondo grado), in assenza, poi, di alcuna specificazione in ordine alla quantificazione complessiva di euro 4.000,00 per entrambi i giudizi.
14. La liquidazione, infatti, deve essere eseguita in modo tale da mettere la parte interessata in grado di controllare se il giudice abbia rispettato i limiti tariffari e così di darle la possibilità di denunciare le specifiche violazioni di legge o delle tariffe.
15. Alla stregua di quanto esposto la gravata sentenza deve essere cassata e, essendo necessari accertamenti di fatto sull’attività processuale effettivamente svolta e quindi sulla quantificazione dei relativi compensi, la causa va rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che procederà ad una nuova liquidazione tenendo conto dei citati principi di diritto, e provvederà, altresì, alle determinazioni sulle spese anche del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
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