CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 51572 depositata il 20 dicembre 2019
reati fiscali – sequestro per equivalente – trustee
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Bari sezione del riesame ha rigettato la richiesta ex art. 324 cod.proc.pen. presentata nell’interesse di B.E. e per l’effetto ha confermato il decreto di sequestro preventivo diretto e per equivalente pronunziato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari il 23 aprile 2019, nei confronti di O. s.r.l. e di A.D. legale rappresentante della O., e di P.A. fino alla concorrenza della somma di 353.000 euro, in relazione al delitto di truffa aggravata. Il sequestro è stato eseguito anche su quattro immobili conferiti in quota in trust dalla madre dell’A.D..
2.Avverso il detto provvedimento ricorre B.E. nella veste di trustee del Trust F., con sede legale in Rimini, tramite il suo difensore, deducendo:
2.1 Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 640 quater e 322 ter cod.pen. in relazione agli articoli 2 e 15 della Convenzione dell’Aja e all’articolo 125 codice procedura penale nonché apparente motivazione poiché il tribunale ha affermato in via del tutto assertiva la fittizia intestazione dei beni dell’A.D. al trust F., valorizzando in tal senso quelle che sono caratteristiche tipiche dell’istituto, che nel caso in esame è stato costituito dalla madre dell’A.D., con finalità successorie, allo scopo di tutelare il figlio e i suoi discendenti, garantendo loro un’autonomia economica e finanziaria. A sostegno dell’assunto difensivo il ricorrente sottolinea che nel trust è stato conferito soltanto la quota proporzionale pari a 3/4 del compendio immobiliare di famiglia di proprietà della madre dell’indagato mentre la quota pari a 1/4, originariamente in capo all’A.D. non è stata conferita.
2.2 Violazione degli artt. 640 ter, 322 ter cod. pen. in relazione all’art. 125 cod.proc.pen. poiché nel valutare se i beni conferiti nel trust si trovassero nella effettiva disponibilità dell’indagato, il tribunale ha ritenuto che il controllo debba limitarsi a verificare l’astratta possibilità che il patrimonio si trovi nella disponibilità dell’indagato, secondo un parametro corrispondente alla verifica della gravità indiziaria, intesa come astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito in una determinata ipotesi di reato.
Il tribunale pertanto non ha rispettato i parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità e ha affastellato una serie di argomenti suggestivi, valorizzando circostanze che non presentano carattere anomalo rispetto alla configurazione tipica dell’istituto. In particolare la revocabilità del trustee e l’avvenuto avvicendamento di diversi trustees non altera la validità del trust e le dichiarazioni rilasciate dal ricorrente in occasione del verbale di esecuzione del sequestro non sono sintomatiche, come ha ritenuto il tribunale, della sua sostanziale estraneità al trust e della effettiva ingerenza dell’A.D. sul trust.
2.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla proporzionalità tra il valore del profitto sequestrabile e il valore dei beni sequestrati in quanto il tribunale ha respinto la richiesta di riduzione del sequestro avanzata dalla difesa, sul presupposto della non genuiniutà della consulenza di parte sottoscritta da un perito regolarmente iscritto all’albo, che ha correttamente esplicitato la metodologia assunta, non rilevando la manifesta sproporzione del valore dei beni sequestrati – tra appartamenti e un garage in zona residenziale – che si palesa dai dati catastali.
Ritenuto in fatto
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre premettere che nel caso di provvedimenti di sequestro il ricorso dinanzi alla corte di legittimità è consentito soltanto per violazione di legge e non per vizi della motivazione.
Nel caso in esame il ricorrente deduce il vizio di apparenza della motivazione e di violazione di legge sul rilievo che il tribunale non avrebbe individuato elementi idonei a dimostrare la fittizietà del trust, ma in effetti, come verrà esposto a breve, lamenta vizi della motivazione.
Secondo consolidata giurisprudenza è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni conferiti in un “trust” dall’indagato, ove sussistano elementi presuntivi tali da far ritenere che questo sia stato costituito a fini meramente simulatori. (Fattispecie di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni, conferiti in trust, individuati come profitto di reati tributari, nella quale la Corte ha censurato l’ordinanza del Tribunale che aveva accolto l’istanza di riesame non adeguatamente valutando, sulla base della struttura e dei concreti effetti del negozio giuridico posto in essere, le reali finalità elusive del programma di segregazione). (Sez. 3, n. 9229 del 30/06/2015 – dep. 07/03/2016, P.M. in proc. Carmine, Rv. 26645001)
Spetta al giudice della cautela valutare la concludenza dimostrativa degli elementi addotti dalla pubblica accusa onde verificare se i dati probatori, anche meramente indiziari o frutto della applicazione di massime di esperienza, forniti dalla pubblica accusa portano a deporre nel senso della strumentalità, anche tramite modalità simulatorie, della intestazione del bene al terzo esclusivamente, o quantomeno principalmente, finalizzata allo scopo di sottrarre il compendio patrimoniale all’interesse dello Stato alla confisca del profitto e del prodotto del reato.
2. Il tribunale nel provvedimento impugnato ha evidenziato diversi elementi da cui, a dispetto dell’apparenza formale, emergono indizi nel senso della permanenza dei beni conferiti in trust nella materiale disponibilità dell’indagato, e ne ha tratto la conseguenza che è possibile l’ablazione di essi da parte dello Stato quale effetto della eventuale condanna subita dallo stesso indagato e quindi , in questa fase cautelare l’apposizione del vincolo.
In particolare, dopo avere esaminato specificamente nel dettaglio le regole del trust, costituito dalla madre dell’indagato con finalità successorie, ha sottolineato che beneficiario è l’odierno indagato, unico figlio della settlor; che il trustee può essere revocato in ogni tempo senza alcuna ragione giustificativa e dal momento in cui il trust è stato costituito vi è stata una significativa alternanza di trustee, che risultano nominati dal beneficiario; che dal tenore degli atti del trust si evince una concreta interferenza dell’indagato rispetto al patrimonio conferito in trust e l’assenza di autonomia da parte del trustee e di effettiva conoscenza della consistenza dei beni conferiti, come comprovato dall’atteggiamento assunto dallo stesso ricorrente in occasione del verbale di esecuzione del sequestro; che la commercialista del trust, Piovaccari, ha dichiarato di avere ricevuto una richiesta di occuparsi degli adempimenti relativi al trust da parte dell’A.D., che le aveva altresì fornito tutta la documentazione relativa, a riprova della diretta gestione da parte sua del trust.
Trattasi di motivazione congrua che non può certamente definirsi apparente, né comporta alcuna violazione dei principi di diritto in affermati da questa giurisprudenza di legittimità in tema di aggredibilità dei beni conferiti in trust.
Ed infatti il parametro di probatio minor utilizzato in questa fase dal giudice della cautela può ritenersi conforme all’impianto normativo e ai criteri elaborati dalla giurisprudenza, che richiede elementi presuntivi da cui desumere la permanente disponibilità dei beni in capo al beneficiario del trust.
In conclusione le censure sollevate dal ricorrente si appuntano sulla valutazione degli elementi di fatto valorizzati dal tribunale al fine di desumerne la permanenza dei beni conferiti nella diretta disponibilità del beneficiario e non possono essere sollevati in questa sede, integrando presunti vizi della motivazione.
3.Anche il terzo motivo è inammissibile poiché il tribunale ha respinto motivatamente la richiesta di riduzione del sequestro generico, non soltanto ritenendo il trustee non legittimato ad avanzare tale istanza in ragione della fittizietà del trust, ma anche valorizzando il carattere apodittico della consulenza di stima redatta da un revisore legale, consultando un tecnico di fiducia e agenzie del luogo.
Il ricorrente non censura tali argomentazioni in modo specifico limitandosi a richiamare il principio di proporzionalità del sequestro, che non è stato messo in discussione dal tribunale. Non ricorrono, pertanto, le dedotte violazioni di legge e, come già rilevato, non è questa la sede per sollevare censure nel merito delle argomentazioni assunte.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
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