Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 5000 depositata il 26 febbraio 2024

IRPEF-redditi fondiari – locazione a terzi da parte del comodatario

Considerato che:

1. con l’unico motivo -rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art.26, comma 1Dpr n.917/86 con riferimento agli artt.1367, 1803 e 1804 c.c., 53 Cost. e 12 delle preleggi al cod. civ., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.- l’Agenzia delle entrate -premesso che, in fatto, era pacifico che la contribuente unitamente al coniuge, avevano stipulato, quali comodanti, un contratto di comodato con i figli, quali comodatari, e che, con il medesimo atto, i figli comodatari avevano concesso in locazione a terzi l’immobile oggetto di comodato- deduce l’erronea interpretazione in diritto della fattispecie assunta dalla C.T.R. laddove è la proprietà del bene e non la sua disponibilità che rileva ai fini della maturazione del reddito fondiario.

1.1. Il ricorso, ammissibile, contrariamente a quanto eccepito in controricorso, è fondato. Sulla questione, e in fattispecie sostanzialmente analoga alla presente, è già intervenuta questa Corte (Cass. n. 5588 del 02/03/2021) statuendo il seguente principio: <<In tema di redditi fondiari, la concessione a terzi di un immobile a titolo di comodato non incide sulla titolarità del reddito derivante dalla locazione dello stesso da parte del comodatario, ancorché il relativo canone sia percepito da quest’ultimo, atteso che l’imputazione soggettiva dei redditi fondiari è in funzione del possesso qualificato, sia pure mediato, di un diritto reale e non anche della titolarità di un diritto personale di godimento, quale quello del comodatario, mero detentore del bene>>.

Si è, condivisibilmente, affermato che il contratto di comodato, disciplinato dagli articoli 1803 e seguenti del codice civile, produce effetti obbligatori, e non reali, e il comodatario è titolare di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale (di proprietà o altro). Si tratta, per lo più, di un rapporto di cortesia che quindi non genera alcun particolare vincolo giuridico; difatti, il comodatario è un semplice detentore del bene mobile o immobile (ex multis, Cass. Sez. 3, 25/06/2013, n. 15877; nonché Sez. 5, 30/04/2015, n. 8767). Pertanto è il proprietario dell’immobile, quale possessore, sia pure mediato, tenuto al pagamento dell’imposta e non il comodatario, mero detentore della cosa comodata. Il comodatario, infatti, non consegue il possesso dell’immobile, ma la mera detenzione (nell’interesse proprio), che trova titolo in un contratto costitutivo di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale, come richiede l’art. 26 del TUIR, ai fini dell’imposizione del reddito fondiario. Dal principio secondo cui l’imputazione soggettiva dei redditi fondiari è in funzione del possesso qualificato della titolarità̀ del diritto reale, che permane in capo al proprietario anche in caso di concessione in comodato delle unità immobiliari e successiva locazione di questi immobili da parte del comodatario, deriva che fiscalmente obbligato a dichiarare il reddito fondiario resta, pertanto, per effetto dell’art. 26 del TUIR, solo il titolare di un diritto reale sui medesimi beni.

2. La sentenza impugnata, che da tale principio si è discostata, merita, pertanto, la cassazione con rinvio al giudice di merito affinché provveda al riesame, uniformandosi al principio di diritto sopra espresso, tratti le questioni sollevate dalla controricorrente nel giudizio di appello ritenute assorbite e regoli le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.