CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 7463 depositata il 20 marzo 2024
Tributi – Concordato preventivo – Avvisi di accertamento – Cartelle esattoriali – Crediti tributari – Accoglimento
Rilevato
1. La società M. Srl in liquidazione chiedeva l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, approvata dalla maggioranza dei creditori e omologata con decreto del Tribunale di Bolzano dell’1.06.2011.
2. Sulla base degli avvisi di accertamento e degli atti di contestazione regolarmente notificati all’ente contribuente, ormai divenuti definitivi per mancata opposizione, l’Erario notificava due cartelle esattoriali in data 28 luglio e 18 ottobre 2011, le quali venivano impugnate dinanzi alla C.T.P. di Belluno sul presupposto dell’inammissibilità dell’iscrizione a ruolo e della riscossione in pendenza della procedura di concordato preventivo, nonché della illegittimità delle cartelle emesse sulla base di un modello approvato da un organo incompetente e della carenza di motivazione degli atti impositivi; infine la contribuente lamentava l’omessa sottoscrizione delle cartelle e l’illegittima determinazione delle sanzioni.
3. I giudici di primo grado dichiaravano l’illegittimità delle cartelle in ragione del combinato disposto degli artt. 168 e 184 L.F. ritenendo che l’Amministrazione finanziaria, una volta insinuata nella procedura di concordato conclusasi con l’omologazione, non potesse iniziare o proseguire azioni in contrasto con la citata normativa.
4. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la prima sentenza. La CTR del Veneto respingeva il gravame, affermando l’inutilità della emissione delle cartelle una volta omologato il concordato, il quale rendeva definitivo il credito erariale nei confronti della società debitrice. Affermava altresì che l’emissione del ruolo straordinario, ritenuto superfluo rispetto alla procedura concordataria, doveva recare lo stesso importo a quello ammesso nel concordato e che l’emissione di detto ruolo con obbligo di pagamento immediato era legittimo solo ove sussistesse il fondato pericolo per la riscossione dei crediti tributari. Nel caso di specie, invece, le cartelle contenevano un credito superiore a quello evidenziato nella massa passiva del concordato, con l’addebito aggiuntivo di interessi e compensi di riscossione.
5. Ricorreva l’Agenzia delle Entrate sulla base di un articolato motivo per violazione e-o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 51, 160, 168, 169, 171, 177, 180, 181, 182-ter e 184 R.D. n. 267 del 1942, 11, 14, 15-bis, 25, 50 e 90 D.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. Resisteva con controricorso la società contribuente mentre rimaneva intimata Equitalia Nord Spa
Considerato
1. Alla camera di consiglio del 22 maggio 2019 questa Corte accertava come il giudizio fosse soggetto alla sospensione ope legis avendo la società contribuente presentato istanza di sospensione del processo fino al 10 giugno 2019, ivi intendendo avvalersi del beneficio della chiusura delle liti fiscali ex art. 6 D.L. n. 119 del 2018 e depositando nel contempo la domanda di definizione agevolata ai sensi dell’art. 6 citato, corredata della ricevuta di accettazione e consegna nonché del modello F24 per il pagamento della prima rata. Con istanza del 18 gennaio 2021 la società contribuente chiedeva l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 6, co. 13, D.L. n. 119 del 2018, giacché alcuna delle parti aveva presentato istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020. Non di meno, con ordinanza interlocutoria n. 915 del 13 gennaio 2023, questa Corte rilevava che parte controricorrente aveva depositato dapprima un’istanza di sospensione del giudizio, quindi un’ulteriore memoria nella quale aveva dedotto di aver definito “solo parzialmente la presente controversia”, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, conv. in l. n. 136 del 2018.
2. Nella camera di consiglio del 14.06.2023 si appurava altresì come, da un lato, dalla documentazione presente al fascicolo di ufficio non fosse possibile desumere la presentazione di un’istanza di definizione agevolata e, dall’altro, come il riferimento della controricorrente alle disposizioni di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, cit., fosse operato in relazione ad un giudizio avente ad oggetto, – piuttosto che atti impositivi, nella fattispecie divenuti definitivi, come si è anticipato, per difetto di impugnazione, – due cartelle di pagamento, rispetto alle quali si prospettano come più pertinenti le disposizioni di favore di cui allo stesso D.L. n. 119 del 2018, art. 3. Parimenti veniva rilevato che, sebbene con la citata ordinanza di questa Corte n. 915-2023 era stato assegnato alle parti il termine di 90 giorni dalla sua comunicazione per depositare documentazione attestante l’intervenuta definizione, disponendo acquisirsi informazioni scritte dall’Agenzia delle Entrate, nulla era comunque pervenuto.
3. Per tali motivi questa Corte, giusta ordinanza n. 17674-2023 assunta all’esito della camera di consiglio del 14.06.2023, disponeva rinvio a nuovo ruolo, onerando la parte più diligente al deposito della documentazione già richiesta nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione della predetta ordinanza.
4. Con memoria dell’11.08.2023, depositata in data 21.08.2023 la società contribuente, ribadendo la parzialità della definizione agevolata e la perduranza dell’interesse al procedimento dava atto di non aver presentato istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020 a termini dell’art. 6, co. 13, D.L. n. 119 del 2018, rinnovando la richiesta di estinzione del giudizio e allegando ivi copia dell’istanza di definizione agevolata e la ricevuta di avvenuto versamento relativamente alla cartella di pagamento n. (Omissis).
5. Ciò premesso, va dato continuità al principio sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui “l’impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a controversia definibile in forma agevolata, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, come convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva” (Cfr. Cass., Sez. Un., n. 19298-2021).
6. Nella fattispecie in esame, l’istanza di definizione agevolata, allegata in atti oltre a riguardare solo una delle cartelle impugnate, peraltro, conseguente ad atti impositivi appare presentata oltre i termini di cui al citato art.3. Per tali motivi – e fatti salvi diversi accertamenti da parte del giudice di merito al quale, come infra, l’esame della controversia sarà rinviato – la documentazione prodotta non appare idonea a fondare l’accoglimento della domanda di estinzione (in ogni caso parziale) del giudizio onde può passarsi all’esame dell’unico motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria.
7. In particolare, la parte ricorrente prospetta la violazione e-o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 51, 160, 168, 169, 171, 177, 180, 181, 182-ter e 184 R.D. n. 267 del 1942, 11, 14, 15-bis, 25, 50 e 90 D.P.R. n. 602 del 1973 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., sostanzialmente affermando che l’ammissione alla procedura di concordato preventivo impedisce il solo compimento di atti di esecuzione forzata, limitatamente al periodo compreso tra la data di presentazione del ricorso e quella del passaggio in giudicato del provvedimento di omologazione del concordato stesso, sicché legittima deve ritenersi la notifica di cartelle esattoriali avvenuta in data successiva al passaggio in giudicato del decreto di omologa. Soggiunge che alcun rilievo, sotto il profilo del riconoscimento di debito, potrebbe avere l’elencazione dei creditori fornita dal debitore, trattandosi di un adempimento previsto dall’art. 161 L.F. onde consentire la valutazione del piano proposto ai fini del suo eventuale accoglimento ovvero alla verifica compiuta dal commissario giudiziale, trattandosi di attività di carattere meramente amministrativa e non di verifica giudiziale dei crediti. Afferma altresì che il principio di tassatività sancito dall’art. 184 L.F., per cui il concordato omologato diviene obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla data del decreto di apertura della procedura e che abbiamo partecipato a quest’ultima, non si estende al Fisco, tenuto anche conto che all’Amministrazione finanziaria non è attribuito un diritto di veto all’omologa del piano, con l’effetto che l’omologazione del piano lascia impregiudicato per l’Ufficio il potere di accertamento di debiti erariali, anche ulteriori rispetto a quelli contenuti nel piano.
Il motivo è fondato.
8. Questa Corte ha affermato che “l’apertura di una procedura di concordato preventivo non è ostativa né all’accertamento di crediti tributari pregressi mediante iscrizione a ruolo ed emissione della cartella, né all’irrogazione di sanzioni pecuniarie ed accessori, maturati fino a tale momento, poiché, per un verso, l’accertamento del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria è condizione per la partecipazione della stessa alla procedura concorsuale e, per un altro, le sanzioni pecuniarie danno luogo ad un credito del Fisco per il fatto stesso che si sia verificata la violazione della legge tributaria, senza che assuma rilevanza l’assoggettamento dell’impresa ad una procedura concorsuale (Cass., 4 aprile 2019, n. 9440; cfr. anche 27 settembre 2018, n. 23322). D’altronde costituisce principio consolidato che la cartella di pagamento non realizza il primo atto esecutivo, ma svolge una funzione assimilabile al precetto, solo preannunciando l’azione esecutiva (ex multis Sez. U, 5 giugno 2017, n. 13913; 5 luglio 2011, n. 14667; cfr. inoltre Cass., 11 marzo 2021, n. 6833; 16 marzo 2018, n. 6526; 8 febbraio 2018, n. 3021; 13 gennaio 2016, n. 384; 27 novembre 2015, n. 24235; cfr. anche 22 ottobre 2014, n. 22426). E, ancora, si è affermato che nel caso di notificazione di una cartella di pagamento prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese, la successiva apertura della procedura concordataria non comporta la nullità della cartella ma l’improseguibilità dell’esecuzione, in ragione dello stato di quiescenza che si determina per effetto della proposizione della domanda concordataria, e tale quiescenza è destinata a protrarsi sino a quando il decreto di omologazione sia divenuto definitivo, per poi cessare con la riespansione della facoltà del creditore di ridare impulso all’iniziativa già intrapresa (Cass., 2 novembre 2021, n. 31013). Conseguente corollario è il principio secondo cui in tema di legittimità e ritualità della notifica della cartella esattoriale a società in concordato preventivo, essa è atto che accorpa in sé le funzioni di titolo esecutivo e di precetto ma, non determinando l’inizio della procedura esecutiva, non rientra nel divieto di cui all’art. 168 L. Fall., che impedisce solo le azioni proprie del processo di esecuzione e non anche qualsiasi iniziativa del creditore volta a realizzare, unilateralmente ed al di fuori della procedura concorsuale, il contenuto dell’obbligazione del debitore concordatario; ne consegue l’ammissibilità della notificazione della cartella anche dopo l’apertura del concordato preventivo (Cass., 25 ottobre 2022, n. 31560). La disamina della giurisprudenza di legittimità elaborata nelle ipotesi di notificazione di una cartella di pagamento nel corso di una procedura concorsuale consente di escludere la sua illegittimità, tanto meno la sua inutilità, poiché con l’iscrizione a ruolo e la formazione e notifica della cartella erariale si concreta soltanto un titolo a tutela del credito vantato -insorto anteriormente alla stessa vicenda concorsuale- e da insinuare nella procedura. Sotto tale profilo anzi vi è proprio una carenza di interesse della procedura concorsuale stessa a far caducare la cartella, laddove “la rilevanza di iscrizione (a ruolo) e cartella andrà apprezzata in seno alla procedura fallimentare, ai fini della tutela del diritto al concorso, dell’ottenimento di una quota o di una percentuale di quanto ricavato dalla liquidazione” (così Cass., 12759-2022 cit.). Ciò vale anche per l’aggio, in rapporto all’art. 17 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, ratione temporis vigente, atteso che l’agente per la riscossione, in relazione all’aggio, fa valere una situazione giuridica della quale è titolare, cui va riconosciuto carattere concorsuale, fermo restando che tale carattere dev’essere poi apprezzato dal giudice del concorso, in applicazione del principio di cristallizzazione del passivo, ed eventualmente escluso laddove esso, come accade per tutti i diritti di credito i cui elementi costitutivi non si siano integralmente realizzati anteriormente alla vicenda concorsuale, risulti estraneo e inopponibile ad essa (cfr Cass., 18 giugno 2020, n. 11883)” (cfr. Cass., V, n. 20279-2023).
9. Conclusivamente il ricorso è fondato e va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Corte di giustizia tributaria che provvederà a nuova valutazione delle questioni di merito nonché alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
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