Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 10875 depositata il 5 aprile 2022
potere equitativa – I compensi percepiti da un’associazione sportiva a fronte dell’attività didattica svolta sono esenti da IVA, ai sensi dell’art. 10, n. 20, del d.P.R. n. 633 del 1972, soltanto se tale attività è stata formalmente riconosciuta dagli organi della P.A. competenti nel settore, oppure da organismi da essi vigilati come le federazioni sportive
Fatti di causa
l. Con sentenza n. 124/46/2012 depositata in data 31/10/2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla società N. & B. Soc. Sportiva Dilettantistica a r.l. in Liquidazione avverso la sentenza n. 10/08/12 della Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale, a sua volta, aveva riunito e respinto i ricorsi introduttivi aventi ad og getto tre avvisi di accertamento per II. DD., IVA 2005 e 2006 e ritenute d’acconto su modello 770 per l’anno di imposta 2006, oltre ad acces sori.
2. In particolare, a seguito di accertamenti a tavolino nei confronti della contribuente, venivano contestati l’indebita esenzione IVA, l’omesso assoggettamento a ritenute alla fonte di compensi corrisposti a terzi per gli anni 2005 e 2006 e, per il 2006, l’erroneo calcolo sul modello 770 delle ritenute IRPEF. Secondo l’Amministrazione finanziaria, la contribuente per i due anni di imposta oggetto di controllo non poteva usufruire della certificazione di società sportiva, non essendo iscritta al registro CONI e, per l’effetto, non poteva usufruire della certifica zione dilettantistica ai fini delle agevolazioni di cui agli artt.67 comma 1 lett. m) e 69 comma 2 del d.P.R. n.9l7 del 1986. Il giudice d’appello annullava le riprese relative all’uso del modello 770 per il 2006 e, per il resto, confermava l’impianto delle riprese, ma le riduceva di un terzo ai fini IVA, IRES, IRAP e conseguenti sanzioni.
3. Avverso tale decisione ha proposto un primo ricorso per cassazione, iscritto al RGN 11453/2013,. la società, per quattro motivi, cui resiste l’Agenzia con controricorso e spiegando ricorso incidentale affidato a sette motivi; con un secondo ricorso, iscritto al RGN 11460/2013, l’Agenzia delle entrate agisce per i medesimi sette motivi, cui replica la società contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
4. Preliminarmente, ex art.355 cod. proc. civ. dev’essere disposta la riunione dei due ricorsi riportati in epigrafe, proposti avverso la mede sima sentenza. Per il principio della unità della impugnazione va quali ficato come ricorso principale quello iscritto all’r.g.n. 11460/2013 da parte della Agenzia delle Entrate, ricorso portato alla notifica nei con fronti della società in data 22.4.2013,e come incidentale quello propo sto dalla società, iscritto all’r.g.n. 11453/2013,portato alla notifica il 24.4.2019, successivamente alla proposizione del primo ricorso, alla luce dell’insegnamento in materia di scissione degli effetti della notifica per notificante e notificatario di cui alla sentenza n. 477 del 26 novem bre 2002 della Co1te Costituzionale.
5. Con il primo motivo di ciascun ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -, in relazione alla qualificazione delle operazioni attive poste in essere dalla società come imponibili IVA, viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt.113 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ..
Il secondo motivo proposto dall’Agenzia – ai sensi dell’art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. -,censura l’omesso esame e/o motivazione circa un fatto decisivo e controverso in relazione alla medesima ripresa e determinazione equitativa della CTR già oggetto del primo motivo.
6. Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dalla contribuente di inammissibilità dei ricorsi dell’Agenzia per violazione del principio di autosufficienza ex art.366 n.6 cod. proc. civ.. Non sussiste l’asserita mancata riproduzione di atti e documenti del giudizio di merito, in quanto dalla lettura del ricorso sono ben comprensibili il fatto, la sintesi degli snodi processuali di merito, le argomentazioni a sostegno delle difese e il tenore delle doglianze, e sono anche individuati i pertinenti passaggi della decisione di appello censurati.
7. I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto con nessi, e sono infondati. Il Collegio non ignora che il giudice tributario non è dotato di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 16960 del 25/06/2019, Rv. 654389- 01, conforme a Cass. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 7354 del 23/03/2018, Rv. 647521- 01).
8. Tuttavia, la ripartizione tra attività di insegnamento didattico esente da IVA e attività commerciale soggetta ad IVA, nella misura di un terzo e due terzi determinata dal giudice d’appello («ritiene equo questo Giudice di appello (… ) » cfr. p.5 sentenza impugnata), non rientra nell’esercizio di equità sostitutiva, la quale attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia, perché si tratta di una valutazione del compendio probatorio e del fatto, frutto di un consentito giudizio estimativo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4442 del 24/02/2010, Rv. 611651- 01; Cass. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 25707 del 21/12/2015, Rv. 638078- 01).
9. Al contrario, la valutazione e apprezzamento operata nel caso in esame dalla CTR rientra nel perimetro dei generali poteri conferiti al giudice dagli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. , e la relativa pronuncia, rimessa alla sua prudente discrezionalità, è suscettibile di controllo in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della carenza o inadeguatezza della corrispondente motivazione, la quale non sussiste nel caso di specie, posto che il giudice d’appello ha indicato i parametri che hanno guidato la sua valutazione nel riparto tra insegnamento didattico e attività commerciale vera e propria («che i due aspetti fossero presenti nell’oggetto sociale (… ) non vi è dubbio (… ) l’oggetto sociale era onnicomprensivo (… ) Tenuto conto che le due componenti erano presenti per le annualità in questione (… ) » cfr. p. 5 sentenza impugnata).
10. Con il terzo motivo dei ricorsi dell’Amministrazione finanziaria – ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. -,si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt.10 n.20 del d.P.R. n.633 del 1972 e 7 del d.l. n.136 del 2004, per aver la CTR preso in considerazione solamente il requisito oggettivo di cui alla normativa suddetta, omettendo ogni considerazione di quello soggettivo consistente nel fatto che la prestazione sia resa da un istituto riconosciuto dalla P.A..
11. Il motivo è fondato. La Corte rammenta che «I compensi percepiti da un’associazione sportiva a fronte dell’attività didattica svolta sono esenti da IVA, ai sensi dell’art. 10, n. 20, del d.P.R. n. 633 del 1972, soltanto se tale attività è stata formalmente riconosciuta dagli organi della P.A. competenti nel settore, oppure da organismi da essi vigilati come le federazioni sportive.» (Cass. Sez. 6 – 5,Ordinanza n. 12698 del 19/05/2017,Rv. 644258 – O1; Cass. Sez. 6 – 5,Ordinanza n. 14124 del 01/06/2018,Rv. 648868 – 01). La necessità del requisito formale del riconoscimento da parte dell’Amministrazione è da ultimo ribadito anche da Cass. Sez. 5 -,Sentenza n. 7943 del 21/03/2019,Rv. 653331- 01.
La decisione impugnata non è conforme a tale consolidato insegnamento giurisprudenziale, in linea con quello più volte espresso dalla Corte di Giustizia (cfr. ad es. l’ordinanza 7 ottobre 2019 nella causa c- 47/19 HA/Finanzamt Hamburg-Barmbek-Uhlenhorst circa le esenzioni connesse con l’infanzia o con la gioventù, con l’insegnamento scolastico o universitario), dal momento che il giudice di appello si è limitato a qualificare come didattica una parte di attività svolta dalla ricorrente, senza verificare la sussistenza del requisito soggettivo del riconosci mento del carattere di “scuola sportiva”‘ da parte del CONI o della Federazione sportiva nazionale di appartenenza.
12. Il quarto motivo dei ricorsi dell’Agenzia -ex art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ. – deduce l’omesso esame e/o motivazione circa un fatto decisivo e controverso, sempre con riferimento al requisito soggettivo richiesto dall’art.lO n .20 cit., e resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
13. Con il quinto motivo di ciascun ricorso l’Agenzia delle Entrate- ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.-, lamenta, quanto alla ripresa per ritenute indebitamente omesse sui compensi erogati ai collaboratori, la violazione e falsa applicazione degli artt.2909 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., per aver il giudice d’appello mancato di tener conto del fatto che l’iscrizione al registro del CONI è requisito necessario per godere delle agevolazioni di cui agli artt.67 comma l lett. m) e 69 comma 2 TUIR. La censura è rivolta anche contro la statuizione del giudice d’appello secondo cui la sentenza depositata dal Tribunale di Milano l’11.1.2012 r.g.n. 106/11 resa tra la società e I’ENPALS e prodotta nel corso del giudizio d’appello, avrebbe avuto un effetto di giudicato nel giudizio tributario, ritenuta erronea non solo in quanto non era stata data prova del suo passaggio in giudicato, né l’Agenzia era stata parte di quel giudizio, ma anche per l’autonomia tra giudizio civile e tributario che avrebbe richiesto alla CTR un’autonoma valutazione degli atti di causa.
Con il sesto motivo l’Agenzia – ai sensi dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.-, deduce, quanto alla medesima ripresa e per le ragioni espresse al precedente motivo, anche la violazione e falsa applicazione degli artt.67 e 69 TUIR e della legge n.l86 del 2004.
14. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono fondati. La C.T.R. ha affermato la sussistenza dei presupposti per beneficiare della agevolazione fiscale prevista dal combinato disposto dell’art. 67 comma l lett. m) e dell’art.69 comma 2 TUIR perché in tal senso si sarebbe determinato il giudice del lavoro nella causa intercorsa tra I’ENPALS e la società, controversia avente ad og getto l’osservanza degli obblighi contributivi.
In tal modo il giudice di appello ha in primo luogo erroneamente attribuito efficacia non di semplice elemento di prova ma di cosa giudicata ad un titolo giudiziale senza dar conto della presenza o meno della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. cod. proc. civ., dalla quale emerga che la pronuncia de qua non è soggetta ad impugnazione.
Inoltre, la sentenza è stata resa in un giudizio avente finalità diverse, il processo civile celebrato davanti al giudice del lavoro, da quelle che costituiscono lo scopo ed il “petitum” del giudizio tributario (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006, Rv. 589696- 01).
Infine, in violazione dell’art. 2909 cod. civ., secondo cui la sentenza passata in giudicato diviene cosa giudicata sostanziale entro il perimetro soggettivo processuale, il giudice d’appello ha omesso di considerare che, comunque, il giudicato fa stato solo “tra le parti” del processo, mentre l’Agenzia delle Entrate pacificamente non è stata parte del processo instaurato dalla società sportiva nei confronti dell’ente previdenziale davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Il giudice di appello, in sede di rinvio, vorrà esprimersi, sulla base del compendio probatorio raccolto nel presente processo, in merito alla sussistenza dei presupposti previsti dagli artt. 67 e 69 TUIR per fruire del beneficio fiscale.
15. Il settimo motivo, con cui la ricorrente Agenzia – agli effetti dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ. -, e in via meramente subordinata al precedente, deduce l’omessa considerazione della sussistenza dei presupposti di legge per godere del regime fiscale agevolativo, è assorbito dall’accoglimento del sesto.
16. Con il primo motivo di ricorso – qualificato incidentale – la contribuente – ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ.- lamenta la nullità ed illegittimamente della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art.42 comma 1 e 3 del d.P.R. n.600 del 1973, nonché l’eccesso di potere e difetto assoluto di 21ttribuzione di delega di funzioni e di firma e, infine, la violazione e falsa applicazione dello statuto dei diritti del contribuente.
17. Il motivo è infondato. In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito nella l. n. 44 del 2012 (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22810 del 09/11/2015, Rv. 637349 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 5177 del 26/02/2020, Rv. 657340 – 01). Infatti, la delega di firma costituisce un atto di natura organizzativa intercorrente tra organi del medesimo ufficio in rapporto di subordinazione gerarchica e avente titolo nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente ad esso preposto, e non tra le persone fisiche che rivestono le rispettive funzioni (cfr. Sez. 5 -,Sentenza n. 222.1 del 02/02/2021, Rv. 660467 – 02)
Dunque, innanzitutto la delega di firma non richiede, come ritiene la contribuente, la qualifica di dirigente in capo al delegante o al delegato.
18. Inoltre, quanto alla nominatività e indicazione di una durata pre determinata, si rammenta ancora che, per giurisprudenza consolidata della Corte, la delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita dal dirigente ex art.42, comma 1, del d.P.R.n .600 del1973, è una delega di firma e non di funzioni, e ne deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che, pertanto, può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Sez.5-, Sentenza n.8814 del 29/03/2019, Rv.653352-01). Per tali ragioni, la doglianza non può trovare ingresso e la decisione impugnata sotto il profilo è conforme alla giurisprudenza di legittimità.
19. Con il secondo motivo di ricorso la società- agli effetti dell’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.5 e 12 comma 7 della l. n.212 del 2000, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per aver la CTR erroneamente ritenuto che le garanzie del contraddittorio endoprocedimentale non trovassero applicazione nella presente fattispecie, un accertamento a tavolino.
20. Il motivo è infondato. Le Sez. Unite, con la sentenza 29 luglio 2013 n. 18184, hanno statuito che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del pro cesso verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto im positivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’e missione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione., deve essere provata dall’ufficio».
21. Ulteriore chiave interpretativa è stata poi fornita per i controlli c.d. a tavolino dalla sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823, secondo la quale: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alia normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”». La medesima decisione ha inoltre sancito la necessità di operare, per i tributi armonizzati, una “prova di resistenza” ai fini della valutazione del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, in determinati casi: «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministra zione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito».
22. Nelle premesse di tali capisaldi, la Corte ha poi affermato che «In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa in terna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.» (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 -,Sentenza n. 22644 del 11/09/2019, Rv. 655048- 01)
23. Sulla base del quadro sopra delineato, le disposizioni invocate nel motivo di ricorso, non solo ai fini del termine dilatorio di cui all’art.12 comma 7 cit. ma anche quanto alla previsione del comma 2 del medesimo articolo con riferimento all’avviso della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa davanti agli organi di giustizia tributaria, non trovano applicazione1 perché pacificamente i controlli nel caso di specie sono stati a tavolino, in assenza di accesso ai locali dell’impresa. Con riferimento all’IVA, poi, non viene nemmeno allegata, né tantomeno sostanziata la “prova di resistenza” ai fini della dimostrazione del fatto che l’instaurazione del contraddittorio avrebbe de terminato un diverso esito della fase amministrativa, com’era onere della contribuente dimostrare.
24. Con il terzo motivo la contribuente·- ex art.360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. – deduce l’omessa pronuncia da parte della CTR sull’eccepita illegittimità del procedimento di accertamento con adesione, e l’omesso esame circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, il fatto che l’Amministrazione avrebbe ignorato il disposto dell’art.6 del d.lgs. n.218del 1997 secondo il quale il contribuente può chiedere all’Ufficio la proposta di accertamento ai fini dell’eventuale adesione.
25. Il motivo è inammissibile, per più ragioni. In primo luogo, la censura denuncia il vizio di omesso esame eli una questione di fatto ai sensi dell’art.360 n.5 cod. proc. civ., ma, in realtà, deduce una violazione di legge in riferimento all’art.6 del d.lgs. n. 218 del 1997. Inoltre, la prospettata violazione di legge, sotto lo schermo della censura motivazionale, è comunque inammissibile, trattandosi di una questione di diritto la cui avvenuta proposizione non risulta dal testo della sentenza impugnata, né la ricorrente indica “come e quando” tale eccezione sarebbe stata introdotta nel giudizio di merito, in violazione del principio di decisività della censura, mancando di adempiere all’onere di localizza zione della questione, desumibile dall’art. 366 comma 1 n.6 cod. proc. civ (Cass. Sez.U, Sentenza n.8053 del 07/04/2014, Rv.629831; Sez.1- ‘ Ordinanza n.28184 del 10/12/2020, Rv.660090-01).
26. Con il quarto motivo la società – ai fini dell’art.360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.148 TUIR, 4, 10 del d.P.R. n.633 del 1972, 2697 cod. civ., nonché la contraddittorietà della motivazione della sentenza.
26. Il motivo è innanzitutto inammissibile nella parte in cui deduce il vizio di motivazione contraddittoria. L’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, 11 settembre 2012. La novella trova dunque applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 31 ottobre 2012 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal “vecchio” n. 5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativa processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
27. La denuncia di violazione degli art. 148 TUIR e 2697 cod. civ., che stabilisce la regola di ripartizione dell’onere della prova, è poi infondata. Secondo codesta Corte, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del d. P.R. n.917 del 1986 in favore delle associazioni non lucrative (nella specie, un’associazione sportiva dilettantistica), dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, da verificarsi in concreto (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 30008 del 26/10/2021, Rv. 662783 – 02). L’onere probatorio relativo incombe sulla contribuente e non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al CONI, essendo invece rilevante che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (Cass. Sez.6-5, Ordinanza n.10393 del 30/04/2018, Rv.647995-01).
28. E’ parimenti infondata la parte di motivo che censura la sentenza della C.T.R. per avere adottato un criterio equitativo di ripartizione delle attività commerciali e non commerciali, per le medesime ragioni indicate nell’esame del primo motivo di ciascun ricorso proposto dall’Agenzia, che hanno portato a qualificare l’attività interpretativa svolta dal giudice di appello come estimativa e non di esercizio di poteri di equità sostitutiva, senza che vi sia una motivazione carente o inadeguata a suo sostegno.
29. In conclusione, accolti i motivi terzo, quinto e sesto di ciascun ricorso dell’Agenzia, disattesi i prime due motivi e assorbiti i motivi quarto e settimo, nonché disatteso il ricorso della contribuente nel processo RGN 11453/2013, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
riunisce il ricorso r.g.n. 11460/2013 al ricorso r.g.n. 11453/2013;
accoglie il terzo, quinto e sesto motivo di ciascun ricorso dell’Agenzia, assorbiti i motivi quarto e settimo e dis21ttesi i motivi primo e secondo; rigetta il ricorso della contribuente nel processo r.g.n. 11453/2013; cassa la sentenza impugnata e rinvia allla CTR della Lombardia, in di versa composizione, in relazione ai profili, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
Si dà atto che, ai sensi del d. P. R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso nel processo r.g.n. 11453/2013, a norma dello stesso articolo 13, comma l-bis, se dovuto.
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