CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 4642 depositata il 21 febbraio 2024
Tributi – Avviso di accertamento – IVA – Cessioni – Regime di esenzione di cui all’art. 8, primo comma, lett. a), D.P.R. n. 633/1972 – Fatture senza vidimazione dell’ufficio doganale – Definizione agevolata – Carenza d’interesse – Inammissibilità
Fatti di causa
L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento per Iva per l’anno 2008 nei confronti della I.C. Srl con cui, in relazione ad alcune cessioni (nella specie, di pedane da impiegare come imballaggi) alla società E.V. s.a. in Svizzera, riteneva non applicabile il regime di esenzione di cui all’art. 8, primo comma, lett. a), d.P.R. n. 633 del 1972, risultando le fatture sprovviste della vidimazione dell’ufficio doganale.
L’impugnazione della contribuente, che deduceva l’effettività della vendita estera, accolta dalla CTP di Avellino, era rigettata dalla CTR in epigrafe.
I.C. Srl propone ricorso per cassazione con un motivo. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
In prossimità dell’udienza la contribuente depositava memoria con cui chiedeva fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere per l’avvenuta definizione agevolata ai sensi del d.l. n. 193 del 2016.
Con ordinanza interlocutoria n. 12676/2022 venivano chiesti chiarimenti sulla congruità della definizione in relazione all’oggetto del giudizio.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, va dato atto che la contribuente ha chiesto, ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 193 del 2016, la definizione agevolata per le cartelle esattoriali relative all’avviso di accertamento di cui al giudizio, chiedendo, quindi, la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
2. Le parti, cui sono state chieste informazioni in ordine all’effettiva e piena corrispondenza tra procedura di definizione agevolata e oggetto del giudizio, non hanno fornito alcun ulteriore elemento.
3. Occorre tuttavia osservare che la parte ricorrente, nel richiedere la declaratoria di cessazione della materia del contendere per l’asserita definizione integrale del debito, ha, in concreto, manifestato una chiara carenza di interesse alla ulteriore coltivazione del ricorso, sicché, pur non potendosi dichiarare la cessazione della materia del contendere ovvero l’estinzione del giudizio per l’avvenuta definizione agevolata, il ricorso va dichiarato inammissibile in ragione della sopravvenuta carenza di interesse.
4. L’andamento del giudizio e la condotta processuale delle parti giustificano la compensazione delle spese di legittimità.
5. Trattandosi di causa sopravvenuta di inammissibilità, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13, comma 1-bis d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse. Compensa le spese di legittimità.
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