Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, sez. 21, sentenza n. 9295 depositata il 10 luglio 2023
In tema di imposta provinciale di trascrizione, non è di per sé abusivo il trasferimento della sede legale di una società di autonoleggio in una Provincia in cui vi è un regime fiscale più favorevole rispetto a quella di provenienza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Citta Metropolitana di Roma effettuava una verifica fiscale per l’ anno d’imposta 2016 in materia d’Imposta Provinciale di Trascrizione (Ipt) nei confronti della società Avi Budget e della sua controllata A.B. Flecto, contestando alle stesse l’abuso del diritto di cui all’articolo 10-bis, Legge n. 212/00 notificando a queste nel dicembre 2021 due distinte richieste di chiarimenti ai sensi del co 6, citato articolo, con cui si chiedeva di illustrare le valide ragioni economiche che avevano portato le ricorrenti a trasferire, nel corso dell’anno 2013 la sede legale da Roma a Bolzano. Le Società a febbraio 2022 trasmettevano una serie di documenti, a riscontro della richiesta formulata dall’ente resistente.
L’ente, nonostante i chiarimenti forniti, riteneva che la condotta posta in essere dalle ricorrenti, era comunque sorretta da non valide ragioni economiche ma solo dal risparmio dell’IPT, ottenuto spostando la sede legale presso la Provincia autonoma di Bolzano che aveva posto in essere politiche di contenimento dell’Ipt. Il trasferimento della sede legale infatti, pur apparendo conforme alle norme fiscali, per la Citta Metropolitana in realtà serviva ad aggirare i principi sottesi all’IPT realizzando un vantaggio fiscale indebito.
La Citta Metropolitana nella motivazione dell’atto esaminava i fatti rispetto alla sequenza temporale della normativa, sottolineando come il legislatore aveva introdotto l’ipt con l’art 56 del dlvo 446/97 prevedendo che le Province, con regolamento adottato a norma dell’articolo 52 medesimo d.lvo, avrebbero potuto istituire l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio, ai sensi del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, e del relativo regolamento di cui al RD n. 1814/27, e del D.lvo n. 285/92.
L’imposta veniva applicata sulla base di apposita tariffa contenuta nel Dm 435/98 e le aliquote potevano essere aumentata in un primo periodo sino al 20% e successivamente sino al 30%.
L’originaria formulazione normativa prevedeva che il gettito fosse destinato alla Provincia presso il cui P.R.A. erano state espletate le formalità di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli, successivamente il legislatore nazionale, con l’art. 17, co. 6 del D.lvo 68/11 aveva modificato le modalità di applicazione della tariffa, di cui al DM 435/98 con riferimento ai soggetti iva, prevedendo che a questi non si applicasse più l’aliquota fissa, ma quella variabile prevista per i soggetti non iva, la modifica normativa partiva dall’entrata in della L 148/11. Il legislatore nazionale, in un primo momento aveva previsto che solo le Regioni a statuto ordinario dovessero applicare la nuova norma poi la stessa era stata estesa a tutte le Regioni. Il legislatore, inoltre normativamente aveva previsto che le procedure riguardanti il pagamento ipt fossero effettuate tramite le procedure automatiche a livello nazionale, con riversamento alla provincia del luogo ove si trova il Pra di iscrizione, dopo l’applicazione anche ai soggetti iva dell’aliquota variabile, aveva introdotto il co1 bis all’art 56 citato, prevedendo che l’ipt, non fosse destinata più alla provincia ove era situato il pra di trascrizione della formalità, ma sulla base della sede legale o residenza del soggetto che aveva richiesto la formalità.
La resistente, quindi, sulla base del quadro normativo nazionale delineato evidenziava, come questo non aveva trovato piena applicazione nelle Province autonome, in ragione delle specificità statutarie riconosciute a livello costituzionale ex art. 116, Cost. per cui dette Province avevano potuto mantenere il previgente regime, basato sulla determinazione dell’I.P.T. in misura fissa per i soggetti iva, quali le ricorrenti a differenza di quando era accaduto per le Provincie ricadenti nelle Regioni a statuto ordinario.
La resistente quindi sosteneva che il trasferimento della sede legale delle ricorrenti presso Bolzano, era dovuto solo al vantaggio illecito che derivava dal risparmio d’imposta nascente dalla differente tariffa applicata dalla Provincia autonoma di Bolzano – ove era vigente la tariffa in misura fissa pari ad € 151,00 per ciascuna formalità – rispetto a quella applicata dalla Città metropolitana di Roma, ove era applicata una tariffa base di € 196,00 per i veicoli di potenza fino a kw 53 e una tariffa di € 4,57 per ciascun kw ulteriore per i veicolo che superavano i 53 Kw ( pg.11 accertamento). Di conseguenza sulla base della ricostruzione normativa, riteneva che il trasferimento di sede legale della ricorrente, unitamente alla controllata, presso Bolzano nel 2013 presentasse elementi rivelatori dell’assenza di sostanza economica e quindi della condotta abusiva contesta. Per la Citta Metropolita infatti, le Società avevano affermato, senza produrre prove specifiche che l’esercizio della propria attività avveniva effettivamente nel territorio della Provincia di Bolzano, attraverso l’apertura della sede legale che aveva una sede fisica in affitto, proprio personale e strumentazione. Sul punto la resistente sosteneva che le società non avevano specificato il numero di personale addetto presso la sede di Bolzano né mansioni ad esso attribuito.
Per la Citta Metropolitana non erano stati forniti chiarimenti del perché l’organizzazione di mezzi e persone presente nella sede di Roma non fosse mutato dopo il trasferimento della sede legale in Bolzano. La documentazione trasmessa dalla Società in sede di contraddittorio endoprocedimentale, per l’ente non dirimeva tali dubbi ma, al contrario, metteva in luce l’inadeguatezza degli spazi acquisiti presso la Provincia di Bolzano in confronto a quelli adibiti a sede operativa in Roma. La resistente evidenziava come ciò risultasse dai contratti di locazione esibiti dalla Società, ove la stessa a Roma continuava a detenere un immobile molto ampio, rispetto alla sede di Bolzano molto più piccola Inoltre il contratto di locazione della sede di Roma non risultava modificato o risolto a seguito di tale operazione, a conferma che nulla era mutato presso la sede in Roma. La consistenza delle superfici delle due sedi svariati mq a Roma e poco mq a Bolzano, per l’ente era coerente al valore della produzione rilevante ai fini IRAP, parametrato all’ammontare delle retribuzioni del personale che nel 2015 era maggiore con riferimento alla Regione Lazio e rispetto alla Provincia di Bolzano.
Anche il riferimento ai chiarimenti ricevuti sull’attività svolta per il tramite dei propri amministratori, per l’ente, gli stessi non risultavano suffragati dalla documentazione esibita in sede di contraddittorio endoprocedimentale dalla stessa Società, atteso che delle varie adunanze dell’organo gestorio avutesi nel 2015 poche si erano svolte a Bolzano presso la sede legale Quanto all’attività la Citta Metropolitana rilevava come le Società stesse avevano confermato che la sede di Roma, era divenuta sede secondaria e aveva mantenuto i propri uffici e le proprie funzioni, ritenendola e qualificandola come “sede operativa” della Società. L’ Ufficio, evidenziava come in realtà nulla era di fatto mutato presso la sede di Roma successivamente al trasferimento della sede legale e il trasferimento della sede era meramente formale per cui bisognava dare rilevanza alla sede amministrativa delle Società che era quella sita in Roma e pertanto il recupero IPT era fondato. La resistente sosteneva inoltre, che il tentativo delle Società di fornire la prova dell’esimente delle valide ragioni extrafiscali risultava altrettanto vano poiché, le stesse illustravano una serie di asseriti vantaggi generici e occasionali che sembravano ricavati ex post, piuttosto che essere il frutto di una valutazione economica ex ante che, invero, doveva sottostare ad una decisione imprenditoriale di rilievo quale quella concernente il trasferimento della sede legale Ciò si desumeva dall’ordine dell’elenco di vantaggi economici ed amministrativi, che per l’ufficio risultavano essere indimostrati, generici e non contestualizzati.
Quanto alla velocizzazione dei tempi di disbrigo delle pratiche auto in ragione del bacino di utenza più ridotto, per la resistente, questo non trovava riscontro nella realtà dei fatti, atteso il trasferimento presso la Provincia autonoma di Bolzano e Trento di decine di migliaia di formalità da parte proprio delle società di noleggio. In merito alla circostanza del passaggio alla prefettura di Bolzano delle pratiche relative alle violazioni del codice della strada per la Citta Metropolitana ciò non corrispondeva al vero, poiché la flotta auto della Società circolava in tutto il territorio nazionale con la conseguenza che le autorità competenti erano dislocate in tutta Italia e non solo a Bolzano.
Quanto alla pretesa riduzione degli oneri assicurativi per l’ente non appariva coerente, poiché il costo delle polizze dipendeva da una pluralità di fattori, ove la residenza dell’assicurato era solo uno di questi; a tale fattore si aggiungevano altre variabili, quali il luogo di circolazione del veicolo e, per imprese come quelle di noleggio che assicuravano un gran numero di veicoli cumulativamente, la scontistica era legata al numero di veicoli da assicurare di volta in volta. Quanto al rimborso delle quote della TAR non dovuta per perdita del possesso del veicolo non era una prerogativa della sola Provincia autonoma di Bolzano, essendo eventualmente un diritto spettante al contribuente nei riguardi di qualsiasi ente impositore. Con riferimento alla controllata A.B. Fleecto veniva evidenziato come la stessa da accertamenti svolti non risultava avere sede legale diversa dalla controllata, su tutto il territorio nazionale. In relazione al risparmio ottenuto dall’accollo da parte della Provincia di Bolzano del costo dei bollettini elettronici questo non era stato quantificato adeguatamente e comunque per l’ente tale beneficio non poteva essere considerata una ragione extra-fiscale tale da giustificare il trasferimento di sede legale. Come pure riteneva che le Società non avessero fornito prova dei contributi erogati sui canoni di affitto degli immobili, dovendosi comunque considerare che la locazione dell’immobile di Bolzano, adibito a sede legale, scontava un canone annuo di ammontare minimo rispetto a quello versato a Roma In merito all’eccezione di violazione dell’art 10 bis con conseguente errata quantificazione dell’imposta richiesta, poiché dalle somme accertate non erano state decurtate quelle versate alla Provincia autonoma di Bolzano, poiché l’abuso del diritto consentiva solo il recupero dell’indebito vantaggio fiscale, per la resistente era infondato poiché la norma invocata non era applicabile al caso di specie, sostenendo che la norma nella parte in cui richiedeva di tenere conto di quanto già versato dal contribuente, aveva un ambito di applicazione limitato all’ipotesi in cui l’importo da dedurre era stato versato al medesimo Ente che accertava l’abuso del diritto, sottolineando come il caso di specie non poteva rientrare in tale specifica ipotesi, non potendo la Città Metropolitana di Roma Capitale scomputare dalla I.P.T. accertata le somme corrisposte a un ente impositore diverso quale la Provincia Autonoma di Bolzano. Evidenziando come la norma all’art. 10-bis cit., al comma 11, attribuiva il diritto al rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive soltanto in favore dei “soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo”.
L’ente sulla base di tutti i motivi riassunti e in base ai dati forniti da ACI su cui si basa il recupero, contestava l’abuso del diritto in ordine all’omesso versamento relativo al tributo dovuto per l’anno 2016 per i veicoli di proprietà delle Società ricorrenti, dettagliatamente riportati all’allegato n. 1, facente parte integrante dell’atto di accertamento impugnato.
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Si costituivano le società A.B. e A.F., con due separati atti di ricorso, riuniti per connessione oggettiva, in cui spiegavano come le stesse appartenevano al Gruppo multinazionale A.B. che operava nel settore del noleggio di veicoli in Italia e all’estero. Chiarivano che il Gruppo operava in Italia, così come in altri Stati, secondo il modulo organizzativo che prevedeva che l’attività fosse esercitata mediante due società distinte di cui la A.B. rappresentava la società che riceveva in locazione operativa o finanziaria gli autoveicoli dalla Società A.F. che li acquistava dalle case automobilistiche, facendo ricorso per finanziarsi a banche e altri intermediari finanziari e li concedeva in locazione finanziaria esclusivamente a favore della sua controllante A.B. che esercitava l’attività di noleggio, il tutto sulla base di un contratto quadro di locazione finanziaria stipulato nel 2012 allegato in atti. L’A.B. deteneva una partecipazione del 75% del capitale della soc Avis Fleecto Tale scelta aziendale era legata al fatto che i soggetti finanziatori quali le banche subordinavano la concessione di finanziamenti per acquisto delle flotte auto alla condizione che le stesse fossero acquistate in proprietà da società dedicate e che fosse concessa in garanzia una partecipazione totalitaria nel capitale di tali società. Inoltre, sulla base delle pattuizioni del contratto di locazione finanziaria stipulato, l’acquisto delle autovetture da parte della A.B. Fleecto avveniva su richiesta ed in base alle indicazioni della A.B., cosicché ogni autoveicolo acquistato dalla società partecipata entrava automaticamente nella disponibilità dell’utilizzatore. L’A.B. quale utilizzatore, stabiliva la durata della locazione finanziaria degli autoveicoli sulla base delle sue esigenze operative, a volte contrattando con le case automobilistiche e decidendo il momento di collocamento sul mercato dell’usato degli autoveicoli e corrispondeva alla partecipata Avis Fleecto un canone mensile determinato per contratto in modo da consentire di coprire gli ammortamenti del capitale investito nella flotta auto gli interessi passivi sostenuti sui finanziamenti destinati a finanziare l’acquisto degli autoveicoli, nonché ogni altro onere di gestione da essa sostenuto più un margine fisso contrattualmente stabilito.
Per tale motivo, essendoci una locazione finanziaria veniva eseguita una unica formalità presso il P.R.A. poiché i veicoli immatricolati veniva direttamente iscritti con annotazione della società locataria e con indicazione della data di scadenza del relativo contratto. Ricordavano le ricorrenti, come l’art. 91 del d.lgs. n. 285/1992 (c.d. Codice della Strada) stabiliva che “I motoveicoli, gli autoveicoli ed i rimorchi locati con facoltà di acquisto sono immatricolati a nome del locatore, ma con specifica annotazione sulla carta di circolazione del nominativo del locatario e della data di scadenza del relativo contratto” e che “le indicazioni di cui sopra sono riportate nella iscrizione al P.R.A.” e, al comma 2 dell’art. 93, stabilisce che “l’ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri provvede all’immatricolazione e rilascia la carta di circolazione intestandola a chi si dichiara proprietario del veicolo, indicando, ove ricorrano, anche le generalità dell’usufruttuario o del locatario con facoltà di acquisto o del venditore con patto di riservato dominio, con le specificazioni di cui all’art. 91”. La ricorrenti, quindi spiegavano di avere effettivamente trasferito nel territorio della Provincia Autonoma di Bolzano la loro sede legale nel 2013 come da documenti in atti, l’A.B. aveva acquisito in locazione un’unità immobiliare dotata dei necessari beni strumentali ed utenze a Bolzano, come da documenti in atti, compresa la flotta di autoveicoli di cui era proprietaria in quanto li aveva immatricolati presso l’Ufficio della motorizzazione civile, ora Ufficio del Dipartimento per i trasporti terrestri, di tale Provincia e poi li aveva iscritti nel relativo P.R.A., parte dei locali era stata sub affittato alla controllata A.F. così come era accaduto anche quando le stesse avevano la sede legale a Roma.
Inoltre, l’A.B. disponeva di propri dipendenti, era intestataria delle utenze e aveva esercitato la propria attività nel territorio del predetto comune per il tramite non solo dei propri amministratori, ma anche convocando e tenendo riunioni del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci, mantenendo a Roma una sede amministrativa. La stessa cosa aveva fatta la partecipata, esercitando in via continuativa la propria attività nel territorio della Provincia di Bolzano. Rappresentava che la controllata Avis Fleecto pur non disponendo di propri dipendenti per condizione imposta dai finanziatori, aveva esercitato la propria attività nel territorio del comune di Bolzano per il tramite non solo dei propri amministratori, convocando e tenendo riunioni del consiglio di amministrazione e dell’assemblea dei soci, ma anche delle prestazioni di servizi che, sulla base del contratto per la prestazione di servizi infragruppo, le erano state fornite in via continuativa dalla ricorrente gestendo, fra l’altro, importanti ed onerose funzioni relative alla gestione della flotta, il tutto come da documenti in atti quali verbali di cda. Le parti evidenziavano come la Provincia Autonoma di Bolzano aveva offerto, alle società di autonoleggio che erano disposte a stabilirsi nel suo territorio, una pluralità di vantaggi economici ed amministrativi di cui avevano goduto con il trasferimento della sede legale A seguito del trasferimento, infatti, vi era stato il passaggio della gestione delle pratiche relative alle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione nel pubblico registro automobilistico alla sede provinciale dell’A.C.I. della Provincia Autonoma di Bolzano, nonché delle pratiche relative all’immatricolazione e al rilascio delle carte di circolazione agli uffici del Dipartimento del Territorio della medesima provincia, che aveva consentito di beneficiare di una notevole velocizzazione dei tempi di disbrigo di tali pratiche, nonché di un rilevante miglioramento della loro gestione, essendo assai più ridotto il bacino di utenti di tali uffici e, al tempo stesso, più efficiente ed integrata la loro organizzazione anche grazie alla creazione di sportelli dedicati alle imprese. Inoltre, il trasferimento della sede legale a Bolzano aveva comportato anche il passaggio delle pratiche relative alle violazioni del codice della strada alla prefettura di tale provincia autonoma, nonché delle pratiche relative alla riscossione delle sanzioni irrogate per tali violazioni all’Agente della Riscossione della medesime provincia, consentendo di beneficiare della velocizzazione dei tempi di disbrigo di tali pratiche con rilevante miglioramento della loro gestione, poiché le stesse venivano definite quasi in via amministrativa, senza quindi necessità di presentare ricorso al Prefetto o all’Autorità Giudiziaria ordinaria, realizzando un ingente risparmio di costi amministrativi e legali. Ed ancora, il trasferimento di sede aveva garantito una riduzione degli oneri da sostenere per l’assicurazione relativi agli autoveicoli destinati al noleggio, risultando notoriamente le tariffe praticate dalle imprese di assicurazioni per i soggetti residenti nella Provincia Autonoma di Bolzano più basse per la sussistenza nei territori di tali enti di un minore rischio di sinistri, furti e danneggiamenti rispetto a quella sussistente nel territorio della provincia di Roma. Infine, le società potevano fruire di risparmi non marginali per l’acquisto di autoveicoli direttamente sul mercato tedesco anche grazie al bilinguismo in vigore nella Provincia Autonoma di Bolzano. La ricorrente spiegava che pur avendo fornito detti chiarimenti alla Citta Metropolitana di Roma questa, aveva ugualmente contestando con gli atti impugnati l’aggiramento della disciplina dell’Ipt ed accertato lo stesso tributo per l’anno 2016 sia alla controllante A.B. che alla controllata Avis Flecto.
Le ricorrenti sostenevano, quindi, l’infondatezza del recupero operato dalla Citta Metropolitana basato sul presupposto che il trasferimento delle sedi legali delle società ricorrenti fossero solo formale e di conseguenza che bisognava far riferimento alla sede di Roma, quale sede amministrativa, con recupero dell’ipt versata a Bolzano, poiché con il trasferimento di sede si era attuato un dirottamento illegittimo del gettito della IPT dalla Citta metropolitana di Roma a favore di tali enti territoriali autonomi. Tale condotta avrebbe presentato i presupposti previsti dall’art. 10-bis dello Statuto del contribuente Le parti ricorrenti quindi, ripercorrevano la normativa Ipt evidenziando come il tributo, era disciplinato dall’art 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, che al comma 1, aveva stabilito che le province potevano, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, istituire l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. Al comma 2, era stato previsto che l’imposta era applicata sulla base di apposita tariffa determinata secondo le modalità di cui al comma 11, le cui misure potevano essere aumentate, anche con successiva deliberazione approvata nel termine di cui all’art. 54, fino ad un massimo prima del 20% successivamente elevato al 30% per cento, ed era dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità. Le tariffe erano state fissate con il D.M. 27 novembre 1998, n. 435, che aveva determinato la misura dell’imposta correlandola al tipo e alla potenza dei veicoli e stabilendo che per gli atti soggetti ad IVA essa era determinata in misura fissa. La misura fissa prevista per gli atti soggetti ad iva, successivamente era stata abrogata dal D.L. n. 138 del 2011, art. 1, comma 12, conv. in L. n. 148 del 2011, e quindi con l’entrata in vigore della legge di conversione, anche per soggetti iva l’ipt era stata resa variabile. Tale norma però non era stata applicata alle Province Autonome le quali, in virtù dell’autonomia statutaria loro accordata avevano mantenuto l’applicazione dell’IPT in misura fissa per i soggetti iva anche per le autovetture con potenza superiore ai 53 Kw Il legislatore con decreto-legge n. 174/2012 aveva riconosciuto ai contribuenti la facoltà di presentare la richiesta delle formalità di iscrizione, trascrizione e annotazione degli autoveicoli presso i P.R.A. di ogni provincia, prevedendo che il relativo gettito fiscale fosse destinato alla Provincia nel cui territorio si trova il P.R.A. presso il quale era eseguita la formalità, successivamente con l’introduzione del co.1 bis era stata modificato il criterio per destinare il gettito alla Provincia che non veniva più individuata sulla base del PRA di formalità ma sulla base di dove era collocata la sede legale o residenza del soggetto passivo, inteso come avente causa o intestatario del veicolo.
A livello Provinciale le parti ricostruivano la norma a seguito dell’emanazione del Regolamento Provinciale Ipt evidenziando come pur avendo la Provincia di Roma nei propri regolamenti applicato le diverse maggiorazione previsti dal legislatore nazionale, con il Regolamento provinciale n. 80/05 e successive integrazioni, all’art 6 co. 2.
La Provincia di Roma aveva previsto tra i casi di esenzioni, con applicazione quindi della sola tariffa base del DM, tutte le formalità iscrizioni e trascrizioni effettuate dalle società di noleggio di vetture senza conducenti. Tale esenzione con Delibera del Commissario Straordinario n. 347 del 17 dicembre 2014, era stata estesa anche alle società di leasing, al dichiarato fine di incentivare le società che acquistavano gli autoveicoli in locazione finanziaria a mantenere la propria sede nel territorio della Provincia di Roma e per “agevolare il ritorno delle sedi legali delle società in precedenza trasferitesi in altri territori” Le ricorrenti infine richiamavano l’art 12 del suddetto regolamento n. 80/05 in cui era stato espressamente previsto che l’accertamento andava notificato entro il terzo anno successivo a quello in cui la formalità era stata eseguita. Sottolineavano come con subentro della Città Metropolitana alla Provincia di Roma, il nuovo ente aveva emanato un nuovo regolamento ipt n. 47/16, con delibera del 15.06.2016 in detto regolamento veniva modificato il termine dell’accertamento portandolo a cinque anni sulla base del richiamo fatto all’art 1 co. 161 della L 296/06 Le ricorrenti in relazione alla normativa vigente presso la Provincia Autonoma di Bolzano richiamavano l’art. 12 della legge provinciale n. 9/98 con cui anche la Provincia Autonoma di Bolzano aveva istituito l’IPT, stabilendo che agli atti e alle formalità individuate con il decreto del Ministero delle Finanze emanato ai sensi dell’articolo 56, comma 1, del” d.lgs. n. 446/1997 (art. 13) per ciascun veicolo, al momento della richiesta delle formalità” (art. 14) era applicata l’ipt . All’art. 16 la Legge provinciale, definiva la misura del tributo applicabile, e al comma 1, veniva specificato che l’ammontare dello stesso era determinato per tipo e potenza dei veicoli sulla base di un’apposita tariffa approvata con deliberazione della Giunta provinciale secondo le modalità e i limiti stabiliti dall’articolo 56, comma 11 del d.lgs. n. 446, che poteva essere soggetta a variazioni entro i limiti stabiliti dal medesimo articolo con provvedimento della Giunta da emanare entro il 31 ottobre di ogni anno”, al comma 5, era stato successivamente aggiunto dal comma 1 dell’art. 2 della legge provinciale 21 dicembre 2011, n. 15, la norma secondo cui per le formalità di competenza della Provincia relative agli atti soggetti ad IVA rimaneva ferma l’applicazione della misura fissa di Euro 150,81.
In conclusione, per la ricorrente dall’esame delle disposizioni della legge statale e provinciale che disciplinavano l’IPT emergeva chiaramente che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Citta Metropolitana il criterio di territorialità di tale imposta non era costituito dal luogo dove sarebbe collocata la sede amministrativa del soggetto passivo d’imposta, in quanto le predette disposizioni della legge statale e provinciale lo identificano sempre e soltanto, per le società e gli altri enti, nella provincia in cui era collocata la “sede legale” del soggetto passivo d’imposta.
Nel merito le ricorrenti, in via preliminare, sostenevano l’infondatezza del recupero, eccependo la nullità dell’atto impugnato per intervenuta decadenza sulla base dell’art 56 co. 4 Dlvo 446/97 poichè il contestato omesso pagamento dell’ipt per il periodo d’imposta 2016 era avvenuto con atto di accertamento notificato nel 2022 anziché nel 2019 che rappresentava il termine di decadenza triennale, poiché per le ricorrenti l’applicazione del termine quinquennale per la notifica dell’accertamento contenuto nel regolamento, sulla base dell’art 1 co.161 L 296/06, non poteva trovare applicazione nel caso di specie, essendo previsto in materia di accertamento dell’IPT uno speciale termine di decadenza triennale decorrente dalla data in cui le formalità erano state eseguite. Sul punto evidenziavano come l’art. 2 L 952/77 aveva infatti introdotto nel comma 5 una disposizione espressa in materia di decadenza dal potere di accertamento dell’imposta erariale di trascrizione, stabilendo che tale imposta “deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data in cui la formalità è stata eseguita” e l’applicabilità di tale termine di decadenza triennale era stata espressamente confermata anche per l’IPT, laddove al comma 4 dell’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997, ultimo periodo, stabiliva che “l’imposta suppletiva ed i rimborsi devono essere richiesti nel termine di tre anni dalla data in cui la formalità è stata eseguita”. Il termine triennale di decadenza era stato, altresì, espressamente recepito anche dalla stessa Provincia di Roma nel Regolamento IPT 80/05 e ss e poiché, a mente dell’art 52 Dlvo 446/97, era nella facoltà delle provincie determinare tramite regolamento anche i termini dell’accertamento, avendo la Provincia di Roma nel regolamento n. 80/05 e ss stabilito che l’accertamento andava notifica entro tre anni dal giorno in cui la formalità era stata eseguita, detto termine doveva essere applicato ratione temporis Per le ricorrenti tali disposizioni non potevano ritenersi implicitamente abrogate dal nuovo termine contenuto del regolamento della Citta Metropolitana, sulla base del comma 161 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 perché, il combinato disposto dell’art. 52 e del comma 4 dell’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997 aveva espressamente affidato alle Province la disciplina dell’accertamento di tale imposta. Inoltre le parti ricorrenti sosteneva che la Provincia di Roma aveva chiaramente manifestato la volontà di mantenere fermo il termine di accertamento triennale sancito dal comma 2 dell’art. 12 del Regolamento IPT pro tempore vigente anche dopo l’entrata in vigore del comma 161 della legge n. 296/2006, avvalendosi dei poteri che le erano stati conferiti dalle disposizioni sopra individuate, perché, pur avendo apportato nel tempo numerose modifiche al predetto Regolamento, aveva lasciato immutata la disposizione che sanciva il termine triennale di decadenza. In tal senso, richiamava giurisprudenza della CTR del Lazio sentenza 2141/2017, n. 2141 Inoltre, avendo la Città metropolitana modificato il Regolamento nel 2016 in base agli art 19 e 20 del suo regolamento metropolitano erano fatti salvi i rapporti giuridici perfezionati e gli effetti prodotti in base al regolamento abrogato, sia perché, come affermato dalla Corte di Cassazione lo statuto del contribuente vietava l’applicazione retroattiva delle norme tributarie, sia per assenza di una deroga esplicita dei termini di cui all’art 3 stat del contrib .
Le parti ricorrenti, comunque evidenziavano che seppure fosse stata accolta la possibilità di applicazione del termine quinquennale per la notifica dell’accertamento de quo sulla base dell’art 1 co.161 L 296/06, l’accertamento sarebbe stato tardivo sulla base del comma 2 dell’art. 11 del Regolamento Metropolitano IPT vigente poiché esso stabiliva che “in caso di mancato pagamento verrà emesso motivato avviso di accertamento da notificarsi entro il termine di decadenza di cinque anni dal giorno in cui i versamenti avrebbero dovuto essere effettuati, come previsto dall’art. 1 co. 161 della L. 296/2006”. Le ricorrenti, quindi sostenevano che la disposizione contenuta nel nuovo regolamento metropolitano, non prevedeva un termine fisso, per il quale il termine di decadenza era sempre il 31 dicembre del quinto anno successivo, ma era un termine mobile poiché, sulla base del regolamento metropolitano, il quinquennio iniziava a decorrere dal giorno in cui il versamenti avrebbero dovuto essere effettuato L’ente resistente quindi sarebbe comunque decaduto dal potere di accertamento anche sulla base del suo stesso regolamento se si considerava che l’art. 5 del Regolamento prevedeva che il versamento dell’imposta “per le formalità di prima iscrizione dei veicoli al PRA, doveva essere effettuato entro il termine di sessanta giorni dalla data di effettivo rilascio dell’originale della carta di circolazione” e “per le formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione relative ai veicoli già iscritti al PRA deve essere effettuato entro il termine di sessanta giorni dalla data di formazione dell’atto”. La Citta Metropolitana, quindi, nell’atto inviato avrebbe dovuto indicare il termine entro il quale l’iscrizione o la trascrizione avrebbero dovuto essere effettuate, perché era da tale termine che cominciava a decorre il quinquennio, considerato che le iscrizioni e le trascrizioni da parte delle ricorrenti non erano state effettuate tutte a fine dicembre 2016. Sul punto evidenziavano, come ne l’accertamento ne l’allegato 1 parte integrante dell’atto contenevano tale elemento. In merito a ciò le ricorrenti, eccepivano un ulteriore vizio di nullità dell’atto impugnato poiché in esso mancava ogni riferimento alla data in cui la formalità o il versamento doveva essere eseguito la carenza di tali elementi per le parti, dimostravano che la Citta Metropolitana aveva errato nell’individuare il presupposto impositivo che era legato alla richiesta di registrazione delle formalità all’Aci. Le parti inoltre sostenevano che nell’ipotesi si fosse ritenuto applicabile l’art 10 bis, l’accertamento notificato nel 2022, poiché l’ente aveva goduto del termine di proroga di 60 giorni in esso contenuto, era da considerarsi tardivo data la violazione dell’art 76 Cost poiche nella legge delega il parlamento non aveva attribuito al governo di inserire la proroga dei termini ordinari di accertamento in caso di contestazione dell’abuso del diritto , per cui la notifica dell’atto avvenuta nel 2022 era tardiva per incostituzionalità del co 7 dell’art 10 bis. Eccepivano anche la decadenza rispetto al termine di notifica dell’atto sulla base dell’art 10 bis perché l’accertamento era stato notificato il 29 aprile 2022, quindi oltre il termine di 60 giorni decorrenti dal 24.2.2022 giorno in cui l’ente aveva ricevuto i chiarimenti richiesti alle parti ricorrenti. Ne poteva avere valore la proroga di 11 giorni concessa dall’ente per la produzione di documentazione ulteriore, poiché l’ente stesso aveva riconosciuto di avere ricevuto con atto datato 24.02.2022 risposta all’Invito ai chiarimenti ai sensi dell’art. 10-bis e di avere concesso alla società, su richiesta pervenuta in data 22.02.2022 un differimento di 11 giorni per la sola trasmissione dei documenti richiesti contestualmente alla richiesta di chiarimenti emessa ai sensi del comma 6 dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000. Lo stesso ente nella risposta alla richiesta di proroga del termine per la trasmissione di documenti (allegato n. 10 di parte ricorrente) sottolineava come la legge non prevedeva la facoltà di richiedere una proroga rispetto ai 60 giorni a disposizione del contribuente per fornire i richiesti chiarimenti, né tantomeno prevedeva la possibilità per l’Amministrazione di concedere siffatta proroga, anche considerato che la risposta del contribuente alla richiesta di chiarimenti, ovvero il decorso infruttuoso del suddetto termine, costituiva il dies a quo per la decorrenza, a pena di decadenza, del termine di 60 giorni assegnato all’Amministrazione per notificare l’atto impositivo Le parti quindi evidenziavano come era stata lo stesso ente impositore a distinguere la richiesta di chiarimenti avanzata ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 e la contestuale richiesta di documentazione avanzata nei confronti delle parti ed a rimarcare che soltanto la risposta formulata dal contribuente alla prima di tali due richieste risultava idonea a costituire dies a quo per il decorso del termine di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento ai sensi del comma 7 di tale articolo. Eccepiva l’errata motivazione dell’accertamento poiché in esso l’ente aveva indicato l’ipt applicabile in € 196.000 per i veicoli sino a 53 Kw invece di € 151,00 come si evinceva da vari regolamenti, stesso ragionamento valeva per le auto vetture con cavalli superiori a KW superiori a 53.
Nel merito le parti ricorrenti sostenevano la violazione dell’art 7 dello stat del Contrib, per la carenza di motivazione dell’accertamento sotto vari profili. Con riferimento al recupero dell’imposta le parti eccepivano la mancanza di elementi essenziali nell’allegato 1 ove erano presenti il numero di targa di molteplici veicoli, e l’indicazione generica della formalità per cui non si comprendeva se si tratta di iscrizione, trascrizione e annotazione, come pure l’assenza della data in cui in cui le formalità relative ai veicoli indicati sarebbero state poste in essere così come la data in cui il relativo versamento sarebbe scaduto, l’assenza di tali elementi impedivano alle ricorrenti di verificare sia la fondatezza della pretesa avanza nei loro confronti sia di verificare se le operazioni considerate erano state effettivamente poste in essere da loro e di conseguenze che l’imposta poteva essere pretesa a loro carico, questo perché l’ipt andava versata anche su atti diversi la cui formalità poteva essere richiesta da altri soggetti, di fatto quindi le parti attraverso l’atto di accertamento per come era strutturato non erano state poste nella possibilità di verificare la correttezza degli importi liquidati e se erano di loro competenza. La mancanza dei requisiti essenziali, facevano sorgere dei dubbi circa la corretta quantificazione dell’imposta sulla base del Regolamento sia antecedente che di quello metropolitano, ove era stabilito l’applicazione dell’ipt base per gli atti che riguardavano le società di noleggio senza conducente, come pure per le società di leasing il cui locatore previo annotazione del contratto, aveva residenza a Roma.
Appariva evidente come la carenza di tutti gli elementi evidenziati non solo rendeva incerto il quantum richiesto ma impediva anche alle ricorrenti, di fatto di potere verificare la correttezza della pretesa erariale.
Evidenziavano, inoltre, come negli atti di accertamento l’ente metropolitano aveva sostenuto che i dati riportati nell’allegato all’accertamento erano emessi sulla base dei dati forniti da ACI, ma tale affermazione non risultava dimostrata, in quanto era stato omesso l’allegazione di tale dato non allegato all’avviso di accertamento, ne dalla Tabella allegata si desumeva il presupposto della pretesa impositiva avanzata nei confronti delle ricorrente, né le modalità con cui l’ente impositore aveva eseguito la liquidazione dell’IPT, tanto che le parti evidenziavano che se la Tabella allegata e parte integrante dell’accertamento rappresentava la trasfusione dei dati aci, ugualmente sarebbe stata priva degli elementi essenziali come evidenziato in precedenza. Le parti ricorrenti, quindi, sostenevano la violazione dell’art 7 stat anche in relazione alla mancata allegazione dei dati aci richiamati in motivazione e non allegati ne riprodotti per stralcio negli atti notificati.
Le parti ricorrenti, comunque, ritenevano non integrato la figura dell’abuso del diritto con riferimento alla sede legale, sia perchè le società nel 2012 avevano già una sede secondaria a Bolzano e quindi avevano versato l’ipt sempre alla Provincia autonoma e successivamente nel 2013 era stata trasformata in sede legale, con affitto di locali diversi. La sede legale aveva un contratto di affitto, personale che ivi lavorava e presso la stessa si erano riunito gli organi assembleari, come da documenti in atti, richiamando anche il parere pro veritatis dell’Avv Escalar.
Richiamava anche la Nota del mef del 31 ottobre 2012, n. 23970 ove appunto veniva chiarito con un esempio pratico che la sede legale era intesa in senso formale. Sostenevano inoltre che la Citta Metropolitana non avendo contestato l’abuso del diritto per le operazioni relative all’ipt compiute negli anni precedenti al 2016, per i quali erano decorsi i termini di decadenza, la contestazione per il 2016, era illegittima anche tale profilo, richiamando sul punto ampia giurisprudenza di merito.
Le parti sostenevano inoltre, che il trasferimento di sede non integrava neppure l’elemento costitutivo della realizzazione di un vantaggio fiscale qualificabile come indebito poiché sicuramente nessun vantaggio fiscale si era realizzato per tutte le formalità aventi ad oggetto veicoli con Kw uguali o inferiori a 53, in quando per tali formalità tanto a Bolzano quanto a Roma i rispettivi regolamenti ipt, prevedevano la stessa imposta pari ad Euro 151,00, come da DM 435/98 ed inoltre entrambi i regolamenti sulla base delle norma nazionale identificavano il relativo criterio di territorialità fiscale nel luogo dove era situata la sede legale del soggetto passivo d’imposta inteso come acquirente o intestatario del veicolo e non nel luogo in cui risultava collocata la sede effettiva o amministrativa del soggetto passivo d’imposta, secondo quanto invece sostenuto dalla Citta Metropolitana e, pertanto, il versamento dell’ipt presso la Provincia Autonoma di Bolzano in cui risulta collocata la sede legale delle ricorrente ove gli autoveicoli era stati iscritti al P.R.A., dopo esservi stati immatricolati, non era in contrasto con la finalità di tali norme. Sul punto la parte evidenziava come la stessa Provincia di Roma con delibera del Commissario Straordinario n. 347 del 17 dicembre 2014 aveva esentato dall’aumento della tariffa base dell’IPT anche le “formalità relative alla prima iscrizione di veicoli acquistati da società di leasing con contestuale annotazione della locazione a soggetto residente in Provincia di Roma”, oltre a “diminuire l’aliquota dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile” proprio al dichiarato fine di utilizzare “la leva fiscale” come incentivo rivolto alle società che acquistavano autoveicoli in locazione finanziaria a mantenere la propria sede legale nel territorio della Provincia di Roma o “ad agevolare il ritorno delle sedi legali delle società in precedenza trasferitesi in altri territori”. Con tale atto ufficiale per le parti ricorrenti, non solo era stata riconosciuta la legittimità del trasferimento effettuato dalle società medesime delle sedi legali nelle Province Autonome di Bolzano e Trento, ma era anche stato riconosciuto che il criterio di territorialità dell’IPT era identificabile nella sede legale e non nella sede dell’amministrazione o effettiva delle società.
Riteneva, comunque non integrato il presupposto abusivo sussistendo delle valide ragioni economiche ed extrafiscali, prevista dall’art 10 bis stat del contrib, poiché il trasferimento da parte della ricorrente e della controllata della sede legale nel territorio della provincia autonoma di Bolzano era giustificato da valide ragioni economiche e extrafiscali legate ad una pluralità di vantaggi economici ed amministrativi che la Provincia Autonoma aveva offerto alle società di autonoleggio che erano disposte a stabilirsi nel suo territorio tra cui:
1) la riduzione dei tempi di immatricolazione attraverso lo sportello integrato pratiche autonoleggi con call center dedicato (per immatricolazioni, versamento imposta provinciale di trascrizione, disimmatricolazioni, versamento e rimborso delle tasse auto);
2) la realizzazione di uno sportello dedicato Equitalia;
3) l’avvio di procedure online dedicate agli autonoleggiatori per la riduzione dei tempi amministrativi nell’esecuzione delle pratiche automobilistiche;
4) la stipula di accordi di programma e operativi con la motorizzazione per garantire il necessario stock di targhe automobilistiche nei mesi ad alto tasso di immatricolazione;
5) la stipula di una convenzione con la direzione provinciale di Poste Italiane per l’attivazione di procedure dedicate nel recapito di violazioni al codice della strada ed altri servizi in house a favore della categoria degli autonoleggiatori;
6) lo sviluppo di un polo assicurativo da parte di banche e di assicurazioni per l’offerta in pool di prodotti assicurativi mirati agli operatori del rent a car con sede legale in provincia di Bolzano e/o ai consorzi da questi costituiti;
7) la possibilità di richiedere il rimborso parziale del bollo per le auto non più in possesso (esportazione, furto, demolizione) ai sensi del Decreto del Presidente della Provincia n. 24 del 29 giugno 2011, senza limiti di durata, con esenzione per i veicoli metano/gpl e ibridi per 36 mesi, riduzione dei costi di esazione e possibilità di pagare la prima tassa auto senza sanzioni ed interessi entro il mese successivo alla prima immatricolazione;
8) la possibilità per le imprese concedenti veicoli in locazione finanziaria di eseguire cumulativamente il versamento delle tasse automobilistiche per i veicoli immatricolati (Legge provinciale 11 ottobre 2012, n. 18);
9) la possibilità di convenzionamento con Safety park per l’utilizzo dei servizi del centro guida sicura e le attività di formazione e di istruzione alla guida;
10) il supporto operativo di BLS (Bussiness location Sudtirol -società di servizi della provincia di Bolzano) nella ricerca di personale (accordi con agenzie);
11) il supporto operativo BLS nella ricerca di uffici e unità immobiliari da adibire a uso commerciale;
12) il sostegno BLS nella presentazione alla provincia di richieste di contributi e finanziamenti agevolati;
13) il supporto operativo di Assoimprenditori della provincia per l’organizzazione di attività formative e gestione delle pratiche di ammissione ai contributi Fondimpresa;
14) l’introduzione di una agevolazione sui canoni di affitto degli immobili a uso commerciale mediante un contributo del 75 % nel primo anno e 50% nel secondo anno calcolato sul canone di affitto corrisposto per immobili adibiti a nuove attività imprenditoriali in Alto Adige;
15) la possibilità di fruire di una agevolazione per investimenti in beni materiali immobili e mobili ai sensi della Legge provinciale n. 4 del 13 febbraio 1997 e della Legge provinciale n. 9 del 15 aprile 1991; 16) la possibilità di fruire di agevolazioni alle imprese per investimenti in know-how ai sensi della Legge provinciale n. 4 del 13 febbraio 1997; e 17) la disponibilità di fondi per la ricerca e sviluppo ex Legge Provinciale n. 14/20 Le ricorrenti, quindi attraverso allegazioni documentali, riepilogavano concretamente tutti i vantaggi economici ottenuti con il trasferimento della sede legale a Bolzano evidenziando come oltre a beneficiare della maggiore efficienza degli uffici di Bolzano e specificatamente di uffici dedicati alle grandi flotte;
avevano ottenuto una riduzione di contenziosi ed il rimborso di quote di tassa automobilistica non dovute, come da dichiarazione prodotta, consentendo un risparmio annuo di circa Euro 290.000,00 di cui Euro 90.000,00 per minori costi dalla agenzia incaricata del disbrigo delle pratiche amministrative e delle contestazioni per violazioni del codice della strada e relativo risparmio dei costi di personale perché alcune risorse interne dedicate alle violazioni del codice della strada non era state più necessarie. Vi era stato lo sblocco pegni sui crediti vantati verso ACIGLOBAL per un importo superiore al milione di euro. La riduzione dei costi assicurativi dal 2013 quando la sede legale era Roma rispetto al 2016 quando la sede legale era Bolzano, era è pari a un importo superiore a 4 milioni di Euro. Le negoziazioni con importatori italiani per l’acquisto di autovetture di fabbricazione tedesca Volkswagen e Audi aveva consentito di ottenere maggiori sconti, facendo leva sulla possibilità di acquistare tali autoveicoli a prezzi inferiori direttamente sul mercato tedesco stante il bilinguismo in vigore nella provincia autonoma di Bolzano che aveva consentito più agevoli rapporti con i produttori tedeschi e l’eliminazione dei costi accessori e dei relativi tempi riferiti all’ immatricolazione. Il minor costo di acquisto di tali autovetture, nel triennio 2015- 2017, era quantificato in circa 5.5 milioni di Euro. Inoltre con decreto dell’Assessore alle Finanze, la Provincia Autonoma di Bolzano si era assunta il costo di ciascun pagamento elettronico relativo alla tassa automobilistica, pari a Euro 1,87, e considerando che i pagamenti effettuati ogni anno a tale titolo erano stati circa 90.000 nel periodo di 6 anni in cui tale decreto era stato in vigore aveva prodotto effetto il minor costo complessivo sostenuto è quantificabile in oltre 1 milione di Euro Inoltre le società evidenziavano come a livello burocratico avevano potuto beneficiare di un rapporto con l’amministrazione finanziaria della Provincia di Bolzano basato su un approccio al contribuente assolutamente efficiente e disponibile rispetto ai vari uffici di Roma.
Sottolineando come era un dato di fatto che le dichiarazioni dei redditi a Bolzano venivano controllate entro l’anno successivo a quello di presentazione e che ogni possibile contestazione veniva risolta velocemente con il funzionario incaricato con una semplice telefonata o scambio di e-mail, mentre le verifiche degli uffici finanziari presso la Regione Lazio venivano effettuate con notevole ritardo a ridosso della scadenza dei termini di decadenza di 5 anni. A mero titolo esemplificativo, le ricorrenti rappresentavano come una richiesta di rimborso era stata tratta recentemente dall’Agenzia entrate di Bolzano e risolta il giorno stesso di presentazione della relativa PEC a fronte di una richiesta di rimborso IRES versata in eccesso per gli anni 2006-2011 che giaceva ancora inevasa presso gli uffici competenti della Agenzia delle Entrate di Roma. In merito alla società Avis Flecto, infine, veniva evidenziata come la stessa era priva di sede legale autonoma e di personale anche quando era sul territorio di Roma, per via della segregazione del patrimonio voluto dalla banche come meglio articolato nel ricorso, per cui la contestazione mossa dall’ente resistente su Bolzano per la stessa era infondata poiché non si era modificano l’assetto societario, rispetto a quando la sede legale era presente sul territorio Romano e non aveva destato alcuna eccezione da parte dell’ente. Le società quindi ritenevano che avendo di fatto trasferito la sede legale a Bolzano, non vi era stato alcun aggiramento della criterio di territorialità legato al dato formale e quindi il versamento dell’ipt a Bolzano era legittimo, e non vi era abuso del diritto stante le molteplici valide ragioni economiche ed extra fiscali che soggiaceva all’operazione compiuta. Infine eccepivano la violazione dell’art 10 bis della stat del contribuente in ordine al quantum recuperato poiché la Citta Metropolitana oltre a quando già dedotto in precedenza aveva recuperato per intero l’ipt, senza tener conto che poteva essere recuperato, in caso di abuso di diritto, solo l’indebito vantaggio fiscale ottenuto e quindi avrebbe dovuto detrarre quando versato a Bolzano come IPt, con riguardo solo alle autovetture superiore ai 53Kw poiché per quelle sino a 53 kw l’aliquota ipt versata a Bolzano era uguale a quella che avrebbero versato a Roma sulla base dei regolamenti più volte richiamati, che invece risultavano ugualmente oggetto di recupero nell’atto impugnato.
Concludeva per accoglimento del ricorso, in via subordinata per riduzione dell’ipt richiesta e non debenza delle sanzioni Le parti depositavano memorie illustrative in prossimità dell’udienza di discussione nelle quali oltre a ribadire tutte le deduzione eccezioni formulate nell’atto di ricorso, evidenziavano come alcune posizioni in ordine all’errato presupposto impositivo, alla violazione dell’art 10 bis per mancata scomputo delle somme versate alla Provincia autonoma di Bolzano, erano state condivise anche dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dall’agente della Riscossione del Trentino intervenuti nel processo. In merito poi alla mancanza di abuso del diritto nella condotta tenuta dalle ricorrenti, in sede di memoria di repliche le parti depositavano la sentenza n 14524/22 depositato il 19.12.2022 Corte di giustizia Tributaria di primo grado di Roma emessa seppure in diversa composizione collegiale per l’annualità 2015 ipt tra le medesime parti processuali, che aveva accolto totalmente il ricorso anche in relazione alla non esistenza dell’abuso del diritto, errata quantificazione dell’imposta richiesta. Si riportavano quindi alle conclusione di cui ai ricorsi e quando già dedotto nei vari atti del giudizio insistendo nelle conclusioni rassegnate nel ricorso principale
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La Citta Metropolitana nel costituirsi in giudizio oltre a riprodurre la ricostruzione normativa della IPT e quella dell’abuso del diritto già contenute nelle motivazioni degli atti di accertamento impugnati, sottolineava anche attraverso una serie di specchietti riepilogativi come sin dal 2013, la Provincia di Roma ora Citta Metropolitana aveva seguito lo spostamento delle società di noleggio da Roma verso Bolzano e Trento, per effetto della modifica normativa sull’ipt che aveva uniformato per le regioni a statuto ordinario, il pagamento dell’imposta dei soggetti iva ai soggetti non iva con applicazione quindi per tutti i soggetti dell’ipt variabile e non più fissa mentre le Provincie autonome, stante il dettato dell’art 116 Cost, avevano potuto continuare ad applicare l’ipt in misura fissa ai soggetti iva. Tale modifica normativa unita alla possibilità di versare l’ipt su base nazionale avendo come riferimento il pra del luogo ove avveniva il versamento, aveva portato il legislatore a modificare il modo per individuare la provincia competente a ricevere il versamenti ipt identificandola non più sulla base del pra d’iscrizione o trascrizione ma in quella ove era situata la sede legale o la residenza del soggetto richiedente la formalità.
Entrando nel merito delle contestazioni sollevate dalle ricorrente in ordine all’eccezione di decadenza, sulla base dell’applicazione del termine contenuto nel Regolamento Provinciale n. 80/05 e ss modifiche, che prevedeva come termine di accertamento tre anni anche in base al dettato normativa di cui all’art 56 co 4 Dlvo 446/97, ne sosteneva l’infondatezza, evidenziando come il termine triennale contenuto nell’art 56 co.4 Dlvo citato era riferito al rimborso e alla richiesta di pagamento dell’imposta suppletiva che derivava da errori di calcolo commessi dall’ente che non era il caso che riguardava le resistenti. Inoltre, sempre in relazione al regolamento n. 80/05, che conteneva il termine triennale per l’accertamento dell’omesso versamento ne sosteneva l’inapplicabilità, poiché il legislatore nazionale aveva introdotto il termine quinquennale per la notifica degli accertamento dei tributi locali, con l’art 1 co. 161 L 296/06, prevedendo che detto termine si applicasse anche ai rapporti pendenti. Riteneva quindi che il regolamento applicabile era quella emesso dalla resistente nel 2016, poiché aveva recepito la normativa statale. Richiamava sul punto sentenza della Corte di Cassazione sent del 2016 secondo cui la L 296/06 aveva abrogato dal 1 luglio 2007 il previgente Dlvo 507/93 art 71 e si applica ai sensi del predetto art 1 comma 171 anche ai rapporti d’imposta precedenti alla data della sua entrata in vigore dal 1.1.2007 che aveva aumentato da tre a cinque anni il potere di accertamento dell’ente. Ne riteneva fondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art 10 bis nella parte in cui prevedeva che i termini di accertamento fossero prorogati di 60 giorni, poiché detta proroga serviva all’ente per verificare la fondatezza o meno delle osservazione che la parte poteva fornire a seguito dell’invito, mandato il 31 dicembre 2021 con la richiesta di chiarimenti. Ne riteneva 14 fondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art 10 bis nella parte in cui prevedeva che i termini di accertamento fossero prorogati di 60 giorni, poiché detta proroga serviva all’Af per verificare la fondatezza o meno delle osservazione che la parte poteva fornire a seguito dell’invito, rispetto al 31 dicembre 2021 quando era stata inoltrata la richiesta di chiarimenti. Ne riteneva fondata l’eccezione di decadenza per aver notificato l’atto oltre i 60 giorni dalla risposto fornita a seguito della richiesta dell’ente, poche l’ente aveva accordato la proroga per il deposito documentale, la notifica dell’accertamento aveva subito la proroga concessa per esaminare i documenti depositati Ne riteneva fondata l’eccezione di decadenza con riferimento al termine mobile, che le parti ricorrenti sostenevano essere presente nel regolamento metropolitano, evidenziando come il termine era fisso sulla base del dettato normativo statale recepito e richiamato nel regolamento metropolitano del 2016.
In relazione all’eccezione di carenza di motivazione dell’atto per mancata allegazione della documentazione dell’aci richiamata in accertamento così come per la mancata indicazione della formalità per le quali veniva richiesta l’ipt, ne sosteneva l’infondatezza nel proprio atto di costituzione, nel quale in risposta alla doglianza delle ricorrenti anche di errata identificazione del presupposto impositivo e dell’impossibilità di verificare l’esattezza dell’imposta, depositava convenzione tra aci e resistente.
L’ente resistente sosteneva la pretestuosità delle doglianze delle resistenti in ordine all’errata individuazione del presupposto impositivo, affermando come l’indicazione della targa del veicolo unitamente agli altri elementi non serviva per individuare chi era proprietario del bene tassato, ma per permettere alla parte di individuare le formalità riferite al veicolo. In relazione alla carenza di legittimazione passiva sollevata dalla A.B. Flecto come pure in ordine alla duplicazione di imposta, perché richiesta sia alla controllata che alla controllante che aveva in locazione finanziaria le autovettura dalla società controllata, ne sosteneva l’infondatezza sul presupposto che tra la società di leasing controllata e la società controllante ed utilizzatrice delle stesse vi era una coobligazione solidale per il pagamento dell’ipt, come da regolamento provinciale e per tale motivo riteneva corretta la notifica anche alla controllata del medesimo accertamento.
Sul punto nelle memorie di replica l’ente sosteneva la fondatezza del recupero nei confronti della Soc Flecto quale coobligata sostenendo l’applicabilità all’ipt della normativa dell’imposta di registro che all’art 57 del d.p.r. n.131 del 1986,disciplinava ipotesi di coobligazione solidale sul presupposto che l’ipt fosse assimilabile all’imposta di registro.
Nel merito la Citta Metropolitana sosteneva la strumentalità dell’operazione attuata e la mancanza di sostanza economica del trasferimento della sede operata dalle parti ricorrenti che diveniva chiara se esaminata alla luce della cronologia degli eventi legislativi, che venivano nuovamente ripercorsi nell’atto di costituzione, richiamando anche il D.lgs. n. 68/2011 che, aveva portato alla riforma della fiscalità dell’ I.P.T che aveva gravato solo sulle Regioni a statuto ordinario poiché quelle a statuto speciale avevano mantenuto invariato il metodo originario di determinazione dell’I.P.T per i soggetti iva, operando quindi una politica di contenimento dell’ipt La politica di agevolazioni fiscali delle provincie autonome contrapposte alle politiche di inasprimento fiscale delle regioni a statuto ordinario avevano creato il fenomeno del trasferimento delle società di noleggio.
In relazione alla normativa ipt ripercorreva la stessa evidenziando come dalla sua lettura emergeva che il presupposto impositivo del tributo era collegato alla sede legale, che nel caso di specie non poteva essere considerato Bolzano, ma doveva essere considerata Roma, perché il personale dipendete impiegato a Bolzano era inferiore come unità come pure la stessa sede legale era più piccolo per estensione. Alcuni cda si era tenuti presso la sede di Roma, riproponendo quando già articolata nella motivazione dell’accertamento in ordine all’inadeguatezza del prove offerte delle parti per sostenere la genuità dell’operazione, i cui effetti era dovute a valutazione ex post.
Di conseguenza il trasferimento della sede legale da parte del ricorrente, aveva generato un indebito vantaggio fiscale perché contrario al principio di territorialità fiscale ipt legata al luogo di residenza del proprietario del bene.
Per la resistente l’abuso del diritto era dimostrato anche dalla mancata prova dei vantaggi extrafiscali che la parte avrebbe dovuto ottenere dal trasferimento, poichè per la stessa, le ricorrenti aveva addotto fatti di natura generica. Osservava ad esempio, come non fosse significativo il richiamo alla riduzione dei tempi di disbrigo delle pratiche non solo perché vi era un ridotto bacino di utenza degli Uffici P.R.A. di Bolzano, ma anche perché il dato era smentito dal fatto che gli uffici di Bolzano avevano in certi periodi un maggior carico di lavoro, anche di Roma.
In merito alla decadenza per non avere provveduto a notificare l’accertamento entro i termini il decadenza con riferimento al 2013, ne sosteneva l’infondatezza poiché l’oggetto dell’accertamento non era rappresentato dal trasferimento della sede legale, ma dall’omesso versamento dell’IPT nel 2016.
Sostenendo che il fatto che aveva generato la condotta abusiva era stata quella di mantenere, anche nel periodo d’imposta 2016, una sede legale priva di una sua sostanza, per cui ciò che veniva in rilievo ai fini della decorrenza del potere accertativo, era il periodo d’imposta in cui doveva essere effettuato il pagamento dell’ipt e non era avvenuto. Nel caso di specie, considerato che oggetto di verifica era il pagamento della ipt relativa all’annualità 2016, l’atto di accertamento sulla base del regolamento risultava tempestivo.
In merito alla richiesta di scomputo da quando accertato delle somme versate per gli anni oggetto di recupero alle Provincie autonome, per la Città Metropolitana non era possibile giuridicamente e, come tale, andava rigettato.
Osserva sul punto come ogni ente impositore, soprattutto quando si parlava di tributi propri derivati come l’ipt., poteva effettuare operazioni di compensazione, rimborso ed estinzione solo nell’ambito dell’attuazione del tributo di propria spettanza. Al contrario, non poteva essere operata la compensazione di somme tra enti diversi, attesa la specifica ed esclusiva competenza di ogni Ente relativamente al singolo tributo di propria competenza, ed in questa cornice interpretativa che doveva essere colloca la norma di cui all’articolo 10-bis, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, nella parte in cui affermava che l’ente accertatore doveva tener conto “di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazione, sostenendo che era evidente, infatti, che la norma andava intesa nel senso che l’importo da scomputare doveva era stato versato al medesimo ente impositore. La Citta metropolitana chiedeva quindi il rigetto del ricorso. Depositava in prossimità dell’udienza di discussione memorie illustrative in cui ribadiva e approfondiva i concetti di cui in costituzione, soprattutto con riferimento alla nascita dell’autonomia tributaria degli enti locali e dei principi costituzionali ad essa sottesi, nonché atti parlamentari dai quali si sarebbe dovuta desumere la natura anti abusiva dell’obbligo del trasferimento della sede legale in senso sostanziale e non formale.
Nel merito depositava pvc redatta dalla Gdi F di Bolzano su richiesta della Regione Lazio nel 2021, nell’ambito della vicenda tar, a dimostrazione dell’inesistenza reale delle sedi legali. Insisteva come da conclusioni già rassegnate.
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Si costituiva l’Alto Adige Riscossioni chiamata in giudizio dalla ricorrente a seguito di notifica di istanza di rimborso unitamente al ricorso e all’atto di accertamento della Citta Metropolitana. La società di riscossione eccepiva in via preliminare il difetto di legittimazione attiva. In via subordinata senza rinunciare all’eccezione preliminare sosteneva la legittimità dei versamenti operati dalla ricorrente a favore della Provincia autonoma di Bolzano e l’inesistenza dell’abuso di diritto contestato dalla Citta Metropolitana.
L’agente della riscossione eccepiva la decadenza della Città metropolitana di Roma dal potere di contestare il trasferimento della sede legale poiché avvenuta prima del 2015 ed esattamente nel 2013, evidenziando come la notifica dell’accertamento era avvenuta dopo oltre otto anni dal trasferimento societario della sede legale avvenuta nel 2013, sostenendo così come la parte ricorrente la violazione del termine decedenziale triennale.
Sul punto l’agente della riscossione richiamava il disposto dell’art art. 56, co4, del D.lgs. n. 446/1997, ai sensi del quale le province disciplinano “la liquidazione, la riscossione e la contabilizzazione dell’imposta provinciale di trascrizione e i relativi controlli, nonché l’applicazione delle sanzioni per l’omesso o il ritardato pagamento dell’imposta stessa” e “l’imposta suppletiva ed i rimborsi devono essere richiesti nel termine di tre anni dalla data in cui la formalità è stata eseguita” tale norma andava letta in combinato disposto con l’art. 5, comma 51, DL n.953/1982, nella parte in cui prevede che “l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute (…) per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento”.
Conseguentemente, l’azione di recupero dell’IPT relativa all’anno 2015 avrebbe dovuto essere notificata entro l’anno 2018. L’ufficio, sosteneva, comunque, che seppure successivamente il legislatore con l’art. 1, comma 161, Ln. 296/2006 aveva stabilito il termine di cinque anni per la notifica dell’accertamento di tributi di competenza degli gli enti locali, aveva altresì stabilito che ” Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettua..” evidenziando sul punto come l’IPT non era un tributo proprio delle province ma era un tributo derivato per cui il termine di cinque anni per la notifica dell’atto non si applicava Rilevava, inoltre, come a mente del regolamento Ipt n. 80/2005 della Provincia di Roma il termine per notificare l’accertamento era di tre anni e poichè, solo successivamente, nel 2017 il Regolamento provinciale era stato sostituito dal un nuovo Regolamento metropolitano, approvato con deliberazione del Consiglio Metropolitano n. 47/2016, che aveva introdotto il termine di “cinque anni dal giorno in cui i versamenti avrebbero dovuto essere effettuati”, tale termine non poteva applicarsi ai tributi del 2016 perché non era vigente in detto anno e quindi la sua applicazione retroattiva, violava il divieto contenuto nella L 212/00 che all’art. 1, comma 2 che affermava che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.
L’ente di riscossione, comunque riteneva tardivo il recupero anche al di là della decadenza richiamata, poiché la Citta Metropolitana aveva ritenuto che il presupposto dell’abuso del diritto era il trasferimento di sede a Bolzano, avvenuta però nel 2013 per cui la contestazione avrebbe dovuto essere effettuata, alla società ricorrente, anche al fine di salvaguardare le contestazioni per gli anni successivi, entro il 2016 con riferimento all’annualità 2013 poiché i vantaggi fiscali oggetto di contestazione non potevano protrarsi ed estendersi ad annualità successive al 2013, in assenza di notifica di accertamento per tale anno, per cui la contestazione era illegittima sotto tale profilo.
Ne poteva affermarsi che la sola permanenza nel territorio della Provincia di Bolzano poteva qualificarsi come operazione abusiva ai sensi dell’art. 10 bis L n 212/2000, di conseguenza poiché il periodo d’imposta 2013, non poteva più essere oggetto di accertamento per abuso del diritto, per decorso del termine di decadenza e, ciò impediva di recuperare le annualità successive; richiamava sul punto sentenza della Corte di Cassazione.
Eccepiva la violazione del principio di affidamento con riferimento anche alla Provincia di Bolzano che aveva esercitato la propria funzione impositiva sulla base dei dati relativi ai veicoli iscritti presso il Pra di Bolzano, perché la società ricorrente disponeva e dispone, di una sede legale situata nel territorio della stessa Amministrazione provinciale, circostanza di per sé idonea a consentire l’iscrizione degli autoveicoli presso il PRA di Bolzano.
Di conseguenza in merito all’individuazione del soggetto passivo, sosteneva, sulla base di richiami alla norme statali e provinciale che l’Amministrazione finanziaria competente per la riscossione dell’ipt era quella del luogo nel cui PRA il veicolo era iscritto in base alla sede legale e non alla sede amministrativa, della società.
Nel merito osserva come la Provincia autonoma aveva esercitato la propria funzione impositiva sulla base della richiesta dell’odierna ricorrente o per suo conto ai sensi dell’art. 15 L.P. n. 9/1998, di trascrivere al P.R.A. di Bolzano i veicoli de quibus nonché dei dati relativi ai veicoli iscritti presso il P.R.A..
All’atto della trascrizione dei veicoli la società ricorrente disponeva, come a tutt’oggi dispone, di una sede legale nel territorio della stessa Amministrazione provinciale ed era dunque pienamente titolata a richiedere la trascrizione degli autoveicoli presso il PRA di Bolzano. Sottolineava come tale circostanza emergeva dall’indirizzo di sede aziendale iscritto nel Registro delle imprese della CCIAA di Bolzano, allegato in atti, ricordando la funzione legale del regime pubblicitario di iscrizione ai sensi dell’art. 2, comma 2, ed all’art. 8 della L. 29 dicembre 1993, n. 580, e rammendando come i fatti iscritti in tale registro avessero efficacia dichiarativa ai sensi dell’art. 2193 cod. civ. e pertanto l’attività svolta dagli enti e della Provincia di Bolzano erano tutelati dal principio di legittimo affidamento.
Nel merito dopo aver ripercorso la normativa statale e quella della Provincia autonoma sottolineava come le differenze riscontrabile tra i due regime tributari fra Città metropolitana di Roma e Province autonome di Bolzano e anche Trento, era che le Province autonome avevano potuto mantenere l’originario principio generale di alternatività tra l’IVA e l’IPT.
Richiamava sul punto l’art 17, comma 6, del D.lgs. n. 68/2011 che aveva stabilito che “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 56, comma 11, del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono modificate le misure dell’imposta provinciale di trascrizione (IPT) di cui al decreto ministeriale 27 novembre 1998, n. 435, in modo che sia soppressa la previsione specifica relativa alla tariffa per gli atti soggetti a I.V.A. e la relativa misura dell’imposta sia determinata secondo i criteri vigenti per gli atti non soggetti ad IVA.”. La Provincia di Bolzano, invece con l’art 2, comma 1, della L.P. 21 dicembre 2011, n. 15, aveva previsto l’applicazione dell’IPT in misura fissa per le formalità di propria competenza relative agli atti soggetti ad IVA.
Per le formalità di competenza di Bolzano pertanto, nel caso di iscrizione o trascrizione al P.R.A. di passaggi di proprietà di veicoli per i quali era stata corrisposta l’IVA o nel caso di annotazione di formalità assoggettate ad IVA, era dovuta l’IPT in misura fissa pari ad di Euro 151,00, poiché la Provincia Autonoma di Bolzano non aveva utilizzato la facoltà di aumentare le tariffe fino al 30%, rispetto a quelle statali come da DM 438/1998.
L’ente inoltre sosteneva in via generale come sia sulla base della normativa statale che del codice della strada che della normativa della Provincia autonoma, il soggetto passivo dell’IPT era il richiedente o altro soggetto nel cui interesse era richiesta la trascrizione dell’autoveicolo al P.R.A., come previsto anche dall’art. 15 della L.P. n. 9/1998, mentre la proprietà era il presupposto previsto dagli art. 93 e 94 del Codice della strada per richiedere l’immatricolazione ed ottenere l’intestazione della carta di circolazione. Per cui riteneva che la norma contenuta nell’art 1 bis dell’art 56 citato avesse solo la funzione di individuare da un punto di vista contabile le provincie abilitate a ricevere il pagamento. L’ente quindi sosteneva che la Provincia competente alla riscossione dell’IPT era quella nel cui territorio si trova il PRA presso cui sia era stata chiesta la trascrizione del veicolo; ne vi era alcuna disposizione normativa che obbligasse una persona giuridica a trascrivere un veicolo nella provincia nella quale si trova la propria sede legale asseritamente dissimulata. Evidenziava comunque che la società ricorrente aveva ufficializzato nel 2013 il trasferimento della sede legale da Roma a Bolzano e la Provincia autonoma poteva legittimamente confidare nel fatto che a Bolzano si trovasse la sede legale effettiva sulla base degli artt. 16 e 46 cod. civ. Per cui riteneva che era inopponibile alla Provincia autonoma di Bolzano una eventuale diversa sede legale effettiva rispetto alla sede legale registrata a Bolzano, per cui se fosse stato vero quando sostenuto dalla Citta Metropolitana di Roma, in ordine alla sede della ricorrente, comunque ne la Citta Metropolitana ne la parte ricorrente avrebbe potuto richiedere il rimborso di quando percepito come ipt, in buona fede dalla Provincia di Bolzano. Eccepiva inoltre la violazione del principio di territorialità dell’IPT con il trasferimento del gettito dalla Provincia di Bolzano alla Città metropolitana di Roma, in quanto, nel caso delle c.d. “Grandi Flotte di autonoleggio”, queste si spostavano su tutto il territorio nazionale e non solo a Roma.
Richiamava a tal fine l’art. 7 della L. 42/09 Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, evidenziando come questa contemplasse i “Principi e criteri direttivi relativi ai tributi delle regioni e alle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali” e, fra questi principi prevedeva, al comma 1, lett. d), il principio di territorialità per individuare le modalità di attribuzione alle regioni del gettito dei tributi regionali istituiti con legge dello Stato e delle compartecipazioni ai tributi erariali definiti in conformità al principio di territorialità di cui all’articolo 119 della Costituzione. A tal fine, la norma individuava 4 ipotesi che dovevano essere tenuto in conto per stabilire la connessione con il principio di territorialità il primo riferito al luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi mentre per i servizi, il luogo di consumo era identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale così ivi definito e specificato; mentre per gli per i tributi basati sul patrimonio il luogo di localizzazione dei cespiti; il luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione; mentre per i tributi riferiti ai redditi delle persone fisiche si faceva riferimento alla residenza del percettore.
L’agente riscossione evidenziava, quindi, come l’ipt non rientrava in nessuna delle categoria esaminate e pertanto il principio di territorialità utilizzato dalla Citta Metropolitana era illegittimo, perché seppure l’ipt potesse essere inquadrato nel novero dei servizi il principio di territorialità andava ricercato in base al fruitore finale del servizio, ne tale norma era stata modificata dal D.lvo 68/2011 Quindi, su tale aspetto normativo, l’ente interveniente sosteneva che le norme statali o non contenevano alcun criterio in merito all’applicazione del principio di territorialità con riferimento all’IPT oppure, se lo conteneva, questo era rappresentato dal domicilio del soggetto fruitore finale ai sensi art. 7, comma 1, lett. d), della L. 5 maggio 2009, n. 42, mancando però una normativa attuativa per l’applicazione di un siffatto criterio, essa non era decisiva, a tal fine perché la sede legale della società che noleggiava autoveicoli, che non era il soggetto fruitore finale.
Ne il principio di territorialità aveva modo di applicarsi come preteso dalla Città metropolitana di Roma, sulla base della presunta sede legale “dissimulata” in Roma, perché i veicoli delle Grandi Flotte di autonoleggio, essendo destinati alla locazione senza conducente, erano noleggiati e circolavano su tutto il territorio nazionale e non certo tutti nel territorio della Città metropolitana di Roma e comunque se fosse stato applicabile tale principio l’ipt andava diviso tra tutte le provincie ove i mezzi circolavano e non solo in quella romana.
Nel merito evidenziava, come l’allegato n. 1 all’accertamento rappresentava il dettaglio di quando richiesto in via generale nell’atto di accertamento e di come in detto “Allegato 1” erano riportate le targhe di veicoli, la relativa potenza in kW ed il calcolo dell’IPT secondo la tariffa “romana”, e risultava poco chiara il modo in cui era stato effettuato il calcolo Chiariva infatti che il regolamento della Citta Metropolitana, per le società di autonoleggio di veicoli senza conducente così come per le società di leasing, applicava la tariffa base del Dm senza maggiorazione, per cui la tariffa per le auto sino a 53 Kw il Dm prevedeva una tariffa base di € 151,00 la stessa applicata dalla Provincia autonoma, la differenza di tariffa quindi si aveva solo per le auto con più di 53 kw dove Bolzano applicava sempre 151,00 € mentre la Citta Metropolitana applicava la tariffa base di 3,51 Euro che andava moltiplicata per i Kw superiori a 53, per cui riteneva errato il calcolo ipt, per come riprodotto nell’allegato visionato L’ente sosteneva, come di fatto, nessun vantaggio fiscale era derivato alla società ricorrente per l’ipt versata sulle auto vetture sino a 53 kw poichè l’importo ipt applicata era uguale sia a Bolzano che a Roma, evidenziando come la maggior parte delle autovetture della ricorrente ricadevano in tale fascia di potenza.
L’agente riscossione sosteneva che l’errata applicazione della tariffa nell’accertamento era dovuto al fatto che la Città metropolitana di Roma avesse erroneamente individuato il presupposto d’imposta nella proprietà del veicolo, anziché nelle formalità di trascrizione, iscrizione, annotazione dei veicoli al P.R.A poiché nel “Allegato 1”, mancava ogni riferimento agli estremi delle formalità richieste presso il P.R.A., formalità costituenti il presupposto d’imposta. Ricordava, infatti, come l’IPT, diversamente dalla tassa automobilistica, era un’imposta d’atto, da applicare sulla singola formalità e non sul titolo di proprietà del veicolo, per cui l’indicazione puntuale della singola formalità era un elemento necessario e sostanziale dell’accertamento e, in assenza di tale precisa indicazione, l’atto era da ritenersi viziato, anche perché, non disponendo di tali elementi, il contribuente non era in grado di verificare la correttezza dell’attività accertativa dell’amministrazione, rilevando inoltre, come il passaggio di proprietà non era l’unica formalità soggetta ad IPT. L’ente inoltre evidenziava come il medesimo accertamento era stata notificato anche alla Società Avi Flecto controllata dalla ricorrente che era proprietaria dei veicoli concessi in locazione finanziaria alla ricorrente. Sul punto osserva come di regola l’annotazione della locazione avveniva contestualmente all’iscrizione dei veicoli al P.R.A. per cui era il locatario l’unico soggetto passivo dell’IPT. Anche sotto tale profilo l’atto di accertamento nei confronti nei confronti di entrambe le ricorrenti era illegittimo, non risultando, dalla vigente normativa, la responsabilità solidale del proprietario e del locatario utilizzatore.
Evidenziava, così come anche le ricorrente, la nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’art 10 bis stat contrib atteso che la pretesa impositiva della Città metropolitana di Roma non si era limitata agli importi che la società ricorrente avrebbe “risparmiato” trasferendo la sede legale sul territorio della Provincia di Bolzano ovvero il vantaggio fiscale indebito ottenuto dal trasferimento, bensì riguardava l’imposta per intero, quindi anche gli importi già versati a titolo di IPT alla Provincia autonoma di Bolzano, in relazione ai quali, però, la condotta elusiva era da escludersi.
Sottolineando come l’art. 10-bis della Legge n. 212/2000, posto a fondamento dell’attività accertativa della Città metropolitana di Roma, prevedeva che la contestazione doveva tenere conto “di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”. Ne conseguiva, come rilevato anche dalle ricorrenti, che la Città metropolitana di Roma avrebbe potuto eventualmente richiedere alle società contribuente il versamento solo della differenza di importi determinati dal confronto delle tariffe stabilite della Città metropolitana di Roma e quelle della Provincia autonoma di Bolzano per le autovetture con più di 53Kw, oltre alle relative sanzioni e agli interessi ma non l’intero importo dell’imposta e per tutte le auto, come invece emergeva dalla pretesa formulata negli avvisi di accertamento.
Ciò anche nel rispetto del principio che vietava la doppia imposizione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto. Concludeva quindi in via principale per estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione attiva. In via subordinata nullità dell’atto per tutti i profili di illegittimità dedotti.
Richiamava la sentenza sent n 14524/22 depositato il 19.12.2022 Corte di giustizia Tributaria di primo grado di Roma con riferimento all’annualità 2015.
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Si costituiva anche la Provincia Autonoma di Bolzano, la quale sosteneva in via pregiudiziale di essere legittimata a partecipare al giudizio de quo, poiché seppure non era stata destinataria diretta della notifica dell’atto di accertamento impugnato da parte delle società ricorrenti era sicuramente parte del rapporto controverso in quanto nella ricostruzione della vicenda operata dal ricorrente era stata chiamata a restituire l’imposta versata ai fini IPT dalla stessa.
La Provincia quindi con ricorso in adesione alle ricorrenti e all’agente della riscossione sosteneva in via preliminare la decadenza della Citta Metropolitana dal potere di contestare l’abuso del diritto poiché come il fatto contestato con l’accertamento de quo era il trasferimento asseritamente elusivo della sede legale da Roma a Bolzano ma poiché tale fatto era avvenuto nel 2013, questo avrebbe potuto essere contestato, dalla Città metropolitana di Roma alla società ricorrente, non più tardi della fine del 2016, non solo ai fini di eventuali accertamenti fiscali relativi agli anni di imposta dal 2013 al 2016 come il caso in discussione che riguardava IPT del 2016 , ma anche al fine di far salvi gli accertamenti fiscali relativi alle annualità successive, dal 2017 in avanti, come da principio desumibile dalla sentenza di Cassazione n. 9993/2018. Ne poteva affermarsi che la sola permanenza nel territorio della Provincia di Bolzano poteva qualificarsi come operazione abusiva ai sensi dell’art. 10 bis L n 212/2000, di conseguenza poiché il periodo d’imposta 2013, non poteva più essere oggetto di accertamento per abuso del diritto, per decorso del termine di decadenza, ciò impediva alla citta Metropolitana di recuperare le annualità successive, considerato anche che con riferimento al 2016 l’accertamento era tardivo, anche rispetto alla norma dell’art 10 bis poiché notificato nel 2022, mentre la norma sull’abuso prevedeva che l’atto dovesse essere notificato entro il termini di decadenza per l’accertamento ovvero il 31.12.2019 La Provincia Autonoma, inoltre condivideva l’eccezione di decadenza dal potere di accertamento, in adesione a quando espresso sia dalla ricorrente che dall’ente di riscossione, circa la non applicabilità del termine quinquennale previsto dal legislatore nazionale con l’art. 1, comma 161, L n. 296/2006 sia perché l’IPT non era un tributo proprio delle province ma era un tributo derivato per cui il termine di cinque anni per la notifica dell’atto non si applicava sia perchè il regolamento provinciale Ipt n. 80/2005 della Provincia di Roma aveva previsto come termine per notificare l’accertamento in tre anni e solo con la deliberazione del Consiglio Metropolitano n. 47/2016 detto termine era stato modificato con introduzione del termine di “cinque anni dal giorno in cui i versamenti avrebbero dovuto essere effettuati”, tale termine però non poteva applicarsi ai tributi del 2016 per l’ulteriore divieto contenuto dell’art 1 co. stat. Del contrib che vietata l’applicazione retroattiva delle norme tributarie affermando che “Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo”.
La Provincia inoltre sosteneva che avendo le società ricorrenti le loro sedi legali a Bolzano, essedo detta sede riscontrabile dalla camera di commercio, quale soggetto terzo nei confronti delle stesse per lei valeva il principio di affidamento e buona fede, ciò premesso la Provincia di Bolzano non mancava di evidenziare come la pretesa impositiva avanzata dalla Citta Metropolitana, così come evidenziato in precedenza dalle ricorrenti e dalla Società di riscossione, era illegittima per errata quantificazione del recupero, poiché per le auto autovetture sino a 53 Kw sia la Provincia Autonoma che la Citta metropolitana di Roma, sulla base del regolamento metropolitano della resistente e degli atti precedenti applicavano la stessa imposta pari ad € 151,00, avendo al Citta Metropolitana rinunciato ad applicare a particolari soggetti tra cui le ricorrenti, l’aumento del 30% con applicazione dell’aliquota base del DM, stesso ragionamento valeva per le vetture che superavano i 53 kw e per le quali a Roma si applicava l’aliquota base 3,51 € che andava moltiplicato per i Kw superiori i 53 Kw, come da prospetti presenti nelle memorie depositate. La Provincia di Bolzano pertanto sosteneva che nessun abuso del diritto poteva essere contestato per le auto vetture sino a 53 Kw poichè l’imposta ipt era la stessa a Bolzano come a Roma, ed evidenziando come il recupero della Città metropolitana fosse errato sotto tale aspetto. In merito al soggetto passivo dell’imposta, anche sulla base del Manuale operativo Aci, elaborato dal mef con la partecipazione dell’Aci, dopo la nascita dell’ipt e oggetto di continui aggiornamenti, evidenziava che si doveva far riferimento alla sede legale ove il soggetto aveva iscritto i beni al pra mentre non vi era alcun riferimento alla cd sede dissimulata, seguiva la ricostruzione normativa dell’art 56 Dlvo 446/97, per cui all’atto della trascrizione dei veicoli le società ricorrenti disponevano, come continuavano a disporre, di una sede legale nel territorio della stessa Amministrazione provinciale, come risultava dal Registro delle imprese, esse erano pienamente titolata a chiedere la trascrizione degli autoveicoli presso il PRA di Bolzano, ne a soluzione diversa si arrivava se si faceva riferimento all’art 46 e 16 cc, considerato che la Provincia di Bolzano era comunque terza rispetto alla ricorrenti;
ricordando anche come i fatti iscritti alla Camera di commercio avessero efficacia dichiarativa ai sensi dell’art. 2193 cod. civ.
In relazione al presupposto del recupero sosteneva l’errata individuazione dello stesso da parte della resistente Citta Metropolitana di Roma, poiché nell’avviso di accertamento era riportato il totale dell’importo richiesto con il rinvio, per il dettaglio, all’ “Allegato n. 1” nel quale erano riportati come dati le targhe di veicoli, la loro potenza in kW la data della formalità il calcolo dell’IPT secondo la tariffa vigente presso la Citta Metropolitana di Roma.
La Provincia Autonoma sosteneva, anch’essa come tali elementi dimostravano l’erronea individuazione del presupposto d’imposta portato dall’atto notificato perché basato sulla proprietà del veicolo, anziché sulle formalità di trascrizione, iscrizione, annotazione dei veicoli nel PRA, di cui l’accertamento non riportava alcun riferimento, essendo carente in ordine all’indicazione degli estremi delle formalità richieste al PRA su cui si chiedeva l’ipt.
Sottolineando come l’IPT, diversamente dalla tassa automobilistica, era un’imposta d’atto, da applicare sulla singola formalità e non sul titolo di proprietà del veicolo, l’indicazione puntuale della singola formalità era quindi un elemento necessario e sostanziale dell’accertamento e, in assenza di tale precisa indicazione, l’atto era da ritenersi viziato, anche perché, non disponendo di tali elementi, il contribuente non era in grado di verificare la correttezza dell’attività accertativa dell’amministrazione, rilevando come il passaggio di proprietà non era l’unica formalità soggetta ad IPT. Eccepiva inoltre l’errata quantificazione dell’imposta accertata per violazione dell’art 10 bis stat del contrib perché la Città metropolitana di Roma avrebbe potuto eventualmente richiedere alle società contribuente solo il versamento degli importi differenziali determinati dal confronto delle tariffe della Città metropolitana di Roma e quelle della Provincia autonoma di Bolzano, oltre alle relative sanzioni e agli interessi, ma non l’intero importo dell’imposta, come sostenuto anche dalla altre parti processuali e per come emergeva dalla pretesa formulata negli avvisi di accertamento; ciò anche nel rispetto del principio che vietava la doppia imposizione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto. L’avviso di accertamento era quindi viziato per violazione di legge, atteso che la pretesa impositiva della Città metropolitana di Roma non si era limitata agli importi che la società ricorrente avrebbe “risparmiato” trasferendo la sede legale sul territorio del Provincia Autonoma il c.d. presunto vantaggio fiscale indebito, bensì riguardava l’imposta per intero.
Sempre nel merito la provincia di Bolzano riteneva tardiva la richiesta di rimborso operata dalle ricorrente nei suoi confronti, poiché dal combinato disposto dell’art 2935 cc e art 56 Dlvo 446/97 cosi come l’accertamento anche il rimborso andava richiesto nel termine di tre anni dal pagamento, per cui sosteneva la decadenza nei suoi confronti dell’istanza di rimborso presentata dalla ricorrente e rigettata dall’ente. La provincia depositava memorie di replica nelle quali richiamava il giudicato formatosi nei confronti delle ricorrenti per l’annualità 2015, ribadiva tutto quando dedotto Concludeva quindi in via principale in adesione al ricorso principale l’annullamento dell’accertamento per tutte le violazioni di legge e di merito rilevate; in via subordinata per il rigetto dell’istanza di rimborso, in caso di rigetto della domanda principale, in via ulteriormente gradata la manleva dell’ente sulle somme eventualmente da rimborsare al ricorrente. Nelle memorie depositate in prossimità dell’udienza richiamava e ap0profondivia i vari argomenti trattati, anche alla luce della sentenza n 14524/22 depositato il 19.12.2022 Corte di giustizia Tributaria di primo grado di Roma emessa dall’ipt nei confronti delle medesime parte per l’anno 2015.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve ritenersi legittimo l’intervento adesivo spiegato nel presente giudizio da parte delle Provincia Autonoma di Bolzano, sulla base del ricorso notificato dalla ricorrente, poiché quale ente impositore dell’IPT, la stessa è titolare di un rapporto dipendente rispetto a quello oggetto di causa e quindi destinatario sul piano sostanziale degli effetti riflessi scaturenti dall’accoglimento o meno del presente giudizio. La Corte adita, invece, non è competente a decidere sul diniego di rimborso formulata dalla Provincia in quando su questo la competenza appartiene alla Corte di primo grado di Bolzano. Occorre dichiarare l’estromissione dal giudizio dell’agente della riscossione per palese carenza di legittimazione passiva in ordine alla vicenda generale.
Occorre evidenziare come il legislatore nazionale ha attribuito alle Provincie ora Citta Metropolitane oltre ai tributi sul trasporto su gomma; l’imposta provinciale di trascrizione cd IPT, imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile auto (RC Auto), compartecipazione alla tassa automobilistica che sostituisce i trasferimenti regionali soppressi ai sensi dell’art. 19 a partire dall’anno 2013, ancora applicata, anche ulteriori tributi propri derivati ovvero il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (art. 3, L. n. 549/1995); il tributo ambientale cd TEFA (art. 19, D.Lgs. n. 504/1992); il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (articolo 1, comma 816, della legge n. 160 del 2019), che sostituisce il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche di cui all’articolo 63 del D.lvo n. 446 del 1997; la tassa per l’ammissione ai concorsi (art. 1 del R.D. 21 ottobre 1923, n. 2361); i diritti di segreteria, disciplinati dall’art. 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604; è prevista inoltre la possibilità di istituire con D.P.R. un’imposta di scopo provinciale (articolo 20, comma 2, del D.Lgs. 68 del 2011).
A seguito di tale premessa va delineato il quadro coordinato delle varie disposizioni legislative che si incontrano con riferimento alla normativa che regola l’imposta provinciale di trascrizione cd IPT oggetto del presente giudizio, sottoposto all’esame di questo collegio, attesa la complessità del corpus normativo di riferimento, frutto della stratificazione nel tempo di vari interventi legislativi statali.
A livello legislativo nazionale, in via generale, i servizi relativi alla gestione dei dati riguardanti i veicoli sono affidati a due soggetti diversi il Dipartimento per i Trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale (DTT), attraverso gli uffici centrali e periferici della Motorizzazione Civile (UMC) e all’Automobile Club Italiano (A.C.I.), che gestisce il Pubblico registro automobilistico (P.R.A.).
Tale impostazione normativa deriva dal fatto che i veicoli sono soggetti al regime dei beni mobili registrati e pertanto, sono dotati di due documenti la Carta di Circolazione, obbligatoria per la circolazione su strada, il cui rilascio è affidato alla Motorizzazione Civile ai sensi dell’art 93 codice della strada e dal DM del Ministro dei trasporti e della navigazione ed è intestata a chi si dichiara proprietario del veicolo, indicando, ove ricorrano, anche le generalità dell’usufruttuario o del locatario con facoltà di acquisto o del venditore con patto di riservato dominio, con le specificazioni di cui all’art. 91 cod strad e il certificato di proprietà, rilasciato dal Pra ai sensi dell’art. 7, comma 2, della L 187/90 sulla base del RD 436/1927 e dal RD n. 1814/27.
Il Pubblico Registro Automobilistico cd Pra, gestito dall’ACI ente pubblico non economico che per conto dello Stato, svolge oltre alla funzione di pubblicità legale in relazione allo stato giuridico dei beni mobili registrati prevista dal codice civile, anche la funzione tributaria, poiché esso costituisce, ai sensi della legge n.53/83, il ruolo tributario dei contribuenti ai fini della individuazione del soggetto passivo della tassa automobilistica di competenza regionale e l’iscrizione in esso rappresenta anche il presupposto tributario dell’Imposta Provinciale di Trascrizione – IPT, di cui all’art. 56 del D.Lgs. n.446/97. L’Aci, inoltre, può gestire per conto delle Regioni e delle Province autonome le attività di riscossione e controllo delle tasse automobilistiche (Legge n. 449/1997), oltre che il recupero dei tributi e il contrasto all’evasione.
Recentemente il legislatore nazionale ha introdotto la carta unica di circolazione, che riunisce i due documenti, senza che all’unificazione dei documenti sia corrisposta l’accorpamento dei due enti che continuano ad a mantenere le loro rispettive competenze.
L’introduzione dell’imposta provinciale di trascrizione è stata attuata dalla legge di delega n. 662/96, che, al comma 149, lettera d), dell’art. 3, ha previsto l’attribuzione alle province della facoltà di istituire detta imposta, mantenendo il gettito complessivo dell’imposta erariale di trascrizione (IET) e della relativa addizionale provinciale (APIET), abrogate con l’art. 51, comma 2, lettera b) sempre del D. Lgs. n. 446 del 1997 e, ciò attraverso l’emanazione del D.M. n. 435 del 1998. (Risoluzione MEF n. 49/00).
Da un punto di vista costituzionale, quindi, l’IPT rientra nel genus dei c.d. tributi derivati perché attribuiti dal legislatore nazionale alle regioni o agli enti locali, identificati sulla base dell’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale che si è formata a partire dal 2003 (ex multis Corte Costituzionale nn. 296/2003; 381/2004; 75/2006) e rimasta costante nel tempo.
Caratteristica dei tributi derivati, è quella di essere tributi statali rispetto alla cui disciplina originaria le regioni e gli enti locali hanno margini di intervento modificativo negli ambiti e limiti fissati dalla legge statale che ha istituito e regolato il tributo attribuito. Tale situazione non si è modificata neppure successivamente all’emanazione della L n. 42/09 e del D.lvo 68/11, poiché come rilevata dalla Corte Costituzionale nel 2019, seppure in una sentenza che aveva ad oggetto la Tar, le Regioni e le Provincie a statuto speciale come le Regioni a statuto ordinario, incontrano un limite nel rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio ex art 81 Cost a cui soggiacciono anche gli enti locali minori.
Il potere legislativo delle Provincie autonome, si fonda anch’esso su quando stabilito dal legislatore costituzionale e ordinario che con l’art 73 co 1 bis del DPR 670/72 ha statuito che «Le province, relativamente ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità, possono in ogni caso modificare aliquote e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni purché nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale».
Tale comma è stato oggetto di esame da parte della Corte Costituzionale, in molteplici sentenza ex multis sent n. 2/2012; 323/2011; n. 357/2010, in cui la Corte ha stabilito che detta disposizione statutaria va interpretata nel senso che, nell’ipotesi in cui il gettito di un tributo erariale sia interamente devoluto alle Province autonome, queste, ove la legge statale consenta loro una qualche manovra sulle aliquote, sulle esenzioni, sulle detrazioni o sulle deduzioni, possono liberamente compiere una qualsiasi di tali manovre, purché essa non abbia l’effetto economico di superare il limite delle «aliquote superiori» fissate dalla legge statale; circostanza questa che ha portato la giurisprudenza costituzionale ad affermare che la determinazione da parte dello Stato della misura minima delle tariffe, c.d. misura di equilibrio finanziario, come pure delle agevolazioni ed esenzioni del tributo in questione, rientri nel novero degli elementi essenziali impositivi fissati dallo Stato e rispetto ai quali, pertanto, l’ente locale non ha alcun margine di intervento, se non nei limiti fissati dal legislatore nazionale volta a mantenere l’equilibrio di bilancio.
Pertanto, da quanto sopra evidenziato, discende che, fino a quando non sarà attuato a pieno l’autonomia finanziaria e tributaria degli enti locali, delineato dall’art. 119 della Costituzione, le province, sia quelle autonome che quelle a statuto ordinario, non possono intervenire sulle tariffe IPT se non nei limiti stabiliti dal legislatore nazionale. (prot 12605/2009 Mef direzione Federalismo Fiscale).
Il legislatore nazionale, quindi con l’art. 56, del D. Lgs. n. 446 del 1997, ha istituito l’ipt stabilendo che le province possono, con regolamento adottato a norma dell’art. 52, istituire l’IPT sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al PRA avente competenza nel proprio territorio mentre l’imposta è applicata sulla base di un’apposita tariffa contenuta nel D.M. n. 435 del 1998, la quale può essere aumentate dalla provincie, anche con successiva deliberazione approvata nel termine di cui all’art. 54, fino ad un massimo del 30%.
Le tariffe contenute nel D.M. 27 novembre 1998, n. 435, sono emanate ai sensi del comma 11 del citato art. 56, e devono “…. garantire il complessivo gettito dell’imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico e la relativa addizionale provinciale”, poiché i trasferimenti erariali verso le Province sono stati riparametrati, a regime, in virtù delle disposizioni previste dal comma 2 dell’art. 61 dello stesso D.Lgs. n. 446 del 1997, in base al quale “A decorrere dall’anno 1999 il fondo ordinario spettante alle province è altresì ridotto di un importo pari al gettito previsto per il predetto anno per imposta erariale di trascrizione, iscrizione e annotazione dei veicoli al pubblico registro automobilistico di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952”, ma il legislatore ha anche previsto al comma 2 dell’art. 56 che le maggiorazioni di gettito conseguenti agli eventuali aumenti deliberati dalle Province “non saranno computate ai fini della determinazione dei parametri utilizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1997, n. 244, ai fini della perequazione della capacità fiscale tra province”.
Il legislatore nazionale, quindi, ha determinato la misura dell’imposta da versare per le formalità, sulla base di aliquote contenute nel Dm 435/98, correlandola al tipo e alla potenza dei veicoli, in modo tale che l’applicazione delle tariffe base portasse a far si che il gettito della nuova ipt, fosse uguale al gettito derivato dall’imposta erariale e dall’addizionale provinciale soppresso su tutto il territorio nazionale. In un momento successivo è stato previsto, che anche agli atti soggetti iva fosse applicata, non più l’aliquota fissa, ma quella variabile. Dopo tali modifiche normative, quindi l’ipt viene calcolato, sui kilowattora degli autoveicoli – nuovi ed usati – a prescindere che l’atto sia soggetto a iva o meno, e per le autovetture di potenza fino a 53 Kw l’aliquota base è pari ad euro 150,81 mentre per quelle oltre i 53 Kw l’importo dell’IPT si calcola moltiplicando il nr. dei KW per l’aliquota base di € 3,51 arrotondato all’euro, aliquota base che le Provincie possono maggiore fino al massimo del 30%.
Le province Autonome di Bolzano e Trento, all’indomani delle modifiche normative riferite al calcolo ipt per gli atti soggetti ad iva, hanno stabilito di continuare ad applicare la tariffa in misura fissa ovvero € 150,81 a tutti gli atti soggetti a iva, sia a quelli fino a 53 Kw che a quelli sopra i 53Kw. Tale potere normativo locale, trae origine dalla norma statale contenuta nel co 1 bis dell’ art 73 del DPR 670/ 72 già richiamato ed esaminato e dalla Costituzione.
Successivamente all’istituzione dello Sportello telematico dell’automobilista cd S.T.A. ad opera del D.P.R., n. 358/00, l’immatricolazione e l’iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi ed usati, i trasferimenti di proprietà e le radiazioni, possono essere effettuate in via telematica su tutto il territorio nazionale ed il legislatore in fase di conversione del Dl 174/2012, ha introdotto il co1 bis all’art 56 Dlvo 446/92 con il quale ha previsto che la destinazione del gettito dell’ipt, riscossa a livello nazionale vada alla provincia ove ha la residenza la persona fisica o si trova la sede legale delle persone giuridiche, in luogo del criterio precedente in base al quale l’ipt andava versta alla Provincia presso il cui Pra era richiesta la formalità (Nota n. 23970/2012 del Mef Direzione legislazione Tributaria e Federalismo Fiscale del 31.10.2012).
Il presupposto dell’imposta è la richiesta al PRA di formalità di trascrizione iscrizione ed annotazione, ai sensi dell’art. 5 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1814, dell’art. 56, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997, del D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, e degli articoli 2683 cc e seguenti, che riguardano l’acquisto di nuove autovettura o usate o la loro vendita, per quello che qui interessa tra le formalità d’iscrizione rientrano tutti i titoli destinati all’iscrizione originaria o prima iscrizione, nel Pubblico Registro di un veicolo mentre tra le formalità di annotazione rientrano gli atti di trasferimenti di proprietà del veicoli, quindi la vendita e l’acquisto di autovettura usate. L’iscrizione dell’acquisto di auto nuove o l’annotazione delle vendita di auto usate al Pra costituisce da un punto di vista civilistico lo strumento per dare pubblicità legale ai trasferimenti di proprietà ed agli altri diritti sugli autoveicoli ex art 2683 e ss c.c, quali ipoteca, pignoramenti, fermi amministrativi e altro, svolgendo l’iscrizione al Pra una funzione analoga a quella che la trascrizione assolve per i beni immobili (Cass ord 20652/21), anche se a differenza della trascrizione immobiliare ex art. 2643 cc, quella mobiliare è posta su base reale, cioè viene eseguita avendo riguardo al bene oggetto della vicenda e non al suo titolare. Per tale motivo la L. n. 187/90, all’ art. 7 co 2, dispone che gli uffici del PRA rilasciano, al momento della prima iscrizione del veicolo e di ogni altra successiva formalità, il certificato di proprietà che attesta lo stato giuridico del bene mobile, il quale è atto diverso dalla carta di circolazione o libretto di circolazione, che viene rilasciato dall’UMC, disciplinato dall’art 93 e ss cod strad che rappresenta invece il documento necessario alla circolazione del veicolo.
Dalla lettura sistematica delle norme citate emerge, inoltre, che le disposizioni recate dall’art. 56 vanno coordinate con l’art. 52 dello stesso D. Lgs. n. 446/97, rispetto al quale l’art 56 è norma speciale, infatti l’art 52 disciplina in via generale lo strumento del regolamento, atto attraverso il quale le province ed i comuni possono disciplinare le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene all’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota dei singoli tributi, che soggiacciono al cd riserva di legge ex art 23 Cost, anche se nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Il comma 3 del medesimo articolo prevede che nelle province autonome di Trento e Bolzano, i regolamenti sono adottati in conformità alle disposizioni dello statuto e delle relative norme di attuazione.
A livello locale, quindi, in attuazione del combinato disposto degli artt. 52 e 56 del D. Lgs. 446/1997 e successive modificazioni, la Provincia di Roma con delibera del Consiglio Provinciale n. 80 del 18/02/2005 e successive integrazioni ha istituito l’Imposta Provinciale di Trascrizione sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli iscritti al P.R.A, individuando sulla base del dettato normativo art 52 il termine entro cui notificare l’accertamento fissandolo in tre anni.
Tale regolamento è stato modificato, quando la Città Metropolitana, in virtù della L 56/14, subentrando alla Provincia a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, comprese le entrate provinciali, ha emanato un nuovo regolamento il n 47/2016 che è stato approvato nel giugno del 2016, e a mente dell’art 52 co.2 Dlvo 446/97 richiamato dal medesimo regolamento, è entrato in vigore 1 gennaio 2017. Il nuovo regolamento differisce da quello in vigore sino al 2016 per la modifica dei termini di notifica dell’atto di accertamento che sono stati portati da tre a cinque anni; mentre è rimasto invariato il dettato dell’art 6 co. 2 che continua a prevedere espressamente che “Sono esenti dal pagamento dell’aumento della tariffa di base IPT di cui all’art. 56 comma 2 del d.lgs. n. 446/97 e successive modificazioni e integrazioni, determinata con D.M. n. 435/1998: a. le formalità relative a veicoli uso locazione senza conducente richieste a favore di imprese esercenti i servizi di locazione veicoli senza conducente” e tale agevolazione è stata confermata anche per le formalità relative alla prima iscrizione di veicoli acquistati da società di leasing con contestuale annotazione della locazione a soggetto residente in Provincia di Roma, introdotta con la delibera del Commissario Straordinario n. 347 del 17/12/2014 ed entrata in vigore il 1.1.2015.
L’art 6 regolamento nella parte conclusiva specifica che per tali tipologie ” .. si applicano esclusivamente le tariffe di base di cui alla tabella allegata al D.M.27/11/1998, n. 435.” ( delibera del Consiglio Provinciale: n. 80 del 18/02/2005 Aggiornato con delibera del Consiglio Provinciale: n. 3 del 21/01/2009 n. 27 del 28/05/2009; Aggiornato con delibera del Commissario Straordinario n. 347 del 17/12/2014; Regolamento Consiglio Metropolitano n. 47 del 15/06/2016.)
La provincia autonoma di Bolzano, invece con propria legge provinciale dopo l’istituzione dell’ipt, nel momento in cui il legislatore nazionale ha abrogato l’ipt in misura fissa per gli atti soggetti a iva, sulla base dell’art 73 richiamato, non ha applicato la modifica normativa nazionale mantenendo per essi la tariffa fissa come da DM 435/98.
Delineato il quadro normativo statale e regolamentare IPT, va esaminata in via preliminare l’eccezione di decadenza in ordine ai termini di notifica dell’accertamento sollevata sia dalle società ricorrenti ma sia in via incidentale dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dall’agente delle Riscossione, sostenendo tutte le parti processuali ricorrenti e intervenienti, l’applicabilità alla fattispecie de quo del termine triennale contenuto nel Regolamento Provinciale n. 80/05 e ss modifiche, in vigore sino al 2016, che prevedeva un termine triennale per la notifica dell’accertamento, sulla base dell’art 56 co.4 Dlvo citato, motivando tale eccezione in ordine all’irretroattività delle norme tributarie e all’impossibilità di prorogare i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta sulla base dell’art 3 stat del contrib, richiamando anche giurisprudenza di merito della Ctr Lazio del 2017 che aveva ritenuto applicabile il termine triennale di cui all’art 56 c.4 citato.
La Città Metropolitana resistente, di contro, ha sostenuto l’applicabilità retroattiva del regolamento modificato dalla stessa, in ordine al termine quinquennale di accertamento, poiché tale termine rappresentava il recepimento della previsione normativa della L n. 296 del 2006 art 1 co. 161, e richiamava a sua volta sentenza di Cassazione del 2016 che traeva origine dall’impugnazione della sent della CTR Veneto del 2011 allegata in atti, oltre alla sentenza della Corte di Cassazione n. 13619/2019, che però riguarda un accertamento Ici, che non è un tributo di natura provinciale ma comunale.
Il punto di partenza è quello di ricostruire un quadro coordinato tra le varie disposizioni legislative invocate dalle parte processuali, ad iniziare dalla norma contenuta nell’ art 1 c. 161 L 296/06, con cui il legislatore ha stabilito che per i tributi di competenza degli enti locali, gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati, mentre nel successivo co 171 ha statuito che “Le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”. I vari commi citati della Legge L 296/06, vanno integrati con le disposizioni della L 212/2000, che all’art 1 prevede, in via generale, che le disposizioni dello statuto posso essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali mentre all’art 3, che ha codificato, in ambito tributario, il principio generale di irretroattività delle leggi stabilito dall’art. 11 disp. Gen, il co 3 afferma che i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.
Orbene poiché l’art 1 della L 296/06 al co 171 prevede che i termini di accertamento come modificati dal comma 161 si applicano anche ai rapporti d’imposta ancora pendenti, detta disposizione avrebbe violato il disposto dell’art 1 in combinato disposto con il co 3 dell’art. 3 dello Statuto del Contribuente, non essendoci stata deroga o modificate espressa dell’art 3 stat del contr, come affermato con orientamento costante dalla giurisprudenza della Suprema di Cassazione che, pur avendo confermato la natura di legge ordinaria dell’art 3 co 3 stat del contrib, quindi la sua derogabilità da parte di altra legge ordinaria, ha però sottolineato come tale deroga deve recare “l’espressa statuizione che i termini di decadenza sono prorogati ‘in deroga alla L. n. 212 del 2002, art. 3, comma 3” (Cass. n. 10474/12; Cass., n. 1248/14).
Di conseguenza, occorre dare una lettura costituzionalmente orientata dell’art 1 co. 161 e ss, rispetto all’art 1 e art 3 co 3 dello statuto del contribuente, anche in conformità alla giurisprudenza della Suprema di Cassazione, per cui il dettato del comma 171 che prevedeva l’applicazione dei commi dal 161 al 170 ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della norma, in assenza di deroga esplicita all’art 3 co.3 L212/02, non viola lo stat del contrib solo se coordinato con successivi commi 172 e 173 della L 296/06 nei quali il legislatore statale ha previsto espressamente l’abrogazione dei termini di accertamento contenuti nelle norme in essi individuati.
L’abrogazione esplicita da parte del legislatore dei termini di accertamento esistenti, ha reso possibile che, con l’entrata in vigore della nuova legge, il nuovo termine di accertamento in essa contenuta fosse applicabile anche ai rapporti pendenti, senza lesione dello statuto del contribuente. Con i commi 172 e 173 L296/06, il legislatore, ha abrogato rispettivamente gli art 10, 51 e 71 del Dlvo 507/93. Il D.lvo 507/93 aveva ad oggetto la ” Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicita’ e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonche’ della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”.
Nello specifico gli articoli abrogati del menzionato Dlvo 507/93 riguardavano i diversi termini di accertamento riferiti all’imposta sulla pubblicità art 10, alla Tosap art 51 e alla Tarsu art 71, mentre al co. 172 veniva abrogato l’art 11 Dlvo 504/92 che conteneva i termini relativi all’accertamento Ici. Il dlvo 504/92, al Titolo II Capo I conteneva la disciplina dei Tributi Provinciali tra cui la Tefa – Tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente – disciplinato dall’art 19 che viene riscossa unitamente alla tassa sui rifiuti ora TARI dai Comuni e riservato alla Citta Metropolitana ( Decreto Direttoriale Mef 1.7.2020 riversamento TEFA); e il Cap II i cui art 20, 21,22 risultavano già abrogati al momento dell’emanazione della L 296/06, ad opera della L 549/95.
Orbene, nessun richiamo nei commi 171 e 172 ne in quelli successivi si trova con riferimento al co 4 dell’art 56 ne vengo richiamati i termini di accertamento dell’ipt, se si considera che il legislatore sempre nel citata legge al medesimo art 1 ma al co. 154, prende in considerazione l’art 56 co 2, allorquando dispone ” All’articolo 56, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, la parola: “venti” e’ sostituita dalla seguente: “trenta”; e a mezzo di tale comma che è stata elevata la maggiorazione che le provincie possono applicare all’aliquota base individuata nel Dm richiamato portandola dal 20% all’attuale 30%. (Messaggio Circolare n° 20714 del 29/12/2006 ACI).
Da un punto di vista giurisprudenziale, successivamente all’intervento normativo dell’art 1 co 161 L 296/06, si è formata una consolidata corrente di Cassazione che a partire dalla sentenza n. 4283 del 2010 ha evidenziato come “(…) non possa negarsi che i tributi locali di cui è causa (tassa per lo smaltimento rifiuti, per l’occupazione di suolo pubblico, per concessione di passo carrabile, contributi di bonifica) siano elementi strutturali di un rapporto sinallagmatico caratterizzato da una “causa debendi” di tipo continuativo suscettibile di adempimento solo con decorso del tempo in relazione alla quale l’utente è tenuto ad una erogazione periodica, dipendente dal prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata dall’ente impositore, o del beneficio dallo stesso concesso.
Invero, in tutti i casi considerati, l’utente è tenuto a pagare periodicamente una somma che, sia pure autoritativamente determinata, costituisce corrispettivo di un servizio a lui reso, o richiesto (concessione di uso di suolo pubblico, di uso di passo carrabile) o imposto (tassa per smaltimento rifiuti, contributo opere di risanamento idraulico del territorio) che in tanto si giustifica in quanto anno per anno il corrispondente servizio venga erogato;
ne è necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame della esistenza dei presupposti impositivi, che permangono fino alla verificazione di un mutamento obbiettivo della situazione di fatto giustificante il servizio, ne il corrispettivo potrebbe dall’utente essere corrisposto in unica soluzione, in quanto ab initio non determinato e non determinabile, ne nell’entità ne nella durata…” (ex multis Cass Ordinanza n. 25681/2021; n. 13619/2019).
Quindi il termine quinquennale per la notifica dell’accertamento, riferito dalla norma in modo generico ai tributi locali, di fatto dall’esegesi normativa come elaborata dalla giurisprudenza di vertice, è riferibile alle imposte locali che si presentano come prestazione periodica di natura continuativa da parte del contribuente a fronte della quale l’ente locale è tenuto ad una erogazione periodica, dipendente dal prolungarsi sul piano temporale della prestazione erogata o del beneficio concesso dallo stesso ente, che ab inizio non è determinata ne determinabile ne per entità ne per durata, come sono tutti i tributi locali comunali e alcuni dei tributi provinciali quali la Tefa, il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (articolo 1, comma 816, della legge n. 160 del 2019, che sostituisce il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche di cui all’articolo 63 del D.lvo n. 446 del 1997), in tale ambito non può rientrare anche l’ipt, che pur avendo natura di imposta locale, non appartiene al novero delle imposte periodiche poiché il suo presupposto impositivo nasce e si esaurisce, nel momento in cui a seguito di acquisto per la prima volta di un auto o nel caso di acquistato o vendita di auto usata, si richiedere iscrizione o trascrizione della formalità al Pra. L’imposta da versare, inoltre, è definita e definibile ab origine sulla base delle disposizioni dell’art 56 Dlvo 446/97 e dalla Tariffa contenuta nel DM e la stessa viene corrisposta in un’unica soluzione ne vi è un servizio fornito dalla Città Metropolitana a fronte del pagamento del tributo, poiché il servizio è fornito dall’Aci che non dipende dalla Citta Metropolitana L’ipt, quindi, si può considerare un imposta d’atto perché va versata una sola volta al momento della presentazione al Pra della formalità di cui si chiede l’iscrizione o la trascrizione, l’importo è determinabile ab origine sulla base del Kw che vanno moltiplicate per le aliquote fissate dal DM, pertanto essa rientra nel genus delle imposte indirette, come l’imposta di registro.
Il quadro normativo e giurisprudenziale delineato in precedenza, dimostra l’impossibilità di applicare all’ipt i termini di notifica dell’accertamento contenuti dell’art 1 co 161 L 296/06, inoltre, essa trova conferma indiretta anche in base al capo II del Dlvo 68/11 denominato Autonomia di Entrate delle Province, in cui il legislatore nazionale, all’art 17 co. 7 Dlvo 68/11, afferma che con il disegno di legge di stabilità, ovvero con disegno di legge ad essa collegato, il Governo promuove il riordino dell’IPT di cui all’articolo 56 decreto legislativo n. 446 del 1997, in conformità’ alle seguenti norme generali: a) individuazione del presupposto dell’imposta nella registrazione del veicolo e relativa trascrizione, e nelle successive intestazioni; b) individuazione del soggetto passivo nel proprietario e in ogni altro intestatario del bene mobile registrato; c) delimitazione dell’oggetto dell’imposta ad autoveicoli, motoveicoli eccedenti una determinata potenza e rimorchi; d) determinazione uniforme dell’imposta per i veicoli nuovi e usati in relazione alla potenza del motore e alla classe di inquinamento; e) coordinamento ed armonizzazione del vigente regime delle esenzioni ed agevolazioni; f) destinazione del gettito alla provincia in cui ha residenza o sede legale il soggetto passivo d’imposta.
Nessun richiamo tra le norme generali vi è alla materia della riscossione e accertamento del tributo.
Per cui avendo la Provincia di Roma disciplinato con il proprio regolamento n. 80/05 e ss modifiche, il termine di notifica dell’accertamento fissandolo in tre anni, ricordando come detto regolamento sia stato integrato e modificato ad opera del Commissario Straordinario della Provincia di Roma, nel 2014 senza però che il termine di notifica di accertamento triennale in esso contenuto fosse oggetto di modifiche, e ciò nonostante nel 2014 la norma di cui all’art 1 co 161 L 296/06 era già vigente da diverso tempo, la modifica di tale termine apportato nel 2016 con il nuovo regolamento della Citta Metropolitana, non potrebbe essere utilizzato retroattivamente, non solo per i motivi già esaminati, ma perché come affermato dalla Cass a Sez Unite, con sent 20681/18 “In base all’art. 52 della legge citata – considerata una pietra miliare per l’autonomia finanziaria dei Comuni – le norme legislative assumono carattere sussidiario nei confronti di quelle regolamentari. Restano, pertanto, in vigore solo nel caso in cui il Comune non intervenga sostituendole con lo strumento del Regolamento.
Viene stabilito, in particolare, che gli enti hanno il potere di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche di natura tributaria, fatta eccezione, per quanto riguarda queste ultime, per la individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei vari tributi, e ciò nel rispetto dell’art. 53 della Costituzione. “
L’orientamento della Cassazione a Sez unite richiamata, trova conferma anche nella giurisprudenza amministrativa che oltre a sostenere come il principio della potestà regolamentare degli enti locali di cui all’art. 52 del D. Lgs. n. 446/97 è di ordine generale ha specificato, come in materia di accertamento e riscossione dei tributi esso trova un limite solo nelle materie costituzionalmente coperte da riserva di legge ex art 23 Cost, individuate nell’art 52 co 1, nelle sanzioni ex art 56 c. 4 Dlvo citato sulla base dell’art 25 Cost che disciplina il principio di legalità, nella competenza giurisdizionale contemplata nell’art 56 co.9 dlvo citato, e nelle modalità di affidamento dell’accertamento e della riscossione disciplinate all’art 52 co. 5, il tutto ricordando che l’art 56 è norma speciale rispetto all’art 52 Dlvo citato (Ordinanza n 4989/01 Consiglio di Stato; Circolare MEF n. 118/99; 8/DPF del 30 luglio 2002 e Circolare MEF prot 12605/09 del 24.09.2009 n.5/2020;).
In conclusione dell’exursus normativo e giurisprudenziale si ritiene che nonostante il richiamo agli enti locali e ai tributi di loro competenza contenuto nell’art 1 co 161 L 296/06, esso non possa essere intesa in senso generale, ma solo con riferimento ai tributi richiamati nei commi 172 e 173 citata Legge, che hanno le caratteristiche di imposte a struttura periodica di natura continuativa, come chiarito dalla giurisprudenza della Suprema Corte, in cui non rientra l’ipt stante la sua natura d’imposta d’atto, che per i motivi già espressi rientra quindi nelle genus imposte indirette. Inoltre sulla base dell’art 52 Dlvo 446/97 co. 1 solo per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti, ma avendo la Provincia di Roma con il Regolamento n. 80/05 e ss modifiche disciplinato i termini di decadenza dell’accertamento fissandoli nel termine di tre anni, detto termine in base al principio del tempus regit acti trova applicazione al caso di specie, poiché come disciplinato dall’art 52 Dlvo citato anche in combinato disposto art 3 c. 3 stat contribuente, il regolamento ha validità solo dall’anno successivo alla sua emissione, ne il termine quinquennale, può essere applicato retroattivamente ai termini pendenti al momento dell’introduzione del nuovo regolamento provinciale, stante il divieto dell’art 3 co 3 sta del contrib di irretroattività dei termini di accertamento.
Qualora, comunque, fosse stato applicabile retroattivamente il termine quinquennale di accertamento introdotto dalla Città Metropolitana con il regolamento 47/2016, sarebbe stata fondata l’eccezione di decadenza sollevata dalle ricorrente sotto il profilo del dies a quo da cui iniziare a conteggiare il termine per la notifica dell’atto impugnato, poiché il Regolamento della Citta Metropolitana, pur fissando il termine di decadenza in cinque anni, come la norma statale richiamata, individua diversamente il dies a quo da cui detto termine inizia a decorre, infatti il regolamento metropolitano all’art 11 co 2 ultimo capoverso afferma espressamente che “in caso di mancato pagamento verrà emesso motivato avviso di accertamento da notificarsi entro il termine di decadenza di cinque anni dal giorno in cui i versamenti avrebbero dovuto essere effettuati,” che è cosa diversa dalla disposizione contenuta nella norma statale la quale prevede che l’accertamento vada notificato ” entro il 31.12 del quinto anno successivo a quello in cui il versamento doveva essere eseguito” Quindi sulla base del regolamento metropolitano il termine di decadenza quinquennale non è uniforme come nella norma statale ma è un termine mobile, poiché il quinquennio per la notifica dell’atto va calcolato a partire dal giorno in cui il versamento andava effettuato, che va individuato sulla base dell’art 5 del Regolamento metropolitano che disciplina i termini entro cui i versamenti debbono essere effettuati a seconda se ad esempio se si tratta 1) di formalità di prima iscrizione di veicoli al P.R.A., il versamento deve essere effettuato entro il termine di sessanta giorni dalla data di effettivo rilascio dell’originale della carta di circolazione; mentre se si tratta 2) di formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione relative ai veicoli già iscritti al P.R.A., il versamento deve essere effettuato sempre entro il termine di sessanta giorni ma decorrente dalla data di formazione dell’atto.
Di conseguenza sulla base del regolamento approvato dalla Citta Metropolitana il termine entro cui l’accertamento andava notificato iniziava a decorre dopo i 60 giorni ma che, nel caso a) formalità prima iscrizione andavano individuati dalla data di rilascio della carta di circolazione mentre nel caso b) di trascrizione, iscrizione, dalla data di formazione dell’atto, non dimenticando che i casi a) e b) richiamati sono solo alcuni dei molteplici casi in cui l’ipt va versata, elencati nel regolamento metropolitano.
L’accertamento, quindi, è illegittimo per intervenuta decadenza dell’ente sulla base dell’art 11 e 5 regolamento metropolitano poiché i termini di versamento dell’ipt hanno un diverso dies a quo, il termine quinquennale legato ad essi per la notifica dell’atto di accertamento è un termine mobile che non scade in modo uniforme al 31.12.2020.
Mancando nell’atto impugnato ogni indicazione della data in cui il pagamento doveva essere eseguito si deve ritenere intervenuta la decadenza quinquennale dall’intero accertamento L’accertamento, inoltre, è viziato anche per violazione dell’art 7 stat del contrib sia per mancata allegazione dei dati aci richiamati nell’accertamento ma non allegati allo stesso, ed essendo documento non conosciuto ne conoscibile dalla parte ricorrente, questo avrebbe dovuto essere riprodotto anche per stralcio nell’accertamento o avrebbe dovuto essere allegato allo stesso sia in merito all’ulteriore eccezione sostenuta dalle ricorrenti e anche dagli enti intervenuti nel processo, in ordine alla mancanza di elementi essenziali dell’atto, poiché esaminando l’allegato parte integrante dell’accertamento, esso realmente difetta dell’indicazione degli elementi necessari ovvero il soggetto e l’indicazione della formalità oggetto di iscrizione o trascrizione.
Sul punto si osserva come il presupposto impositivo dell’IPT è la richiesta di formalità di iscrizione, trascrizione e annotazione dei veicoli nel pubblico registro automobilistico ai sensi dell’art. 56 del Dlgs 446/1997, pertanto elementi essenziali che l’allegato 1 all’accertamento avrebbe dovuto contenere erano oltre alla targa, il nome del soggetto richiedente la formalità, se si considera che oltre agli acquisti e alle vendite, altri atti sono soggetti a formalità ad esempio ipoteche, fermi, la cui formalità viene richiesta da soggetti diversi rispetto alle ricorrenti, l’indicazione della tipo di formalità oggetto di richiesta e la data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata, poiché sulla base dell’art 11 del regolamento metropolitano, la data entro cui il versamento andava effettuato, individuava il dies a quo da cui iniziava a decorrere il termine di decadenza quinquennale per la notifica dell’accertamento medesimo.
La Citta Metropolitana, in ordine all’eccezione di illegittimità dell’atto per mancata allegazione o riproduzione per stralcio dei dati aci richiamati nell’accertamento quale base dell’atto stesso, nel presente giudizio, a differenza di quando accaduto nell’annualità 2015 come si evince da pg 35 e ss della sent n 14524/22 depositato il 19.12.2022 Corte di giustizia Tributaria di primo grado di Roma, non produce detto allegato ma produce il documento denominato “convenzione Aci pdf”, che è una convenzione generale tra Aci e Citta Metropolitana per la fornitura di una serie di servizi da parte di Aci, che risulta sottoscritta solo dalla Citta metropolitana nelle persona del Dr Iacobucci in data 8.3.2021, tale convenzione, non contiene alcun riferimento ai dati oggetti di accertamento per cui l’eccezione preliminare della ricorrente di mancata allegazione di un atto non conosciuto ne conoscibile rende ulteriormente illegittimo l’accertamento.
In relazione alla ricorrente A.B. Flecto controllata, che svolge il ruolo di società di leasing nei confronti della controllante A.B., che svolge invece l’attività di noleggio senza conducente, va esaminata anche l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in ordine alla notifica del medesimo avviso di accertamento impugnato, che la Citta Metropolitana ritiene, invece, infondato stante la coobligazione solidale tra le due società.
Sul punto si ritiene sufficiente richiamare l’art 6 del regolamento metropolitano di Roma, che all lett f. riconosce l’applicazione dell’ipt base per le formalità relative alla prima iscrizione di veicoli acquistati da società di leasing con contestuale annotazione della locazione a soggetto residente nell’area metropolitana di Roma Capitale, l’articolo del regolamento citato si fondata sul co.1 bis dell’art 56 che stabilisce che la destinazione del gettito dell’imposta va alla Provincia ove ha sede legale o residenza il soggetto passivo, inteso come avente causa o intestatario del veicolo, di conseguenza con esclusione delle società di leasing dal pagamento ipt.
Per completezza giova richiamare la risposta del MEF fornita alle Associazioni Leasing e autonoleggio e all’Unione delle Provincie, del 31 ottobre 2012, n. prot. 23970/2012 quando in relazione al Soggetto passivo dell’IPT nel caso di locazione finanziaria chiarisce che ” …. nei casi in cui il veicolo sia stato oggetto di un contratto di locazione finanziaria, bisogna sottolineare che la provincia destinataria del gettito dell’imposta deve essere individuata in quella ove è situata la sede legale o la residenza del locatario, ciò sulla base della considerazione che l’art. 91 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285..”. prevede che: “i motoveicoli, gli autoveicoli ed i rimorchi locati con facoltà di acquisto sono immatricolati a nome del locatore, ma con specifica annotazione sulla carta di circolazione del nominativo del locatario e della data di scadenza del relativo contratto. In tale ipotesi, la immatricolazione viene effettuata in relazione all’uso cui il locatario intende adibire il veicolo e a condizione che lo stesso sia in possesso del titolo e dei requisiti eventualmente prescritti dagli articoli da 82 a 90….”, Il legislatore nazionale, per tale motivo, ha modificato l’art. 56, comma 6 D.lvo n. 446/1997, estendendo l’esenzione dal pagamento dell’imposta provinciale di trascrizione anche per le cessioni dei mezzi di trasporto a seguito di esercizio di riscatto da parte del locatario a titolo di locazione finanziaria ed in base a tale norma con Decreto Ministero Interno Direz Centrale Finanza locale del 28.09.2016 sono stati previsti trasferimenti compensativi a favore delle Province e Citta Metropolitane per gli anni 2014 e 2015 per il minore gettito ipt derivato dall’esenzione in oggetto.
Pertanto essendo incontestato dall’ente resistente che la società Avis Flecto svolgeva l’attività di società di leasing del gruppo essa non poteva essere soggetto passivo dell’ipt, tenuto conto anche delle norme del codice della strada invocato dalla parti ricorrenti sul punto, neppure come coobligato solidale sulla base dal regolamento, poiché tale disposizione regolamentare sarebbe in contrasto con la riserva di legge di cui all’art 23 cost recepita nell’art 52 Dlvo 446/97 ove si afferma che i soggetti passivi dell’imposta non possono essere individuati dall’ente locale per regolamento. Ne si può ritenere esistente la coobligazione, sul presupposto normativo di cui all’art 57 DPR 131/86, invocato per la prima volta dalla Citta Metropolitana a pg 13 delle memorie depositate in prossimità dell’udienza, sia perché detta norma disciplina l’obbligazione solidale nell’ambito dell’imposta di registro sia perché tale richiamo sulla base dell’ormai consolidato orientamento della Corte Cassazione, rappresenta un integrazione postuma della motivazione dell’atto impositivo che è senza dubbio illegittima, se si considera che la motivazione dell’atto svolge l’ineludibile funzione di tutela dei principii Costituzionali afferenti l’imparzialità della Pubblica Amministrazione art. 97 Cost, il giusto processo art. 111 Cost, il diritto alla difesa del contribuente art 24 Cost la cui integrazione postuma viola anche l’art. 7, co. 1 della L. 212 del 2000 (ex multis Cass sent n. 3762 del 08/02/2019; ordinanza n.7649/2020) Inoltre il richiamo operato all’imposta di registro per sostenere la coobligazione viola anche la L 80/2003 che all’art 2 co 2 lett e) ” vietata l’applicazione analogica delle norme fiscali che stabiliscono il presupposto ed il soggetto passivo dell’imposta, le esenzioni e le agevolazioni”; non dimenticando che anche quando l’ipt era un imposta statale la stessa non era disciplinata dal Dpr 131/86 ma dalla L 952/77.
Per quando attiene allo spostamento della sede legale da Roma a Bolzano avvenuta nel 2013 che per la Citta Metropolitana era fittizia poiché su Roma era rimasta la sede amministrativa a cui si doveva far riferimento perché presentava un maggior numero di impiegati, la domiciliazione di alcuni amministratori, una sede più ampia, non appare fondata, sulla base della delibera del Commissario straordinario della Provincia di Roma n. 347/14 ove a pg 6 afferma ” vista la propria nota prot. n. 152897/14 del 14/11/2014 inviata alle associazioni di categoria:
Aniasa – Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici e Assilea – Associazione Italiana Leasing con la quale si evidenzia la possibilità, da parte dell’Amministrazione Provinciale, di effettuare una manovra sulla leva fiscale che comporti un alleggerimento dei tributi provinciali al fine di agevolare il ritorno delle sedi legali delle società in precedenza trasferitesi in altre territori …si chiede alle suddette associazioni di verificare il potenziale interesse ad una siffatta manovra presso i rispettivi associati”. Il documento proveniente della Provincia oggi resistente, dimostra che i trasferimenti delle sede legali operati dalle società erano considerati legittimi, tanto che la Provincia per agevolare il ritorno a Roma delle sede legali di quelle società che le avevano spostate in altre regioni, ha operato l’estensione, anche alle società di leasing, dell’ipt base, senza maggiorazione, come già accaduto per le società di autonoleggio, norma in vigore anche nello statuto metropolitano. Il documento redatto della Provincia del 2014 trova conferma anche nella relazione di fine mandato 2016/2021 redatto dalla Citta Metropolitana stessa in data 11.8.2021( CMR prot 2021-0122 del 11.8.2021) in cui al Cap 2 “Attività tributaria” sotto la voce “Politica Tributaria locale” a pg 13 viene attestato che la contrazione delle entrate locali era dovuta a manovre finanziarie nazionali, oltre alla contrazione del gettito dell’ipt e della rca dovuta sia alle crisi del mercato dell’auto che al “dumping fiscale”, ovvero concorrenza sleale, delle Province autonome e, che per contenere il fenomeno migratorio delle società di noleggio verso i territori delle Provincie autonome si era agito sulla leva fiscale, applicando a dette società per l’RCA l’aliquota ridotta del 9% e per l’ipt come da regolamento. Quindi la Città Metropolitana stessa nel documento del 2021 come era accaduto nel 2014 non ritiene illegittimo il trasferimento delle sede legali presso le Province Autonome, ma ritiene che le Provincie Autonome abbiano creato una concorrenza fiscale tra enti, che la resistente definisce sleale, che viene fronteggiata con la riduzione delle aliquote a favore delle società alfine di contenere il trasferimento delle sede legali presenti sul suo territorio. Sul punto, va richiamata la nota del MEF fiscalità locale, n. prot. 23970/2012 del 31.10.2012, che va ricordare come ex lege sia l’unico organo a cui appartiene la competenza sulla fiscalità regionale e locale che comprende tutti i tributi di competenza delle regioni, dei comuni e delle province, in base all’art. 7 della legge n. 42 del 2009, oltre che per i tributi dei comuni e delle province, in base dell’art. 12 della legge n. 42 del 2009. Detta nota in ordine alla modificata normativa introdotta con il co 1 bis art 56 cit, chiarisce con riferimento alla Provincia destinataria del gettito, come in seguito dell’introduzione del co 1 bis art 56 cit, l’ipt vada calcolata secondo le tariffe della Provincia ove ha sede legale la persona giuridica o la sede secondaria in caso di società estera priva di residenza in Italia, affermando testualmente “…..A questo proposito, si evidenzia che il chiaro dettato della norma non lascia dubbi. Infatti se ad esempio le formalità vengono eseguite sulle territorio delle Province Autonome di Trento e di Bolzano…da un soggetto che non ha sede legale sul territorio di tale province deve essere applicata la tariffa riferita alla provincia ove il soggetto ha la sede legale, ad esempio Roma, fermo restando l’obbligo del concessionario del pubblico registro automobilistico di riversare le somme alla tesoreria della provincia titolare del tributo e cioè, nell’esempio, Roma…” . Alla luce dei documenti provenienti dallo stesso ente resistente, supportati dai chiarimenti del Mef, si ritiene che tutte le disquisizione della difesa della Citta Metropolitana volta a dimostrare che la sede legale andasse individuata nella sede di Roma quale sede amministrativa, siano infondate, se si considera che l’ente stesso nel 2014 come nel 2021 non ha imputato la riduzione del gettito ipt all’apertura di sedi fittizie da parte delle società di noleggio presso le Province autonome, per cui era evidente che lo spostamento della sede legale era legittima. Inoltre, sulla base dell’art 73 del tuir, seppure con riferimento alle Ires la sede legale è una degli elementi di collegamento territoriale a livello fiscale per le persone giuridiche ed essa da un punto di vista civilistico, deve risultante dall’atto costitutivo, ha prevalenza rispetto alle altre sedi per i requisiti di pubblicità nei confronti dei terzi, tanto che viene indicata alla camera di commercio, mentre da un punto di vista processualistico rappresenta il luogo ove vengono effettuate le notifiche e le comunicazioni destinate alla società, oltre che ai fini fiscali serve ad individuare l’agenzia delle entrate competente.
Orbene le società, nel 2013 hanno deliberato il trasferimento delle sedi legale con modifica dello statuto societario, spostandole a Bolzano dove si sono iscritta alla Camera di commercio, affittato uffici destinati a svolgere l’attività, assunto personale dipendente, e ivi presentato la dichiarazione dei redditi, per cui certamente non siamo di fronte a sedi fittizia o inesistenti. Quando al fatto che la ricorrente A.B. avesse nella sede di Bolzano personale alle proprie dipendenza minimo rispetto a quello impiegato nella sede di Roma, tale elemento da solo non è probante ai fini dell’individuazione della sede legale, ne lo è il domicilio degli amministratori, ciò che assume rilevanza infatti è il luogo in cui gli amministratori si incontrano per operare, per decidere l’attività sociale, infatti, se da una parte non può negarsi che l’attività direttiva trovi origine a livello individuale, in considerazione del fatto che il processo decisionale risulta essere un’attività puramente intellettuale, non rileva al contrario, se la volontà si sia determinata nel luogo di residenza o domicilio del soggetto decisore, in quanto trattandosi di un’attività intellettuale risulta difficilmente contestualizzabile. Per tale ragione, è rilevante il luogo in cui le scelte aziendali sono rese esplicite tramite il confronto collettivo fra i vari soggetti preposti all’attività amministrativa, anche in considerazione del fatto che lì le decisioni assumono la veste di atti giuridici la cui formazione soggiace al soddisfacimento di determinati requisiti formali, a tal fine la ricorrente ha prodotto vari verbali delle assemblee che si sono tenute presso la sede di Bolzano. L’attività amministrativa, inoltre, è da intendersi come attività d’impulso dell’amministrazione concreta e non può, quindi, essere confusa con il luogo di svolgimento dei servizi di gestione amministrativa.
Quando alla distanza esistente tra la sede legale di Bolzano rispetto al luogo di residenza o domicilio delle persone fisiche, che ricoprivano in ruoli apicali, è sufficiente osservare come tale distanza negli ultimi anni con lo sviluppo dei sistemi informatici, grazie anche all’uso delle videoconferenze, è stata azzerata, per cui i membri del cda posso essere collegati con la sede legale pur rimanendo fisicamente in altro luogo.
Altrettanto priva di pregio è la contestazione mossa alla A.B. Flecto basata sul fatto che la stessa non aveva una sede legale propria a Bolzano, poiché era in sub affitto nella sede locata dalla società A.B. sua controllante, ne aveva proprio personale dipendente, poichè come documentato dalle ricorrenti e non smentito dalla resistente stessa, l’assetto societario oggetto di contestazione, era lo stesso che le due società avevano quando le loro sedi legali erano a Roma. Di conseguenza se la Citta Metropolitana ha ritenuto legittimo detto assetto societario quando le ricorrenti avevano sede legale nel suo territorio, non si comprende in base a quale norma o elementi di fatto diversi, il medesimo assetto societario diventi illegittimo solo per il fatto di avere trasferito le sedi legali a Bolzano, a voler tacere che la veridicità di tale trasferimento e l’operatività reale delle sedi legali trova conferma nel pvc, redatto alla G.di F Bolzano, inviata dalla Regione Lazio nell’ambito della vicenda del recupero della Tar che, certifica l’esistenza della sede legale, la presenza di dipendi, la sua funzionalità, il pvc unito ai vari verbali di cda depositati in ricorso e agli altri fatti esaminati fanno venir ulteriormente meno la tesi della resistente.
Va sottolineato come tutti i vizi che affliggo gli atti impugnati sarebbero elementi più che sufficienti a far ritenere priva di fondamento la pretesa erariale stante l’illegittimità dell’accertamento per decadenza, per vizi di motivazione ex art 7 stat del contrib e per mancanza di elementi essenziali, ma ciononostante la Corte stante la complessità delle vicende ritiene, per completezza espositiva, di esaminare anche l’abuso del diritto contestato premettendo che i comportamenti potenzialmente abusivi appaiano difficilmente configurabili in un contesto di basi imponibili certe quali risultano essere quello dei tributi locali, tenuto anche conto dei meccanismi di finanza statale che prevedono trasferimenti compensativi e fondi perequativi. Va rilevato inoltre a margine della vicenda che, la Citta Metropolitana pur avendo contestato l’abuso del diritto, non ha fornito prova di avere adeguato, sulla base del disposto dell’ art. 1, comma 4 della legge n. 212 del 2000, lo statuto e il regolamento alle nuove disposizioni riguardanti le norme dello statuto del contribuente nei termini di legge.
Ciò premesso si evidenzia come la figura dell’abuso del diritto, a livello europeo trova spiegazione nella sentenza della Corte di Giustizia Europea del 21 febbraio 2006, C-255/2002, cd caso Halifax in materia di Iva mentre in Italia all’inizio è una costruzione giurisprudenziale della Suprema Corte, come viene ricostruito anche nella sentenza n. 12249/2010, in cui la Cassazione, partendo appunto dall’evoluzione giurisprudenziale comunitaria, giunge alla conclusione che anche in Italia si possa ravvisare una pratica abusiva in “tutte quelle operazioni, che, seppur realmente volute ed immuni da invalidità, risultino, da un insieme di elementi obiettivi, compiute essenzialmente allo scopo di ottenere un vantaggio fiscale”.
Il legislatore, successivamente, per superare sia i vari orientamento giurisprudenziali sia la mancanza di una definizione legislativa unitaria della figura, che comportava incertezze interpretative, ha emanato l’art. 10-bis, inserito nel cd Statuto del contribuente, in attuazione della legge delega 23/2014, recependo le direttive dettate, in sede OCSE, dall’Action 6 del BEPS 2013, Base Erosion and Profit Shifting ed in sede Europea dalla Raccomandazione 2012/772/UE.
Tale norma, quindi, disciplina la nozione di abuso del diritto nella legislazione italiana con valenza generale per tutte le condotte abusive e con riferimento a tutti i tributi, codificando i principi immanenti nell’ordinamento, anche se finora la giurisprudenza di vertice, formatasi sulla materia ha riguardato operazione societarie complesse, che hanno investito Ires e Iva, per cui i principi enunciati dalla giurisprudenza andranno adeguati all’ambito delle imposte locali.
La figura dell’abuso del diritto sorge, quindi, in presenza di una o più operazioni che, pur rispettando formalmente le norme fiscali, realizzano solo un vantaggio fiscale indebito poiché costituisce l’unico effetto essenziale dell’operazione.
La norma, in via generale pone sull’amministrazione finanziaria l’onere della prova della condotta abusiva e, in tali casi permette di disconoscere i vantaggi fiscali conseguiti dal contribuente applicando le imposte dovute, al netto di quelle corrisposte in minor misura, mentre pone sul contribuente l’onere contrario di dimostrare l’esistenza di valide ragioni extrafiscali alla base delle operazioni realizzate. Nel caso in esame l’operazione abusiva sarebbe rappresentato dal trasferimento della sede legale da Roma a Bolzano, che per l’ente resistente sarebbe fittizio tanto da far riferimento alla sede amministrativa rimasta a Roma, come sede effettiva.
Ciò detto si rileva come gli elementi essenziali della fattispecie abusiva sono:
1) l’assenza di sostanza economica che è l’elemento costitutivo ed essenziale dell’abuso, che non sussiste laddove sia individuabile un qualche vantaggio economico, strutturale o organizzativo.;
2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
3) la circostanza che tale vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione L’art 10 bis chiarisce al co 4 che resta ferma la liberta’ di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale, legittimando il possibile risparmio di imposta in coerenza con il principio costituzionale di libera iniziativa economica stabilito dall’art. 41 della Costituzione.
Non vi è dubbio, infatti, che la libertà di stabilimento delle società, tutelate a livello europeo e riconosciuto nel sistema costituzionale italiano nella forma della libertà dell’iniziativa economica, può essere condizionata dalla diversa pressione fiscale, come riconosciuto anche dalla stessa Provincia di Roma nella Delibera Commissariale del 2014, quando nell’esaminare le possibilità di far rientrare a Roma le sedi legali delle società che l’avevano spostate altrove, individua la causa nel peso dell’imposizione operata a Roma, tanto da introdurre l’applicazione dell’aliquota base ipt anche alle società di leasing, come era accaduto per le società di noleggio, escludendo l’applicazione della maggiorazione. La diminuzione della pressione fiscale, come mezzo di riportare le sedi legali delle società a Roma o per mantenere quelle esistente sul territorio, viene confermato anche dalla Relazione della Citta Metropolitana del 2021, che riconosce la necessità di confermare la riduzione della pressione fiscale a favore delle società per evitare la trasmigrazione delle sedi legali presenti sul suo territorio, riconoscendo ancora una volta che la scelta di spostare la sede legale operate dalle società, era lecita perché collegata alla minor pressione fiscale.
Qualora tali documenti fossero stati assenti, l’ente resistente, al fine di verificare la legittimità o meno del vantaggio fiscale perseguito avrebbe dovuto svolgere un’indagine analitica, non limitata solo all’accertamento come nel caso in esame del dato formalistico della sede legale, ma doveva estendere l’analisi all’eventuale esistenza di ragioni organizzative, strutturali e funzionali che giustificassero le scelte imprenditoriali escludendo la sussistenza di una mera società schermo diretta soltanto ad ottenere un indebito vantaggio fiscale.
Ed è proprio procedendo all’esame dei fatti secondo i canoni menzionati che si giunge alla conclusione che le ricorrenti non avrebbero costituito a Bolzano una sede di puro artificio volta a lucrare solo benefici fiscali e ciò sulla base dell’esame dei vari elementi offerti dalle parti ricorrente in atti.
Passando quindi ad esaminare il primo requisito ovvero l’assenza di sostanza economica si osserva come questa non ha la funzione di provare la presenza di operazioni o negozi dissimulati, ma ha la funzione diversa e specifica di svelare che la costruzione della fattispecie è avvenuta solo per motivi fiscali, a cui si combina quindi il conseguimento di un vantaggio indebito per violazione della ratio delle norme o dei principi dell’ordinamento.
Orbene sulla base di tali aspetti la ricostruzione fornita dalle ricorrenti, dimostra la sussistenza di sostanza economica dell’operazione, se si considera che le stesse hanno provato come la sede di Bolzano aveva personale dipendente, era in affitto e aveva utenze, che il trasferimento delle sedi legali avevano prodotto, una notevole vantaggio economico, la cui espressione immediata era la diminuzione di numerosi costi, che vanno dalla riduzione dei premi assicurativi versati, alle gestione delle contravvenzioni, passando per la riduzione della spesa dei pagamenti elettronici sulla base della norma della Provincia di Bolzano, che venivano accollate dalla Provincia autonoma, come pure la compartecipazione da parte della Provincia al pagamento del costo dell’affitto dell’immobile.
A titolo esemplificativo, il risparmio sulle contravvenzioni e sugli atti successivi derivati quali le cartelle esattoriale e eventuali procedure esecutive, rappresentano un vantaggio economico di non poca entità per le società di autonoleggio, se si considera che la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione con orientamento costante ha ritenuto esistente una coobligazione, nelle ipotesi di violazioni commesse con mezzi dati in locazione senza conducente, tra la società di noleggio e il locatario del veicolo, sulla base dell’art 196 cod della strada.
La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto che per la società esercente l’attività di autonoleggio non basta comunicare i nominativi dei locatari dei veicoli con i quali sono state commesse le violazioni, ma deve proporre ricorso alle adite autorità per impedire, che i verbali di accertamento divengano definitivi nei propri confronti (CASS 8144/2020 conforme 9675/2020).
L’orientamento della Cassazione è stato superato dal legislatore solo con la recentissima L 167/21 di conversione del cd DL Infrastrutture, che ha modificato l’art 196 codice della strada sancendo che nelle ipotesi di cui all’articolo 84 il locatario, invece del proprietario, risponde solidalmente con l’autore della violazione, eliminando cosi la responsabilità solidale della società di noleggi dal pagamento delle contravvenzioni e quindi anche di tutte le azioni esecutive che potevano derivare dal mancato pagamento delle contravvenzioni. Anche la riduzione dei premi assicurativi che, per la Citta Metropolitana, ci sarebbero stato ugualmente anche se fosse la sede legale fosse rimasta a Roma, viene smentita dai documenti di parte perché dimostrano che la riduzione ottenuta una volta spostata la sede a Bolzano era maggiore di quando si trovava a Roma.
La diminuzione dei costi e tutti gli altri elementi, sono espressione di un vantaggio economico derivato dallo spostamento della sede, dovuto anche alla diversa organizzazione amministrativa e burocratica che la Provincia Autonoma offriva in via generale a tutte le società residenti sul suo territorio e non solo alle società ricorrenti.
Lo spostamento della sede legale da Roma a Bolzano, inoltre, risulta assunta dall’assemblea societaria del 2013 come da documenti in atti, che aveva deliberato anche la modifica statutaria in ordine al luogo ove veniva trasferita le sede legale e, a differenza di quando sostenuto dalla Città Metropolitana, i vantaggi evidenziati dalle ricorrenti in ricorso, non derivano da una valutazione ex post, poiché gli stessi sono oggetto di esame nel verbale societario del 2013, ed è sulla base dell’esame di tali vantaggi che si sarebbero avuti con il trasferimento della sede legale a Bolzano, che viene deliberato lo spostamento della sede legale.
Di conseguenza lo spostamento delle sedi legali, è avvenuta sulla base di valutazione ex ante, risalente al 2013, dei benefici ottenibili da tale spostamento, che poi si sono rivelati effettivi ex post. Quando al fatto che la ricorrente A.B. avesse nella sede di Bolzano personale alle proprie dipendenza minimo rispetto a quello impiegato nella sede di Roma, tale elemento da solo non è probante ai fini dell’abuso del diritto, sia perché la resistente non ha contestato alcunchè in ordine all’assetto societario nel quale va inquadrato l’attività della ricorrente, essendo la stessa parte un gruppo internazionale, di cui rappresentava la divisione italiana insieme alla società di leasing A.B. Flecto sia perché la parte ha chiarito che i rapporti era regolati dal contratto sociale richiamato in atti, atti non contestati dalla città Metropolitana nello specifico, ne ha fondatezza ai fini dell’individuazione della sede legale, per come già statuito in precedenza su detto aspetto.
In merito al risparmio fiscale illegittimo, che la resistente sostiene essere derivato dal trasferimento della sede a Bolzano, da parte delle società ricorrenti, appare opportuno ricordare che la Cassazione ha avuto modo di chiarire come la circostanza che una società venga creata per godere di una legislazione fiscale più vantaggiosa non costituisce abuso della libertà di stabilimento ex se, poiché non può ritenersi sussistente una presunzione generale di frode fiscale, qualora vi siano ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione oltre a valide ragioni extra fiscali, ragioni che risultano ampiamente documentate dalla parti ricorrenti, come già esaminato in precedenza.
Inoltre con riferimento alla scelta compiuta dalle ricorrenti di portare le sede legali a Bolzano va evidenziato come essa risalga al 2013, ed era conosciuta dalla Provincia sin dall’inizio, tanto che questa ne da conto nell’avviso di accertamento, affermando di avere seguito il fenomeno dal 2012 oltre che nei confronti della ricorrente, anche di altri società similari, ma ciononostante non è stato posto in essere nessuno accertamento nel periodo dal 2013 al 2016, per contrastare sul nascere il paventato abuso del diritto ma al contrario i documenti della resistente del 2014, più volte richiamati come quelli del 2021 dimostrano che il fenomeno era stato esaminato e ritenuto legittimo.
Di conseguenza il trasferimento della sede legale presso le province autonome, che presentano un minor profilo di pressione tributaria tra l’altro parziale, porta a ritenere che la scelta operata sia rispettosa dell’impianto normativo e quindi sia legittimo appunto perché l’art 10 bis co. 4, consente al contribuente di scegliere legittimamente il risparmio d’imposta che l’ordinamento gli consente purchè il soggetto stesso rispetti le modalità previste dal sistema, in quando la pianificazione fiscale, intesa come scelta di essere sottoposto ad un carico fiscale minore non è vieta dalla norma italiana.
Giova, a questo punto, richiamare quando detto dalla Cassazione, sulla pianificazione fiscale, nel cui ambito rientra la causa in oggetto, nella sentenza n. 1372/11 in cui ha statuito che è « … necessario trovare una giusta linea di confine tra pianificazione fiscale eccessivamente aggressiva e libertà di scelta delle forme giuridiche, soprattutto quando si tratta di attività d’impresa», anche in considerazione « dei principi di libertà d’impresa e di iniziativa economica (art. 42 Cost.)» e del « principio di proporzionalità (sentenza della Corte di Giustizia 17 luglio 1997 in causa C – 28/ 95, A. Leur Bloem)», non potendo il sindacato dell’Amministrazione spingersi sino ad imporre una misura di ristrutturazione diversa tra quelle giuridicamente possibili, solo perché tale misura avrebbe comportato un maggior carico fiscale (Cass. 21/01/2011, n. 1372).
Infatti, come ribadito dalla giurisprudenza comunitaria e di legittimità, Cass 144932/22, l’opzione per l’operazione negoziale che risulti fiscalmente meno gravosa non costituisce ex se condotta contraria allo scopo della disciplina normativa tributaria, laddove sia lo stesso ordinamento tributario a prevedere tale facoltà di scelta, in tal senso Corte di Giustizia, sentenza Halifax, punto 73, cit., seppure con riferimento all’ IVA ove riconosce che la scelta tra operazioni esenti ed operazioni soggette ad imposta non impone al soggetto “di scegliere quella che implica un maggior pagamento IVA. Al contrario …il soggetto passivo ha diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di limitare la sua contribuzione fiscale”.
Allo stesso modo la Cassazione nella sent n. 10383/11, ha ritenuto che non può mai integrare abuso del diritto la scelta dell’imprenditore di istallare stabilimenti industriali -costituendosi in forma societaria- nei territori del Mezzogiorno, così da fruire delle previste agevolazioni fiscali, atteso che “i detti risparmi fiscali…, rappresentano la contropartita fissata dallo stesso legislatore ad incentivazione di tale costituzione e non una finalità antigiuridica”.
Nel caso in esame, lo spostamento delle sedi legale non è servita per modificare alcuna operazione giuridico economica posta in essere dalle ricorrenti, ne la stessa è stata svolta con l’utilizzo di strumenti negoziali diversi per i quali l’ordinamento tributario prevedeva un regime fiscale differente, poiché a mente dell’art 12 L.42/09 è il legislatore statale che definisce i presupposti d’imposta, i soggetti passivi e le basi imponibili.
Le stesse aliquote di riferimento valide su tutto il territorio nazionale, sono sempre fissate dal legislatore statale, anche se nel rispetto dell’autonomia regolamentare, viene garantita una flessibilità delle stesse entro un range minimo e massimo fissato sempre dal legislatore.
Ed è stata sempre una scelta del legislatore nazionale prevedere che le Province ordinarie, applicassero agli atti soggetti iva l’aliquota variabile, mentre quelle Autonome potessero applicare quella fissa, anche se essendo facoltà delle provincie ordinarie applicare o meno la maggiorazione rispetto all’aliquota base del DM, a Roma sia con il Regolamento Provinciale n. 80/05 sia quello successivo metropolitano del 2016, l’ente ha stabilito di applicare agli atti soggetti ad iva per le società come quelle ricorrenti, l’aliquota base del DM, con esclusione delle maggiorazione, per cui per le autovetture fino a 53 Kw l’imposta a Bolzano come a Roma è la medesima cioè € 151,81 mentre per le formalità per auto vetture superiori ai 53 kw, a Roma per disposizione statale e, da regolamento provinciale si applica l’aliquota base del DM pari ad € 3,51 per ogni Kw superiore a 53 mentre a Bolzano, sempre per disposizione del legislatore statale oltre che per Costituzione, sulla base della norma provinciale si applica l’aliquota di € 151,81.
La diversa parziale applicazione delle aliquote, da parte delle Province Ordinarie e Autonome, quindi è frutto delle scelte del legislatore nazionale, che nel caso in esame riguarda solo le autovetture con più di 53 kw, perché solo per queste vi è una differenza tra le aliquote applicate a Roma e quelle applicate a Bolzano.
Quindi quando il legislatore nazionale ha stabilito che era la sede legale della società, ad individuare il criterio di collegamento con la Provincia in merito al versamento ipt riscossa a livello nazionale, non avendo posto limitazioni volte ad evitare che le società trasferissero le sede legali esistenti dalle province ordinarie in quelle autonome, di fatto ha consentito che le società scegliessero se mantenere la sede legale nelle province ordinarie e quindi versassero l’ipt sulla base delle aliquote ivi in vigore su disposizione statale oppure trasferissero la sede legale per godere di un pressione fiscale inferiore, come quella in vigore presso le Province autonome, sempre legata a disposizione statale.
L’operazione quindi, se correttamente inquadrata, rientra in forma di pianificazione fiscale legittima, legata alla minor pressione fiscale, derivata dalla scelte del legislatore nazionale.
Va esaminata l’eccezione di decadenza, dal potere di contestare l’abuso del diritto da parte della Citta Metropolitana resistente, sostenuto dalle ricorrenti e dagli enti autonomi intervenuti nel giudizio, sulla considerazione che le società pur avendo trasferito la sede legale nel 2013 non avevano ricevuto alcun accertamento per le annualità precedenti al 2016, entro il 2016 o in caso di applicazione quinquennale del termine entro il 2018 volta alla contestazione dell’abuso del diritto e al recupero Ipt Tale evento per l’ente resistente non avrebbe fatto venir meno il suo potere di contestare nel 2022 l’annualità del 2016 sul presupposto che la permanenza presso la Provincia di Bolzano della sede legale, legittimava l’accertamento formulato sull’abuso, poiché dall’insieme di fatti, operazioni ed effetti giuridico-fiscali, legati alla permanenza presso Bolzano con versamento dell’Ipt alla provincia Autonoma, erano stati proseguiti i vantaggi fiscali indebiti, tali da legittimare il recupero. La tesi della Città Metropolitana non può essere condivisa, poiché le affermazioni di principio della stessa, contrastano con i canoni della logica e della ragionevolezza, in quando la normativa sull’abuso del diritto prevede che la contestazione debba avvenire entro i termini di decadenza dell’accertamento e quindi entro il terzo anno successivo oppure entro il quinto anno successivo al 2013 momento in cui il versamento doveva essere effettuato, essendo l’ente per sua stessa ammissione a conoscenza della situazione sin dal 2012.
La mancata contestazione entro i termini di decadenza triennale (2016) o quinquennale (2018) del mancato versamento dell’ipt con riferimento alle annualità 2013 e successive, rendono le stesse definitive per mancata contestazione da parte dell’ente impositore, entro i termini di decadenza dell’accertamento, rendo illegittimo la contestazione dell’abuso del diritto con riferimento all’annualità impugnata, poiché il termine di decadenza per l’esercizio del potere impositivo decorreva dall’annualità nella quale è sorto il presupposto dell’abuso e del versamento ipt, non ostando a ciò neppure il principio di autonomia dei periodi di imposta, che non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie ma destinate a ripercuotersi su annualità successive, non potendo il contribuente, come affermato anche dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 280 del 2005, essere esposto all’azione del fisco per un periodo eccessivamente dilatato ( Cass. sent n. 9993/2018 ; Cass. Ord n. 2899/19).
Pertanto la Città metropolitana quando ha notificato l’atto impugnato era decaduta dal potere impositivo per mancata contestazione entro i termini di decadenza delle annualità precedenti al 2016.
Nel merito, si osserva come seppure l’accertamento avesse superato il vaglio normativo e quindi l’abuso del diritto fosse stato dimostrato, lo stesso non avrebbe superato il vaglio relativo all’eccezione di merito, legate alla carenza di motivazione dell’atto per violazione art 7 stat del contrib, in ordine alla mancata allegazione dell’atto dell’Aci da cui erano tratti i dati posti a base dell’accertamento, che come già specificato non viene sanato dalla produzione documentale di causa, poiché l’atto prodotto e una convenzione di servizi tra aci e Citta metropolita, per i motivi esaminato già esaminati in precedenza. La carenza di motivazione coinvolge, anche l’allegato 1 parte integrante dell’accertamento, per tutti i motivi già oggetto di esame, mancando in esso ogni riferimento alle formalità di cui si era chiesto l’iscrizione o trascrizione al Pra, all’individuazione del soggetto richiedente la stessa, nonchè l’individuazione della data in cui il pagamento doveva avvenire, oltre all’aliquota applicata, dato che a pg 13 dell’accertamento quella richiamata è chiaramente errata. L’accertamento, inoltre, come rilevato dalle ricorrenti e anche dalla Provincia di Bolzano l’accertamento è nullo perché viene recuperata l’ipt anche per autovetture fino a 53 kw, che invece non andava recuperata essendo l’imposta versata a Bolzano la stessa che sarebbe stata versata a Roma, per cui non vi sarebbe l’indebito vantaggio fiscale richiesto dalla norma per tale tipo di vetture, che giustificherebbe l’abuso del diritto, pertanto il recupero in relazione all’ipt versato per le formalità riguardante tali auto vetture, contenute per la maggior parte a pg 35, 36,51,52,53,54,55,56,57 dell’allegato all’accertamento, porta sia ad un errata quantificazione dell’imposta sia alla violazione di legge in relazione all’art 10 bis dello stat del contrib. co 1 .
La norma, infatti, prevede che in caso di abuso del diritto ciò che va recuperato è solo il vantaggio fiscale indebito effettivamente conseguito per effetto dell’operazione abusiva. La Citta Metropolitana, invece ha proceduto al recupero dell’intero imposta contestando di fatto l’omesso versamento, dimostrando di avere confuso l’istituto dell’evasione in cui viene contestata l’omissione di versamento con recupero per intero dell’imposta, con quello dell’elusione che l’abuso del diritto persegue, ove viene recuperato solo l’indebito vantaggio fiscale ottenuto, perché in caso di abuso del diritto il versamento di imposta vi è stato seppure in misura inferiore a quello dovuto ex lege Il recupero, in tal caso, è dato dalla differenza tra quello che è stato versato e quello che si sarebbe dovuto versare, oltre sanzioni interessi se le società avessero avuto sede legale a Roma Le giustificazioni addotte dalla Città Metropolitana in base alle quali non era possibile applicare la parte dell’art 10 bis che prevedeva la scorporo di quando versato come ipt alla Provincia di Bolzano, poiché si trattava di due enti diversi, se fosse accoglibile porterebbe a ritenere che la Città Metropolitana non avrebbe potuto contestare l’abuso del diritto perché la norma consente solo il recupero dell’indebito vantaggio fiscale ottenuto che non è l’omesso versamento di fatto recuperato con gli atti impugnati, generando quindi oltre alla violazione dell’art 10 bis anche una motivazione contradditoria.
La violazione normativa dell’art 10 bis ha condotto anche ad una errata quantificazione dell’imposta recuperata, sia perché l’indebito vantaggio fiscale sicuramente non era contestabile per le autovetture sino a 53 Kw, che come rilevato anche a Bolzano scontavano un imposta uguale a Roma essendo pari ad € 151,00 e, per le quali quindi non si configurava l’abuso del diritto non essendoci normativamente un indebito arricchimento fiscale, mentre per quelle superiori a 53 hw il recupero andava effettuato sulla differenza tra quello versato a Bolzano e quello che si sarebbe dovuto versare a Roma e non sull’intero imposta come si si trattasse di evasione e quindi di omesso versamento.
L’accoglimento di tutte le eccezioni preliminari e di merito esaminate assorbono tutti gli ulteriori elementi ed eccezioni sollevate in atti, il cui singolo esame non inciderebbe in modo diverso sulla decisione assunta.
La Corte quindi accoglie i ricorsi. In applicazione del principio stabilito dall’art 92.c.2 cpc considerato che ricorrono gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo tenuto conto della complessità e della novità degli argomenti trattati, le spese del giudizio possono essere integralmente compensate. Va dichiarata estromissione ente di riscossione autonomo intervenuto.
PQM
Accoglie i ricorsi. Spese compensate
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