Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Friuli Venezia-Giulia, sezione 1, sentenza n. 210 depositata il 3 ottobre 2022

Gli immobili strumentali all’attività di interporto sono privi di autonomia reddituale. Essi, pertanto, sono classificati nella categoria catastale E/1 (stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei) e non nella categoria D7 (Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni) per cui la temporanea inutilizzazione dei binari siti nell’area dell’interporto, non ne fa venire meno la natura di infrastruttura dedicata al trasporto intermodale

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società xxxxx S.p.a. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento n. TS0011752/2019, di attribuzione della rendita con il quale l’unità immobiliare intestata catastalmente alla xxxxx S.p.a. veniva censita al Catasto Fabbricati del Comune di San Dorligo della Valle con i seguenti dati di classamento:

Foglio A/10 part. 945/16, subalterno 1 – Cat. D/7 – R.C. Euro 403.020,00 Graffata con Foglio A/10 particella 945/15 e 945/17, Foglio A/14 particella 945/12.

L’oggetto dell’accertamento era l’attribuzione della categoria catastale di un’unità immobiliare adibita a magazzini, uffici, archivi e depositi derivante dal frazionamento del complesso immobiliare industriale xxxxx sito nel Comune di San Dorligo della Valle, Bagnoli della Rosandra.

Tale unità immobiliare era stata ceduta dalla xxxxx spa alla società xxxxx spa senza alcuna trasformazione tipologica e strutturale. Con l’atto impugnato, l’Ufficio attribuiva al compendio la categoria D7 (Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni), mentre la Società Contribuente aveva individuato il complesso immobiliare quale “interporto” al quale attribuire indistintamente la categoria E/1 (stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei). La ricorrente chiedeva di dichiarare la nullità e/o l’illegittimità e/o l’annullamento e/o l’infondatezza del provvedimento catastale impugnato.

L’Ufficio si costituiva in giudizio per chiedere il rigetto del ricorso perché infondato sia in fatto che in diritto.

Con sentenza n. 75/2021, emessa in data 18.03.2021 e depositata in data 27.05.2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Trieste sez. 2, accoglieva il ricorso compensando le spese processuali.

Il Collegio ha ritenuto fondato il ricorso in base al seguente presupposto motivazionale: Nel premettere che l’interporto di Bagnoli non è altro che un “allargamento” delle aree disponibili per lo svolgimento dell’attività della ricorrente e in particolare delle aree divenute insufficienti in quel di Monrupino, si rappresenta che la costituzione di tale disponibilità ha avuto un iter particolare, tra i quali anche il riconoscimento a tale area dello stato di “porto franco” che certo non sarebbe stato riconosciuto, se l’attività non fosse di pubblico interesse. Lo svolgimento dell’operatività dell’ente ricorrente nell’area è ben “catalogato” e certamente non differente da quello svolto nell’interporto di Monrupino. Del tutto fondata è pertanto la richiesta di classamento degli immobili nella categoria E/1 prevista per le stazioni di servizio di trasporti, poiché esclusivamente di tale servizio si tratta …. omissis …. ininfluente è, a parere della Commissione, l’osservazione dell’Agenzia che l’area non è servita da linee ferroviarie, il che non corrisponde alla realtà. L’area è asservita da linea ferroviaria, anche se al momento non utilizzata, poiché in fase di manutenzione e ammodernamento.

Analogamente appaiono infondate le altre tesi svolte dall’Agenzia a sostegno del mancato riconoscimento del richiesto classamento degli immobili nella categoria catastale E1 e conseguentemente, l’atto è da annullare.

La società xxxxx S.p.a. proponeva ulteriore ricorso avverso l’avviso di accertamento n. TS0012879/2019, di attribuzione della rendita definitiva, con il quale l’unità immobiliare intestata catastalmente alla xxxxx S.p.a. veniva censita al Catasto Fabbricati del Comune di San Dorligo della Valle con i seguenti dati di classamento:

Foglio A/10 part. 945/16, subalterno 1 – Cat. D/7 – R.C. Euro 379.896,00 Graffata con Foglio A/10 particella 945/15 e 945/17, Foglio A/14 particella 945/12.

Foglio A/14 part. 945/11 graffata part. 945/18- Cat. D/7 – R.C. Euro 85.574,00.

Con sentenza n. 76/2021, emessa in data 18.03.2021 e depositata in data 27.05.2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Trieste sez. 2, accoglieva il ricorso, stabilendo la compensazione delle spese processuali. La motivazione di tale pronuncia era di identico tenore rispetto la citata sentenza n 75/2021.

Avverso le suddette pronunce l’Ufficio interpone distinti appelli per ottenere l’integrale riforma delle pronunce gravate.

Resiste l’appellata costituendosi in entrambi i giudizi, richiamando la sentenza Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 75/2019 dd. 24.9.2019 oltre ad ulteriore giurisprudenza. Conclude per il rigetto degli appelli dell’Ufficio con rifusione di spese di lite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione del procedimento rubricato al n. di RGA 356/2021 col presente rubricato al n. di RGA 355/2021 per connessione oggettiva e soggettiva.

Gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle Entrate di Trieste sono infondati.

Va premesso che l’appellata dispone di due terminal intermodali: il primo terminal di Fernetti che insiste quasi totalmente sul territorio del Comune di Monrupino e quello oggetto del presente giudizio, di più recente acquisizione, situato nel Comune di San Dorligo, località Bagnoli della Rosandra.

Il terminal di Fernetti è da tempo accatastato in categoria E/1.

Come correttamente rilevato dalla CTP di Trieste, vi è coincidenza fra le modalità di utilizzo delle aree di Fernetti e quelle di Bagnoli della Rosandra.

I beni oggetto di vertenza, rappresentando un’estensione delle originarie aree interportuali, vengono infatti gestiti con le medesime modalità con cui sono gestite le aree storiche dell’Interporto, che l’Agenzia delle Entrate ha già classificato in E1. L’assoluta equiparabilità delle aree di proprietà dell’Interporto a Fernetti e di quelle di Bagnoli della Rosandra è dimostrata, in primo luogo, dal decreto di trasferimento del regime giuridico internazionale del Punto Franco dal Porto vecchio ad altre zone.

Tra queste, infatti, si rinviene sia l’ampia area di Fernetti occupata dall’Interporto di Trieste, sia l’area dove sono ubicate le particelle oggetto del presente giudizio.

Per effetto di tale decreto di trasferimento, le destinazioni d’uso delle aree sono giuridicamente vincolate al libero transito delle merci, secondo il medesimo regime giuridico internazionale che vincolava le aree del Porto Vecchio.

Nessuna differenza, quindi, tra le aree del porto franco di Trieste e il punto franco presso l’Interporto di Fernetti e Bagnoli, entrambe soggette ad una normativa internazionale (Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 1947 e successivi atti di recepimento) integralmente protesa a garantire il libero transito delle merci.

Va osservato che la stessa Agenzia delle Entrate, ha equiparato il trattamento fiscale ai fini IVA nelle aree dell’Interporto di Monrupino e di Bagnoli.

Nell’Interpello allegato in atti l’Agenzia delle Entrate ha concluso per l’applicabilità del regime di non imponibilità IVA, di cui all’art. 9 comma 1 n. 5) e 6) del DPR 633/1972.

La citata disposizione rubricata “Servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali” prevede che “costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili (….): 5) i servizi di carico, scarico, trasbordo, manutenzione, stivaggio, disistivaggio, pesatura, misurazione, controllo, refrigerazione, magazzinaggio, deposito, custodia e simili, relativi ai beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea ovvero relativi a beni in importazione ….; 6) i servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto ….”. Si legge nella risposta all’Interpello che il regime di non imponibilità è subordinato alla duplice condizione che le prestazioni siano svolte nell’ambito di un porto, un autoporto o scalo ferroviario e che riflettano il funzionamento o manutenzione degli impianti, ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto.

Tale equiparazione ai fini IVA delle due aree è stata dunque resa possibile per effetto di una valorizzazione, da parte dell’Agenzia, dei profili funzionali delle aree, che si è accertato essere perfettamente coincidenti.

La stessa amministrazione ha riconosciuto che le aree per cui è causa sono utilizzate per finalità connesse con il trasporto di merci: non si vede, dunque, per quali ragioni aree deputate a tale tipologia di attività dovrebbero essere escluse dalla classificazione in E/1 laddove ci si trovi in presenza di tale tipologia di infrastrutture, ossia le “Stazioni per servizi di trasporto terrestri, marittimi ed aerei”.

L’appellante Ufficio contesta l’esistenza di un interporto, posto che il trasporto intermodale sarebbe inesistente, dal momento che la linea ferroviaria non sarebbe più attiva da tempo, con conseguente impossibilità di applicare la normativa sugli interporti di cui alla legge 240/1990.

Va osservato che l’esistenza dei binari è infatti indiscussa: la circostanza che gli stessi siano soggetti a lavori di manutenzione ed ammodernamento come risulta dalla documentazione fotografica riversata, dalla quale emerge che ad oggi stanno circolando dei treni di prova non può fare venire meno la natura di infrastruttura dedita al trasporto intermodale.

A ulteriore riprova dell’esistenza di un impianto ferroviario si rileva che con delibera n. 38/2020 allegata in atti, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti ha approvato l’estensione del regime di Gestore Unico del Comprensorio ferroviario del Porto di Trieste e logistiche collegate all’impianto ferroviario dell’Interporto di Trieste, considerate la posizione strategica di tale interporto rispetto al nodo di Trieste e la previsione dell’incremento di traffico afferente l’interporto stesso.

L’esistenza di un interporto è ulteriormente confermata dal provvedimento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, allegato in atti. Il Ministero ha preso atto che si trattava di “progetto di una nuova area adibita al trasporto intermodale, sia su gomma che su rotaia, comprensiva di scalo ferroviario, anche se derivante dalla riconversione di una zona industriale esistente”.

Il Ministero ha quindi ritenuto che il progetto rientrasse tra quelli relativi a “Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità”.

Va infine osservato che questa Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 75/2019 dd. 29.4.2019 qui condivisa, ha statuito che:

gli interporti sono un compendio ricco di strutture e servizi a cui viene attribuita una doppia funzione, ossia quella di attrarre e concentrare i flussi di traffico di merci e quella di organizzare, razionalizzare percorsi e consegne della catena del trasporto plurimodale;

gli interporti sono organismi di diritto pubblico, volti a perseguire un interesse pubblico; le strutture strettamente funzionali alla complessa gestione della infrastruttura del trasporto sono assolutamente necessarie affinché l’interporto possa svolgere le specifiche attività; detti immobili sono privi di una autonomia funzionale e reddituale; la CTR del FVG ha quindi confermato la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Udine che, con riferimento all’Interporto di Cervignano, aveva statuito che: il termine “stazione”, contenuto nella definizione della categoria catastale “E/1”, non si riferisce esclusivamente alla stazione di proprietà della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., ma è correttamente utilizzabile anche per gli interporti dove avviene lo scambio delle merci tra le modalità di trasporto; lo scambio delle merci non può avvenire esclusivamente e ininterrottamente da un mezzo di trasporto a un altro; di conseguenza, la “stazione interporto” deve essere dotata di locali, anche specificatamente attrezzati, per la custodia delle merci (magazzini) e per il disbrigo di pratiche amministrative, con una concentrazione di tutte le numerose connesse attività; l’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262/2006, conv. in L. 286/2006, espressamente consente che nella categoria catastale “E/1” possono essere ricompresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, purché gli stessi non presentino autonomia funzionale o reddituale; i magazzini, le tettoie con carri ponte e la palazzina direzionale non hanno autonomia funzionale o reddituale; tali immobili, infatti, sono strumentali all’interporto, così come definito ai sensi dell’art. 1 della L. n. 240/1990, perché le merci non possono essere abbandonate all’aperto, in attesa della loro successiva destinazione, e ciò per ovvie ragioni di sicurezza, igiene e, comunque, di ordine pubblico;

l’autonomia reddituale è esclusa altresì dal fatto che le particelle siano inserite in un unico complesso organico di strutture che costituisce catastalmente un’unica unità immobiliare; l’attività svolta dall’interporto, organismo di diritto pubblico, deve qualificarsi come servizio pubblico senza che a ciò osti l’attività imprenditoriale svolta dalle società di gestione dell’interporto stesso o da privati.

In conclusione le sentenze appellate vanno confermate.

Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano a favore della Società appellata come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta gli appelli dell’Agenzia delle Entrate che condanna a rifondere alla controparte le spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 oltre all’IVA ed ai diritti della CPA.