Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. n. 2, sentenza n. 4414 depositata il 17 luglio 2023
La sospensione dell’erogazione del rimborso IVA nei confronti di una società capogruppo è legittima nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia notificato alla società controllata un avviso di accertamento relativo a tributi diversi dall’Imposta sul valore aggiunto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso, ritualmente notificato e depositato, la C.H. s.r.l. impugnava il provvedimento di sospensione parziale dell’erogazione del rimborso IVA 2016.
Esponeva che, con il provvedimento impugnato, l’ufficio aveva disposto la sospensione per l’importo di Euro 1.982.545,32, poi rettificato in Euro 1.695.273,76 del rimborso IVA di Euro 5.376.456,00 richiesto dalla ricorrente con la dichiarazione IVA per il 2016 e successivamente ceduto in favore di F. s.r.l.
L’ufficio aveva parzialmente sospeso il rimborso per la sussistenza di carichi fiscali pendenti relativi, in parte, ad imposte diverse dall’IVA ed anche a soggetti diversi dall’odierna ricorrente, segnatamente per un carico fiscale di Euro 1.138.614,76 della stessa C.H. e per ulteriori carichi fiscali di società facenti parte del gruppo, vale a dire E.V. s.r.l. (per Euro 461.064,00) ed E.V. Tre s.r.l. (per Euro 95.595,00). Lamentava: a) la nullità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, della I. n. 212/2000 e degli artt. 42, comma 2, del d.P.R. n. 600/1973 e 56, comma 5, d.P.R. n. 633/1972, poichè non erano stati allegati gli atti in esso richiamati; b) la nullità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della l. n. 212/2000 e degli artt. 42, comma 2, d.P.R. n. 600/1973 e 56, comma 5, d.P.R. n. 633/1972, perchè recava una motivazione carente ed ambigua; c) l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompatibilità dell’art. 23 del d.lgs. n. 472/1997, così come applicato dall’ufficio, con il diritto dell’Unione Europea; d) in via subordinata, l’illegittimità del provvedimento impugnato per la quota di Euro 556.659,00 (carichi fiscali di E.V. ed E.V. Tre) perchè negava l’erogazione del rimborso spettante alla ricorrente a fronte di carichi pendenti di soggetti terzi.
L’Agenzia delle Entrate, quale ente impositore, si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Interveniva in giudizio F. s.r.l. a sostegno delle domande fatte valere da C.H. s.r.l.
La ricorrente e l’interveniente depositavano memoria illustrativa.
Con sentenza n. 4552/5/2022, in data 4-14.04.2022, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma respingeva il ricorso, compensando le spese, sul presupposto della sufficiente motivazione del provvedimento impugnato e della legittima possibilità – da parte dell’Ufficio – di avvalersi della sospensione del pagamento del credito, infine dell’applicabilità dell’istituto cautelare dell’art. 23 d.lgs. n. 472/1993 anche per debiti tributari diversi dall’IVA e relativi a società controllate.
Con atto telematicamente notificato in data 19.05.2022 e depositato nelle stesse forme in pari data, C.H. s.r.l. e F. s.r.l. proponevano appello avverso detta sentenza, riproponendo i motivi di doglianza posti a fondamento del ricorso introduttivo.
1) Lamentavano innanzitutto la mancata allegazione al provvedimento impugnato dei carichi pendenti riconducibili a società diverse dalla appellante e posti a base del provvedimento di sospensione, irrilevante essendo che detti atti siano stati notificati a soggetti diversi dalla appellante.
2) Lamentavano poi l’illegittimità del provvedimento impugnato per incompatibilità dell’art. 23 d.lgs. n. 472/1997 con il diritto unionale (art. 183 direttiva 2006/112/CE).
3) Lamentavano, in via subordinata, l’illegittimità della sospensione del credito IVA per la quota di € 556.659,00, trattandosi di carichi pendenti di soggetti terzi (E.V. ed E.V. Tre) estranei alla liquidazione di gruppo IVA per gli anni 2013 e 2014 (avvisi di accertamento per IRES, IRAP ed IVA del 2015).
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello; nel merito, resisteva e chiedeva il rigetto dell’appello.
Le appellanti depositavano memoria illustrativa.
All’udienza del 6 luglio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1)- Occorre rammentare che “nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito” (Cass., n. 30525/2018).
Nella fattispecie, la parte contribuente ha riproposto i motivi di doglianza contenuti nel ricorso introduttivo sufficientemente confrontandosi con le motivazioni poste a fondamento della sentenza emessa dai primi giudici.
Ulteriore premessa è che la parte appellante ha dato atto, in memoria illustrativa ed anche in udienza, della effettiva opponibilità, in sede di richiesta di rimborso, del carico fiscale di C.H. per € 1.138.614,76, derivante dall’avviso di accertamento TK30E5100284 per IRES 2011, divenuto definitivo, insistendo sulla sola condanna al rimborso dell’importo di € 556.959,00 sospeso per carichi fiscali delle società E.V. ed E.V. Tre facenti parte del gruppo.
2)- Tanto premesso, il primo motivo di appello è infondato.
Secondo un condivisibile indirizzo di legittimità (Cass., n. 593/2021; n. 11283/2022), “deve ritenersi che l’interpretazione giurisprudenziale degli artt. 7, comma 1, ultimo periodo, legge n. 212 del 2000 e 42, secondo comma, ultimo periodo, e terzo comma, d.p.r. n. 600 del 1973, nel senso che non sia nullo l’accertamento la cui motivazione fa riferimento ad un altro atto ad esso non allegato, ma conoscibile agevolmente dal contribuente, realizzi un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa (e quindi di buon andamento dell’amministrazione, ex art. 97 Cost.) – che giustificano l’ammissibilità, anche normativa, della motivazione per relationem (sul punto, Cass., n. 1906/2008, in motivazione) – ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (rilevante ex artt. 24 e 111 Cost.) nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo, che sarebbe illegittimamente compresso se la conoscibilità dell’atto esterno richiamato dalla motivazione non fosse agevole, ma richiedesse un’attività di ricerca complessa“.
Ciò posto, la società appellante, nella istanza di autotutela presentata a seguito del primo provvedimento di sospensione totale del rimborso e nel ricorso giurisdizionale avverso il secondo provvedimento di sospensione del rimborso in questa sede impugnato, ha dato contezza di aver precisa consapevolezza e di ben conoscere gli atti impositivi sui quali erano fondati i provvedimenti di sospensione, specificando l’origine dei carichi pendenti e contestandone l’incidenza sul proprio credito (tanto più che uno dei tre carichi fiscali era stato contestato proprio alla C.H.).
3)- Il secondo motivo di appello è infondato.
La “sospensione” del procedimento di esecuzione del rimborso del credito d’imposta, giustificata dalla esigenza di definire previamente altre esposizioni debitore fiscali del medesimo contribuente (evidentemente ai fini della eventuale compensazione dei reciproci crediti), quale misura cautelare esercitata in via di autotutela dall’Amministrazione erariale, rimane assoggettata al principio di legalità e trova nella specie fondamento nella norma di legge attributiva del relativo potere che, se originariamente rimaneva circoscritta alla ipotesi disciplinata dall’art. 38-bis comma 3 d.P.R. n. 633/72 (la sospensione era giustificata dalla esigenza della definizione dell’accertamento del fatto-reato relativo a fatture o documenti contabili illecitamente emessi od utilizzati), attualmente deve intendersi estesa a qualsiasi violazione tributaria integrante illecito amministrativo in considerazione della più ampia previsione – concernente anche imposte diverse dall’IVA – contenuta nell’art. 23 d.lgs. n. 472/1997 (cfr., Cass., n. 19755/2013, nonché Cass., n. 16535/2010, che ritiene un ambito di applicazione della sospensione prevista dall’art. 23 generalizzato a qualsiasi pagamento, tale da concedere all’Amministrazione la facoltà di sospenderne l’esecuzione per il solo fatto dell’avvenuta emissione di un atto di contestazione o d’irrogazione di sanzioni).
Quanto al rapporto tra la tutela cautelare prevista nel d.P.R. n. 633 del 1972 (art. 38- bis) e gli altri istituti cautelari, disciplinati dall’art. 23 d.lgs. n. 472/1997 e dall’art. 69 r.d. n. 2440/1923, l’orientamento giurisprudenziale recentemente ribadito (Cass., n. 6096/2023) è nel senso che l’esistenza di una specifica norma, dettata in materia di iva, non impedisce, in linea generale, il ricorso anche agli altri istituti, non potendosi escludere dunque la ricorribilità all’esercizio del potere di sospensione del pagamento, trattandosi di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dall’art. 38-bis garantisce per l’ipotesi che il credito al rimborso sia insussistente, mentre le altre garantiscono la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell’amministrazione, sospendendo cautelarmente il pagamento in prospettiva di una compensazione nel momento in cui il provvedimento accertativo diverrà definitivo.
Il cumulo tra le garanzie apprestate dall’art. 38-bis e gli altri strumenti cautelari non è tuttavia illimitato. Si è infatti affermato che, in tema di rimborsi IVA, l’Amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto dal contribuente la garanzia in base all’art. 38-bis, comma 1 (ora comma 4), d.P.R. n. 633/1972, durante il periodo di vigenza della medesima non può fare uso degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, comma 1, d.lgs. n. 472/1997 e 69 r.d. n. 2440/1923, determinandosi, altrimenti, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell’amministrazione ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buonafede posto dall’art. 10, comma 1, l. n. 212/2000, nonché del principio di solidarietà sancito dall’art. 2 Cost. che deve ispirare anche i rapporti tra Pubblica amministrazione e cittadino (Cass., SS.UU., 31 gennaio 2020, n. 2320).
Nella fattispecie, la sospensione del rimborso è stata attivata in considerazione della esistenza di controcrediti erariali e la parte appellante non ha fornito dimostrazione di aver ricevuto richiesta, anche per la quota di rimborso sospesa pari ad € 1.695.273,76, di idonea garanzia ex art. 38-bis d.P.R. n. 633/1972 e, soprattutto, di aver concretamente offerto detta idonea garanzia, per cui il potere cautelare di sospensione risulta legittimamente esercitato dall’Amministrazione erariale.
4)- Il terzo motivo di appello è parimenti infondato.
Come già descritto dai primi giudici, la disciplina dell’IVA di gruppo di cui all’art. 73, comma 3, d.P.R. n. 633/1972 introduce un meccanismo semplificato di liquidazione dell’IVA, che comporta per le società facenti parte di un gruppo societario il trasferimento dei rispettivi crediti e debiti d’imposta alla società controllante.
Quest’ultima è il soggetto legittimato al versamento del saldo netto risultante dalla mera somma algebrica delle posizioni debitorie e creditorie delle società controllate aderenti, operando la compensazione dei debiti IVA propri e delle controllate con i saldi attivi eventualmente trasferiti dalle società controllate che si trovino in credito di imposta.
Per effetto dell’adesione delle società facenti parte di un gruppo di imprese alla liquidazione dell’IVA di gruppo, le eventuali eccedenze di imposta delle società controllate, le quali perdono la disponibilità dei saldi attivi (oltre che la titolarità dei saldi passivi) risultanti dalle proprie liquidazioni, vengono trasferite alla società controllante e la liquidazione dell’IVA diviene una procedura interna al gruppo di imprese, al cui espletamento è legittimata la società controllante. In altri termini, le società controllate perdono la disponibilità dei saldi IVA ed i debiti e crediti di ciascuna società partecipante al gruppo vengono semplificati mediante reciproche compensazioni infragruppo, restando, in tal modo, la società controllante l’unico soggetto legittimato al versamento, ovvero ad effettuare la scelta annuale tra il rimborso o l’accredito nell’anno successivo dell’eccedenza detraibile del gruppo.
Ciò posto, è legittima l’applicazione dell’art. 23 d.lgs. n. 472/1997 quando, come nella fattispecie in esame, abbia riguardato debiti d’imposta delle società controllate E.V. ed E.V. Tre (debiti che, come sopra si è detto, possono riguardare anche imposte diverse rispetto a quella di cui si chiede il rimborso) nei limiti delle eccedenze di credito IVA trasferite da dette società al gruppo di imprese di cui l’appellante rappresentava la società controllante, vale a dire nei limiti dell’importo complessivo di € 556.659,00 (€ 461.040,00 per E.V. ed € 95.595,00 per E.V. Tre).
5)- La complessità delle questioni trattate e la natura interpretativa della controversia giustificano la compensazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
La Corte respinge l’appello della società contribuente e compensa le spese del grado.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 febbraio 2022, n. 5692 - In tema di impugnazione di cartella di pagamento per interessi dovuti per il periodo di sospensione cautelare della pretesa fiscale disposta dall'autorità giudiziaria tributaria,…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 161 depositata il 3 gennaio 2024 - L'attribuzione al giudice tributario, da parte dell'art. 12, comma 2, della legge n. 448 del 2001, di tutte le controversie in materia di tributi di qualunque genere e specie,…
- Corte di Cassazione, sentenza n. 20537 depositata il 17 luglio 2023 - In tema di IVA, l'art. 34 della l. n. 388 del 2000 ha inteso introdurre per ogni periodo d'imposta un limite invalicabile alla compensazione di crediti iva e debiti relativi ad altre…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 novembre 2020, n. 26543 - La forma di notifica, come disciplinata dall'art. 3-bis della l. n. 53/1994 non è ammessa per la notificazione degli atti in materia tributaria, se non espressamente disciplinata dalle…
- Corte di Cassazione ordinanza n . 10268 depositata il 30 marzo 2022 - La causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…