La Corte di Giustizia UE con la sentenza inerente la causa C-715/20 emessa il 20 febbraio 2024, intervenuto in tema di contratti di lavoro, ha affermato quanto seguente “… La clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
deve essere interpretata nel senso che:
essa osta a una normativa nazionale secondo la quale un datore di lavoro non è tenuto a motivare per iscritto il recesso con preavviso da un contratto di lavoro a tempo determinato, mentre è tenuto a tale obbligo in caso di recesso da un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il giudice nazionale investito di una controversia tra privati è tenuto, qualora non gli sia possibile interpretare il diritto nazionale applicabile in modo conforme a tale clausola, ad assicurare, nell’ambito delle sue competenze, la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e a garantire la piena efficacia di tale articolo, disapplicando, per quanto necessario, qualsiasi disposizione nazionale contraria. …”
La vicenda ha riguardato un lavoratore polacco, assunto con contratto a tempo determinato, a cui viene comunicato il suo licenziamento senza riportarne i motivi sottesi al recesso. Il dipendente impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli.
A fondamento della propria domanda, il ricorrente deduce una violazione del principio di non discriminazione, posto che nella normativa polacca esiste un obbligo di comunicare i motivi soltanto per quanto riguarda il recesso da contratti di lavoro a tempo indeterminato e non anche in caso di rapporti a termine.
Il Tribunale polacco investito della questione, mediante un rinvio pregiudiziale, chiede alla CGUE se una norma di tale tenore sia conforme al diritto comunitario.
La Corte Unionale, nella sentenza in commento, ha riconfermato che “… la nozione di «ragioni oggettive», ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro, non può essere intesa nel senso che consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato con il fatto che tale differenza è prevista da una norma nazionale generale e astratta, quale una legge o un contratto collettivo (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).
(…) Al contrario, detta nozione richiede che la differenza di trattamento constatata sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti che contraddistinguono la condizione di impiego di cui trattasi nel particolare contesto in cui essa si inserisce e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale differenza risponda a una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria. Detti elementi possono risultare, segnatamente, dalla natura particolare delle mansioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (sentenza del 19 ottobre 2023, Lufthansa CityLine, C‑660/20, EU:C:2023:789 punto 58 e giurisprudenza ivi citata). …”
A conferma del diritto del lavoratore con contratto a tempo determinato a ricevere i motivi del licenziamento, i giudici chiariscono che “… quand’anche i datori di lavoro si vedessero obbligati a indicare le ragioni del recesso anticipato da un contratto a tempo determinato, essi non sarebbero, per tale motivo, privati della flessibilità inerente a tale forma di contratto di lavoro, che può contribuire alla piena occupazione sul mercato del lavoro. Occorre sottolineare al riguardo che la condizione di impiego di cui trattasi non riguarda la facoltà stessa di un datore di lavoro di risolvere un contratto di lavoro a tempo determinato con preavviso, bensì la comunicazione al lavoratore, per iscritto, del motivo o dei motivi che giustificano il suo licenziamento, cosicché non si può ritenere che tale condizione possa essere tale da alterare sensibilmente tale flessibilità. …”