Corte di Cassazione ordinanza n. 21338 del 6 luglio 2022

non sussiste alcun onere probatorio dell’Agente per la riscossione avente ad oggetto l’esibizione in giudizio della copia delle cartelle nel loro contenuto integrale – disconoscimento della copia fotostatica di un documento

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che avverso tale decisione M.F. propose appello innanzi alla C.T.R. della Campania, la quale, con sentenza n. 1162/2020, depositata il 5.2.2020, rigettò il gravame ritenendo correttamente perfezionata la notifica delle cartelle impugnate sulla base delle relate prodotte dall’ADER, irrilevante essendo la richiesta, formulata dal contribuente, di esibizione degli originali di siffatte cartelle, da un lato, in quanto la cartella non è altro che la stampa del ruolo in un unico originale notificato alla parte ed il titolo esecutivo è costituito dal ruolo, sicché l’amministrazione non è in  grado di produrre l’originale, il cui unico esemplare è in possesso del contribuente e, dall’altro, per non avere la difesa del MAIONE “mosso alcuna doglianza specifica, idonea a confutare la validità della notifica” (cfr. motivazione, p. 2, penultimo cpv.) delle stesse;

che avverso tale decisione M.F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo; si è costituita con controricorso, l’ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE;

che sulla proposta avanzata dal relatore, ex art. 380-bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio; Rilevato che con l’unico motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 4 e 5, cod. proc. civ.) della nullità della sentenza per violazione dell’art 116 cod. proc. civ., nonché della violazione e falsa applicazione degli artt. 2712- 2719 cod. civ., degli artt. 214 e 215 cod. proc. civ., nonché dell’art 22, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la C.T.R. erroneamente valutato le prove prodotte e, per l’effetto, ritenuto corrette le notifiche delle cartelle di pagamento impugnate sulla base di documentazione prodotta in copia e malgrado l’avvenuto disconoscimento della sottoscrizione apposta su detti documenti;

che il motivo è manifestamente inammissibile;

che la censura è anzitutto carente di specificità (cfr. l’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.) avendo il ricorrente – a fronte di una ritenuta genericità del disconoscimento operato (cfr. la p. 2, penultimo cpv. della motivazione della sentenza impugnata) – omesso di specificare in che termini ebbe a contestare la conformità dei documenti in questione e, in particolare di averlo fatto non “con clausole di stile e generiche, quali “impugno e contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perché inammissibile ed irrilevante”, ma […] – a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” (così in motivazione, sub § 4.1.1, Cass., Sez. 6-5, 11.10.2018, n. 25292, Rv. 650980-01 ed ivi altri riferimenti giurisprudenziali);

che, sotto altro profilo, peraltro, il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all’originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall’art. 215, comma 2, cod. proc. civ., perché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l’utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce  che  il  giudice  possa  accertare  la  conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (cfr. Cass., Sez. 6-5, 11.10.2018, n. 25292, Rv. 650980-01, cit. In termini

analoghi, più recentemente, Cass., Sez. 5, 26.10.2020, n. 23426, Rv. 659342-01);

che, per altro verso, ancora, la difesa del contribuente neppure si confronta con l’altra autonoma ratio decidendi su cui fonda la gravata decisione e, precisamente, con il rilievo svolto dalla C.T.R., per cui l’originale della cartella di pagamento è consegnata al contribuente e l’agente della riscossione può soltanto produrne una copia (ciò che implica un’ulteriore causa di inammissibilità). D’altronde va dato atto – per completezza espositiva – che tale rilievo dei giudici di appello è in linea con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, 13.5.2014, n. 10326, Rv. 630907-01), per la quale non sussiste alcun onere probatorio dell’Agente per la riscossione avente ad oggetto l’esibizione in giudizio della copia delle cartelle nel loro contenuto integrale, nemmeno ai sensi dell’art. 26, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973 – che, peraltro, ne prevede la conservazione in alternativa alla “matrice” (la quale è l’unico documento che resta nella disponibilità dell’Agente nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore, anziché con raccomandata con avviso di ricevimento) – alcuna norma prevedendo tale obbligo, né ricollegando alla sua omissione la sanzione di nullità della stessa e della relativa notificazione;

Ritenuto, in conclusione che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna di M.F. al pagamento, in favore dell’ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE­ RISCOSSIONE, in  persona del legale rappresentante p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo;

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Per l’effetto condanna M.F. al pagamento, in favore dell’ADER – AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante p.t., delle  spese  del  presente  giudizio  di legittimità,  che  si liquidano in € 5.600,00 (cinquemilaseicento/00) per compenso professionale, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di M.F., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.