CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 5094 depositata il 17 febbraio 2023

Tributi – Avvisi di accertamento – Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria – Inesistenza delle relate di notifica prodotte in copia – Contestazione di conformità agli originali delle riproduzioni informatiche prodotte – Disconoscimento delle sottoscrizioni apposte alle relate di notifica a mezzo posta – Querela di falso – Rigetto

Rilevato che

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta da R.B. nei riguardi dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto (limitatamente a sei avvisi di addebito) l’opposizione proposta avverso la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria notificata il 9 ottobre 2016 e le cartelle ed avvisi di addebito alla stessa sottesi;

la Corte territoriale, dopo aver dato atto che gli enti convenuti avevano depositato copia dei titoli esecutivi e dei successivi atti interruttivi della prescrizione notificati alla ricorrente, ha precisato che nel corso del giudizio di primo grado, all’udienza del 28 ottobre 2019, il difensore della stessa ricorrente aveva contestato in modo generico la conformità delle copie prodotte;

quindi, ha rilevato che già il Tribunale, dopo aver respinto l’eccezione di nullità del ricorso e della carenza di interesse ad agire, aveva dato atto che, salvo per le sei cartelle per le quali non era stata fornita la copia della relativa notificazione, difettava una tempestiva negazione dell’avvenuta notifica e che il successivo disconoscimento era avvenuto in modo generico e quindi inammissibile, peraltro per due di tali cartelle era stata presentata istanza di rateizzazione e da ciò poteva presumersi la conoscenza della loro notificazione;

ciò premesso, ritenuta rituale la difesa di AdER – Riscossioni attraverso difensore del libero foro, la Corte territoriale ha rigettato i motivi d’appello in quanto il disconoscimento dei documenti avversari era stato effettuato in modo generico in violazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, rendendo del tutto inidonea la contestazione al fine di provare l’inesistenza delle relate di notifica prodotte in copia; ha aggiunto anche che la contestazione dell’efficacia probatoria dell’avviso di ricevimento di una raccomandata avrebbe richiesto la proposizione della querela di falso, attesa la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata ordinaria; peraltro, la notifica a mezzo racc.ta con a.r. prevista per gli avvisi di addebito dall’art. 30, quarto comma, d.l. 78 del 2010 conv. in l. n. 122 del 2010, non richiedeva il rispetto delle modalità previste dall’art. 149 c.p.c., come anche si era ritenuto per l’analoga previsione contenuta nell’art. 26 d.p.r. n. 602 del 1973;

infondata è pure stata giudicata la ragione d’appello relativa alla mancanza di prova del collegamento tra l’atto notificato e la copia della ricevuta della raccomandata, non avendo il destinatario fornito la relativa prova essendo operante la presunzione di cui all’art. 1335 c.c.;

infine, la Corte ha respinto tutti i motivi d’appello tendenti a far dichiarare inesistenti le notifiche avvenute tramite posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 14 d.lgs. n. 159 del 2015, in ragione del fatto che anche la denuncia di violazione dello schema legale tipico previsto per tale tipo di notifica si era risolta in una affermazione generica e priva di concreto riscontro, avendo peraltro la giurisprudenza di legittimità chiarito la sufficienza attestazione di conformità all’originale informatico apposta sul documento che sostituisce l’originale informatico mancante di firma digitale;

avverso tale sentenza, ricorre per cassazione R.B. sulla base di nove motivi;

Considerato che

con i primi tre motivi, si denuncia, ex art. 360, 1° comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per non aver rilevato che il Tribunale aveva negato ingresso al tempestivo disconoscimento delle copie prodotte; la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 2702 cod. civ. e degli artt. 214, 215 e 216 cod. proc. civ, in relazione al tempestivo disconoscimento dell’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica e l’ omessa pronuncia in relazione al disconoscimento ex artt. 214, 215, 216 cod. proc. civ sull’autenticità delle scritture e delle sottoscrizioni poste sui referti di notifica prodotti in fotocopia dagli Enti e al mancato procedimento di verificazione ad istanza dei medesimi Enti;

con l’ottavo motivo, ex art. 360, comma 1, n. 4, si denuncia la nullità della sentenza per avere la Corte territoriale ritenuto notificato l’avviso di addebito n. 41020120004750864 e la cartella n. 11020100058003220 nonostante gli Enti non avessero provato la notifica e la medesima Corte non abbia rilevato tale preliminare ed assorbente omissione;

detti motivi, connessi e da trattare congiuntamente, sono infondati perché, a fronte dello snodo motivazionale basato sulla genericità della contestazione di conformità agli originali delle riproduzioni informatiche prodotte, il ricorrente non propone specifico motivo di ricorso idoneo ad inficiare il giudizio di genericità del disconoscimento operato, ma denuncia la obliterazione dell’ulteriore disconoscimento dell’autenticità delle scritturazioni e della sottoscrizione contenute nelle relate di notifica;

da ciò si deve trarre la conclusione che la sentenza impugnata non è stata attinta dall’impugnazione in cassazione in punto di conformità delle copie fotografiche ed informatiche agli originali, con la conseguenza della piena idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia al fine di dimostrare l’avvenuta notificazione degli avvisi di addebiti e della cartella opposti;

a questo punto si evidenzia l’ininfluenza delle questioni sollevate in ordine agli effetti processuali derivanti dal disconoscimento delle sottoscrizioni apposte alle relate di notifica a mezzo posta di cui sopra, al fine di paralizzare per altra via la loro efficacia probatoria;

va infatti ricordato che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (di recente, Cass. n. 19813 del 2021), in ordine all’efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto solo in copia, si è orientata nel senso della considerazione complessiva dei contenuti dell’art. 2719 c.c. (quanto alla efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale non è espressamente disconosciuta), dell’art. 2712 c.c. (quanto alla idoneità delle riproduzioni meccaniche a formare piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se non se ne disconosce a conformità ai fatti o alle cose medesime) ed anche dell’art. 214 c.p.c., (secondo cui colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione), dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2 (secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta, fra l’altro, se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione), nonché dell’art. 2700 c.c. (che dispone che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti);

applicato tale complesso normativo al caso di specie, va dunque affermato che la mancanza di specificità del disconoscimento della conformità delle copie informatiche agli originali, considerato peraltro che non vi è obbligo per il concessionario di produrre gli originali (Cass. 20769 del 2021), ha pienamente legittimato l’accertamento decisivo della esistenza delle notifiche non potendo, contrariamente alla prospettazione del ricorrente, porsi una questione di disconoscimento dell’autenticità delle sottoscrizioni e delle scritture con consequenziale operatività necessaria del procedimento di verificazione ex art. 215 c.p.c., contenute nelle dette relate di notifica che rivestono la natura di atto pubblico;

già Cass. n. 8032 del 2004 ha avuto modo di affermare, in tema di notificazione a mezzo posta, che si perfeziona, per il destinatario, con la consegna del plico, che l’avviso di ricevimento, parte integrante della relazione di notifica, ha natura di atto pubblico che – essendo munito della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle partì e agli altri fatti che l’ufficiale giudiziario attesta avvenuti in sua presenza – costituisce, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data sia l’identità della persona alla quale è stata eseguita e che ha sottoscritto l’atto, salvo che, ai sensi del successivo comma 4 della norma citata, la data di consegna non risulti apposta o sia comunque incerta, sicché in tal caso i termini connessi alla notificazione decorrono dalla data risultante dal timbro postale. Ne consegue che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre la querela di falso anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell’ufficiale giudiziario – a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto dall’ufficiale giudiziario nella redazione del documento;

in mancanza di un errore materiale rilevabile in modo immediato e diretto dall’esame obiettivo dello stesso atto, l’accertamento della non rispondenza al vero, postulando un giudizio di incompatibilità della data o di altri dati apposti con altri elementi di valutazione acquisiti al processo, può avere luogo soltanto nell’ambito del procedimento previsto dagli artt. 221 c.p.c. e segg., per l’invalidazione degli atti pubblici (Cass., sez. 6-5, 31 luglio 2015, n. 16289; Cass. Sez. un., 27 aprile 2010, n. 9962);

con il quarto e quinto motivo, si denuncia: ex art 360, comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione di legge n. 53/1994 ex art. 3 – bis in relazione alle notifiche effettuate via PEC dagli Enti e l’inesistenza delle notifiche in quanto effettuate da indirizzi non inseriti nei pubblici elenchi IPA;

tali motivi, connessi e da trattare congiuntamente, sono inammissibili;

la sentenza impugnata ha riferito che il motivo di censura era generico in quanto riferito alla mera violazione della normative in materia di notifica a mezzo pec ed ha trattato solo della questione della sufficienza della attestazione di conformità all’originale informatico apposta sul documento che sostituisce l’originale informatico mancante di firma digitale;

a fronte di tali contenuti della sentenza impugnata, la ricorrente neanche critica il giudizio di genericità del motivo d’appello ed introduce, per la prima volta in questa sede, profili in fatto (inserimenti degli indirizzi PEC concretamente utilizzati nei pubblici registri) non esaminati dalla sentenza impugnata;

con il sesto e settimo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 4, nullità della sentenza per avere la Corte territoriale ritenuto che la domanda di rateizzazione sia valido atto interruttivo della prescrizione e che fossero state depositate le istanze di rateazione, nonostante gli Enti non avessero prodotto in giudizio le dette istanze e che la medesima Corte non abbia rilevato tale preliminare ed assorbente omissione.

tali motivi sono inammissibili; con gli stessi si deduce violazione dell’art. 2944 c.c. ed inoltre la parte ricorrente contesta il riconoscimento dell’avvenuta notifica di svariate notifiche e dell’efficacia interruttiva della prescrizione attribuita alla domanda di rateazione, con doglianza che introduce, in questa sede di legittimità, profili di novità non evincendosi dalla sentenza impugnata l’affermazione dell’idoneità interruttiva della domanda di rateazione ma solo che da due di esse potevano trarsi argomenti presuntivi dell’avvenuta notifica delle cartelle cui si riferivano;

anche il nono motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al riconosciuto interesse della ricorrente ad esperire, attraverso l’impugnazione del ruolo, azione di accertamento negative della pretesa degli enti facendo valere la prescrizione del credito, è inammissibile;

dalla non chiara illustrazione del motivo, si intende che la doglianza si incentra sul fatto che l’impugnativa nel merito delle cartelle e degli avvisi di pagamento era avvenuta a seguito della consegna dell’estratto del ruolo, sul presupposto logico e giuridico che ciò fosse possibile in quanto mai notificati; deduce, quindi la ricorrente che, non essendo mai stata provata secondo il proprio punto di vista, l’avvenuta notifica delle cartelle e degli avvisi, la sentenza impugnata avrebbe dovuto dichiarare comunque prescritti i relativi crediti;

tale motivo è privo di relazione con il decisum, in quanto la sentenza impugnata ha riconosciuto l’interesse ad impugnare il ruolo, ritenendo sostanzialmente che tale azione mirasse a recuperare l’azione di opposizione prevista dall’art. 24 d.l.gs. n. 46 del 1999 e non proposta per l’affermata inesistenza della notifica degli atti impositivi, ma ha rigettato tale prospettazione in ragione della idoneità della documentazione offerta in copia a provare l’avvenuta notifica delle cartelle e degli avvisi la cui disamina era stata devoluta in appello;

a fronte di tali contenuti, il motivo, sotto l’apparente deduzione di un vizio di motivazione dai contenuti oscuri e di una omessa pronuncia, tende a riproporre il tema sotteso a tutti i motivi della affermata inesistenza di prova delle notifiche delle cartelle e degli avvisi di addebito;

in conclusione, il ricorso è da rigettare;

segue la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo;

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, in favore di ciascun controricorrente, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.