CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2022, n. 20448
Estratto di ruolo – Avviso di addebito – Impugnazione – Disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione apposte sulle relate di notifica – Valore probatorio della riproduzione informatica
Rilevato che
con sentenza n. 275 del 2020, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta da D.G.R., nei confronti di AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE ed INPS, avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda della parte tesa ad impugnare l’estratto di ruolo, richiesto a fini informativi dalla parte, indicante l’esistenza di un avviso di addebito (n. 36820160029768218 per l’importo di Euro 15435,54, dovuto per contributi non versati alla Gestione separata) in ragione dell’affermata mancata notifica dello stesso avviso di addebito;
ad avviso della Corte d’appello, il ricorso era infondato giacché la contestazione della conformità all’originale delle riproduzioni informatiche, prodotte per provare l’avvenuta notifica dell’avviso di addebito, era del tutto generica, cioè non chiara, non circonstanziata né esplicita, oltre che tardiva e come tale inidonea ad inficiare l’idoneità probatoria dei documenti prodotti, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7775/2014; n. 7105/ 2016; n. 12730/2016; n.12737/2018 ed altre);
la notifica era comunque stata effettuata tramite raccomandata postale con a.r., ex art. 30, comma 4, d.l. n. 78 del 2010 conv. in I. n. 122 del 2010, ed era stata recapitata alla R.; pertanto, in applicazione dei principi di cui alla sentenza della Corte di cassazione n. 28989 del 2017, derivanti dall’interpretazione dell’art. 1335 c.c doveva comunque ritenersi provata l’avvenuta notifica;
inoltre, l’eccezione di decadenza di cui all’art. 25 d.lgs. n. 46/1999 era inammissibile per il decorso del termine di cui all’art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999 e comunque nessun motivo era stato proposto avverso la pronuncia di primo grado che l’aveva rigettata, in applicazione dell’art. 38 comma 12 d.l. n. 78 del 2010;
avverso tale sentenza ricorre D. G. R., sulla base di quattro motivi;
l’INPS e Agenzia delle Entrate Riscossioni resistono con controricorso;
Considerato che
la ricorrente propone, in sintesi, i seguenti motivi:
1) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.5) c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215, 216 c.p.c., in relazione al disconoscimento della sottoscrizione e delle scritturazioni apposte sui referti di notifica prodotti in copia dagli Enti ed al mancato procedimento di verificazione ad istanza degli Enti; la ricorrente, dopo aver contestato la sussistenza della cd. doppia conforme tra la motivazione della sentenza dì primo e quella di secondo grado, per la diversa motivazione adottata, denuncia l’omessa valutazione del “fatto storico” costituito dall’avvenuto disconoscimento delle scritture sopra indicate e dalla mancata attivazione del procedimento di verificazione;
2) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4), c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. per l’omessa decisione sull’eccezione di disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione delle relate di notifica relativa all’avviso di addebito oggetto di opposizione; la ricorrente riporta stralcio del verbale d’udienza dinanzi al Tribunale del 30/11/2018 dal quale si rileva che l’avvocato O.D. < […] contesta quanto dedotto da INPS in particolare disconosce la documentazione prodotta perché priva di valore probatorio trattandosi di fotocopia di copie fotostatiche non autenticate, sia in riferimento alla conformità che alla scrittura e sottoscrizione, chiede termine a difesa>, nonché stralcio del ricorso in appello ove si reiterava il disconoscimento e la mancata successiva verificazione;
3) nuovamente, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 214, 215, 216 c.p.c., in relazione alla circostanza che la parte aveva proposto tempestivo disconoscimento della scritturazione e della sottoscrizione apposte sulle relate di notifica dell’ avviso di addebito INPS, (come da verbale sopra riportato e dal successivo ricorso in appello) cui non era seguita la richiesta di verificazione da parte degli Enti convenuti, posto che l’opponente non si era limitata a disconoscere la conformità delle copie ai sensi dell’art. 2719 c.c., ma aveva principalmente contestato l’autenticità della scritturazione e della sottoscrizione apposte sul referto di notifica dell’avviso di addebito;
4) violazione e falsa applicazione della normativa sulla prescrizione e decadenza in relazione all’interesse del contribuente ad esperire, attraverso l’impugnazione del ruolo, azione di accertamento negativo della pretesa dell’amministrazione potendo far valere la prescrizione del credito maturata sia prima che dopo la asserita e non provata notifica dell’avviso di addebito;
viene riportato il brano della sentenza impugnata che ha ritenuto inammissibile il motivo d’appello ora riproposto in quanto la questione della decadenza ex art. 25 d.lgs. n. 46 del 1999, costituendo motivo d’opposizione, avrebbe dovuto essere proposta nel termine di cui all’art. 24 d.lgs. n. 46/1999, rilevando anche che non era stata appellata la pronuncia di rigetto della medesima eccezione; resistono con controricorso INPS ed ADER;
Considerato che
i primi tre motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi dalla comune doglianza della mancata attivazione del procedimento di verificazione della scrittura privata disconosciuta (artt. 215 e 216 c.p.c.), sono infondati; in primo luogo, va osservato che la sentenza impugnata, in via preliminare e dopo aver dato atto che l’appellante si era lamentata della mancata valutazione del disconoscimento delle copie dei documenti attestanti la notificazione dell’avviso di addebito, ha ribadito che il disconoscimento effettuato non poteva ritenersi rilevante in quanto generico;
è stata ricordata la consolidata giurisprudenza di legittimità che ritiene non sufficiente la generica eccezione di difformità al fine di incidere sul valore probatorio della riproduzione informatica e sono state richiamate le pronunce di questa Corte di cassazione nn. 17526/2016 e 24613/2013;
in sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto idonee le riproduzioni documentali prodotte al fine di provare l’effettiva notificazione dell’avviso di addebito e della cartella oggetto di causa, concludendo il proprio percorso motivazionale con l’ulteriore affermazione dell’infondatezza anche del motivo d’impugnazione basato sulla necessità della produzione dell’originale degli atti predetti da parte del concessionario per la riscossione;
a fronte dello snodo motivazionale basato sulla genericità della contestazione di conformità agli originali delle riproduzioni informatiche prodotte, la ricorrente non propone specifico motivo di ricorso sulla riscontrata genericità del disconoscimento operato, ma denuncia la obliterazione dell’ulteriore disconoscimento dell’autenticità delle scritturazioni e della sottoscrizione contenute nella relata di notifica;
da ciò si deve trarre la conclusione che la sentenza impugnata non è stata attinta dall’impugnazione in cassazione in punto di conformità delle copie fotografiche ed informatiche agli originali, con la conseguenza della piena idoneità probatoria dei documenti prodotti in copia al fine di dimostrare l’avvenuta notificazione dell’avviso di addebito;
a questo punto balza evidente l’ininfluenza delle questioni sollevate in ordine agli effetti processuali derivanti dal disconoscimento delle sottoscrizioni apposte alla relata di notifica a mezzo posta di cui sopra, al fine di paralizzarne per altra via l’efficacia probatoria;
va infatti ricordato che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vd. di recente Cass. n. 19813 del 2021), in ordine all’ efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento prodotto solo in copia, si è orientata nel senso della considerazione complessiva dei contenuti dell’art. 2719 c.c. ( quanto alla efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale non è espressamente disconosciuta), dell’art. 2712 c.c. (quanto alla idoneità delle riproduzioni meccaniche a formare piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se non se ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime) ed anche dell’art. 214 c.p.c., (secondo cui colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione), dell’art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2,(secondo cui la scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta, fra l’altro, se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione), nonché dell’art. 2700 c.c. (che dispone che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti); applicato tale complesso normativo al caso di specie, va dunque affermato che la mancanza di specificità del disconoscimento della conformità delle copie informatiche agli originali, considerato peraltro che non vi è obbligo per il concessionario di produrre gli originali (vd. Cass. 20769 del 2021), ha pienamente legittimato l’accertamento decisivo della esistenza delle notifiche non potendo, contrariamente alla prospettazione della ricorrente, porsi una questione di disconoscimento dell’autenticità delle sottoscrizioni e delle scritture con consequenziale operatività necessaria del procedimento di verificazione ex art. 215 c.p.c. contenute nella detta relata di notifica che riveste la natura di atto pubblico;
così già Cassazione civile, sez. II, 27/04/2004, n. 8032, ha avuto modo di affermare, in tema di notificazione a mezzo posta, che si perfeziona, per il destinatario, con la consegna del plico, che l’avviso di ricevimento, parte integrante della relazione di notifica, ha natura di atto pubblico che – essendo munito della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’ufficiale giudiziario attesta avvenuti in sua presenza – costituisce, ai sensi dell’art. 4, comma 3, legge n. 890 del 1982, il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data sia l’identità della persona alla quale è stata eseguita e che ha sottoscritto l’atto, salvo che, ai sensi del successivo comma 4 della norma citata, la data di consegna non risulti apposta o sia comunq, incerta, sicché in tal caso i termini connessi alla notificazione decorrono dalla data risultante dal timbro postale.
Ne consegue che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre la querela di falso – anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza dell’ufficiale giudiziario – a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto dall’ufficiale giudiziario nella redazione del documento;
in mancanza di un errore materiale rilevabile in modo immediato e diretto dall’esame obiettivo dello stesso atto, l’accertamento della non rispondenza al vero, postulando un giudizio di incompatibilità della data o di altri dati apposti con altri elementi di valutazione acquisiti al processo, può avere luogo soltanto nell’ambito del procedimento previsto dagli art. 221 ss. c.p.c. per l’invalidazione degli atti pubblici (Cass., sez 6-5, 31 luglio 2015, n. 16289; Cass. Sez. un., 27 aprile 2010, n. 9962);
inammissibile è infine il quarto motivo: lo stesso, infatti, non si confronta con il decisum e quindi non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata; la sentenza impugnata, oltre a rilevare l’inammissibilità del motivo contenente la questione ora riproposta, in quanto il rilievo di decadenza ex art. 25 d.lgs. n. 46/1999 avrebbe dovuto essere fatto valere tempestivamente in considerazione dell’accertata notificazione dell’avviso di addebito, ha pure rilevato il formarsi di un giudicato interno sul rigetto dell’eccezione, affermando che non era stato impugnato il capo della sentenza di primo grado che aveva giudicato infondata l’eccezione, ritenendo applicabile alla fattispecie la norma che ha sospeso l’operatività della decadenza per il periodo 1.1.2010 – 31.12.2012 (art. 38 co.12 d.l. n. 78/2010);
in definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, in favore di ciascun controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.