La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 36773 depositata il 5 settembre 2023, intervenendo in tema di falso ideologico, ha affermato che “… la falsa attestazione contenuta nella certificazione unica incide direttamente sul conseguente atto dell’amministrazione finanziaria (connesso alla determinazione delle imposte) che, pur formato per uno scopo diverso da quello di conferire pubblica fede alle attestazioni del privato, assume comunque rilevanza giuridica nel rapporto pubblicistico che lega l’amministrazione finanziaria e il contribuente, acquisendo, attraverso l’attestazione stessa, un valore probatorio interno alla pubblica amministrazione.
La certificazione unica, infatti, è un documento fiscale che attesta i redditi percepiti nell’anno precedente; viene rilasciato dall’INPS o dal datore di lavoro o dal committente entro il 16 marzo di ogni anno e viene successivamente trasfuso nella relativa dichiarazione dei redditi. …”
La vicenda ha riguardato il legale rappresentante di una s.r.l. a cui veniva contestato il reato di all’articolo 483 cod. pen., perché avrebbe attestato falsamente, nella certificazione unica di aver corrisposto quanto dovuto a titolo di trattamento di fine rapporto al dipendente. Il Tribunale assolse l’imputato ritenendo che la certificazione unica non fosse qualificabile in termini di atto pubblico. Il PM avverso la decisione dei giudici di prime cure proponeva ricorso in cassazione.
Gli Ermellini accolsero il ricorso.
In particolare i giudici di legittimità precisano che
“… la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, prevista dall’art. 483 cod. pen., presuppone un collegamento tra il privato, autore della falsificazione, e il pubblico ufficiale, che, pur estraneo al reato, deve raccogliere le attestazioni del primo (Sez. 5, n. 3312 del 11/02/1983, Rv. 158484) e riguarda i soli fatti attestati dal privato che abbiano una rilevanza probatoria inerente alla natura e all’essenza funzionale dell’atto per i quali il privato abbia l’obbligo giuridico di dire la verità.La certificazione unica in sé non è atto pubblico. Questa Corte ha già avuto modo di precisare come la disciplina in materia (art. 4 d.P.R. n. 322 del 1998) non conferisce alcun profilo pubblicistico all’attività del sostituto di imposta, che opera la ritenuta e rilascia la certificazione unica (C.U.D.). …”
Inoltre per il Supremo consesso “… la nozione di atto pubblico rilevante anche ai fini dell’art. 483 cod. pen., racchiude un’ampia estensione tipologica di scritti, ricomprendendo anche quelli formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato nell’esercizio delle loro funzioni che, seppur redatti per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, abbiano comunque attitudine ad assumere rilevanza giuridica e un valore probatorio interno alla pubblica amministrazione (Sez. 5, n. 15901 del 15/02/2021, Rv. 281041). …”
Pertanto alla luce dei sopra indicati principi, per i giudici di piazza Cavour, si configura il reato di falsità ideologica in quanto la falsa attestazione contenuta nella certificazione unica incide direttamente sul conseguente atto dell’amministrazione finanziaria (connesso alla determinazione delle imposte), per cui il CUD ha comunque attitudine ad assumere rilevanza giuridica e un valore probatorio interno alla pubblica amministrazione.
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