La Corte di Cassazione con la sentenza n. 29423 depositata il 13 novembre 2019 intervenendo in tema di di contratto intermittente ha statuito che “Sotto il profilo sistematico l’assunto della possibilità per le parti collettive di impedire del tutto la utilizzazione di tale forma contrattuale risulta smentito dalla contestuale previsione nell’ambito del primo comma dell’art. 34 di un potere di intervento sostitutivo da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da adottarsi con apposito decreto trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, previsione che denota in termine inequivoci la volontà del legislatore di garantire l’operatività del nuovo istituto, a prescindere dal comportamento inerte o contrario delle parti collettive”
La vicenda ha riguardato la domanda, di un lavoratore, intesa all’accertamento dell’illegittimità del contratto di lavoro intermittente e la conversione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Il Tribunale adito dal lavoratore accoglieva la richiesta del dipendente. La società datrice di lavoro impugnava la sentenza del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello. I giudici di appello riformavano la sentenza impugnata. In particolare hanno evidenziato che “la interpretazione delle previsioni collettive in senso ostativo alla possibilità di stipulare il contratto in controversia avrebbe finito con il vanificare la sostanziale operatività del ricorso al lavoro intermittente introdotto dall’art. 33 d. lgs n. 276 del 2003 e riconosciuto alle parti collettive un potere smentito dalla disciplina di legge stante la contestuale previsione dell’intervento ministeriale in caso di inerzia delle parti sociali nel regolamentare i casi in cui era consentito il ricorso a detta tipologia contrattuale.”
Il dipendente impugnava la decisione della Corte d’Appello con ricorso in cassazione fondato su un unico motivo.
Gli Ermellini nel rigettare il ricorso del lavoratore hanno precisato che nella legge non si evince alcun ruolo delegato alle parti sociali finalizzato a vietare il ricorso al lavoro intermittente, ma soltanto un ruolo finalizzato ad individuare la casistica ed il D.M. ha una natura sostitutiva in attesa che le parti nel CCNL individuino le ipotesi alle quali sia possibile il ricorso a tale tipologia contrattuale.
Inoltre, precisa la Corte Suprema, L’art. 34, comma 1, d. lgs n. 276 del 2003 si limita, infatti, a demandare alla contrattazione collettiva la individuazione delle <<esigenze>> per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue, senza riconoscere esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia contrattuale
Si ricorda che il Ministero del Lavoro, con nota n. 18194 del 4 otttobre 2016, aveva sostenuto la piena legittimità della contrattazione collettiva di affermare la inapplicabilità in uno specifico settore del lavoro intermittente.
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