La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 40461 depositata il 5 ottobre 2023, intervenendo in tema di obbligo di registrare la presenza ed allontanamenti dal luogo di lavoro della presenza in ufficio del dipendente pubblico, ha ribadito che “… la falsa attestazione del pubblico dipendente relativa alla sua presenza in ufficio, riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, integra il reato di truffa aggravata anche a prescindere dal danno economico corrispondente alla retribuzione erogata per una prestazione lavorativa inferiore a quella dovuta, incidendo sull’organizzazione dell’ente, mediante la arbitraria modifica degli orari prestabiliti di presenza in ufficio, e compromettendo gravemente il rapporto fiduciario che deve legare l’ente al suo dipendente. In motivazione, la Corte ha precisato che di tali aspetti del danno il giudice deve tener conto anche al fine di valutare la sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen.. Negli stessi termini Sez. 2, n. 34773, del 17/6/2016, Rv. 267855; Sez. 2, n. 6512, del 12/2/1985, Rv. 169953; Sez. 2, n. 3262, del 30/11/2018, Rv. 274895). …”

La vicenda ha riguardato un dipendente pubblico il quale era accusato dei reati di truffa ai danni dello Stato e false attestazioni indirizzate all’autorità giudiziaria circa le condizioni di adempimento della obbligazione di lavoro svolta in determinati orari, in quanto con artifizi e raggiri consistiti nel far rilevare elettronicamente orari di entrata e di uscita dal luogo di lavoro differenti da quelli registrati dagli apparecchi di video sorveglianza installati dalla polizia giudiziaria nei locali di ingresso procurandosi, in danno dell’amministrazione, l’ingiusto profitto della retribuzione (o trattamento giuridico equipollente) indebitamente percepita in relazione a prestazioni orarie non svolte. Il Tribunale condannava il dipendente per i reati ascritti. Avverso la decisione dei giudici di prime cure l’imputato proponeva appello. La Corte territoriale confermava il giudizio espresso dal Tribunale. L’imputato proponeva, avverso la decisione di appello, ricorso in cassazione fondato su tre motivi.

Gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso.

Per il Supremo consesso “… i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568), e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).

[…]

La Corte territoriale ha indicato, come significativi ai fini del decidere, inequivocabili elementi di fatto, quali l’obbligo di registrare la presenza ad onta della funzione delegata dal dirigente, che non influisce sullo stato giuridico del dipendente, il fallimento della prova giustificativa circa le autorizzazioni (autoprodotte e prive di dati protocollari) agli allontanamenti dal luogo di lavoro riscontrati, le modalità apertamente fraudolente del fatto, la immanenza del danno per l’amministrazione nella semplice modalità di allontanamento perfezionatasi, che inibisce ogni forma di controllo, programmazione, organizzazione interna del lavoro, oltre la improponibilità di compensazioni orarie tra fatti illeciti e fatti leciti, dal che deriva che la struttura del reato è integrata prescindendo dalla, mera, aritmetica compensazione tra ore sottratte con la frode ed extra time non retribuiti, poi calcolati come riposo compensativo …”

I giudici di legittimità, inoltre, hanno precisato che  sulla “… tipicità della condotta che ha veicolato la documentazione -solo indirettamente- all’autorità giudiziaria, deve qui ribadirsi che la condotta è tipica se, ancorchè primieramente indirizzata all’autorità amministrativa, viene poi trasmessa (in allegato alla memoria difensiva, per accreditarne contenuti) all’autorità giudiziaria al fine di essere da questa apprezzata nel momento di formazione della volontà decisionale (Sez. 6, n. 2967 del 23/09/2020, dep. 2021, Rv. 280963-01; Sez. 6, Sentenza n. 6062 del 5/11/2014, dep. 2015, Rv. 263110-01: Il delitto previsto dall’art. 374 bis cod. pen. costituisce reato di pericolo che si consuma anche a prescindere dalla presentazione della documentazione all’autorità giudiziaria, a condizione che la destinazione delle false dichiarazioni ad essere prodotte all’A.G. possa essere desunta dal giudice da ogni elemento emergente dalla situazione concreta esaminata, sia testuale che contestuale.). …”

In definitiva il reato di truffa aggravato è indipendente da eventuali crediti vantati, nei confronti dell’ente,  dall’imputato per straordinari non pagati, poiché la truffa aggravata si consuma anche senza danno economico al datore di lavoro ed il danno consiste nella modalità con cui si concretizza l’allontanamento dall’ufficio, che impedisce ogni forma di controllo, programmazione e organizzazione interna del lavoro: la modifica arbitraria degli orari prestabiliti lede il rapporto fiduciario che lega l’ente al dipendente, a prescindere dalla mera, aritmetica compensazione con gli extra time non retribuiti, poi calcolati come riposi compensativi.