La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28258 depositata il 9 ottobre 2023, intervenendo in tema retribuzione variabile per i dipendenti della pubblica amministrazione ha ribadito che “… in tema di dirigenza medica del settore sanitario pubblico, la P.A. è tenuta a dare inizio e a completare, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, il procedimento per l’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali e di pesatura degli incarichi, nel cui ambito la fase di consultazione sindacale, finalizzata anche a determinare l’ammontare delle risorse destinate al pagamento della quota variabile della retribuzione di posizione definita in sede aziendale e dipendente dalla graduazione delle funzioni, ha carattere endo-procedimentale;

il mancato rispetto dei termini interni che ne scandiscono lo svolgimento, l’omessa conclusione delle trattative entro la data fissata dal contratto collettivo e le eventuali problematiche concernenti il fondo espressamente dedicato, ai sensi del medesimo contratto collettivo, alla quantificazione della menzionata quota variabile non fanno venir meno di per sé l’obbligo gravante sulla P.A. di attivare e concludere la procedura diretta all’adozione di tale provvedimento;

la violazione dell’obbligazione della P.A. di attivare e completare il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi legittima il dirigente medico interessato a chiedere non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione; a tal fine, il dirigente medico è tenuto solo ad allegare la fonte legale o convenzionale del proprio diritto e l’inadempimento della controparte; il datore di lavoro è gravato, invece, dell’onere della prova dei fatti estintivi o impeditivi dell’altrui pretesa o della dimostrazione che il proprio inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile;

non si è mancato altresì di sottolineare ‒ e ciò rende manifesta anche l’infondatezza anche della terza censura ‒ che il danno subito dal dirigente medico della sanità pubblica per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, conseguente all’inadempimento della P.A. all’obbligo di procedere alla graduazione delle funzioni ed alla pesatura degli incarichi a tal fine necessaria, può essere liquidato dal giudice anche in via equitativa; …”

La vicenda ha riguardato i dirigenti medici che hanno fatto ricorso all’autorità giudiziaria al fine di ottenere l’indennità di posizione variabile, non corrisposta a causa della mancata approvazione, da parte della AUSL datrice di lavoro, di un provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali fondato sulla diversa pesatura di ciascun incarico in base all’importanza e alla complessità. Il Tribunale, prima e la Corte di Appello, poi accoglievano le doglianze dei dirigenti medici e respingevano il ricorso della datrice di lavoro (AUSL). In particolare i giudici di appello hanno ritenuto che la condotta datoriale integrasse l’inadempimento di un preciso obbligo contrattuale, fonte di responsabilità ex art. 1218 c.c. Avverso la decisione dei giudici territoriali l’AUSL propone ricorso in cassazione fondato su tre motivi.

Gli Ermellini rigettano il ricorso e condanna l’ASP di Agrigento al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Per i giudici di legittimità al dirigente medico che non viene riconosciuta la parte variabile della retribuzione, a causa della mancata approvazione da parte del datore di lavoro (AUSL) del provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali, ha diritto a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno da perdita di chance.