Corte di Cassazione, ordinanza n. 28258 depositata il 9 ottobre 2023
Altre ipotesi pubblico impiego – la violazione dell’obbligazione della P.A. di attivare e completare il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi legittima il dirigente medico interessato a chiedere non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione
RILEVATO CHE:
1. con sentenza del 13 aprile 2022 la Corte d’appello di Palermo rigettava il gravame dell’Azienda Sanitaria Provinciale (in seguito ASP) di Palermo avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento che, in accoglimento del ricorso di A.A. ed altri dirigenti medici, titolari di incarico di altra specializzazione (art. 27 comma 1 lett. C CCNL 8.6.2000), aveva condannato l’Azienda al risarcimento del danno per inadempimento dell’obbligo contrattuale consistente nella graduazione delle funzioni dirigenziali e nella connessa pesatura degli incarichi, necessarie per corrispondere la “parte variabile” dell’indennità di posizione aziendale;
il giudice d’appello accoglieva invece l’impugnazione di A.M., unico titolare di incarico dirigenziale di struttura semplice (articolo 27 lett. B CCNL 8.6.2000), elevando l’importo risarcitorio riconosciuto in primo grado alla somma di €. 500/mensili cui faceva riferimento, per tale specifico incarico dirigenziale, la citata delibera n. 320/2013;
2. la Corte palermitana rilevava che la corresponsione dell’indennità di posizione variabile era condizionata all’approvazione, da parte datoriale, di un provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali fondato, ai sensi dell’art. 53 c.c.n.l. di settore del 5.12.1996, sulla diversa pesatura di ciascun incarico in base all’importanza e alla complessità, da adottarsi all’esito di iter procedurale non postergabile immotivatamente;
3. la mancata attivazione delle procedure de quibus, pur non consentendo una sostituzione dell’autorità giudiziaria all’Amministrazione nella determinazione del quantum dovuto, integrava inadempimento di un preciso obbligo contrattuale, fonte di responsabilità ex art. 1218 cod. civ., salva la prova che l’inadempimento fosse dipeso da causa non imputabile;
4. l’azienda aveva solo dedotto di avere, per effetto della delibera commissariale n. 320/2013, provveduto, in una situazione precaria, al riconoscimento (dal 1° gennaio 2013) dell’integrazione dell’indennità di posizione parte variabile, circostanza irrilevante avendo i lavoratori formulato le loro pretese con riferimento al periodo precedente al 1° gennaio 2013, talché il giudice d’appello riteneva di dover commisurare il pregiudizio patrimoniale, per il periodo 1.4.2007/31.12.2012, utilizzando, quale parametro equitativo, gli importi minimi (rispettivamente pari a €. 150/mese per gli incarichi di alta specializzazione e ad €. 500/mese per quello di dirigente di struttura semplice) erogati a far data dal 1° gennaio 2013 in ragione dell’incarico assegnato e tenuto conto del solo periodo di inadempimento;
la delibera n. 44/2011 richiamata dall’Azienda non conteneva, ad avviso del giudice d’appello, alcun provvedimento di graduazione delle funzioni, tant’è che la successiva (recante n. 320/2013) manifestava la volontà dell’ente di sanare una situazione di inadempienza pregressa, liquidando, in attesa della definizione dell’iter procedurale propedeutico alla pesatura degli incarichi, l’indennità nella sua parte variabile;
5. con atto notificato il 11.10.2022, l’ASP di Agrigento ricorreva per cassazione con tre motivi, cui Maria Antonia Arces e gli altri dirigenti medici si opponevano con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. il primo mezzo viene proposto ex art. 360 comma 1 n. 4, cod. proc. civ. per nullità della sentenza, stante la violazione o falsa applicazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ., e comunque ex art. 360 comma 1 n. 3, cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione dei detti articoli, ovvero per violazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ., stante l’omesso esame circa uno o più fatti decisivi per il giudizio;
l’ASP si duole del fatto che il giudice di appello non avrebbe preso in considerazione la delibera n. 397/2007 dell’ex AUSL n. 1 di Agrigento che aveva provveduto alla pesatura e graduazione degli incarichi dirigenziali e la successiva deliberazione n. 44/2011 dell’A.S.P. di Agrigento, che aveva “confermato” gli incarichi dirigenziali affidati dall’ex AUSL n. 1 di Agrigento, non ancora scaduti, mantenendo il medesimo trattamento economico già in godimento determinato sulla base della graduazione e pesatura di cui alla delibera 397/2007 dell’AUSL n.1 di Agrigento sopra citata;
l’ASP di Agrigento, prima della sua costituzione in data 1° settembre 2009, non poteva essere gravata di un obbligo di procedere alla graduazione degli incarichi dirigenziali; successivamente, con delibera n. 44/2011, confermativa di quella n. 397/2007 dell’ex AUSL n. 1 di Agrigento, aveva adempiuto a tale obbligo, determinando «l’indennità di posizione unificata graduata» comprensiva della quota minima tabellare contrattuale e dell’indennità di posizione variabile aziendale che, nel caso in esame, era «pari a zero»; le circostanze evidenziate, emergenti dalla documentazione prodotta dall’ASP, non erano state contestate nel corso del giudizio e il giudice del merito avrebbe dovuto esaminarle, pena la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dei principi in tema di disponibilità delle prove;
1.1 il motivo è, prima ancora che infondato, inammissibile sotto plurimi profili;
1.2 si prospettano doglianze eterogenee (art. 360 nn. 3-4 e 5 cod. proc. civ.), che vengono articolate in modo non perspicuo, rimettendo sostanzialmente a questa Corte il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 cod. proc. civ., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo; tanto si risolve nell’inammissibile attribuzione al giudice di legittimità del compito di dare forma e contenuto giuridici alle doglianze della ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (da ultimo, tra tante, in tal senso, Cass. n. 26874 del 2018);
1.3 la critica poi, laddove formulata come omessa valutazione di fatto decisivo, non è conforme al testo dell’art. 360 cod. proc. civ. n. 5, come novellato dell’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012; e, in ogni caso, il giudice d’appello ha motivato prendendo in considerazione il compendio documentale come richiamato dall’ASP ed escludendo che la procedura di graduazione e pesatura delle funzioni fosse stata qui attivata, con la conseguenza che non potrebbe neppure discutersi in questa sede di una condotta comunque diligente dell’ASP Agrigento;
1.4 non risultano, peraltro, assolti dalla ricorrente gli ulteriori oneri imposti dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., mancando la trascrizione del contenuto della delibera n. 44/2011, di cui l’ASP assume l’erronea valutazione e interpretazione da parte del giudice d’appello, senza tuttavia indicare i criteri di ermeneutica contrattuale che la Corte territoriale avrebbe (in tesi) violato;
1.5 quest’ultima ha ritenuto, come si è detto, che «non si rinvenga alcun provvedimento di graduazione delle funzioni nella deliberazione n. 44/2011 con cui la neoistituita ASP si era limitata a recepire, nel proprio nuovo assetto organizzativo, gli incarichi dirigenziali già conferiti dalle assorbite AUSL, per i quali non si era ancora effettuata la pesatura che, dunque, non poteva ritenersi implicitamente recepita»;
1.6 evocare, in altro passaggio argomentativo dell’ASP, un esonero da responsabilità per l’inadempimento pregresso al formale subentro di ASP all’AUSL significa (non senza contraddizione) smentire, da parte dell’Azienda ricorrente, che una pesatura delle funzioni fosse stata effettivamente fatta dalla disciolta AUSL con la citata delibera n. 397/2007 ed, oltretutto, anche eclissare la vicenda successoria intervenuta con le stesse AUSL ai sensi dell’art. 8 comma 2 legge reg. Sicilia n. 5/2009, con subentro delle ASP in tutti i rapporti attivi e passivi delle disciolte AUSL;
1.7 non fondata è, poi, la dedotta violazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ.;
in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229; Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 11 dicembre 2015, n. 25029; Cass. 19 giugno 2014, n. 13960): eventualità, quelle in discorso, che nulla hanno a che vedere con la fattispecie considerata;
1.8 sicché il motivo, sotto l’apparente deduzione di una violazione di legge, sembra più che altro finalizzato a conseguire una terza “lettura” del compendio documentale, e dunque un riesame del merito, precluso in questa sede di legittimità (Cass. n. 6960/2020);
2. con il secondo motivo, formulato ex art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., viene dedotta violazione o falsa applicazione di norme di diritto (artt. 1362-1363 e 2697 cod. civ., 115-116 cod. proc. civ. e 22 e 24 d.lgs. n. 165/2001) e di contrattazione collettiva (artt. 51 del c.c.n.l. 5.12.1996, e gli artt. 52, 53, 54, 55 e 57, comma 4, del medesimo c.c.n.l. del 5.12.1996, agli artt. 26, 27, 35, 39 e 40 del CCNL 08.06.2000, all’art. 24 comma 11 del c.c.n.l. 03.11.2005 della Dirigenza Medico Veterinaria), per aver la Corte d’appello erroneamente applicato ‒ ed interpretato ‒ la normativa in materia di determinazione della retribuzione di parte variabile aziendale;
osserva la ASP ricorrente che la graduazione degli incarichi dirigenziali è il frutto della discrezionalità datoriale, insindacabile da parte del giudice, con l’unico limite che l’intero trattamento della retribuzione di posizione (parte fissa e parte variabile contrattuale nonché l’eventuale quota di determinazione aziendale) non potrebbe scendere al disotto del trattamento previsto dalla contrattazione collettiva (v. art. 57 comma 4 CCNL 5.12.1996);
nella specie, l’ASP di Agrigento, all’indomani della sua nascita, aveva oltretutto provveduto, con delibera n. 44/2011, alla relativa graduazione degli incarichi, confermando quella già operata dall’AUSL di Agrigento con delibera n. 397/2007, la quale aveva determinato il valore dell’incarico della Camilleri in misura “pari a zero”, con conseguente assorbimento della variabile aziendale nella minima contrattualmente stabilita («indennità di posizione unificata graduata»), regolarmente percepita dalla dirigente fino al 31.12.2012;
3. con il terzo, ed ultimo, mezzo, si denuncia ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto, dolendosi l’ASP che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato gli artt. 1226 e 2056 cod. civ.; ad avviso dell’ASP, trattavasi di tipologia di danno per cui non poteva operare una valutazione equitativa;
risulta, secondo la ricorrente, irragionevole che il danno da inadempimento sia identico nel quantum alla lesione per mancata corresponsione dell’indennità di posizione “parte variabile” stabilità all’esito di un iter procedurale che era presupposto necessario per il riconoscimento delle somme de quibus;
4. i motivi, non esenti da profili di inammissibilità, per ragioni di connessione giuridica possono essere trattati congiuntamente; essi sono (entrambi) destituiti di fondamento;
4.1 la seconda censura non tiene conto del fatto che la Corte di merito ha escluso del tutto (pag. 6-7 della sentenza impugnata) che la procedura di pesatura degli incarichi fosse stata attivata, con la conseguenza che non potrebbe neppure discutersi di una condotta comunque diligente dell’ASP Agrigento, la quale, laddove ripropone a riguardo una diversa lettura della documentazione in atti, mira a una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice del merito e si risolve in una critica del ragionamento decisorio seguito dalla Corte territoriale quanto agli accertamenti di fatto sottesi all’accertato inadempimento, sollecitandone la revisione, non consentita in sede di legittimità;
4.2 da disattendere è altresì la censura dell’ASP sull’assoluta discrezionalità datoriale nell’attività di graduazione e pesatura degli incarichi, come tale insindacabile dal giudice, e in punto di violazione degli artt. 1226 cod. civ. e 2056 cod. civ.;
trattasi di rilievi infondati per le ragioni già precisate da questa Corte nella sentenza n. 7110 del 9 marzo 2023 (conf. Cass. 24 marzo 2023 n. 8468; Cass. 12 aprile 2023 n. 9724), cui si fa richiamo anche ex art. 118 att. cod. proc. civ.;
si è affermato che in tema di dirigenza medica del settore sanitario pubblico, la P.A. è tenuta a dare inizio e a completare, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, il procedimento per l’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni dirigenziali e di pesatura degli incarichi, nel cui ambito la fase di consultazione sindacale, finalizzata anche a determinare l’ammontare delle risorse destinate al pagamento della quota variabile della retribuzione di posizione definita in sede aziendale e dipendente dalla graduazione delle funzioni, ha carattere endo-procedimentale;
il mancato rispetto dei termini interni che ne scandiscono lo svolgimento, l’omessa conclusione delle trattative entro la data fissata dal contratto collettivo e le eventuali problematiche concernenti il fondo espressamente dedicato, ai sensi del medesimo contratto collettivo, alla quantificazione della menzionata quota variabile non fanno venir meno di per sé l’obbligo gravante sulla P.A. di attivare e concludere la procedura diretta all’adozione di tale provvedimento;
la violazione dell’obbligazione della P.A. di attivare e completare il procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento di graduazione delle funzioni e di pesatura degli incarichi legittima il dirigente medico interessato a chiedere non l’adempimento di tale obbligazione, ma solo il risarcimento del danno per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione; a tal fine, il dirigente medico è tenuto solo ad allegare la fonte legale o convenzionale del proprio diritto e l’inadempimento della controparte; il datore di lavoro è gravato, invece, dell’onere della prova dei fatti estintivi o impeditivi dell’altrui pretesa o della dimostrazione che il proprio inadempimento è avvenuto per causa a lui non imputabile;
non si è mancato altresì di sottolineare ‒ e ciò rende manifesta anche l’infondatezza anche della terza censura ‒ che il danno subito dal dirigente medico della sanità pubblica per perdita della chance di percepire la parte variabile della retribuzione di posizione, conseguente all’inadempimento della P.A. all’obbligo di procedere alla graduazione delle funzioni ed alla pesatura degli incarichi a tal fine necessaria, può essere liquidato dal giudice anche in via equitativa; in proposito il dipendente deve allegare l’esistenza di tale danno e degli elementi costitutivi dello stesso, ossia di una plausibile occasione perduta, del possibile vantaggio perso e del correlato nesso causale, inteso in modo da ricomprendere nel detto risarcimento anche i danni indiretti e mediati che si presentino come effetto normale secondo il principio della c.d. regolarità causale, fornendo la relativa prova pure mediante presunzioni o secondo parametri di probabilità;
4.3 nel caso di specie, la sentenza di appello ha espressamente ritenuto, nel quadro dei principi sopra indicati, che il comportamento omissivo della ASP avesse avuto per effetto la privazione di una parte della retribuzione e tanto basta per aversi prova del danno;
4.4 quanto alla sua misura, è indubbio che il richiamo a quanto poi riconosciuto in valori mensili, dal 21.1.2013 in poi, potesse costituire idoneo parametro di liquidazione, afferendo la delibera infine assunta dalla ASL proprio alla medesima graduazione di funzioni: il giudizio equitativo è dunque sorretto da una razionalità intrinseca che non consente di ravvisare nella sentenza impugnata, sul punto, un qualsivoglia vizio di legittimità;
5. conclusivamente, per le ragioni indicate, il ricorso è da rigettare; le spese del giudizio di legittimità ‒liquidate in dispositivo‒ seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’ASP di Agrigento al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. D.G. dichiaratosi anticipatario.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.